Nell’ambito delle organizzazioni produttive, private e pubbliche, il CdI è disciplinato, di norma, dai codici etici. Tali codici sono importanti poiché esistono innumerevoli situazioni di CdI non disciplinate dalla normativa, bensì lasciate all’autoregolamentazione.
Da uno studio che ho condotto sui codici di condotta di un campione di società quotate italiane (2011) sono emersi ben quattro diversi atteggiamenti verso la definizione di CdI:
1) il CdI non viene definito, nonostante sia richiesto di affrontarlo;
2) viene fornita una definizione di CdI;
3) non viene definito il CdI, ma sono elencate le situazioni più significative che possono generare CdI;
4) viene definito il CdI e sono elencate le situazioni più significative che possono generare CdI.
In fondo alla pagina, nell'ambito delle società del campione che definiscono il CdI, sono richiamate le definizioni che in modo più diretto delineano i confini del CdI, nel senso di evidenziarne chiaramente gli elementi caratterizzanti.
Dalla lettura delle definizioni è evidente che il CdI non trova una definizione univoca, con la logica conseguenza che alcune situazioni potrebbero rappresentare CdI per talune società, mentre per altre potrebbero non rientrare nel fenomeno.
Interessante è la definizione di El. En., nella parte in cui specifica che “Fra le ipotesi di conflitto di interesse, oltre a quelle definite dalla legge”, a sottolineare che il contenuto del codice etico disciplina le fattispecie escluse dall’ambito normativo. Ad esempio, mentre il CdI degli amministratori è disciplinato dal codice civile (art. 2391), quello dei dipendenti è lasciato all’autoregolamentazione.
Si ipotizzi, ad esempio, che il responsabile del personale selezioni un suo stretto familiare per ricoprire una certa posizione in azienda. Il responsabile ritiene che il suo familiare sia la persona più idonea tra quelle che si sono presentate al colloquio, quindi nella selezione è certo di aver fatto l’interesse della sua società. Presumiamo, inoltre, che le cose stiano effettivamente così e che, quindi, l’interesse personale del responsabile acquisti ad assumere il suo familiare coincida con l’interesse della società.
Immaginiamo ora che tale situazione si presenti nelle società dell'elenco in fondo alla pagina e che, dopo aver letto i rispettivi codici etici, il responsabile del personale debba decidere se considerare la selezione del suo familiare come una situazione di CdI.
Egli, presumibilmente, non riterrà di trovarsi in CdI nelle seguenti società:
Nelle situazioni elencate, quindi, sembra evidente che il comportamento del responsabile del personale non rientri nell’ambito della disciplina del CdI, soprattutto perché nelle definizioni previste da tali società viene richiesto l’ottenimento di un vantaggio personale in contrasto con quello della società.
Al contrario, sembra che il responsabile del personale possa ritenere di trovarsi in situazioni di CdI nelle seguenti società:
Tra quelle in elenco la definizione più stringente è sicuramente quella contenuta nel codice etico di I.M.A., poiché non definisce solo il concetto di CdI reale, bensì anche quello di CdI apparente. Per ora si vuole rilevare che il fatto di aver incluso il conflitto apparente porta il responsabile del personale di I.M.A. a tener conto anche delle situazioni in cui gli osservatori esterni potrebbero ritenere che nella selezione del personale il responsabile possa aver ricevuto un certo condizionamento, a prescindere dall’influenza realmente avuta.
Ad ogni modo, appare chiaro come da una semplice definizione sia comunque difficile per il responsabile del personale comprendere se si trovi in una situazione di CdI, oppure no. Se si pensa che le società dell'elenco sottostante richiedono ai propri operatori di tenere certi comportamenti qualora dovessero trovarsi in situazioni di CdI (es. in Mutuionline, si precisa che “I Collaboratori sono tenuti ad evitare conflitti di interesse oltre che a sottrarsi a situazioni di potenziale conflitto di interesse”), avere definizioni non puntuali e vaghe determina, di fatto, una inefficacia dei rimedi previsti per la gestione del CdI, a meno che opportuni esempi, contenuti nel codice stesso o presentati nell’ambito di corsi di formazione, siano in grado di colmare tali lacune.