LE NOTE MUSICALI


Do, re, mi, fa, sol, la, si, do …

Do, si, la, sol, fa, mi, re, do …

Mi, sol, si, re, fa . . . Fa, la. do, mi…

Sono queste le famose note musicali che vanno sempre a posarsi sul pentagramma, fra le sue righe o fra i suoi spazi, oppure al di sopra o al di sotto di esso.

Le note poi non sono tutte di ugual durata, infatti esistono semibrevi, minime, semiminime, crome, semicrome, biscrome ed in loro assenza le sostituiscono altre figure chiamate pause.

Sul pentagramma si può incontrare di tutto: chiavi, frazioni, punti, stanghette, diesis, bemolle, bequadro, segni dinamici per l’andamento ecc…

L’elaborazione del tetragramma (antenato del pentagramma) e la definizione delle note musicali comprese fra il do ed il la, storicamente viene attribuita a Guido d’Arezzo, vissuto fra il 995 e il 1050 d.C., .

Ma se si va a ricercare fra i ricordi della gente popolana, l’origine delle note musicali è molto più remota ed è come avvolta nel mistero.

<< C’era una volta… un papa… un pipu… e un re… aspettate che ancora ce n’è! >>

 le favole dalle mie parti iniziavano sempre così. Preciso che il termine ‘pipu’ vuol dire ‘peperone’. Infatti il paese dove si svolge questa storia era prevalentemente agricolo e costituito da contadini che vivevano esclusivamente dei frutti della loro terra. Non era molto popolato, ma era un posto tranquillo.

Tutte le mattine, al levarsi del sole, era pieno di vita; il lavoro dei campi, il commercio, l’allevamento del bestiame vi fiorivano e la gente vi dedicava le sue giornate cantando.

Non so come spiegarvelo, ma un brutto giorno accadde qualcosa di molto strano: il sole si eclissò e non spuntò più nel cielo, con la massima sorpresa di tutti.

Di notte non si vedeva neppure la luna e tutto il popolo era in preda allo sgomento.

Il re di quel paese non sapendo fornire alcuna spiegazione del fenomeno ai suoi sudditi, inviò alcuni suoi rappresentanti presso i paesi confinanti, per conoscere le loro condizioni.

Intanto pioveva di giorno e di notte e nessuno si curava più del raccolto e del lavoro dei campi e delle altre attività.

I sacerdoti del tempo, interpellati su questo argomento, rilessero attentamente le pagine dell’Antico Testamento soffermandosi, per cercarvi qualche nesso, sulla celebre frase di Giosuè: “Fermati o sole e tu o luna non ti avanzare!”, ma purtroppo non sembrò attinente al caso loro.

Il sovrano, immensamente addolorato, per la catastrofe apocalittica, non riusciva a trovare pace, mentre i giorni passavano sempre uguali, finché decise, molto amareggiato, che avrebbe lasciato il suo regno a chiunque, uomo di corte o popolano, avesse rivisto il sole apparire sull’orizzonte.

E questa sua volontà la fece gridare dai banditori su tutto il territorio del regno.

Diffuso questo avviso per ogni dove, un bel mattino riapparve bello ed enorme il sole sul cielo ed un giovane montanaro non molto alto, ma che era solito levarsi presto la mattina, vedutolo, corse subito dal re.

Giunto al suo cospetto, tutto intimidito, fece un grande inchino e così si espresse con la voce rotta dall’emozione: “Do… re… mi… fa?… Sol…là!”

“Si!”… rispose il sovrano e concluse ricambiandolo con lo stesso appellativo

“Do”… che in latino sta per signore (do-minus).

Non sembra vero, ma quelle sette sillabe espresse con gioia inaspettata dal montanaro divenuto nuovo re cambiarono la storia di quel paese e del suo popolo, tanto che ancora oggi sono note e memorabili in tutto il mondo.

La gioia e la felicità per la vita ritrovata, tornò a manifestarsi con rinnovati canti da parte degli abitanti di quel paese.

Così, con la conseguente nascita della musica e la sua diffusione nel mondo, sparì il triste ricordo per sempre.

Enzo Vincenzo Bellina

#enzovincenzobellina

25/11/2006