Un giorno incontrai casualmente quel mio vecchio amico poeta Archia. Lui mi spiegò che fu accusato di usurpazione della cittadinanza romana e prontamente decisi di correre in suo aiuto. Per lui composi la mia celebre orazione Pro Archia, che tenni nel 62 a.C. Egli, avendo sposato una vecchia vedova, fu contestato per aver preteso alla sua morte di ricevere l’eredità, nonostante non fosse un cittadino romano. Pertanto ho ritenuto opportuno sottolineare che il territorio in cui il poeta nacque era romano nel periodo della sua nascita ma che non lo era più nel periodo del processo. In questa orazione ho proposto anche il concetto di aequitas, secondo il quale i meriti del poeta sono stati sufficienti per potergli concedere la cittadinanza.
Vorrei riportare qui alcune delle mie parole che spiegano come quest’uomo fu fondamentale per la mia formazione, i suoi insegnamenti contribuirono a formare la figura di oratore che oggi sono : Si quid est in me ingeni, iudices, quod sentio quam sit exiguum, aut si qua exercitatio dicendi, in qua me non infitior mediocriter esse versatum, aut si huiusce rei ratio aliqua ab optimarum artium studiis ac disciplina profecta, a qua ego nullum confiteor aetatis meae tempus abhorruisse, earum rerum omnium vel in primis hic A. Licinius fructum a me repetere prope suo iure debet. Nam quoad longissime potest mens mea respicere spatium praeteriti temporis, et pueritiae memoriam recordari ultimam, inde usque repetens hunc video mihi principem et ad suscipiendam et ad ingrediendam rationem horum studiorum exstitisse. Quod si haec vox, huius hortatu praeceptisque conformata, non nullis aliquando saluti fuit, a quo id accepimus quo ceteris opitulari et alios servare possemus, huic profecto ipsi, quantum est situm in nobis, et opem et salutem ferre debemus. Ac ne quis a nobis hoc ita dici forte miretur, quod alia quaedam in hoc facultas sit ingeni, neque haec dicendi ratio aut disciplina, ne nos quidem huic uni studio penitus umquam dediti fuimus. Etenim omnes artes, quae ad humanitatem pertinent, habent quoddam commune vinculum, et quasi cognatione quadam inter se continentur = Giudici, se è in me qualche talento, - e so quanto esso sia limitato-, se ho qualche pratica in campo oratorio, e non nego di esservi moderatamente versato, se in questo settore possiedo un qualche metodo che devo allo studio delle migliori teorie, e ai loro precetti da cui nemmeno per un attimo della mia vita, lo confesso, mi sono discostato, il qui presente Aulo Licinio più di ogni altro ha il diritto di reclamarne il frutto. Infatti, sin dove la mia mente può giungere volgendosi al lontano passato e rievocando i più remoti ricordi della puerizia, lo rivedo sempre accanto a me, che mi invoglia e mi avvia a questo genere di studi. Se questa mia arte, modellata dal suo incoraggiamento e dai suoi consigli, è stata talvolta di salvezza a qualcuno, io, per quanto sta in me, ho il dovere di portare aiuto a quest'uomo, dal quale ho ricevuto i mezzi aiutare gli altri e in qualche caso per salvarli. E perché nessuno si stupisca che io parli così di un uomo il cui ingegno ha attitudini diverse dalle mie, estranee, cioè, all'arte e all'esercizio dell'eloquenza, sappiate che neanche io mi sono sempre unicamente interessato a questa sola disciplina. Infatti, tutte le scienze che interessano l'uomo sono intimamente connesse e unite tra loro da una sorta di affinità (1-2).
