Ugo Foscolo
Nato nel 1778 a Zacinto (Zante-Grecia), che era sotto il dominio di Venezia; si trasferì poi a Spalato (Dalmazia).
Nel 1792 per problemi economici si trasferí a Venezia, sin
da giovane si fece notare per la sua intelligenza e il suo
spirito ribelle, in questi anni studia tantissimo e grazie alla
sua crescita culturale si avvicina a dei grandi letterati
(Vincenzo Monti e Ippolito Pindemonte).
Foscolo è un sostenitore degli ideali della Rivoluzione francese e di Bonaparte a cui dedica un’ode nel 1797.
Nello stesso anno Bonaparte conquista Venezia che cede però agli austriaci con il trattato di Campoformio.
Foscolo fu costretto a fuggire.
Rimase deluso ma nonostante questo si arruola alla guardia nazionale della Repubblica Cisalpina, dopo aver partecipato a diverse campagne militari lasciò l’esercito a causa del suo spirito ribelle.
Ottiene una cattedra all’Università di Pavia, ma poco dopo è costretto ad andarsene, prima in Svizzera e poi in Inghilterra, dove si ritrova povero e ammalato.
Foscolo è un poeta classico, fa riferimenti alla mitologia greca e si interessa della cultura della civiltà greca e romana.
Viene anche considerato un romantico, perché tratta i temi dell’esilio, della nostalgia, della morte e dell’amore.
Foscolo ci ha lasciato: un romanzo epistolare, cioè formato da lettere intitolato Le ultime lettere di Jacopo Ortis, Le Odi, Dei Sepolcri, Le Grazie e I Sonetti, 12 componimenti.
queste sono le opere di cui abbiamo parlato in classe:
•Solcata ho fronte
•In morte del fratello Giovanni
•A Zacinto
•Alla sera
•Le ultime lettere di Jacopo Ortis
A ZACINTO:
Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio,
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
PARAFRASI:
Non toccherò mai più le rive sacre dove abitai da bambino, Zacinto mia, che ti rifletti sulle onde del mare greco, da cui purissima nacque Venere, e con il suo primo sorriso rese quelle isole fertili. Glorificò le tue chiare nubi e i tuoi boschi l’opera gloriosa di Omero che cantò il fatale naufragio, e l’esilio diverso, attraverso il quale, bello di fama e sventura, Ulisse infine tornò e baciò la pietrosa Itaca. Tu solo la poesia avrai del figlio, mia terra materna: per noi il fato stabilì una sepoltura senza lacrime e lontana.
ALLA SERA
Forse perché della fatal quïete
tu sei l'immago, a me sì cara vieni,
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquïete
tenebre e lunghe all'universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno ; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.
PARAFRASI:
Forse perché tu sei l’immagine della quiete voluta dal fato, a me giungi così gradita,Sera! Sia quando le nubi estive e gli zefiri sereni ti accarezzano con dolcezza,sia quando nel cielo nevoso rechi con te all’universo tenebre lunghe e inquiete,
sempre scendi invocata, e le vie nascoste del mio cuore governi soavemente.
Mi fa vagare di pensiero in pensiero sulle strade che conducono al nulla eterno; e intanto fugge questo tempo brutto, e con lui se ne vanno tutte le ansie, nelle quali esso si distrugge con me e mentre contemplo la tua pace, si placa quello spirito guerriero che in me ruggisce.