di Carla Giomi
Lo scorso febbraio, durante un viaggio di piacere in Perù, ho avuto l’opportunità di visitare Tiwanaku, forse un luogo meno conosciuto rispetto a Nasca, Sachsayhuaman o il Machu Picchu. E’ proprio con quest’articolo su Tiwanaku che voglio iniziare la mia collaborazione con MA, ringraziando Claudio Contorni e tutto il gruppo che mi ha accolto.
Tiwanacu si trova a circa 20 km a sud del Lago Titicaca, in Bolivia, a un’altitudine di 3840 mt sopra il livello del mare. Il nome Tiwanaku proviene dalla lingua quechua e fu adottato durante l’epoca coloniale spagnola, ma il vero nome di quest’area era Taypikala, taypi che significa “centro” e kala che significa “pietra”, il luogo era, quindi, chiamato “ la pietra del o nel centro”.
Le prime notizie del sito si devono al conquistadores spagnolo Pedro Cieza de Leon che visitò il bacino del lago nel 1549. Nelle sue cronache descrisse Tiwanaku, come un luogo in rovina, con ben poche cose da vedere, se non dei blocchi in pietra squadrati, parti di mura, delle colonne, un paio di statue e pietre sparse che dovevano appartenere a precedenti edifici. Quello che vediamo oggi non è molto diverso, ci sono una serie di tumuli erosi, dei profili di cortili, la Porta del Sole (che Ciez non menziona nelle sue cronache) alcune statue e mucchi di pietre, la maggior parte delle strutture presenti o sono state ricollocate o sono state ricostruite dopo gli anni ’60.
L’archeologia ufficiale non dà una risposta unitaria al problema dell’epoca di fondazione del centro, alcuni la datano al 1500 a.C., altri la posticipano al 300 a.C., tuttavia tutti concordano sulla data del suo definitivo abbandono il 1100 circa e, recenti studi accademici, ne imputano il motivo a un lungo periodo di siccità.
Arthur Posnansky, fu uno dei primi archeologi che investigò il sito a partire dall’inizio dello scorso secolo. Era un poliedrico avventuriero, nato in Austria, e studiò l’area del lago Titicaca per oltre 40 anni. Posnansky sviluppò una propria teoria sul luogo, esposta in ben 2 tomi (Tihuanacu, The Cradle of American Man): egli affermava che il bacino del lago era stato il crogiolo della civiltà americana. Studiando il tempio di Kalasasaya fu in grado di datare il sito. Posnansky si accorse che al solstizio di primavera il sole sorge centralmente al tempio (attraverso la porta), di conseguenza, studiando la disposizione del complesso, si aspettava che agli equinozi il sole dovesse sorgere perfettamente agli angoli, ma, stranamente, ciò non si verificava a causa di qualche grado di differenza tra allineamento dell’astro con le pietre angolari. Per Posnansky non poteva trattarsi di un errore architettonico, viste l’elevate competenze di questo popolo, e concluse che l’anomalia poteva solo essere stata provocata da un evento astronomico ciclico: lo spostamento dell’asse terrestre. Posnansky verificò, seguendo i calcoli della Conferenza Internazionale delle Effemeridi, che l’ orientamento del tempio corrispondeva all’incirca al 15.000 avanti Cristo. Per lo studioso Tiwuanacu era la città più antica mai stata ritrovata nonché la culla della civiltà delle Americhe.
Le teorie di Posnansky non godono di nessun credito tra gli archeologi moderni, ma è pur vero che l’ultimo secolo di ricerche sul sito hanno portato a conclusioni o teorizzazioni che sembrano essere suggerite più dall’ideologia dello studioso che da tangibili prove scientifiche. Così, finché non si troveranno prove che demoliscano le ipotesi di Posnansky (supportate recentemente da Hancock e Steede ), credo, che le sue teorie debbano essere prese in seria considerazione, alla pari, ad esempio, di quelle di Ponce (archeologo di ispirazione marxista i cui studi, a partire dagli anni ’60, furono indirizzati a evidenziare Tiwanaku nel suo aspetto di grande civiltà culturalmente e militarmente egemonica, mettendo in sott’ordine quello di centro di culto).
Il sito archeologico attualmente è diviso in due aree: la prima è denominata propriamente Tiwanaku la seconda è Pumapunku, forse quest’ultima rappresenta il principale luogo del mistero, ma del quale scriverò in un’altra occasione.
Tiwanaku è una grande area che si sviluppa attorno a quella che un tempo era una piramide a gradoni, questa struttura è denominata Akapana, in realtà, soltanto i gradoni in basso sono oggi visibili, per il resto, al visitatore appare come una collina arida.
