Cinigiano tra angeli e santi cavalieri

di Claudia Cinquemani

Abbiamo notizia della presenza in Cinigiano di una Chiesa dedicata a San Michele fin dal 1200. Essa sorgeva probabilmente in un luogo diverso da quello dove si trova adesso, al di sopra di una cavità o grotta naturale come era in uso fare per gli edifici eretti in onore dell'Arcangelo . La Chiesa che possiamo ammirare oggi, venne edificata intorno al 1500 in pietra con facciata in laterizio. Nel territorio era presente anche un altro edificio di culto antichissimo titolato a San Martino che sorgeva in località “ la Pieve “ nella parte orientale del territorio di Cinigiano. I culti del Signore delle Milizie Celesti e quello del Santo Cavaliere pongono la storia del paese sotto una luce nuova svelando interessanti radici arcaiche. Le saghe Longobarde muovevano i loro miti sulla figura di una coppia di fratelli, spesso gemelli, di origine semi-divina. Dei due fratelli uno era il guerriero e rappresentava l’immortalità, lo spirituale, colui al quale era data la discendenza, mentre l’altro era di natura mortale e rappresentava l’attività agricola che, come il seme in natura, muore per poi trasmutarsi nell’altro fratello. Abbracciata la religione cattolica, per i Longobardi non fu difficile sostituire l'iconografia delle loro credenze religiose con quella cristiana dell’Arcangelo che assumendo le sembianze guerresche, trafigge il drago per mezzo della spada simbolo della parte terrena di ognuno di noi. In particolare i Longobardi, accolsero con favore il culto per l'Arcangelo, contribuendo al suo sviluppo e diffusione, poiché questo santo, rappresentato come comandante delle milizie celesti e dominatore delle forze naturali e demoniache, ben si prestava a una trasposizione nella mitologia germanica: una volta convertiti al cristianesimo, sovrapposero e assimilarono la devozione per San Michele al culto per Odino/Wotan, il principale dio del Walhalla.

Come ho avuto modo di accennare in passato l’origine del culto di San Michele è antichissima. Fin nella religione dell’antico Iran che riconosceva come Dio supremo Ahura Mazda, si credeva nell’esistenza di Yazata o “Venerabili”: Dei – Angeli che fungevano da tramite tra Dio e gli uomini. La parola “Angelo” assumeva in quel contesto il significato di “Messaggero”. Nel Vecchio Testamento, “Mal’ak” è l’angelo-messaggero che prende parte nell’esercito di Jahvè. Nelle Sacre Scritture Michele, in ebraico Mika’el che significa “chi come Dio”, è a difesa dei diritti dell’Eterno ed è uno dei capi della Schiera Celeste. E’ definito per la prima volta “Arcangelo” nell’epistola di Giuda dove viene descritto in lotta contro il Diavolo per difendere il corpo di Mosè. Nel Vangelo di Giovanni guarisce gli infermi per mezzo dell’acqua. Agli inizi della diffusione del culto in Oriente, Michele è identificato come patrono di acque curative, medico e psicopompo. Il suo culto si impianta in aree devozionali pagane dedicate ad Asclepio, Calcante e Podalirio. Inizialmente si diffonde in Frigia ed è interessante sottolineare come esso soppianti il culto di Attis, antica divinità della vegetazione dalle sembianze di giovane pastore legata al culto della Grande Madre. Le qualità e l’iconografia dell’Arcangelo Michele lo avvicinano a Thot , Hermes, Mercurio, Asclepio. In occidente si diffonde tramite la cultura bizantina responsabile del primo grande sito devozionale italiano intitolato a San Michele: Monte Sant Angelo in Puglia, sorto nel V sec. d. C. Nel VII sec. I Longobardi sconfiggendo i Bizantini si appropriano del Santuario e con esso del culto di San Michele che verrà mantenuto vivo dall'opera di evangelizzazione attuata dall'Ordine Benedettino. Pian piano altri luoghi di culto pagano vengono intitolati a San Michele e sostituiscono quei culti celtici, ariani, mitraici che in