MONS. GIOVANNI BIANCHI

Da tempo avrei voluto raccontare ciò che sto per scrivere, ma ho sempre lasciato perdere a causa di un timore reverenziale che finora mi ha impedito di farlo.

Era mio desiderio scrivere una memoria per ringraziare un maestro di vita non solo mio, ma anche per chiunque l’ha incontrato.

Sapevo però che egli disdegnava gli elogi e i riconoscimenti e quindi temevo di fargli un torto più che un piacere.

Con il passare del tempo ho compreso che il mio compito era quello di farlo conoscere alle nuove generazioni come esempio da imitare ed anche stimolare la recita di qualche requiem.

Pertanto, messa da parte ogni incertezza, ho scritto questa mia testimonianza come se avessi ottenuto il suo imprimatur.

Preciso tuttavia, con le parole di san Giovanni Battista, che personalmente non sono degno neppure di slacciargli i sandali.

Noi italiani in questo periodo di emergenza dovuta al coronavirus, che ancora continua a mietere vittime, siamo rimasti a casa ed abbiamo avuto tutto il tempo per riflettere e pregare.

Dando uno sguardo al mio passato mi sono reso conto di avere avuto accanto la guida di una figura importante, uno dei vescovi più amati della diocesi di Pescia.

La mia testimonianza riguarda S.E. Mons. Giovanni Bianchi, Vescovo Emerito di Pescia e Cameriere Segreto di Sua Santità con cui, grazie a Dio, sono venuto in contatto.

Non intendo ovviamente fare confronti o stilare classifiche sui vescovi che hanno guidato la diocesi o con chi la guida attualmente con tutto il suo cuore, cioè S. E. mons. Roberto Filippini.

  Alcune notizie biografiche le ho riprese da articoli pubblicati su “Il        Tirreno”, sulla rivista del Santuario di Collevalenza firmato da  padre Mario Gialletti, sul settimanale “Toscana Oggi” scritto dal compianto cardinale di Firenze Silvano Piovanelli.

Mons. Giovanni Bianchi era nato a Firenze da una famiglia di operai l’8/04/1918.

Entrato in seminario giovanissimo, era stato ordinato sacerdote a Firenze il 6/07/1941 dal cardinale Elia Dalla Costa.

Il suo primo incarico di vice-parroco lo aveva prestato a Borgo San Lorenzo (FI).

Successivamente passava alla frazione di Fagna, comune di Scarperia (FI).

Qui riusciva eroicamente a nascondere diversi giovani ricercati dai soldati tedeschi e ad ottenere il permesso di ospitare in canonica 300 persone anziane e ammalate.

Finita la guerra veniva trasferito nella frazione di Porto di Mezzo, presso il comune di Lastra a Signa (FI).

In questo luogo si dedicava alla cura materiale e spirituale dei fedeli ridotti in miseria a causa del conflitto.

Dal 1949 per dieci anni è Proposto a Castelfiorentino (FI), comune  toscano che con Lamporecchio (PT) si è sempre conteso il primato politico di comune più rosso d’Italia.

Nel 1961 viene chiamato a ricoprire la carica di Vicario Generale della diocesi di Firenze.

L’8/09/1964 viene consacrato vescovo dal Cardinale di Firenze Ermenegildo Florit e nominato suo ausiliare.

In quel periodo il cardinale Florit e mons. Bianchi con tanta afflizione devono far fronte alla contestazione ecclesiale intrapresa da alcuni preti ribelli alla Curia di Roma e limitare i loro eccessi.

Era stato il più giovane dei padri conciliari presenziando alla III e IV sessione del Concilio Vaticano II.

Le riforme conciliari determinavano il passaggio ad una nuova epoca, trasformando l’immagine della chiesa, come una sposa adorna per il suo sposo, più bella ed al passo con i tempi nuovi.

Il 24/09/1977 mons. Giovanni Bianchi lascia Firenze per fare il suo ingresso nella nostra diocesi di Pescia alla quale era stato assegnato.