Qui continuai dicendo : Sed ne cui vestrum mirum esse videatur me in quaestione legitima et in iudicio publico--cum res agatur apud praetorem populi Romani, lectissimum virum, et apud severissimos iudices, tanto conventu hominum ac frequentia--hoc uti genere dicendi, quod non modo a consuetudine iudiciorum, verum etiam a forensi sermone abhorreat; quaeso a vobis, ut in hac causa mihi detis hanc veniam, adcommodatam huic reo, vobis (quem ad modum spero) non molestam, ut me pro summo poeta atque eruditissimo homine dicentem, hoc concursu hominum literatissimorum, hac vestra humanitate, hoc denique praetore exercente iudicium, patiamini de studiis humanitatis ac litterarum paulo loqui liberius, et in eius modi persona, quae propter otium ac studium minime in iudiciis periculisque tractata est, uti prope novo quodam et inusitato genere dicendi. Quod si mihi a vobis tribui concedique sentiam, perficiam profecto ut hunc A. Licinium non modo non segregandum, cum sit civis, a numero civium, verum etiam si non esset, putetis asciscendum fuisse. Nam ut primum ex pueris excessit Archias, atque ab eis artibus quibus aetas puerilis ad humanitatem informari solet se ad scribendi studium contulit, primum Antiochiae--nam ibi natus est loco nobili--celebri quondam urbe et copiosa, atque eruditissimis hominibus liberalissimisque studiis adfluenti, celeriter antecellere omnibus ingeni gloria contigit. = Ma perché a nessuno di voi sembri strano che in una questione di diritto, nel corso di un processo pubblico, svolto davanti al pretore del popolo romano, uomo esemplare, e agli integerrimi giudici e alla presenza di un pubblico così numeroso, io mi serva di un genere di eloquenza tanto lontano dalla consuetudine giudiziaria ma anche dal linguaggio del foro, vi chiedo, in questa causa, di concedermi tale licenza, utile all'imputato e, spero, non spiacevole per voi: permettete che parlando in difesa di un eccellente poeta e uomo dotto, confidando nella presenza di uomini tanto amanti delle lettere, nella vostra cultura e nell'autorità del pretore che presiede il tribunale, io tratti liberamente, seppur in modo conciso, degli studi letterari, e che, per una tale personalità, la quale, grazie a una vita tutta dedita al sapere, non ebbe mai problemi con la legge, io possa valermi di un genere di eloquenza insolito e quasi nuovo. Pertanto, se capirò che questa facoltà mi è data e concessa, cercherò di convincervi non solo a non cancellare dal numero dei cittadini il qui presente Aulo Licinio, ché già gode dei diritti politici, ma anche che bisognerebbe includerlo tra i cittadini, se già non lo fosse. Intorno ai quindici anni, Archia, di nobili origini abbandonò quelle materie di studio utili solitamente ad avvicinare i più piccoli alla cultura e incominciò a scrivere poesie; dapprima, grazie al suo talento, riscosse su tutti un immediato successo nella natia Antiochia, città a quel tempo famosa, ricca e sede di vivaci scambi culturali (3-4).
Poi parlai della piacevolezza che mi reca il mio amico Archia e quella che mi reca la sua arte e ho colto anche l’ occasione per fare un elogio alla poesia e alla cultura : Quaere argumenta, si qua potes: numquam enim his neque suo neque amicorum iudicio revincetur. Quaeres a nobis, Grati, cur tanto opere hoc homine delectemur. Quia suppeditat nobis ubi et animus ex hoc forensi strepitu reficiatur, et aures convicio defessae conquiescant. An tu existimas aut suppetere nobis posse quod cotidie dicamus in tanta varietate rerum, nisi animos nostros doctrina excolamus; aut ferre animos tantam posse contentionem, nisi eos doctrina eadem relaxemus? Ego vero fateor me his studiis esse deditum: ceteros pudeat, si qui se ita litteris abdiderunt ut nihil possint ex eis neque ad communem adferre fructum, neque in aspectum lucemque proferre: me autem quid pudeat, qui tot annos ita vivo, iudices, ut a nullius umquam me tempore aut commodo aut otium meum abstraxerit, aut voluptas avocarit, aut denique somnus retardit? =Grazio, tu mi chiederai perché io tenga tanto a quest'uomo. Perché è sempre disponibile a due chiacchiere quando, dopo una giornata trascorsa in mezzo al chiasso e alla folla del foro, voglio riprendere fiato e star tranquillo. Non penserai che potrei parlare tutti i giorni degli argomenti più disparati, se non coltivassi l'animo con la poesia! O credi forse che potrei sopportare una tensione così intensa, se non mi rilassassi con la poesia?! Ebbene sì, confesso di essermi dedicato a questo genere di studi. Si vergogni piuttosto chi si immerge a tal punto nello studio delle lettere da non far nulla di utile alla società, e da non produrre alcunché! Ma perché dovrei vergognarmi io che da tanti anni ho scelto di vivere, giudici, sacrificando nell'interesse e per la difesa del cliente i miei momenti liberi, il divertimento e persino il sonno? (12).
