Il Libro Azzurro

per la riforma delle Cure Primarie in Italia

"Questa scienza (medica) è eccellente nel comprendere il comportamento di parti discrete ma non ha il potere di riconoscere l'interazione dei molteplici fattori che sono essenziali per essere una persona in salute all'interno di una società in salute. Noi medici di medicina generale e altri membri delle Cure Primarie ci occupiamo continuamente di queste complessità.

Ci posizioniamo all'interfaccia tra la scienza medica e i molteplici fattori che influenzano la salute. Per questa ragione siamo ben collocati per aprire una nuova strada.

Dobbiamo continuare ad apprezzare la scienza medica e praticare l'assistenza medica ma dobbiamo anche diventare più abili nella scienza che è aperta a intuizioni molteplici e nel lavorare con interi sistemi di cura. Abbiamo bisogno di testare le idee che emergono dalle organizzazioni che apprendono (learning organisations), compresi gli approcci di ricerca-azione partecipata, e da questo contribuire a una nuova fase nell'attuazione dell'idea di comprehensive Primary Health Care." (Thomas, 2008)

Il “Libro Azzurro per la riforma delle Cure Primarie in Italia” è il risultato di un lungo lavoro di scrittura collettiva e partecipata promosso dalla Campagna Primary Health Care ed è parte di un processo di educazione permanente che vuole essere strumento di riflessione e cambiamento per il rinnovamento delle Cure Primarie in Italia.

Le proposte emerse dal percorso partecipativo sono suddivise in sette sezioni tra loro strettamente connesse, che non hanno la pretesa di essere esaustive ma che vogliono essere aperte al dialogo.


Ciascuna sezione parte dall’analisi dell’attuale, elencandone le principali criticità, per giungere alla stesura di alcune proposte che vanno poi adattate ai singoli contesti e ai singoli territori.

Perché questo Libro Azzurro?

I moderni sistemi di sicurezza sociale devono oggi affrontare le sfide poste dal profondo cambiamento in atto, che vede, in contemporanea, una fase di transizione demografica, epidemiologica e sociale. Queste mettono in evidenza, in modo lampante, l’inadeguatezza di un modello assistenziale centrato sulla sola cura delle patologie acute - di impronta classicamente ospedalocentrica - all’interno di un contesto in cui invece le dimensioni della promozione della salute, della prevenzione e della riabilitazione svolgono un ruolo fondamentale.

Le ragioni che impongono un cambio di paradigma risiedono nell’enorme complessità dei processi che influiscono su salute e malattia. Le malattie croniche rappresentano la grande sfida dei servizi sanitari nazionali: esse, per definizione non guaribili, non possono essere adeguatamente affrontate né con un approccio di attesa, che interviene solo quando il patrimonio di salute della persona è già depauperato ed è impossibile restaurare la condizione di salute originaria, né da un modello assistenziale fortemente riduzionista, di matrice esclusivamente biomedica.

Le dimensioni con le quali è necessario interagire nella cura delle persone travalicano, infatti, la sola dimensione biologica della dicotomia salute-malattia e coinvolgono gli aspetti psicologici, esistenziali, culturali, sociali, economici, politici, ambientali, ecc. (noti nel loro complesso come determinanti di salute). L’obiettivo finale è quello di trattare non solo la patologia quando questa si instauri, ma di promuovere il mantenimento della salute affinché lo sviluppo della malattia venga contrastato.

Come enunciato nel manifesto “Dico 32 Salute - Bene comune” di Cittadinanzattiva, “la salute è influenzata da molteplici aspetti della vita: il contesto e l'ambiente in cui le persone nascono, vivono, crescono, lavorano e invecchiano determinano lo stato di benessere psicofisico e questi fattori si influenzano reciprocamente. Ambienti di lavoro sicuri, condizioni di lavoro dignitose e adeguatamente retribuite, l'accesso a un’istruzione ben organizzata e inclusiva, la possibilità di vivere in abitazioni adeguate e in un ecosistema sostenibile, per fare alcuni esempi, determinano lo stato di benessere e quindi la qualità di vita del singolo e della comunità in cui vive”.