Alcuni laici, oggi sopra la settantina, provenienti da ogni parte della diocesi, con in prima fila il prof. Ulderigo Testai, primo diacono permanente ordinato nella diocesi di Pescia, e forse in Italia, abbiamo iniziato a frequentare la sala del palazzo vescovile.

Ogni  sabato sera seguivamo le catechesi del vescovo sulla sacra Bibbia, la Liturgia, i Sacramenti e via dicendo con la massima attenzione.

Eravamo lieti di poterlo incontrare ogni settimana.

Avevamo trovato in lui un punto di riferimento, come può esserlo un bravo ed amico prete.

Le sue catechesi somigliavano a conversazioni fatte tra amici e dentro di noi cresceva forte l’ammirazione verso di lui: un uomo, un sacerdote ed un vescovo di grande fede.

Tutti i nostri incontri si concludevano poi nella Cappella del Vescovado con la recita della Compieta.

Parlando del sacramento del matrimonio, ad esempio, era solito raccomandare a noi di baciare di tanto in tanto l’anello della fede che avevamo infilato al dito in segno di amore verso il coniuge e di ringraziamento verso il Signore.

Ci invitava a recitare il “Gloria” che si canta all’inizio delle messe festive,  una delle sue preghiere preferite. 

Secondo le usanze del tempo, nel salutare un vescovo, si doveva compiere una piccola genuflessione e baciargli l’anello episcopale che portava al dito, ma immancabilmente egli ritirava pronto la mano e non era mai possibile eseguire il rituale come si doveva.

Era un vero e proprio Pastore, una persona sincera e rispettosa verso chiunque e riusciva a mettere tutti a loro agio con quel suo memorabile sorriso.

Dimostrava anche una prontezza di spirito non comune e non mancava di dire le sue battute argute e piene di buonumore.

Siamo rimasti attratti da lui e proprio da lui siamo stati ordinati lettori e accoliti.

In data 27/05/1984 da mons. Giovanni Bianchi ho ricevuto il ministero del Lettorato presso la cattedrale di Pescia e due anni dopo il 17/05/1986 il ministero dell’Accolitato presso la parrocchia di Chiesina Uzzanese.

Per la prima volta l’avevo visto in televisione.

Novello vescovo della diocesi, in occasione dell’inaugurazione, benediceva il cavalcavia che dalla autostrada A11 presso il casello di Montecatini Terme conduce al centro cittadino presso la stazione ferroviaria.

Ne avevo ricevuto subito una buona impressione.

Parlando delle sue origini, ci raccontava della sua mamma, donna ricca di fede, alla quale faceva da contrappeso invece l’ateismo del babbo.

Giovannino, così a volte si definiva parlando di sé, con la preghiera costante sua e quella della madre era riuscito pian piano ad ottenerne la conversione dal Signore.

Sin dal suo arrivo in diocesi aveva subito dimostrato di che stampo era fatto.

La profonda umiltà, la grande umanità, il simpatico sorriso, la instancabile energia e la buona volontà di cui era dotato avevano conquistato tutti i fedeli in un baleno.

Ogni notte dalla sua camera prima di mettersi a letto benediceva gli abitanti della diocesi.

Era molto amato dalla popolazione perché questa sentiva di essere a sua volta riamata.

Ad ogni inizio di ogni omelia le consuete e indimenticabili parole sue erano:  “Miei cari”. 

Nel presiedere le celebrazioni religiose preferiva prendere posto su una sedia meno appariscente dirimpetto all’altare anziché sulla pomposa cattedra vescovile.

Accompagnava ciascuno di noi all’uscita salutandoci individualmente (ricordo che scherzosamente mi chiamava: “Signor Vice-Parroco!”) e informandosi sulle nostre famiglie ed i bambini che egli chiamava con il termine fiorentino di “cittini”.

Ricordo che una sera mi ha chiesto se potevo dargli un passaggio in macchina fino alla chiesa di Santa Rita a Margine Coperta.

Un po’ emozionato, lì per lì, gli facevo notare che avevo una modesta vecchia cinquecento poco consona per un prelato, quando c’erano automobili più confortevoli della mia, di proprietà dei nostri amici presenti, ma egli insisteva nella richiesta.

