Marianna  Ucrìa

Nella Sicilia del Settecento vive una donna speciale, la cui menomazione - è sordomuta - la rende agli occhi della gente una “svantaggiata”, mentre in realtà ella, sviluppando maggiormente gli altri suoi sensi, elabora pensieri più sensibili verso il mondo esterno. Attraverso Marianna conosciamo un mondo antico ed “arretrato”, osserviamo le fatiche, le gioie, i dolori e anche, purtroppo, gli abusi nei confronti dei più deboli che caratterizzano da sempre la società umana, in ogni epoca. La giovane Marianna, la “mutola”, in seguito alla sua condizione fisica cresce guardandosi attorno con attenzione e spesso le sembra di “sentire” ciò che la persona accanto pensa; ella, che è sveglia ed intelligente, per necessità impara l’alfabeto, legge tantissimo e impara a scrivere, lasciando su foglietti di carta i propri pensieri. Il mutismo, metafora della condizione della donna oppressa e quindi privata dell’uso della parola, diventa così con Marianna espressione di riscatto. La protagonista si presenta come una figura fragile e forte insieme, vittima della mentalità altrui, ma padrona di se stessa. Ella sa trovare nella lettura e nella conoscenza la via per elevarsi al di sopra di una mentalità chiusa che la vorrebbe segregata in un tipo di vita sterile ed infelice. Negli anni compirà i gesti di ogni donna , gioirà e soffrirà, si interrogherà sul proprio matrimonio e sul proprio marito che non le rivolge mai una minima tenerezza e, quando meno se lo aspetta, conoscerà anche il sentimento dell’amore che lei vivrà con una voglia disperata di amare ed essere amata. Marianna è una donna che non si lascerà spezzare, ma saprà affrontare la vita con quella passione che arde dentro di lei, sopita ma pronta ad uscire allo scoperto al momento giusto.


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A cura della 4BL

Anno scolastico 2022/23

La lunga vita di Marianna Ucrìa

A cura della 4BL

Anno scolastico 2022/23

Siamo a Palermo nella prima metà del Settecento; in Europa prendono forma le teorie illuministe nate in Francia, ma la Sicilia è legata fermamente alle sue tradizioni. All’interno di una nobile famiglia palermitana, gli Ucrìa, nasce una bambina, Marianna, che all’età di cinque anni viene violentata dallo zio materno; il trauma subìto la renderà sordomuta. La violenza perpetrata dallo zio, il quale diventerà successivamente anche marito, verrà custodita da quel padre tanto amato perché l’incesto, così come l’omertà familiare, erano fatti frequenti in quel periodo storico. La bambina imparerà così a comunicare con il mondo che la circonda attraverso la scrittura; solo in questo modo potrà esprimere le sue idee e i suoi sentimenti. Dopo aver partorito “Lu masculu”, Mariano, il signor padre le regala un completo di scrittura, “ un retino di maglia d’argento con dentro una boccetta dal tappo avvitabile, per l’ inchiostro, un astuccio in vetro per le penne, un sacchetto in pelle per la cenere nonché un taccuino legato a un nastro fissato con una catenella al retino di maglia…” (cap. 9); la scrittura, insieme alla lettura , diventeranno per lei gli strumenti per conoscere e comunicare con il mondo.

Al mutismo di Marianna si contrappone la sua introspezione, il suo amore per la letteratura e per il sapere critico. Infatti, sarà una lettrice avida di Pascal, Hume, Voltaire, Montesquieu: “...questi erano i libri della biblioteca della villa Ucrìa quando l’ha ereditata Marianna. Ma da quando la frequenta assiduamente i libri sono raddoppiati...romanzi moderni, libri di storia, di filosofia .” (cap. 21).

Tutta la narrazione è filtrata dai pensieri di Marianna che legge la realtà circostante acuendo i sensi a sua disposizione e riuscendo a leggere i pensieri altrui. “Il Signore le ha fatto questo dono, di entrare nella testa degli altri...” (cap. 22). La mente di Marianna si perde nelle voci e nei pensieri di chi la circonda, li scruta e li rende suoi. Il fatto che non possa ascoltarli piuttosto che un ostacolo risulta essere un’abilità attraverso cui Marianna strappa il velo dell’ipocrisia , toglie la maschera con cui gli altri si presentano e così il mondo le si offre puro, privo di filtri.

Conoscerà le varie forme dell’amore, quello egoista e crudele: "...viene svegliata da una mano fredda che le solleva la camicia da notte. Si rizza a sedere con un soprassalto. La faccia del signor marito zio è lì a un dito dalla sua. Così da vicino non l’ha mai guardato...nel ricevere i suoi abbracci ha sempre chiuso gli occhi. Quante volte ha ceduto a quell’abbraccio da lupo chiudendo le palpebre e stringendo i denti! Lui sicuramente non si è mai chiesto se questo assalto le sia gradito o meno” (cap. 15); e quello appassionato, ma allo stesso tempo puro: "Saro lo trova sempre davanti, sbucato dal nulla , in procinto di sparire nel nulla. Sempre lì a fissarla con occhi accesi e dolci...e Marianna si stupisce che quella devozione duri, si faccia più ardita e insistente ogni giorno che passa.” (cap. 23). "In lettiga Marianna si trova seduta davanti a Saro...sembra un "anciliu", si dice sorridendo Marianna… lo sguardo a volte può farsi carne, unire due persone più di un abbraccio . Così Marianna e Saro, all’interno di quella vetturetta strettissima, si lasciano cullare dal movimento, mentre gli sguardi corrono dall’uno all’altro commossi ed inteneriti” (cap. 30).

Marianna viaggerà molto: prima con la lettura per mezzo degli amati libri di cui si circonderà e poi in modo reale: “Una pellegrina? Forse, ma i pellegrini vanno verso una meta. I suoi piedi invece non vogliono fermarsi. Viaggiano per la gioia di viaggiare. Una nomade...mai veramente stanca, mai sazia di vedere nuovi luoghi, nuove persone”. (cap. 42) “quel vagare non sarà un avvertimento di fine? Ma la voglia di riprendere il cammino è più forte…(cap. 43).

E alla fine del romanzo, ancora una volta, Marianna rompe gli schemi: alla morte del marito dedicherà il suo tempo all’amministrazione dei propri beni e aprirà il suo cuore, anche se per poco, ad un amore proibito; infine, deciderà di lasciarsi alle spalle la sua terra e partire alla ricerca di se stessa. La scrittrice crea così un personaggio femminile, una donna, che vince i pregiudizi affermando la propria personalità al di fuori degli schemi stereotipati che la circondano.