COMPRENDRE, revue de politique de la culture

INDICE:

GIUSEPPE GALASSO, Avant-propos, Foreword

Première partie, First part

Les enquêtes de la politique de la culture, The enquiries of the politics of culture

De l'Union européenne à l'union des Européens, From the European Union to the union of Europeans

Introduction MICHELLE CAMPAGNOLO BOUVIER, Raisons d'un thème, Reasons for a theme

Union Européenne -- Union des Européens -- politique de la culture, European Union -- union of the Europeans -- politics of culture

JACQUES LE GOFF, L'histoire dans la culture européenne, History in the european culture

ARRIGO LEVI, L'Union des Européens pour une politique européenne, Union of Europeans for a European politics

IRING FETSCHER, Europa engagierter Bürgerinnen und Bürger oder Europa der bürokratischen Behörden, Europe engages its citizens, or A Europe of bureaucratic authorities

GIUSEPPE GALASSO, La nation européenne, The European nation

NIKOLAI SHMELIEV, Quo Vadis, Russia?

GIANFRANCO MARTINI, Développer la démocratie locale, Developing the local democracy

GYÖRGY HAZAI, La question de l'adhésion de la Turquie, The issue of Turkish membership

Approche pluridisciplinaire,

Multidisciplinary approach

ARNALDO ALBERTI, L'Europa delle lingue, una lingua per l'Europa, Europe of languages, a language for Europe

N°2

L’EUROPA DELLE LINGUE

UNA LINGUA PER L’EUROPA

di Arnaldo ALBERTI

Nell’aneddotica dell’Italia Unita, una sorta di UI del XIX secolo, un Padre della Patria invita, dopo aver fatto l’Italia, a fare gli Italiani. Traducendo l’equazione al tempo presente potremmo dire che fatta in qualche modo l’UE, si dovrebbe ora far parlare tra loro gli Europei, dando loro una lingua comune, in cui dire, tanto per cominciare, i tagli della moneta comune: uno, due, cinque, dieci, venti, cinquanta, cento, duecento e cinquecento, che per ora suonano ufficialmente in ben undici lingue diverse, destinate presto a divenire ventiquattro con l’aggiunta del maltese, slovacco, ceco, polacco, ungherese, sloveno, lettone, lituano ed estone.

È allora che ci si accorge che la vera Unione Europea, se non proprio molto lontana, ha perlomeno davanti a sé anche il problema di trovare una sua lingua. Se i banchieri fanno presto a intendersi e fare una loro UE, non altrettanto possono esserlo i comuni cittadini dei ventisei Paesi che presto costituiranno questa Unione. Per ora il problema viene risolto, more solito per la mentalità bancaria ed economica, grazie a un considerevole esborso per centinaia e centinaia di traduttori. Infatti, a Bruxelles non meno che a Strasburgo, ogni deputato rappresentante uno Stato membro può tranquillamente fare il suo bel intervento nella sua amata lingua, sia in aula parlamentare, sia in sede di Commissione e sia in qualsivoglia altro organismo comunitario, avendo a sua disposizione una nutrita schiera di almeno, per ora, ventiquattro (!) interpreti, pagati per rendere intelligibile le sue considerazioni o le sue proposte ai suoi colleghi europei.

E però le cose non sono così semplici. Tanto per cominciare, la vita parlamentare, la vita di un governo complesso com’è quello della UE, con strutture intra- e interstatali e internazionali non si risolve tutta negli angusti spazi delle dichiarazioni ufficiali.

Buona parte, la miglior parte, della politica reale si svolge in incontri informali (quelli senza interprete), là dove vengono preventivamente trattati e decisi i temi e problemi più delicati, da non lasciare in balia agli umori e variabili maggioranze dell’aula o delle commissioni.

