Don Mimmo Battaglia, un messaggio di legalità e giustizia

10 Aprile 2021

«Chi è mafioso non vive da cristiano perché bestemmia con la vita il nome di Dio».

«Oggi abbiamo bisogno di uomini di amore, non di uomini di onore; di servizio, non di sopraffazione».

Queste parole furono pronunciate da Papa Francesco durante la celebrazione della Messa, a Palermo, del 25° anniversario della morte di padre Pino Puglisi, il primo martire della mafia dichiarato beato dalla Chiesa.
Dichiarazioni, rese ancora più forti, nella scomunica ai mafiosi, che il Pontefice dichiarò a Sibari nel giugno 2014.

Non ci può essere ambiguità tra vangelo e mafia.
Tra la parola, la scrittura, la chiesa e la violenza, è una contraddizione di cui i “Messaggeri entusiasti della vita di Cristo” devono farsi portatori.


Migliaia di persone nella Piana di Sibari, per la messa del Papa.

"Coloro che nella loro vita hanno questa strada di male, i mafiosi, non sono in comunione con Dio. Sono scomunicati."

Ed è esattamente questo il volere del nuovo arcivescovo metropolita di Napoli: Don Mimmo Battaglia, Un “Prete di strada”, da sempre capace di farsi comunicatore della parola di Dio attraverso gesti, comportamenti, vicinanza ai vinti, agli emarginati, ai più fragili.
Una testimonianza di amore e verità nella sua stessa vita; quell’esempio, che vale più del fare, che vale più del dire.
Don Mimmo è un sacerdote, oggi un arcivescovo, “Universale” capace di farsi amare proprio da tutti, perchè primo realizzatore del cambiamento che vuole vedere nella chiesa e nel Mondo, proprio come la scrittura vuole che sia la testimonianza cristiana.
Si fa povero, per i poveri. Ultimo, per gli ultimi.
Capace, come descritto da Matteo Cosenza, in un articolo per il Corriere del Mezzogiorno:“ Di infondere la speranza che non attende e che si fa impegno, di invitare al coraggio che vince le paure.”

Testimonianza cristiana, che non si è fatta aspettare. Don Mimmo, infatti, ha lanciato a Napoli, proprio in questi giorni, un chiaro messaggio di speranza; ordinando la rimozione tempestiva dei quadri “donati” dalla Camorra alla chiesa, in particolare l’arcivescovo ha eliminato, con effetto immediato, due dipinti provenienti dal clan Nuvoletta e che da quasi mezzo secolo erano conservati nella chiesa di Marano. Uno raffigurante la Vergine del rosario di Pompei, l’altro Santa Caterina.
Quella dedica, quel lascito “A devozione di Lorenzo Nuvoletta”, non poteva più essere tollerata. Un silenzio pieno di omertà che andava infranto e che solo la presenza viva di Don Mimmo poteva spezzare.
Senza paura di finire nelle losche trame dei malavitosi, con il coraggio di chi è ben conscio di essere, di vivere e di seguire la via giusta.
La chiesa di Marano, cosi come la chiesa nella sua accezione più generale, è patrimonio culturale, non solo per la sua componente storica e artistica, ma specificatamente per le esigenze legate al culto ed ai valori squisitamente religiosi, stessi valori che, con il suo operato, Don Mimmo si impegna a tutelare. Citando sempre il nostro Pontefice, “Le organizzazioni mafiose che cercano di appropriarsi indebitamente di santi e divinità, lo fanno per un'ostentazione di potere. La violenza non trova alcuna base nelle convinzioni religiose...”.

Non sono mancate le minacce, le parole vuote di chi vuole bloccare sul nascere una piccola (ma grande) rivoluzione. Addirittura queste, le dichiarazioni scritte sui social da Maria Orlando legata, con vincoli di parentela, alla famiglia Polverino: “Ho scoperto che i vescovi sono i pubblici ministeri di Dio. Non lo sapevo, pensavo che Dio fosse un giudice indiscusso, equo e misericordioso. Si dovrebbero vergognare: anche il pregiudizio è peccato.”

Ecco, parlare di mafia come di pregiudizio, minimizzare le vicende criminose, sentirsi onnipotenti e pensare di poter essere giudicati solo da Dio, richiama a quella poca vergogna e consapevolezza insita in chi si copre gli occhi, giustifica e diffonde il male sulla terra. Vanno isolati e spazzati via dalla nostra vita con tutti gli strumenti possibili. Serve la totale intolleranza e la forza di controbattere e di resistere a questi chiari messaggi di ignoranza.


La mia città, Chiaravalle Centrale, ha avuto l’onore e la fortuna di essere guidata per anni, dal sostegno, dalla parola, dal sorriso di un sacerdote straordinario: Don Dino Piraino, vicino nella vita e nelle intenzioni all’operato dell’arcivescovo di Napoli. Piraino ha accompagnato giovani e adulti all’amore verso la verità, contro qualsiasi forma di silenzio assenso che ci fa del male e che ci spinge verso il male.
E sono certa che, dall’alto dei cieli, Don Dino, così come nella sua ordinazione episcopale, stia accompagnando Don Mimmo nella sua importante opera di giustizia. Entrambi “Sale della Terra e luce nel Mondo”.


Perchè non esiste alcun legame tra Chiesa e mafia, anzi, la prima deve essere la cura e l’antidoto per l’altra.

L’organizzazione mafiosa strumentalizza la religione, è una cristianità solo apparente e nasconde una realtà di violenza e di sopraffazione. Alla continua ricerca del potere, non opera in nome di Dio, ma tenta di operare “al suo posto”.

La chiesa, d’altro canto, è la compagnia del bene, l’assemblea che deve combattere unita e conforme contro il male, non deve soffermarsi su ciò che divide ma, piuttosto, unire le diversità per creare una comunità coesa e forte, invincibile contro tutto e tutti, e quindi, anche contro le mafie.

“Non ci si salva soli, ci si salva insieme”, disse Papa Francesco.
Un’azione collettiva simile a quella di Don Mimmo, una lotta comune verso la criminalità fatta in modo pacifico, per non andare mai contro la parola di Cristo: “Amatevi gli uni con gli altri come io ho amato voi”.

Cinzia Perruccio