Nel 2006, prendendo come guida il moto del sole ai solstizi e agli equinozi, è stato scoperto, all’interno della piramide, un primo tunnel, altri sono stati rinvenuti negli anni successivi . Sembra che questa rete sotterranea collegasse la piramide agli altri edifici adiacenti e si ipotizza che fosse usata dai sacerdoti preposti alla custodia del tempio. I tunnel furono costruiti utilizzando pietre tagliate in modo tanto perfetto da non lasciare passare infiltrazioni, grazie a quest’ingegnoso metodo, si sono perfettamente conservati sino ad oggi. Sulla sommità dell’Akapana vi era un enorme piazzale con al centro una vasca a forma di croce andina, si ipotizza che l’edificio fosse utilizzato anche come osservatorio astronomico (la vasca rifletteva le stelle nel cielo, permettendo un’agile osservazione del moto degli astri).
Gli edifici attorno all’Akapana sono cinque, ma quelli meglio conservati sono il tempio sotterraneo e il Kalasasaya entrambi parte del patrimonio dell’Unesco. Il Kalasasaya è il cortile circondato da alte mura e costruito su una piattaforma, al centro la stele denominata “il frate”. Abbiamo già detto come quest’edificio fosse un enorme orologio capace di scandire lo scorrere delle stagioni. Spostata su un angolo del tempio Kalasasaya troviamo la Porta del Sole. La porta è scolpita da un’unica pietra pesante più di 10 tonnellate, alta 3 mt circa larga 3,80 mt. Gli archeologi ipotizzano che fosse una delle porte di accesso verso il vicino sito di Pumapunku, dal momento che i riti che cominciavano a Tiwanaku continuavano passando attraverso porte e scale sempre più strette per giungere il luogo più sacro del cammino: Pumapunku. La porta è decorata solo dal lato che guarda il Kalasasaya e questo fa pensare che fosse utilizzata, nelle celebrazioni, attraversandola solo in un senso, dal Kalasasaya verso Pumapunku. La collocazione della porta non è quella originale, è stata posta lì lo scorso secolo, e nessuno in verità conosce dove fosse posizionata originariamente. Le decorazioni, presenti, in alto, sulla porta, rappresentano 50 esseri alati attorno ad una figura centrale che è stata identificata con il dio creatore Viracocha. Posnansky scoprì che la decorazione in verità era un calendario, dove le figure alate rappresentano i giorni, il dio creatore centrale l’equinozio di primavera e il fregio inferiore sulla trave è la rappresentazione dei dodici mesi.
Il tempio sotterraneo
Solo nel 1960 il governo boliviano riportò alla luce il tempio sotterraneo di Tiwanaku. La peculiarità di questo luogo è data dalle decorazioni presenti, che consistono in teste poste lungo tutti i lati del tempio, e ciascuna testa, per quel che ci è dato di osservare, da quelle ancora rimaste intatte, sembra raffigurare individui di diverse etnie e culture, come è ipotizzato da Brien Foerster, nel suo libro “The Enigma of Tiwanaku and Puma Punku”.
Un altro archeologo canaglia, David Childress avanza una teoria suggestiva sulle sculture: afferma, infatti, che due delle teste nel cortile, scolpite in una pietra bianca, potrebbero essere la raffigurazione d’ individui appartenenti alla razza aliena dei Grigi.
Il cortile sotterraneo contiene un’altra curiosità, al centro, la statua che si dice essere la raffigurazione di Viracocha il dio, che viene accolto e venerato da tutti gli uomini.
La curiosità è che Viracocha è rappresentato con una evidente fitta barba, ma lo scultore della stele, chi prese come modello, dal momento che le popolazioni indigene sono notoriamente glabre o con pochissima peluria? Se l’archeologia ufficiale tende a rimuovere questo particolare incongruente, gli studiosi alternativi trovano pane per i loro denti, e si scatenano in mille supposizioni. Mi limito a menzionare la teoria di Sitchin, che in uno degli ultimi lavori, afferma che i Sumeri, che interagirono con la civiltà extraterrestre degli Annunaki, ad un certo punto della storia si trasferirono sul lago Titicaca, in cerca dell’oro. Quest’ipotesi, apparentemente fantasiosa, può, invece, essere confermata da un ritrovamento fatto nei pressi di Tiwanaku nel 1956 e ora esposto al Museo de Metales Preciosos a Las Paz (Bolivia). Si tratta di un vassoio in terra cotta denominato “Fuente Magna”. Il reperto contiene una iscrizione in geroglifici proto-sumerici e scrittura cuneiforme sumerica. Il manufatto è stato datato al 3000 a.C. e se davvero questo reperto per millenni è rimasto sepolto qui su le Ande, avvalora quanto afferma Sitchin nel libro “Le lacrime d’oro degli dei” ovvero che Viracocha provenisse dalla civiltà Sumera.