5. Dalla Casa della Salute alla Casa della Comunità

Il passaggio dal modello delle Case della Salute alle Case della Comunità sottolinea la necessità di un cambiamento non solo organizzativo ma soprattutto culturale, da un approccio centrato sulla patologia a uno centrato sulla salute. Un cambiamento che già le Case delle Salute hanno tentato di portare, senza però riuscirvi nella maggior parte dei casi.

Questa trasformazione implica che il compito della nuova organizzazione del territorio non sia solo la cura o la prevenzione delle patologie, ma anche temi come l’inclusione sociale, la giustizia, l’equità, il rispetto di sé e della dignità di ogni persona, l’accesso ai diritti di base come l’istruzione, il lavoro, la casa e la partecipazione, in un contesto di ecologia integrale, anche adottando strumenti come il budget di salute.

Una Case della Comunità che metta al centro la comunità con i suoi bisogni e con le sue risorse; occasione permanente di “costruzione sociale”, motore e punto di riferimento di un “nuovo welfare generativo”, luogo di tutela e promozione della giustizia sociale e dell’equità nell’accesso a diritti di base quali la salute e il lavoro.

La Casa della Comunità non deve essere sinonimo di accentramento e, quindi, allontanamento dal territorio, come in alcuni casi è avvenuto con le Case della Salute, ma anzi deve compensare e favorire l’accessibilità alle cure da parte degli assistiti. La Casa della Comunità, quindi, dialoga continuamente con il suo territorio di riferimento, ulteriormente suddiviso in microaree, e svolge un’azione di promozione, di supporto culturale e logistico alle attività che vengono progettate e svolte nelle microaree. 

Criticità attuali

Il processo di costituzione delle Case della Salute ha messo in luce la difficoltà politica, culturale e professionale nel modernizzare le Cure Primarie in Italia, dando vita in più di un caso a strutture che di Casa della Salute hanno solo il contrassegno

Proposte per il futuro

Esperienze... già oggi

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