La necessità di un cambio di paradigma era già emersa con forza nella conferenza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità tenuta ad Alma Ata nel 1978, giunta a coronamento di una serie considerevole di conferenze regionali. Fu in quel contesto che venne proposta la Primary Health Care come nuova cornice culturale e concettuale. Durante la conferenza venne sottolineata la necessità di un sistema di assistenza nel quale l’oggetto dell’azione non fosse limitato solamente al trattamento delle patologie, ma orientato alla salute, centrato sulle persone e sulle comunità. Alla dimensione del trattamento si affiancarono così in modo inscindibile le dimensioni di promozione della salute e quelli di prevenzione delle patologie, cura e riabilitazione.

Dai lavori della Conferenza di Alma Ata emerse l’obiettivo di garantire il massimo livello di salute a tutte le persone. Apparve chiaro come il raggiungimento di tale ambizioso obiettivo dipendesse dall’adozione di politiche per la salute che andassero oltre le dimensioni prettamente biomediche, interessando altri ambiti: il lavoro, i trasporti, l’alimentazione, l’educazione, l’abitare, l’attività fisica, ecc. Era quindi necessario sviluppare servizi sanitari centrati sulle Cure Primarie.

La Primary Health Care che emerse dalla Conferenza di Alma Ata rappresenta di fatto un nuovo modo di concepire l’assistenza: un approccio onnicomprensivo di tutte le variabili che influenzano la salute delle persone e delle comunità, oltrepassando l’ambito prettamente sanitario individuale.

L’approccio di Primary Health Care, nella sua originaria accezione di Comprehensive Primary Health Care, è rimasto tuttavia ampiamente inattuato, complice il ruolo sempre più rilevante del mercato che, anche nell’ambito della salute, spinge verso un approccio prestazionale e frammentato dei sistemi di assistenza. Un orientamento sostenuto dal concomitante straordinario sviluppo tecnologico della biomedicina, che ha contribuito a generare l’illusione di una sufficienza dell’approccio alla salute di tipo prestazionale-specialistico.

Senza un modello adeguato a fronteggiare le sfide poste dalle transizioni in atto, basato sul potenziamento delle Cure Primarie, dovremo attenderci la convergenza di due gravi fenomeni, che rischia di porre i sistemi assistenziali in una condizione di crisi strutturale. Da una parte un maggior incremento del numero di persone con malattie croniche e condizioni di non autosufficienza, conseguenza di un mancato intervento proattivo, preventivo e individualizzato. Dall'altra, l'impossibilità di dare una risposta adeguata e sistematica alle persone con malattie croniche e condizioni di non autosufficienza, effetto dell’incapacità a privilegiare, innanzitutto, le risposte più semplici e più vicine al contesto di vita delle persone.

La stessa recente pandemia ha mostrato quanto le dimensioni non biomediche intervengano, in modo assolutamente rilevante, anche nel determinare l’evolversi di condizioni acute. Ciò prova come, nel contesto attuale, sia sempre più urgente sviluppare un modello capace di affrontare la complessità del mondo reale a partire da sistemi di assistenza che possiedano gli strumenti per intervenire sui determinanti di salute.

Solo un modello assistenziale fondato sui principi della Comprehensive Primary Health Care può garantire ciò, favorendo il superamento della frammentazione tra gli attori coinvolti - sia professionali che comunitari - mediante la creazione di reti assistenziali multiprofessionali, multisettoriali e multidimensionali, a partire dal coinvolgimento delle persone e delle comunità, soggetti attivi a tutti gli effetti della propria salute, intesa come bene.

Un recente studio dell’OMS (WHO, Building the economic case for primary health care: a scoping review, 2018) ha inoltre fatto luce sul rapporto costi-efficacia della Primary Health Care. La Primary Health Care prevede un investimento iniziale per spostare l’accento, dalla performance sanitaria, alla prevenzione e partecipazione in salute. Questo investimento iniziale produce un forte risparmio di prestazioni sanitarie a medio e lungo termine, soprattutto rispetto ai ricoveri ospedalieri e agli accessi in pronto soccorso. La partecipazione in salute e l’utilizzo delle risorse già presenti sul territorio determinano inoltre un aumento dell’equità in salute.

Da queste premesse nasce il Libro Azzurro per promuovere un nuovo modello di Cure Primarie in Italia. Buona lettura!

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