Sapete a cosa ci si riferisce quando si parla di fanghi di depurazione di acque reflue urbane?
Si tratta del principale residuo del processo di depurazione e dunque di materiali che contengono, oltre a sostanze organiche di origine naturale, anche inquinanti diversi immessi nelle fognature (metalli pesanti bioaccumulabili, sostanze organiche tossiche…).
Sebbene infatti il termine “fango” possa evocare l’idea di una sostanza inerte, in questo contesto ci si riferisce a fanghi biologici, costituiti essenzialmente da organismi microscopici sessili oppure natanti, di varie forme e dimensioni, che vengono chiamati fanghi per il loro aspetto e colore simile al fango di terra grassa.
Mentre per lungo tempo i fanghi di depurazione sono stati trattati esclusivamente come rifiuto ed avviati allo smaltimento in discarica, anche in un’ottica di riduzione dei costi ha progressivamente preso piede la tendenza al recupero degli stessi.
Entro tale contesto è stata adottata in maniera abbastanza diffusa la pratica di spandere questi fanghi nei suoli agricoli, come ammendanti di sostanza organica, con lieve potere fertilizzante.
Posta la natura dei materiali e i gli effetti igienico-sanitari che potrebbero derivare da un utilizzo di fanghi che non siano stati adeguatamente trattati, tale operazione non è libera ma soggetta ad apposita autorizzazione, con necessità di produrre dettagliata documentazione che consenta di valutare nel suo complesso la fattibilità dello spandimento definendo, tra l’altro, le caratteristiche dei fanghi prodotti e l’idoneità dei siti prescelti.
Prodotto particolare derivante dal trattamento dei fanghi in uscita dagli impianti di depurazione civile sono i gessi di defecazione, ottenuti mediante un apposito processo consistente principalmente nella coagulazione con cloruro ferrico e aggiunta di calce viva.
I gessi di defecazione da fanghi si trovano attualmente inseriti in maniera esplicita tra i correttivi nel D.lgs 29 aprile 2010, n.75, al punto 23 dell’Allegato 3, così determinandone la considerazione come prodotto commerciale a tutti gli effetti ed escludendoli dalla sottoposizione alla disciplina dei rifiuti.
I gessi di defecazione da fanghi sono divenuti tristemente noti alla cronaca a causa del recente scandalo connesso alla produzione e all’utilizzo di gessi di defecazione da fanghi non a norma da parte di un’impresa lombarda.
Un’azienda di Brescia è stata infatti accusata di aver sparso su terreni agricoli del Nord Italia, tra il gennaio 2018 e l'agosto 2019, 150 mila tonnellate di fanghi contaminati da sostanze inquinanti, spacciandoli per fertilizzanti.
Grazie alle indagini svolte dalla Procura di Brescia e dai Carabinieri forestali, anche tramite complesse attività di intercettazione telefonica e ambientale, si è appreso che la società ritirasse i fanghi prodotti da diversi impianti pubblici e privati di depurazione delle acque reflue urbane ed industriali, da trattare mediante un procedimento che ne garantisse l’igienizzazione e la trasformazione in sostanze fertilizzanti.
Al fine di incrementare i profitti, invece, i fanghi contaminati non venivano sottoposti al trattamento previsto ed anzi vi si aggiungevano ulteriori inquinanti, quali l’acido solforico derivante dal recupero di batterie esauste.
I materiali, a tutti gli effetti rifiuti, venivano quindi classificati come gessi di defecazione da fanghi e così sparsi su terreni destinati a coltivazioni agricole.
Sarebbero stati impiegati in particolare su 3.000 ettari di terreni di 176 aziende agricole, coinvolgendo 78 comuni in 12 province di Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.
Alla base dell’ingranaggio vi era il convincimento degli agricoltori ad accettare lo spandimento dei “gessi di defecazione” sui propri terreni al fine di ottenere un risparmio sulle spese di lavorazione degli stessi: tali finti ammendanti venivano infatti offerti a titolo gratuito ed era compresa la successiva aratura dei campi, di cui si faceva carico la società stessa.
Nei campioni dei gessi in uscita dall'azienda e in spargimento le sostanze inquinanti (tra le altre fluoruri, solfati, cloruri, nichel, rame, selenio, arsenico, idrocarburi, zinco, fenolo, metilfenolo) sono risultate essere decine - se non addirittura centinaia - di volte superiori ai parametri di legge, determinando altresì miasmi ammorbanti denunciati dai cittadini tramite numerosissimi esposti e segnalazioni presentati nel tempo.
La risonanza dello scandalo bresciano ben consente di comprendere le ragioni per cui è dilagata una visione negativa dei gessi di defecazione da fanghi, considerati da alcuni come prodotti da mettere al bando.
Da più parti si è sollevata la richiesta di un intervento statale che armonizzi e definisca la materia stabilendo, anche per i gessi, limitazioni e regolamentazioni analoghe a quelle previste per l’utilizzazione dei fanghi di depurazione da acque reflue urbane.
A livello regionale proprio la Lombardia nel luglio 2021 ha approvato in via definitiva la legge riguardante il controllo, il monitoraggio e la tracciabilità dei gessi di defecazione da fanghi utilizzati in agricoltura, stabilendo limiti per i fanghi che possono essere trasformati in gessi e introducendo regole più stringenti relative ai controlli e alla tracciabilità dei fanghi, dei gessi e del loro destino finale.
Federica Margherita