interviste di Kai Nebel

Mario Salvi

Mario Salvi a Lucciano

Mario Salvi

AUDIO Intervista di Kai Nebel a Mario Salvi

MARIO SALVI, 23 agosto 2000


Sono Mario Salvi.

Quello che vi racconto, non è che l’ho vissuto, è perché me lo ha raccontato il mio povero padre.

Io sono nato nel 28, quindi non posso raccontare, però, avendoci avuto la fortuna di non averci la televisione, il mio telegiornale era mio padre, e logicamente poverello, 6 anni di guerra (dal 13 al 18, la grande guerra) ce ne aveva da raccontare quanto uno ne voleva.

In modo particolare, ricordava che era riuscito una volta ad avere un contatto con Vittorio Emanuele, no perché era nessuno, ma il Re andava spesso in mezzo ai soldati … imbattutisi con lui, lui cominciò a protestare (mio padre) perché dice: “Maestà, qui noi stiamo facendo la guerra ai carabinieri, non agli austriaci, perché loro ammazzano noi, noi ammazziamo loro!”

Infatti a scuola non ce l’hanno mai insegnato, ma dopo ho trovato su delle letture che addirittura furono 6000 i soldati italiani fucilati dai carabinieri italiani perché quando c’era Cadorna, come generale (stiamo parlando sempre della guerra 13-18, no?) quando c’era Cadorna dava l’ordine di dare l’assalto, a petto nudo, sulle colline … tanti ne partivano e tanti ne rimanevano morti lì per terra.

Qualche plotone che si rifiutava, arrivano i carabinieri … che allora si erano scambiati i segnali gli aereoplani, e quindi i soldati sparavano ai carabinieri perché i carabinieri facevano la decimazione.

Questo è un fatto storico che a noi non ce l’ha raccontato nessuno.

Quindi quando riuscì, secondo mio padre … così, porello, a parlare con Vittorio Emanuele, dirgli appunto che facevano la guerra più ai carabinieri più che agli Austriaci, dopo poco arrivò Diaz … ma può darsi che neanche il Re manco l’avrà visto mio padre (tanto per dirti), però con Diaz le cose cambiarono, perché il primo ordine proibì le fucilazioni, tanto che si arrivò alla vittoria.


Queste storie, sono andato io in onore de mì padre, sia a Verona che … primo bombardamento austriaco, dove le gente rimanevano appiccicate sulle colonne, dove avevano fatto le trincee, sul monte Grappa, monte Nero, eccetera, proprio in onore a lui, eccetera … però, primo impatto politico (questo me lo porto ancora dietro): dopo questi anni qui di sacrifici, mio padre fu congedato e raccontava … ve immaginate ragazzi, a noi figli, quando il treno entrò alla stazione Termini a di Roma, cioè a casa, prima che finissero a fermarsi, io con tutto il drappello dei bersaglieri (che era bersagliere mio padre) scendemmo giù di corsa trionfanti e felici.

Non l’avessimo fatto mai.

Le due ali di gente che ci stava ad aspettare cominciano a sputarci addosso: prendemmo una doccia dai capelli fin agli scarponi di questa gente.

E allora noi, indignati (ragazzini) a papà: “ma perché non li ammazzavi?”

E lui diceva: “e no, sennò andavo in galera.”

Però io vi posso garantire che tolti i proiettili dal moschetto, me ne servivo come bastone, lo sanno le costole … Chi era quelli che gli sputava? Erano i signori bolscevici.

Perché ormai, vinta la rivoluzione in Russia nel 17, cioè appena l’anno prima, questo bolscevismo che dilagava, se la prendevano a morte con i soldati e con i poliziotti, perché diceva, voi zozzi soldati difendete il Re e noi non lo vogliamo più. Non volevano più la monarchia. Erano un po’ i padri dei comunisti d’oggi che soprattutto non volevano il governo, ma soprattutto non volevano il Padrone. E quindi giù botte e ste cose …


Il periodo più difficile d’Italia fu appunto quello 19-20, perché la nazione era stremata, i governi cascavano ogni 15-20 giorni; Vittorio Emanuele nominava un altro, ma non c’era più… non era facile mettere… Poi per di più questi benedetti o maledetti bolscevici complicavano la vita perché addirittura si permettevano di fermare i treni in aperta campagna per controllare i passeggeri: se trovano un prete, un frate o una monaca …”o scendi e abbandoniamo qui, o il treno non riparte!”

Generi di queste violenze me ne ha raccontate tante mì padre.

Tutto fino al 1920, quando nell’ultimo periodo, il capo del governo Facta, (forse Antonio) comunque Facta, non sapendo più che pesci prendere, fece la legge del 50 per cento.

