il teatro greco

Per i Greci lo spettacolo teatrale non era solo un intrattenimento ma aveva funzioni educative e religiose. In un primo momento,  il teatro era formato da strutture mobili, di solito impalcature lignee, e lo spazio di volta in volta veniva allestito per l’occasione per poi essere smontato. Successivamente, durante il V secolo a.C., i greci costruirono uno spazio con strutture fisse, realizzate in pietra. 

Il teatro greco si articola a partire da un recinto circolare in cui è rappresentato lo spettacolo: l’orchestra (da orchéomai, “danzare”). Qui si esibisce il coro, il gruppo di artisti che accompagna con la danza i canti dedicati alle divinità.

Intorno a questo recinto è disposta la cavea (kóilon) per gli spettatori. Si tratta di seduta di forma semicircolare a gradoni che sfrutta la pendenza naturale del terreno, permettendo una perfetta visibilità e un’ottima acustica da tutte le posizioni.

Dalla parte opposta della cavea è collocata la skené, o edificio scenico. Esso crea un luogo appartato dove gli attori cambiano costume; costituisce inoltre una sorta di sfondo fisso, richiamando l’immagine della facciata di un palazzo.

All’orchestra si accede tramite due accessi scoperti, le páradoi (singolare párados), che separano l’edificio scenico dalla cavea.

Le maschere nel teatro greco

Le maschere furono introdotte nel teatro greco da Tespi l’inventore della tragedia che intorno al 530 a.C. cominciò a far usare agli attori maschere di lino, sughero e poi di legno.

Prima di allora gli attori si erano limitati a pitturarsi il volto. La ragione per cui la maschera arrivò sulle scene era logistica prima ancora che simbolica: occorreva amplificare tutto, dalla voce alla fisionomia del volto.

La distanza che separava l’attore dal pubblico era di almeno 18 metri dalla prima fila – orchestra compresa – e più di 90 metri dall’ultima. La voce veniva amplificata dalla maschera che fungeva da megafono. Anche l’espressione del volto doveva essere accentuata, altrimenti non sarebbe stata compresa da lontano e quindi la maschera serviva pure a quello.

Il pubblico doveva individuare subito il personaggio è per farlo guardava proprio le maschere. Inoltre per facilitare il riconoscimento dei personaggi gli attori indossavano delle scarpe con la suola straordinariamente alta, i cosiddetti coturni che servivano a far meglio vedere i personaggi sulla scena anche da lontano.

Le maschere avevano i tratti del volto molto accentuati: piangenti nei drammi e sorridenti nelle commedie. Servivano a rappresentare il carattere del personaggio mentre nascondevano l’individualità dell’attore.

Questo senso duplice di svelamento e occultamento è ben reso dalla duplice etimologia della parola: in latino maschera significa persona, mentre in arabo il termine maskharah vuol dire caricatura, beffa. Un grande uomo di teatro del novecento Jerzy Grotowsky sosteneva che il teatro fosse la verità dichiarata finta, un concetto pienamente rappresentato dalla funzione duplice della maschera dal teatro greco in avanti.