maniera analoga trovavano nelle grotte nelle acque , nei rilievi , il loro habitat. L' Arcangelo Michele viene celebrato il 29 settembre, poco dopo l’equinozio d’autunno. L’11 novembre invece ricorrono le celebrazioni di San Martino che fu e lo è ancora oggi una delle feste più importanti della civiltà contadina. Essa segnava come adesso la linea di confine tra un’annata agricola e l’altra, tanto che nel giorno di San Martino si chiudono i conti riguardanti i contratti del patto mezzadrile. L’apertura delle botti per gli agricoltori era, una specie di rito al quale partecipavano tutti i coltivatori. Non si trattava soltanto di assaporare il nuovo vino tanto atteso, ma anche di costatare il frutto di mesi di duro e costante lavoro. San Martino dall’aspetto di un giovane guerriero, era uno dei Santi più venerati da longobardi che lo celebravano con grandi parate militari mettendo in mostra armi, corazze ed elmi. Se il culto di San Martino pur con l' enorme quantità di toponimi in suo onore, si mantenne entro confini devozionali ristretti come chiese pievi e aree cimiteriali , non fu così per il il culto michelita che si diffuse in Europa lungo un asse incredibilmente vasto.

Questa linea immaginaria attraversava la nostra penisola unendo il santuario sul Monte Gargano a quello di Mont-Saint-Michel sulla costa della Normandia. La cerniera fra i due tratti del percorso era l'abbazia della Chiusa, meglio nota come Sacra di San Michele in Val di Susa. Era nata così quella Via Sancti Michaelis che costituiva uno dei più importanti itinerari di pellegrinaggio insieme a quelli di Santiago di Compostela, Roma e la Terrasanta. La particolarità del culto micaelico si deve al fatto che, dopo l’apparizione di San Michele sul promontorio del Gargano, altri luoghi dedicati al Santo furono istituiti sempre in luoghi simili, che avevano in comune un monte che custodiva una grotta. Si attuò quindi quel processo di pellegrinaggio che da sempre ha risposto ad un’esigenza spirituale che affonda le radici negli albori dell’umanità. E' la metafora del viaggio che ci porta ad incontrare la parte più segreta di noi stessi e ci insegue dai tempi di Omero. Si assistette così al proliferare di santuari dedicati all'arcangelo Michele: piccole pievi, come la chiesa di Montesiepi, vicino all'abbazia di San Galgano (SI); edifici elaborati, come il San Michele in Foro (LU); fino alla chiesa abbaziale riccamente affrescata di Sant Angelo in Formis, presso Capua (LT).Tutto questo a testimonianza di una devozione che non ha mai avuto ostacoli fin dal IV secolo d. C., quando l' arcangelo apparve sul Monte Gargano. Tutte le vie di pellegrinaggio erano presidiate nei punti strategici da una rete di fortificazioni dove la funzione di sicurezza era affidata alle "abbazie regie", monasteri fortificati che obbedivano direttamente ai re longobardi e che gestivano anche le funzioni di ospizio per i viandanti .Luoghi ove si custodivano importanti reliquie volte a sacralizzare il cammino. In questo contesto, appare importante anche se non molto nota, la via di San Colombano. Essa svolgeva funzione di collegamento tra Pavia e Bobbio e tra quest'ultima ed i monasteri "gemelli": Luxenil, Fontaine ed Annegray, da una parte e fino a Roma passando per San Salvatore sull'Amiata, San Salvatore sul Tancia, dall'altra. San Colombano infatti operando per la regina longobarda Teodolinda, aveva attuato alla fine del 500 d.C. l' opera di conversione longobarda al cattolicesimo. Il culto micaelico si sviluppò quindi entro un contesto di religiosità arcaica, presso la quale trovava terreno particolarmente fertile l'adorazione dei santi, percepiti come affini alle divinità di ascendenza norrena della tradizione più antica del popolo. In Michele, l'angelo che difende spada in pugno la fede in Dio contro le orde di Satana, i