Vivian  Maier

Vivian Maier

New York, 1936 - Chicago, 2009

Padre americano e madre francese, alla separazione dei genitori Vivian fu ospitata, insieme alla madre Maria, da un’amica fotografa Jeanne Bertrand, che viveva nel Bronx. Fu lei che le trasmise la passione per la fotografia.

Dopo un breve ritorno in Francia, madre e figlia rientrarono negli Stati Uniti dove Vivian cominciò a lavorare come tata presso diverse famiglie. Accanto a questa attività che le dava sostentamento, la giovane prese a coltivare la passione della fotografia, documentando tutti i luoghi che si trovò a visitare.

Il soggiorno più lungo fu presso una famiglia di Chicago, i Gensburg, a partire al 1956: per diciassette anni si prese cura dei loro tre ragazzi, fotografando nel tempo libero la città e i suoi abitanti, bambini, mendicanti, personaggi famosi … le sue foto sono delle vere e proprie “street photos” ante litteram e Vivian può essere considerata una antesignana di questo genere fotografico.  

Per lavoro si occupa della vita degli altri … e alla vita degli altri si interessa scrutando e raccontando – nascosta dietro l’inquadratura della sua Rolleiflex – storie attraverso dettagli, mani, gesti, sguardi, …

La scoperta di questa artista “invisibile” è di per sé una storia nella storia. Infatti, Vivian Maier e la sua vasta quantità di negativi sono stati scoperti grazie alla tenacia di John Maloof, anche lui statunitense, giovane figlio di un rigattiere. Nel 2007 il ragazzo, volendo fare una ricerca sulla città di Chicago, decise di acquistare ad un’asta, per 380 dollari, il contenuto di un box pieno degli oggetti più disparati, espropriati per legge ad una donna che aveva smesso di pagare i canoni di affitto. Mettendo ordine tra i vari oggetti, Maloof reperì una cassa contenente centinaia di negativi e rullini ancora da sviluppare. Fu così che scoprì che l’autrice delle foto era Vivian Maier, una bambinaia che per tutta la vita aveva raccontato per immagini ciò che aveva visto, con una tecnica particolare: molte delle sue foto sono autoritratti realizzati utilizzando specchi o vetrine di negozi come superfici riflettenti.

La sua vita è stata da molti paragonata a quella della poetessa statunitense Emily Dickinson, che scrisse le sue riflessioni e le sue poesie senza mai pubblicarle e, anzi, a volte, nascondendole in posti impensati, dove furono ritrovate solamente dopo la sua morte.

Eccezionale, proprio perché “silenziosa” ed “invisibile”, fu la vita di questa “tata che ha cambiato, con dedizione silenziosa, la storia della fotografia” (Vanity Fair).


Vivina Maier rettifica.pdf

A cura della 5BSU

Anno scolastico 2022/23