I tratta di temi importanti e delicati non sempre è facile, considerando i mediocri livelli di conoscenza di lingue straniere dei parlamentari europei, trovare le sue considerazioni o le sue

proposte per esprimerli le parole più appropriate. Così che non pochi uomini politici, per carenze linguistiche, vanificano le possibilità di stringere rapporti e alleanze con i paesi in cui si parlano lingue minori, e sono le solo due solite lingue (inglese e francese) a risuonare nelle intese fuori dell’aula, negli incontri di corridoio, di buvette e di convivio.

Già, ma in quali altre lingue potrebbero mai intendersi un politico Slovacco con un Italiano o uno Olandese con un Greco? Ed ecco, allora, che essi fanno ricorso alle due o tre classiche lingue più conosciute, con buona pace anche delle rivalità nazionalistiche ufficiali in fatto di ‘lingua prevalente’ o unica.

Dalle loro conversazioni emergerà, comunque, che ‘culturalmente’ una lingua si è imposta sulle altre. E questo sue emergere andrà indubbiamente a costituire un significativo incremento delle pretese (quasi legittime) di quella lingua di divenire la lingua europea comune.

Proprio per non concedere un vantaggio e far crescere le pretese di una lingua piuttosto di un’altra, si ricorda emblematicamente il caso di quel deputato finlandese che se la cavò interloquendo in lingua latina con due suoi colleghi di nazionalità diverse.

È a questo punto che entrano in gioco i dati statistici offertici dal Summer Institute of Linguistics per l’anno 2000. Essi indicano che le lingue (lingue, si badi, non dialetti) parlate in Europa raggiungono il ragguardevole numero di 225. Niente in confronto alle 2011 parlate in Asia. Inoltre, le lingue parlate da più di sette milioni d’individui sono, nel mondo, 107 e prima tra le lingue europee è lo Spagnolo, che è anche la seconda lingua nella graduatoria mondiale dopo, ovviamente, il Cinese mandarino. L’Inglese-Americano è solo terzo, anche se, siamo certi, una buona metà dei presenti avrebbe scommesso la camicia che ‘l’Inglese è la lingua più parlata al mondo’. Allo Spagnolo e all’Inglese seguono nell’ordine il Portoghese, il Tedesco, che è pertanto la quarta lingua più parlata in Europa e il Francese, che nel mondo è soltanto la quattordicesima lingua per numero di parlanti. Buon sesto è l’Italiano (al ventunesimo posto nel mondo), ma addirittura terza lingua straniera più ‘studiata’ nel mondo. Al settimo posto troviamo il Polacco. Restano in attesa di andare a occupare i posti dal quarto in avanti, l’Ucraino e il Turco. Nella graduatoria delle 107 lingue con oltre sette milioni di parlanti rientrano l’Ungherese, (quattordicimila parlanti) e il Ceco (dodici milioni).

Al momento non si conosce una soluzione del problema linguistico migliore di quella offerta dalla Confederazione

Elvetica: quattro lingue ufficiali, ciascuno, in definitiva lasciata poi, in ambito internazionale, alla interiore forza della sua cultura: tedesca, francese, italiana e, buona ultima, quella romanda.

Non occorrerà essere bravi profeti per capire che alla lunga (ma noi ci auguriamo, quanto prima) la lingua ufficiale dell’UE, come di fatto lo è in numerosi organismi internazionali a cominciare dall’ONU, dall’UNESCO (e la scelta è qui emblematica e significativa) sarà l’Inglese, con buona pace del Francese (sempre più in ribasso nei rapporti internazionali), dello Spagnolo (mai stata vera lingua internazionale in Europa) e del Tedesco, autentico e degno rivale del Francese, come lingua di scambio, specialmente nell’Europa Centrale, Orientale e Scandinava.

Questo non impedirà lo sviluppo linguistico e culturale delle singole nazioni, perché una attenta e spassionata analisi di tutte le letterature europee potrebbe insegnarci che già al loro interno, la lingua, non meno della letteratura è sempre stata regionale e un po’ tutti gli scrittori europei, come i comuni parlanti, per possedere un po’ degnamente una lingua nazionale, hanno dovuto andare a sciacquare i loro panni, chi in Arno, chi nel Danubio, che nella Senna, chi nella Sprea.