Poi vorrei riportare anche delle mie parole che spieghino il valore della doctrina, elemento caratterizzante di uomini saggi come Gaio Lelio , Lucio Furio, Marco Catone il vecchio e Scioione l’Africano. Qui si riprende anche l’ importante fine da raggiungere, quello di acquisire conoscenza e pratica della virtù. Quaeret quispiam: "Quid? Illi ipsi summi viri, quorum virtutes litteris proditae sunt, istane doctrina, quam tu effers laudibus, eruditi fuerunt?" Difficile est hoc de omnibus confirmare, sed tamen est certe quod respondeam. Ego multos homines excellenti animo ac virtute fuisse, et sine doctrina naturae ipsius habitu prope divino per se ipsos et moderatos et gravis exstitisse, fateor: etiam illud adiungo, saepius ad laudem atque virtutem naturam sine doctrina quam sine natura valuisse doctrinam. Atque idem ego contendo, cum ad naturam eximiam atque inlustrem accesserit ratio quaedam conformatioque doctrinae, tum illud nescio quid praeclarum ac singulare solere exsistere. Ex hoc esse hunc numero, quem patres nostri viderunt, divinum hominem Africanum; ex hoc C. Laelium, L. Furium, moderatissimos homines et continentissimos; ex hoc fortissimum virum et illis temporibus doctissimum, M. Catonem illum senem: qui profecto si nihil ad percipiendam [colendam] virtutem litteris adiuvarentur, numquam se ad earum studium contulissent. Quod si non his tantus fructus ostenderetur, et si ex his studiis delectatio sola peteretur, tamen (ut opinor) hanc animi adversionem humanissimam ac liberalissimam iudicaretis : Qualcuno chiederà: «E con questo? Vuoi dire che tutti quei grandi uomini, del cui valore rimane testimonianza nelle opere letterarie, furono forse eruditi in questa scienza, che tu tanto lodi?». Non è facile esserne certi per tutti, ma so cosa rispondere: molti di questi uomini, lo riconosco, pur nella loro ignoranza, ebbero qualità straordinarie e rivelarono un grande equilibrio per una disposizione naturale, che oserei dire divina. Anzi, potrei aggiungere che più spesso, per arrivare al successo, si sono dimostrate maggiormente efficaci le doti naturali senza cultura, che la cultura senza doti naturali. Di una cosa, però, sono proprio convinto: quando a un'indole nobile e ricca di talento si aggiunge un metodico indirizzo scientifico, allora il vero genio si manifesta. Mi riferisco a tutta una serie di uomini del passato, ben noti ai nostri padri: l'Africano, unico nel suo genere; Caio Lelio e Lucio Furio, famosi per il loro esemplare equilibrio; e quell'uomo tanto energico e, per quei tempi, così dotto, Marco Catone. Ebbene, se costoro avessero ritenuto lo studio della poesia del tutto inutile per comprendere e mettere in pratica la virtù, non si sarebbero dedicati a esso con tanto fervore. Ma quand'anche non si manifestassero frutti tanto preziosi e a questi studi si richiedesse solo il piacere, anche in questo caso, come credo, dovreste giudicare questo passatempo dello spirito il più nobile e degno dell'uomo. (15-16).
Alla fine Archia fu assolto ma non fece quel poema celebrativo del mio consolato che tanto mi aspettavo da lui.