Il simbolo dell'amore

di Manuela Rattrovo

In breve...

Un giovane innamorato deve trovare il momento opportuno per dichiarare i suoi sentimenti alla ragazza che ama.

Paucis verbis...

Puer amans debet tempus opportunum invenire ad declarandum suum animum puellae quam ille amat.

Avevo passato la notte insonne. Avevo deciso che avrei dato alla bella Flaminia il ciondolo che, nella mia famiglia, tradizionalmente passava da generazioni dal primogenito alla sua amata. Erano settimane che volevo donarglielo, come pegno del mio amore per lei, ma ogni volta che decidevo che quello sarebbe stato il giorno giusto le mani mi si gelavano, iniziavano a tremare e smettevano solo se decidevo che non c'era fretta, che avrei potuto regalarglielo in un’altra occasione. 

Quel giorno, però, avevo deciso che non avrei potuto rimandare oltre perché lei, di lì a due giorni, sarebbe dovuta partire per far visita ad una sua zia malata e non avevo idea di quando sarebbe potuta tornare, se dopo qualche settimana o dopo qualche mese.

Mi ero deciso a bussare alla sua porta quella sera, non appena fossi tornato dalla giornata di lavoro.

Com’era prevedibile, passai tutto il giorno con la mente che vagava  su cosa le avrei detto quando l’avessi vista, invece di concentrarmi sul lavoro che avevo davanti. Quando la giornata di lavoro fu finalmente conclusa, corsi a casa per darmi una sistemata prima  di andare presentarmi alla porta della mia amata.

Ad aprirmi la porta quando bussai fu una delle ancillae, una donna dai capelli castani che mi accolse con un sorriso. Quando le chiesi dove fosse Flaminia mi informò che le condizioni di sua zia si erano aggravate al punto da dover anticipare la partenza a quella mattina e che se avessi voluto lasciarle un messaggio glielo avrebbe riferito al suo ritorno. Rifiutai cortesemente e mi avviai sulla strada di casa cercando di nascondere il dispiacere per non averle potuto consegnare quel dono prima che lei partisse.

Mentre camminavo, mi rigiravo tra le mani il gioiello che, se le cose fossero andate come avrebbero dovuto, a quel punto avrebbe dovuto avere la mia amata Faminia, non più io. Nel frattempo rimuginavo su quanto fossi stato stupido a rimandare così a lungo quel momento a causa della mia ansia. 

Tornato a casa e calmati i  pensieri su cosa avrei dovuto fare e  su come sarebbe stato diverso se mi fossi convinto a darle il gioiello nei giorni precedenti, iniziai a progettare una seconda consegna. Mi passò per la mente l’idea di partire a mia volta per darle il simbolo del mio amore appena l’avessi raggiunta. Questa idea però non era  fattibile, perché lei era già un giorno di cammino davanti a me, quindi non l’avrei potuta raggiungere prima che arrivasse a casa di su zia, che si trovava a diversi giorni di cammino dalla cittadina di Angera dove abitavamo, e con tutto il lavoro che avevo da fare in  quel periodo non potevo permettermi di mancare per neppure un giorno, figuriamoci per il tempo necessario ad andare  e tornare! Constatato che non l’avrei potuta seguire, non mi rimase altro che aspettare che fosse lei a tornare.

Passò una settimana e di Flaminia e del suo ritorno non ebbi alcuna notizia. Ogni giorno andavo a lavoro scrutando i volti di tutti coloro che incrociavo lungo la strada sperando di scorgere il suo. Se ci pensavo, sapevo che era una speranza stupida perché una settimana non le sarebbe bastata neppure per il viaggio di andata e ritorno, ma la speranza non mi abbandonava lo stesso.

Erano passate ormai tre settimane quando finalmente vidi il suo volto tra i tanti che si aggiravano nella via principale di Angera, la mattina. Andai subito da lei, con la felicità che traspariva dal largo sorriso che, immaginavo, mi illuminava il volto. Riuscì a dirle quanto mi era mancata in quelle settimane e ad avvisarla che quella sera sarei passato a trovarla a casa sua per passare del tempo con lei dopo il periodo in cui non c’era stata, prima di salutarla per tornare ai miei negotia.

Appena si concluse la giornata di lavoro che, com’era già successo, avevo trascorso con la testa fra le nuvole, mi affrettai a tornare a casa per prendere il dono e correre dalla mia amata. 

Quando bussai, questa volta, fu direttamente Flaminia ad aprirmi. Era pulcherrima con indosso un abito azzurro, probabilmente acquistato durante la permanenza da sua zia, poiché non gliel’avevo mai visto indosso,  che metteva in risalto i toni della sua pelle e si intonava coi suoi oculi caerulei. 

Quando chiuse la porta alle nostre spalle, dopo un tentativo da parte sua di rompere il silenzio che si stava creando, reso fallimentare dalla mia ansia, riuscii finalmente a confessarle il secondo fine della mia visita. Le mostrai il gioiello e la mia puella rimase  a bocca aperta. Decise che se quello era il simbolo del nostro amore avrebbe voluto indossarlo subito. 

Quando ci accorgemmo che tra un discorso e un altro era arrivata l’ora di cena, mi invitò a fermarmi ancora un po’ per cenare con lei, così seguii lei e l’ottimo profumino di cibo fino alla cucina.