Colpa del mare - Paguri

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COLPA DEL MARE

Era una giornata come tante altre, ma quando guardai la mia immagine riflessa nello specchio mi resi conto che qualcosa era cambiato, nell’ultimo periodo avevo perso il mio sorriso e spesso mi comparivano delle occhiaie marcate.

Ero arrivato in Italia undici anni fa, ovvero a sei anni; avevo percorso un lungo viaggio su un barcone in mezzo al mare in tempesta con i miei genitori.

Era arrivata un’onda particolarmente brusca, molti di noi caddero in mare, ma fortunatamente venni salvato da mio zio. I miei genitori non sapendo nuotare non ce la fecero. Non me ne accorsi subito, ma appena mio zio me lo raccontò scoppiai a piangere. Per molti giorni non riuscii a controllarmi. Arrivati in Italia io e mio zio andammo in un campo profughi. 

A causa dell’accaduto mi chiusi in me stesso e smisi di parlare, di mangiare, di essere felice. Più il tempo passava più il dolore aumentava.

Un anno fa mio zio mi iscrisse in una scuola della città. Venivo emarginato, deriso e bullizzato da tutti, per il mio passato, per la mia timidezza e perché ero sempre solo. 

Nessuno mi rivolgeva mai la parola e quando camminavo per la scuola tutti cercavano di evitarmi.

Mi ritrovai con compagni poco raccomandabili, mi dissero che per far finire questa sofferenza mi dovevo solo abbandonare alle droghe. Pensai che forse mi avrebbero aiutato e così, stupidamente, accettai. Assunsi vari tipi droghe, più lo facevo, più ne volevo, così mi sentivo bene e per qualche ora non pensavo ai miei genitori; fino a qualche mese fa, quando capii che dovevo essere aiutato: ne ero totalmente dipendente.

Fortunatamente ad aiutarmi arrivò Andrea, un mio compagno di classe.

Lo conobbi perché un giorno si sentì male e fu necessario chiamare l'ambulanza. Era assente da vari giorni, quando io e la mia classe scoprimmo che aveva la leucemia. Non sapendo cosa fare, sempre da solo, andai da Andrea per fargli compagnia, volevo trovare un nuovo amico, e pensavo di poterlo rallegrare.

Con il passare del tempo il nostro rapporto migliorò e decisi di raccontargli il mio passato e la mia dipendenza dalla droga. Subito lui mi disse: “Tu devi farti aiutare non puoi andare avanti a drogarti!” 

Io avevo paura, perché sapevo che non sarei riuscito ad uscirne e che non avrei mai superato la perdita dai miei genitori.

Gli risposi: ”Posso provarci solo insieme a te”.

Andrea disse: ”Ovvio che ci sarò, tu sei l’unico che mi è rimasto vicino”.

Dopo qualche giorno, mi diressi nel reparto “dipendenze”, nella clinica dove Andrea era costretto a restare a causa della sua malattia.

Andai a salutarlo e gli dissi: ”Non ho il coraggio di raccontare quello che ho passato”

Andrea mi rispose: ”Umi, non ti nascondere nelle trincee come i soldati della Prima Guerra Mondiale”.

Me ne andai e mi diressi in una stanza dove ad aspettarmi c’era una signora, mi presentai e le raccontai tutto.

Ero un pò timoroso, non sapevo come avrebbe potuto aiutarmi, ma dopo qualche settimana notai che il mio consumo di droga era molto diminuito e che Andrea aveva ragione, potevo uscirne.

Continuai le mie sedute in clinica, ero finalmente felice, Andrea era guarito dalla leucemia e io mi stavo riprendendo.

Mio zio si rallegrò molto nel vedermi sereno e fu felice di conoscere Andrea.

Seppi che aveva deciso di usare i suoi risparmi per comprarmi una casa.

Dopo poco tempo venni assunto in una fabbrica e finalmente diventai indipendente.

Chiesi ad Andrea di trasferirsi nel mio appartamento e così vivemmo insieme facendoci forza a vicenda.



DOMANDE

"Chiesi ad Andrea di trasferirsi nel mio appartamento e così vivemmo insieme facendoci forza a vicenda".

 "Dopo poco tempo venni assunto in una fabbrica e finalmente diventai indipendente".