Vita di lago


Nascita di Angera Romana


Tra il II e I secolo a.C. iniziano a diffondersi nella zona numerosi reperti che testimoniano l'avvenuta romanizzazione dell'area

Nel 49 a.C. anche gli abitanti Angera, come tutte le popolazioni che abitavano il territorio a Nord del Po, divennero cittadini romani a pieno diritto

In seguito il borgo conobbe un forte sviluppo commerciale con lo sfruttamento dell'insenatura naturale di Angera come porto lacuale di scambio per le merci trasportate via acqua lungo Po, Ticino e Verbano, e per i prodotti che vi giungevano via terra grazie alla via Severiana Augusta: da qui si potevano raggiungere i passi alpini della Novena, del Lucomagno, del San Gottardo, dello Spluga e del San Bernardino.

La via Severiana Augusta, originariamente chiamata via Mediolanum-Verbannus e nota a partire dal Medioevo come via Romana, era un'antica strada romana consolare situata nella regio XI Transpadana e risalente a un periodo compreso tra la fine dell'era repubblicana e i primi decenni dell'età imperiale che congiungeva Mediolanum (la moderna Milano) con il Verbannus Lacus (il Lago Verbano, ovvero il Lago Maggiore) e da qui al passo del Sempione (lat. Summo Plano). 

Angera era infatti, in epoca romana, un importante porto fluviale che metteva in collegamento la Gallia Cisalpina con la Rezia.

Dal villaggio iniziarono a partire dall'età romana i blocchi di pietra di Angera e il legname dei boschi dell'Alto Verbano, utilizzati sicuramente per la costruzione di importanti edifici del territorio.


Paesaggi 

I paesaggi angeresi, caratteristici del borgo, sono vari e interessanti: ricordiamo primo fra tutti l’allea, il bellissimo viale che costeggia il lago da filari di ippocastani e i tigli, che avevano già  per i Romani un significato di longevità.

Seguono poi le ampie zone verdi che accolgono tutti coloro che desiderano passeggiare all’aria aperta.

Per chi vuole ammirare il paesaggio da una prospettiva diversa, il colle San Quirico offre vedute mozzafiato su Angera, sui vigneti e sul lago.

Chi ama la natura non può non addentrarsi nell’Oasi della Bruschera, area naturalistica di pregio dove, con un po’ di fortuna e pazienza, è possibile incontrare la fauna che lo abita.

Lontano dal centro si apre invece la campagna, con ampi spazi coltivati a granoturco e prati lasciati a verde.

Non mancano fitti boschi meta di passeggiate e, nel periodo autunnale, di cercatori di funghi e castagne, le quali nel mondo romano venivano così descritte da Plinio il Vecchio: «Sono più buone da mangiare se tostate; vengono anche macinate e costituiscono una sorta di surrogato del pane durante il digiuno delle donne».

Naturalmente, l’Impero Romano e le sue province fecero sì che il castagno, nato come selvatico, si espandesse ovunque. Con il passare dei secoli, in tutto il mondo le castagne si sono diffuse in diverse varietà, ma quella del Mediterraneo, quella che consumiamo noi, resta unica ed è già dall’epoca romana che fu chiamata «sativa», per essere distinta dalla castagna americana e dalla castagna asiatica. 

Angera non offre solo vasti boschi e campi, ma anche una zona strategica  sul lago e anche ricca di animali acquatici.



Pesc

I Romani erano grandi pescatori e forse furono i primi a concepire la pesca per così dire 'sportiva', ossia quella che non consisteva soltanto nella cattura del pesce per esigenze alimentari, ma concepita anche come un passatempo, un modo per rilassarsi, sentirsi immersi nella natura e praticare quasi una forma di arte. 

Alcuni dei più famosi ed appassionati pescatori erano, per esempio, gli imperatori Augusto e Traiano.

Le cronache di guerra romane raccontano che alcuni soldati, una volta conquistati alcuni territori, pescarono nei fiumi e nei laghi con delle esche finte che riproducevano la forma di una mosca mediante l’utilizzo di alcune piumette. 

Questo particolare fa ben comprendere la trasformazione tecnologica, tecnica, ma soprattutto il nuovo approccio apportato dai Romani a questa disciplina.

Arrivati a questo punto ci chiediamo cosa facessero i Romani con il pesce pescato: a volte lo liberavano per non bloccarne la riproduzione, oppure potevano usarlo in cucina.


Abbiamo cercato qualche ricetta per condividerla con voi: 

Il garum era una salsa a base di pesce che si creava lasciando a macerare, tra spezie e sale, pesci di vario tipo.

Le anfore dentro il quale veniva messo il pesce poi venivano lasciate all’aria aperta, senza coperchio, per un mese o più. 

Alla fine di questo tempo, il pesce veniva spremuto e si ricavava un liquido abbastanza saporito che si usava come base di condimento per la maggior parte delle ricette. 

Troviamo tracce di questa antica ricette in dipinti, ma anche in testi come quelli del poeta Marziale.