Io lo so perché me l’ha raccontata mio padre, a scuola non me l’hanno insegnata questa, neanche a te.

Allora che cos’era questo 50 per cento?

Da domani mattina gli stipendi e le pensioni tutte la metà! Lo stato non può far meglio di questo.

Quindi baraonde, impicci … che poi, dopo qualche mese… mì padre raccontava … certo la gente mugugnava, i pensionati che c’avevano 80 lire ne prendevano 40 de pensione, chi c’aveva 100 lire di stipendio 50, però si dovevano adattare su quello.

Il disastro del 50 per cento, raccontava sempre mio padre, quando lo mise sulle merci. Quindi mettendo sulle merci il 50 per cento chi ti vendeva un prodotto a metà prezzo, non c’aveva più soldi per ricompralo. Era un problema tecnico, più che finanziario.

E questo portò a saccheggi dei negozi, a semirivoluzioni, eccetera.

Perché, mi diceva mio padre, noi dicemmo: “grazie Signore che c’hai dato l’uomo della provvidenza!” (che era Mussolini)?

Perché questo signor socialista, Mussolini, accettò l’incarico. Stava a Bologna, era il fondatore del giornale dei socialisti, l’Avanti: fondatore Benito Mussolini.

Quindi arrivò sto Mussolini, ebbe il coraggio d’accettare l’incarico, e l’accettò anche con una certa autorità perché gli bastarono 3 o 4 mesi per varare una legge proprio sugli stipendi.

Ossia, tagliò le gambe ai sindacati in questo modo.

Disse: “Signori impiegati – raccontava mio padre – signori impiegati, lo stipendio lo stabilisce il parlamento perché è l’ente supremo della nazione!”

Perciò sindacati e partiti tutti sciolti, via!

Ripeto, detto oggi così sembrerebbe chissà quale sopruso, ma nei disagi che vivevano quelli, mio padre disse, noi ci inginocchiavamo e dicevamo “Signore grazie che ci hai dato l’uomo della provvidenza!”

Sennò non si viveva più, capisci?

Dopo … l’ultimo atto a contatto di Mussolini, perché dal 30 al 39 furono fatti enormi lavori in Italia: uno dei più grossi la bonifica Pontina.

Perché sò questo? Perché alla prima trebbiatura del grano, che ci serviva (l’Inghilterra ci aveva fatto l’embargo, le sanzioni… non ci dava né petrolio né grano) però fu puntati i piedi, la gente lavoravamo tutti, per la patria (non c’era tutto sto sabotaggio de adesso) …

Le prime trebbiature del grano della pianura Pontina, un campo con 80 chilometri di lato, da Velletri a Terracina, veniva personalmente Mussolini, andavamo giù 100-200 ragazzini delle scuole romane, per fare il passamano, le cove, da quei grossi mucchi fino a… non c’era la mietitrebbia, non te confondere: toccava trebbiarlo uno per uno fino a notte inoltrata. Questa era diventato per noi un rito, questa battaglia del grano eccetera.

Poi l’altro grossissimo pallino di Mussolini era il carbone bianco che tu non sai che cos’è, te lo spiego io: è l’energia elettrica fatta con l’acqua, l’idroelettrica.

Tanto che proprio in quegli anni lì nacque il più grosso impianto d’Italia (tuttora funzionante) da Amatrice Campotosto fino giù a Pescara, tutto intubato con le gallerie, cinque scalini, cinque centrali; è la più grossa centrale.

Poi gli piaceva stare a contatto coi giovani.

Un po’ le scuole: non esistevano le scuole medie. Fatte le elementari noi dovevamo l’avviamento al lavoro; proprio soprattutto era quello per creare la mentalità che lavorare non è vergogna.

Quello che invece purtroppo adesso è tutto l’incontrario.

Allora in modo particolare avviamento al lavoro, andavamo a portare la birra dentro queste gallerie (il lago ancora non era fatto) … ecco però vorrei che tu cominciassi un po’ …; le gallerie venivano fatte con la mazza, la mazzetta, lo scalpello, la pala, il piccone, non è che c’erano come adesso le “talpe”, eccetera.

Però, mi ricordo che noi scaricavamo quella po’ di birra che caricavamo a Via Alessandria da Peroni, dentro ste gallerie con un po’ di cerini, con qualche candeletta, poi s’accendevano i riflettori, arrivava Mussolini.

E andava addosso alla parete, quella sfondata il giorno prima: “Bravi ragazzi! Altri 40 centimetri!”

Per darti un po’ il concetto di come siamo vissuti noi.