Longobardi riconobbero in particolare le virtù di Odino, dio della guerra e protettore degli eroi e dei guerrieri avvertito come particolarmente vicino ai Longobardi fin dal loro mito delle origini. L'Historia Langobardorum annota una visione nella quale l'Arcangelo, insieme a San Giovanni Battista e a San Pietro, apparve a un eremita al quale si era rivolto l' Imperatore Costante II, che era sbarcato in Italia con l'intenzione di strapparla nuovamente ai Longobardi. La profezia, ideata all'interno della tradizione agiografica beneventana e recepita da Paolo Diacono, consigliava l'imperatore di desistere dal suo tentativo, poiché la grande devozione manifestata dai Longobardi garantiva loro l'appoggio divino; Costante era stato infatti sconfitto da Grimoaldo nel 663.Il culto fu poi alimentato dai successori di Grimoaldo e ricevette un particolare impulso con Cuniperto il quale sconfisse nella decisiva battaglia di Coronate l'usurpatore Alachis Duca di Trento capo degli ariani. Cuniperto presentò la battaglia come una sorta di giudizio di Dio tra lui e Alachis, con l'arcangelo Michele nel ruolo dell'arbitro che avrebbe decretato la vittoria della fazione ortodossa e legittimista e, al tempo stesso, la vergogna individuale e il fallimento politico e militare dell'usurpatore. Conseguentemente a questo disegno, Cuniperto introdusse l'effige dell'Arcangelo anche nella monetazione coniata durante il suo regno. Rachis il re longobardo che, ispirato da evocazioni divine, erogò omaggi e privilegi a papa Gregorio III,promosse la costruzione di numerosi monasteri nei territori ove esercitava il potere longobardo. Fu in tale contesto che si pose il nobile Erfone monaco dell'Ordine dei Benedettini neri (di Cluny) originario del Friuli. Di esso viene normalmente ricordato che, preso da entusiasmo per la vita monastica, spinto forse da una sincera vocazione cristiana oppure da altre motivazioni difficilmente oggi provabili, fondò una serie di edifici monastici. La peculiarità di tale opera, però, sta sia nella loro dislocazione lungo la via militare di penetrazione del territorio italico e sia nelle particolari pitture e sculture che vi erano rappresentate. Erfone, dopo che nel Friuli ebbe fondato due conventi : le Abbazie di Sesto in Silvis e di Salto di Cividale scese in Toscana, per edificare Abbadia San Salvatore sul Monte Amiata. L' edificio eretto su incoraggiamento del Re Rachis era dedicato al Salvator Mundi e ad Erfone furono concessi domini di vaste selve e campi arativi. Ciò avveniva contemporaneamente all'arrivo di San Brandano dall'Irlanda, figlio spirituale di San Patrizio e latore di sacre reliquie. In questo contesto vi era maggior bisogno di importanti vie di collegamento anche dalle zone più vicine alla costa ricche di traffici marittimi e ove scorrevano da tempo le vie antiche romane. In effetti il territorio di Cinigiano,ha svelato importanti tracce archeologiche di età romana e tardo romana, sia presso Collemassari a Poggi del Sasso che in Podere San Martino a Borgo Santa Rita,toponimo quest'ultimo che reca tracce di reiterazione longobarda. Non è quindi impossibile che il tracciato antico romano sia stato potenziato in epoca longobarda. Lungo questa antica via si collocano benissimo le località di Paganico, Sasso d’Ombrone, Cinigiano, Monticello Amiata e Santa Fiora, su quella linea immaginaria che da Mont Saint Michel tocca Monte Sant Angelo sul Gargano per poi proseguire verso l’Isola di Symi in Grecia nel Dodecanneso (sacra a Taxiarchis- Michele) e raggiungere infine Gerusalemme. La Via Sacra Michelita appartiene quindi anche a Cinigiano lungo il tratto che la porta a confluire nella Francigena, anch' essa di origine longobarda dall'antico nome di Via di Monte Bardone (“Mons Langobardorum”) come attesta Paolo Diacono nella sua “Historia Langobardorum”.