I Ragazzi di Via Panisperna

Da sempre l’uomo è intento ad osservare ciò che lo circonda e ad interrogarsi sulle cause di ciò che lo affascina. Questi comportamenti sono il più delle volte innati nell’animo di un uomo curioso . Non ci sfuggirà che l’osservazione dei fenomeni è la prima fase del metodo scientifico tradizionale. Esiste dunque un nesso tra la conoscenza disinteressata e la ricerca scientifica? Potremmo certamente affermare che è così, basti pensare a personalità del mondo scientifico, come “I ragazzi di via Panisperna”, interessati alla conoscenza e alla scoperta, talvolta addirittura disinteressandosi dei meriti che ne conseguono.

Ma chi sono i ragazzi di via Panisperna?

Questo è il nome con cui è noto il gruppo di fisici italiani, capeggiati dal celeberrimo premio Nobel Enrico Fermi, che negli anni trenta del Novecento si rese noto per le imprese compiute nei laboratori dell’istituto di fisica dell’Università di Roma, in via Panisperna.

Si interessò personalmente alla formazione di questa squadra di scienziati Orso Mario Corbino, direttore dell’istituto di fisica. L’organico prevedeva giovani fisici, quali Edoardo Amaldi, Franco Rosetti ed Emilio Segrè, ai quali si aggiunsero Bruno Pontecorvo, Oscar D’Agostino e, in campo teorico, Ettore Majorana.

Le imprese di questo gruppo di ragazzi sono catturate nella pellicola del 1988 che porta il nome della squadra. Parliamo del film “I ragazzi di via Panisperna”, diretto da Gianni Amelio. Il film ci fornisce immagini dirette della vita dello scienziato, che dedica tempo ed energia alle sue scoperte, come figlie per lui. Il regista si sofferma anche ad analizzare l’interiorità dei ragazzi, concentrandosi in particolare sulla figura di Ettore Majorana.

Egli fu uno studente, successivamente scienziato di origini siciliane. Proveniva da una famiglia benestante e, dopo aver concluso gli studi liceali, lasciò l’isola per studiare nell’Università di Roma, come gli altri membri della sua famiglia. È una figura di risalto nel film, dato il ruolo che ha avuto negli studi. Nelle scene viene spesso interpellato dai compagni per la risoluzione di complicati calcoli matematici, che risolve con disinvoltura, date le sue spiccate capacità intuitive.

Il suo operato si rivelò fondamentale nello sviluppo della fisica moderna. Nella sua prima fase pubblicò i suoi studi riguardo problemi di spettroscopia atomica, dedicandosi successivamente alla meccanica quantistica. Il maggior contributo scientifico, tuttavia, appartiene alla sua seconda fase di produzione, che comprende tre lavori. La ricerca sulle particelle di momento intrinseco arbitrario e la ricerca sulla teoria simmetrica dell'elettrone e del positrone sono due di questi. Il suo lavoro più importante è però quello in cui si concentra sulle forze nucleari. Sostenne l’ipotesi secondo la quale nel nucleo sono presenti esclusivamente protoni e neutroni, una nuova particella di carica neutra. In questo modo collocava gli elettroni al di fuori della componente nucleare, sui livelli energetici. Secondo tale teoria, protoni e neutroni interagirebbero grazie a forze di scambio. Questa scoperta, tuttavia, non porta il suo nome, ma quello del fisico tedesco Werner Heisenberg.

Quest’ultimo raggiunse i medesimi risultati di Ettore, ma fu più celere nel comunicarli alla stampa.

Questa è una dimostrazione del carattere del fisico italiano. Il suo approccio curioso e scientifico lo spinse a bramare di apprendere tutto lo scibile, ma non concepì la scoperta come una gara a tempo con il resto della comunità scientifica mondiale. In questo modo rinunciò spesso ai meriti che avrebbe ricevuto se si fosse appropriato delle sue scoperte. D’altronde, chi lo ha conosciuto da vicino, lo ha descritto in questo modo:

“Aveva l’aria di chi in una serata tra amici si improvvisa giocoliere, prestigiatore, ma se ne ritrae appena scoppia l’applauso.”


DAMIANO SBORDONI

LUCA MOLTENI