Come divenni pescatore

di Tommaso Garbin

In breve…

Un giovane ragazzo dell'Angera romana, dopo la morte di suo padre in guerra, mette in pratica tutto ciò che un tempo aveva imparato sulla pesca per mantenere la sua famiglia.


In latino...

Puer ex Romana urbe Angleria, post patris mortem in bello, exercet omnia quae olim de piscatione didicerat ad familiam suam sustinendam.



Non ricordo bene come tutto questo avvenne… so solamente che a 12 anni mi ritrovai a dover lavorare per mantenere la mia famiglia!

Ero l'unico maschio in famiglia, dopo che un giorno ci giunse la mala notizia della morte di mio padre in guerra.

Mia madre doveva gestire me e tutte le mie sorelle che richiedevano grande impegno e tempo.

In famiglia c'era la tradizione della pesca che oramai, sin dai tempi del mio bisnonno Julius e di generazione in generazione, veniva tramandata di padre in figlio.

Mi era stato insegnato tutto, nonostante fossero poche le volte che potevo sperimentare insieme a mio padre, dopo lunghe giornate di lavoro in vigna sul grande colle verde che vegliava sul lago.

La barca di famiglia era situata in un'ansa del lago con un’isolina davanti, un noto punto di passaggio per tutti i commercianti che risalivano il fiume fino al lago, dalle lontane sponde del mare.

Mi ricordo benissimo quella zona molto paludosa, coperta da grandi canneti e folti erbai con splendide e cangianti ninfee che venivano accompagnate al tramonto da un grande spettacolo, quando i pesci in caccia davano l'idea che la pioggia stesse cadendo, muovendo la superficie dell’acqua con guizzi scintillanti.


Avevo appreso molto e tutto ciò di cui ero a conoscenza lo misi in pratica per riuscire a portare a casa del cibo per la mia famiglia!

Ereditai la barca del pater con cui iniziai ad esplorare il lago. Costruii nasse e moschette con cui catturavo persici, sandre e lucci.

Le nasse consistevano in rami intrecciati collegati a una corda in cui esche come del semplice pane raffermo attraevano i pesci in una gabbia senza uscita.

Le moschette invece consistevano nell'imitazione di piccole mosche che, posate sulla superficie del lago in acqua bassa, attiravano i pesci inconsapevoli dell’inganno nascosto dietro alle piume: un grosso amo appuntito che avrebbe portato il pesce malcapitato alla morte!

Oppure una tecnica più complicata era quella dell'imitazione del 'pesce foraggio' e  cioè il pesce che viene predato dai predatori che richiedeva un lungo lavoro artigianale di intaglio del legno per ricavare un’esca il più possibile fedele all'aspetto del pesce  e armarla di ami e di filo.


Negli anni, giorno dopo giorno la mia esperienza cresceva e pian piano accumulavo fama, diventando noto sul lacus Verbanus  come "piscator iuvenis" (il giovane pescatore).

Conoscevo sempre di più il lago e i suoi segreti e trasmettevo la mia passione a grandi e piccini. Ecco spiegato il mio amore per la pesca, quel passatempo che vi salva dai rumori della città e dalla frenesia del mondo!