Una vittoria dei plebei

di Mauro Tecci

In breve

Adriano è il figlio di un grande commerciante di legname. Sa che dovrà sostituire suo padre, ma da un po’ si diverte a progettare immensi edifici. Un giorno, il padre viene accusato ingiustamente e Adriano è l'unico che lo può salvare.


In brevi spatio

Adrianus magni mercatoris lignae filius est. Ille debebit sobstituere patrem suum, sed aliquamdiu se delectat ad designandum immensa aedificia. Olim, pater accusatur inique et Adrianus solus est qui potest eum servare.

Mi chiamo Adriano, ho 20 anni e sono un incola plebeius di Angera. Mio pater Cecilio è uno dei più grandi commercianti di legname di tutto l’impero; vende legname a tutti i nobili che si fidano di lui grazie alla sua onestà. 

Già da qualche anno lavoro duramente con mio padre, anche se da un po’ di tempo mi sono appassionato ad immaginare e a volte a disegnare qualche mirum hortum e amplum palatium. Purtroppo, a mio padre questa mia passione non convince troppo e afferma che il legname e la sua attività sono le uniche cose di cui mi devo preoccupare visto che un giorno lo dovrò sostituire.

Spesso mi ritrovo a passeggiare nei boschi verdi, immerso negli odori inconfondibili della natura che considero un luogo rilassante dove riesco ad avere un momento di tregua dopo una giornata intensa. 

Un giorno, mentre stavo osservando l’acqua cristallina del lago che rifletteva le nuvole creando un bell'effetto, ho notato un tipo di roccia che non avevo mai visto: aveva un colore tra il giallo e il rosa cangiante, si distingueva facilmente dalle altre pietre grazie alla sua bellezza. 

Da quel giorno qualunque edificio ideavo nella mia mente, lo immaginavo costruito con quella roccia.

Da tempo un nobile di nome Diego cercava di ostacolare le vendite di legname di mio padre, perché pensava che gente come noi non avesse il diritto di accumulare grandi ricchezze. Mio padre, che aveva un grande intuito, pensava che Diego in un modo o nell’altro avrebbe escogitato un complotto per mandarlo in rovina. 

Infatti, quel giorno purtroppo arrivò.

Diego mandò a casa nostra dei soldati, che dissero con voce autoritaria: - Cecilio, sei accusato di non fornire una quantità di merce corretta, per questo sei in arresto! -

Il mio povero pater sapeva di non potersi difendere visto che era un plebeo accusato da un nobile famoso come Diego e quindi, per non finire in carcere, quando lo portarono dinanzi a lui disse con voce sommessa: - Chiedo perdono per questo mio atto, abbiate pietà di me! Pagherò qualunque somma mi chiediate. 

Diego, che voleva cogliere l’occasione per rovinarlo, disse con tono di superiorità: - Sporco plebeo, per risarcire me e gli altri nobili, non basterà tutta la fortuna che hai raccolto!

Quando udii quelle parole, provai una sensazione di paura mai sentita prima. D’impulso, mi gettai in ginocchio verso Diego e con voce disperata dissi: -Ti prego, farò tutto quello che vuoi, ti costruirò un palazzo come nessuno l’ha mai visto!.

Diego, che si era incuriosito, mi chiese: - Che tipo di palazzo?

Io, ancora disperato, risposi: - Qualche giorno fa mentre passeggiavo sulle rocce intorno al lago, ho trovato una pietra mai vista prima, aveva un colore cangiante e la sua bellezza mi ha folgorato.

Diego, pensando che non ce l’avrei mai fatta, accettò dicendo: - Se costruisci entro la fine dell’estate questo palazzo, annullerò il debito. Ma se alla fine della bella stagione non sarà completato, dovrai risarcirmi e tuo padre sarà carcerato. 

Detto questo, io e mio padre ce ne tornammo domum.

Aiutato dai miei amici e facendo lavorare senza sosta degli schiavi, riuscii a costruire  entro i tempi stabiliti un palazzo così bello e maestoso che Diego non poté fare altro che rispettare il patto e annullare il debito.

Quella pietra divenne la nostra fortuna dato che fu molto richiesta in altre parti dell’impero e venne da me, diventato un architetto, utilizzata per costruire un teatro famoso Mediolani.