Cave cavam!

di Fabio William Lasciarrea

Riassunto...

Adriano è un ragazzo di Angera. Un giorno esplora con gli amici un vecchio tempio abbandonato, ma non sa che una macabra scoperta lo attende.

Summarium...

Adrianus puer Agleriensis est. Olim explorat vetus templum relictum cum suis amicis, sed nescit quam macabram inventionem ille faciat

È mattina, l’alba splende, l’aria già mormora e accarezza i tetti della città. Guardo fuori dalla finestra, il lago splende, uno specchio che riflette tutto il paesaggio circostante. 


Scendo al piano di sotto e vedo mia madre, girata di spalle, che sta preparando il pane fresco, sento un odore favoloso, mentre mio padre sta mettendo un pacchetto sul tavolo da pranzo. D’un tratto mi ricordo: oggi è l’anniversario dei miei genitori. Mia madre si gira e vede il pacchetto, commossa dice: «Oh tesoro, te lo sei ricordato, però non dovevi, chissà quanto l’avrai pagato!». Mio padre, tutto orgoglioso, le dice che non è stato un problema, visto che già da un anno stava mettendo via dei soldi per comprarglielo. Io tutto curioso sprono mia madre ad aprirlo. Appena scartato, un bagliore di luce immenso investe la stanza: è un bellissimo gioiello, più di preciso una collana. Finito il momento del regalo, ci mettiamo a fare colazione, ringraziando tutti gli dei per averci offerto questo fantastico cibo e subito dopo, mio padre  comincia a prepararsi per andare al lavoro. 

Come tutti i giorni, anche io mi preparo ad uscire, per andare a giocare con i miei amici. Allora prendo la toga e corro fuori. 

Durante il tragitto, mi guardo sempre intorno, perché mi piace tanto vedere che cosa stanno facendo le persone attorno a me e cosa vendono le botteghe. A volte incontro anche qualche soldato della guarnigione romana e li sento parlare di come secondo loro la repubblica stia crollando, soprattutto con Silla al potere. 


Arrivato alla spiaggia vedo i miei amici in lontananza che stanno giocando a nascondino, mi avvicino e urlo: «Eccomi!», tutti si girano e mi salutano. Anche io mi unisco e inizio a giocare con loro. Partita dopo partita, ci stanchiamo, perciò ci riuniamo tutti a cerchio per decidere che cosa fare. Qualcuno propone il gioco “Carpe captivum", altri di continuare a giocare a nascondino, altri ancora, come me, propongono di andare al tempio abbandonato della città. Ormai erano già tre settimane che volevamo farlo, ma non ne avevamo avuto il coraggio. Volevamo introdurci anche nella cava di Angera, conosciuta come "Tana del Lupo" dove estraevano delle pietre, utilizzate per la costruzione di edifici, ma lo avevamo escluso, visto che era molto pericoloso e c’era una grande probabilità di perdersi. Tutti d'accordo ci avviamo al tempio. 


Arrivati, ci troviamo davanti a un’imponente porta in legno, chiusa naturalmente, ma non demordiamo, quindi cominciamo a percorrere tutto il perimetro dell’edificio, in cerca di una seconda entrata o di un cunicolo che ci porti direttamente dentro. Finalmente lo troviamo, un piccolo passaggio scavato in precedenza, nella parte posteriore. Riuniamo tutti per decidere chi sarà il primo ad entrare, ma tutti si rifiutano; allora, io che sono il più coraggioso, mi offro, mi abbasso ed entro nel cunicolo. La prima cosa che vedo è l'altare, non vedo altro, visto che è tutto immerso nell’oscurità, mi addentro un po’ di più e cado in un buco. Urlo, urlo che sono caduto in un buco e non vedo più niente, tutti i miei amici entrano e uno di loro accende una lanterna. Si continuano a guardare in giro, ma non mi vedono, perciò  segnalo la mia posizione. Appena mi vedono si avvicinano a me e la luce emessa dalla lanterna mi fa notare un tunnel, così lungo che non vedo nemmeno la fine. Dico ai miei amici di scendere e mostro il buco, tutti ci chiediamo dove porti, perciò io e altri tre ci avviamo, raccomandando agli altri che, se sentono urlare, vadano a chiamare qualcuno. Con un po’ di terrore, prendo la lanterna in mano, prendiamo coraggio e  avanziamo nel cunicolo. Dopo qualche minuto, inizio a vedere la fine, ci avviciniamo sempre di più fino a spuntare in una stanza oscura, abbastanza spaziosa, a giudicare dal rimbombo… 

Entriamo tutti nella stanza e un odore orrendo investe le nostre narici, ci avviciniamo al muro, la scena che troviamo davanti è terrificante: ci sono cinque corpi distesi per terra e attaccati al muro con delle catene legate alle mani e pieni di lividi. Sui loro corpi è incisa una frase: «Per il volere di Silla». Per terra è pieno di sassi, alcuni tondi, altri appuntiti e sporchi di sangue. Non ci pensiamo due volte e scappiamo, dalla foga non torniamo nel cunicolo, ma corriamo a sinistra dove troviamo una porta che  apriamo. Proseguiamo correndo, correndo, correndo… fino a quando vediamo una forte luce: l’uscita! Ci guardiamo attorno un po’ spaesati, per capire dove siamo sbucati ed osservando più attentamente capiamo che siamo alla cava di Angera.


Quel giorno finisce così, tutti tornano a casa con una domanda: «Che cosa abbiamo visto?» «Perché c’era una porta nella cava?». 

A casa, vado subito dai miei genitori e racconto tutto quello che è  successo. Quello che mi rispondono: «Cave cavam!'.