In un saggio a cura di Daniela Goldin Folena intitolato: ‘Familiarim rerum liber, Petrarca e la problematica epistolare’, cioè ‘il libro delle cose familiari’, oggi noto come: le Familiari di Petrarca, Petrarca viene presentato come colui che attese tutta la vita a raccogliere, ordinare, rielaborare, le sue lettere in prosa latina indirizzate ad altri intellettuali suoi amici, o a grandi signori o dignitari ecclesiastici, sicuramente influenzato dal mio epistolario che nel 1345 egli scopre e che mi presenta sotto un aspetto differente. L’epistolario produsse in Petrarca la consapevolezza che attraverso questo genere avrebbe potuto lasciare ai posteri un proprio autoritratto letterale. Inoltre tali lettere erano per Petrarca una primaria esigenza di comunicazione, dice Goldin. Nell’apostrofe Ad Attico (I XII 4) sottolineo l’importanza della comunicazione tramite la lettera: «Vorrei che mi scrivessi più spesso; se non hai nulla di importante da dirmi, scrivi qualsiasi cosa ti venga in mente». Questa mia frase, viene citata più volte da Petrarca nelle sue Familiari e indica la necessità della comunicazione a distanza. Petrarca resta però deluso quando scopre il mio, poiché nelle lettere faccio emergere il singolo uomo, con tutte le sue debolezze e incertezze. (immagine di petrarca)
Il mio epistolario, dunque, è un documento prezioso che vi permette di vedermi in tutte le mie sfaccettature