Johanna Van Gogh Bonger

Il 29 luglio del 1890, ad Auvers, poco lontano da Parigi, Vincent Van Gogh decise di porre fine alla propria vita travagliata. Nessuno poteva immaginare che presto la sua decisione avrebbe trascinato nella tomba anche l’affezionato fratello minore Theodorus. Dopo aver messo in atto alcuni velleitari tentativi di rendere all’opera di Vincent l’omaggio che meritava, Theo Van Gogh cominciò a lasciarsi consumare dal dolore della perdita, distaccandosi progressivamente dagli affetti più intimi (la moglie Johanna e il figlioletto omonimo dell’artista) e alla fine dalla vita stessa.

A soli sei mesi dalla morte del fratello, Theo lasciava vedova Johanna, di nemmeno trent’anni, ed orfano il piccolo Vincent, che aveva poco più di un anno. Insieme a loro rimaneva una quantità inusitata di tele destinate a perdersi perché opera di un malato di mente e la copiosa corrispondenza fra Theo e Vincent (oltre seicento lettere), che attestava, fra l’altro, una verità molto difficile da digerire per la vedova Van Gogh: l’essere stata, non il primo, ma il secondo amore di Theo.

Ritornata nella natia Olanda, Johanna cominciò a sfidare il pregiudizio che circondava l’opera del cognato e la sua condizione di donna e giovane vedova rimasta sola con un figlio piccolo. Prima aprì una locanda in campagna e vi si trasferì, poi, appendendo in ogni stanza le tele del cognato fatte arrivare da Parigi, ne fece un vero e proprio museo. Quindi con l’intuito, l’intraprendenza e l’abilità manageriale che a causa del dolore erano mancati al marito, sfruttò tutte le opportunità che gli incontri finalmente giusti cominciavano ad offrirle per rendere nota senza remore l’unicità dirompente e rivoluzionaria dell’opera di Vincent Van Gogh. La storia dell’umanità non potrà mai smettere di esserle grata.

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A cura della 5AL

Anno Scolastico 2021/ 2022