Così l’ho accompagnato felicemente a bordo della mia utilitaria.

Il 28/01/1989 mio padre passava a miglior vita.

Proprio in quel giorno ero invitato a pranzo a casa del prof. Testai e l’ho dovuto avvertire che non mi era possibile andare spiegando il motivo.

Al pranzo dal Testai, come succedeva spesso, erano invitati mons. Vescovo ed altri sacerdoti e ministri ordinati.

Subito dopo il pranzo si sono presentati tutti insieme a casa di mio padre per benedirlo, porgergli un saluto e confortare noi familiari. Non ho dimenticato le parole pronunciate a tal proposito da Mons. Bianchi davanti al defunto: “Ci ha preceduto!”

Dopo aver guidato la diocesi per diciassette anni, il 18/12/1993 presentava le sue dimissioni per raggiunti limiti di età che venivano accolte dal Santo Padre.

Dalla diocesi di Pescia dunque si trasferiva a Collevalenza (PG), presso il Santuario dell’Amore Misericordioso gestito dalla Fraternità religiosa di madre Speranza.

Qui si dedicava alla preghiera e alla confessione dei fedeli, facendosi chiamare semplicemente Padre Giovanni Bianchi.

Un giorno ci siamo recati tutti insieme a fargli visita a Collevalenza.

Abbiamo notato la sua grande gioia nel rivedere i suoi vecchi amici.

Ci ha condotto a visitare quel bel Santuario, che per lui era divenuto una seconda casa, e ha celebrato la santa Messa in nostra presenza.

Poi ci siamo intrattenuti con lui in un’apposita sala ed infine ci ha salutato singolarmente stringendoci la mano ad uno ad uno e dandoci qualche buffetto.

Ricordo che per noi è stata quella l’ultima volta che l’abbiamo visto da vivo.

Il 21/09/2003 infatti, all’età di 85 anni, moriva a Collevalenza.

Il suo corpo è stato portato presso la cattedrale di Pescia il 23/09/2003 per consentire agli abitanti della diocesi di porgere l’estremo saluto al loro Pastore tanto amato ed il giorno successivo si sono svolte le esequie solenni.

Al termine del rito funebre veniva riportato a Collevalenza per esservi sepolto secondo la sua espressa volontà.

Il motto latino “Benefacere et laetari” delle sue insegne episcopali conteneva il tema principale, più importante e ricorrente della sua attività pastorale, cioè “Fare del bene nella letizia”.

 Dalle parole del suo testamento delle quali trascrivo le ultime frasi si può intuire la grande levatura del nostro caro vescovo:

“Per quanto riguarda la mia sepoltura, non per decisione emotiva, ma per una convinzione di sempre, chiedo fermamente che il mio corpo, rivestito dei paramenti già preparati, sia sepolto in terra nuda, in una cassa di solo legno, sulla tomba una semplice croce con i miei dati anagrafici. Rinuncio ad ogni eventuale privilegio di Ordinario Emerito e chiedo di essere sepolto a Collevalenza: nel mio ultimo sonno non voglio essere di incomodo a nessuno. È un bisogno, un doveroso atto di povertà e di riparazione. La preghiera di suffragio sia il vero tributo di affetto e di fraterno, filiale ricordo: di questo ringrazio sinceramente; lo ricambierò in Dio. A tutti ripeto: diamoci appuntamento in Cielo, dove spero ardentemente di trovare i miei carissimi genitori e tante persone care. Carissimi, la nostra piccola vicenda umana è ombra che passa, annientata dalla Luce di Dio. Rimane solo Lui, infinito ed eterno Amore perdonante. + Giovanni Bianchi, Vescovo Emerito di Pescia, Collevalenza 19 marzo 1994”

Alla fine di questa perenne memoria su mons. Giovanni Bianchi concludo dicendo che adesso possiamo contare sul suo aiuto da lassù per camminare nella retta via e presentarci così all’appuntamento che ha voluto darci in Cielo quando toccherà a noi.

Enzo Vincenzo Bellina

 10/08/2020

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