04. Il tempo della Terra

La storia dell'età che gli uomini hanno attribuito alla Terra (e della nascita del concetto di "tempo profondo") è abbastanza travagliata. Queste sono alcune delle sue tappe.

Il tempo della Terra

ll tempo della Bibbia

James Ussher (1581 – 1656), arcivescovo di Armagh, Irlanda "In principio Dio creò il Cielo e la Terra, e questo evento ebbe luogo il 23 ottobre dell’anno 4004 prima della nostra era" (in realtà anche allora quasi nessuno pensava che la Terra fosse così giovane. Ma parlare di milioni di anni sembrava pazzesco)


Annales veteris testamenti, a prima mundi origine deducti (1650)

I primi dubbi

Nicolò Stenone (1638-1686), scienziato danese, vissuto per molti anni nella Toscana del Granduca Ferdinando II de' Medici. “In vari luoghi mi sono accorto che la Terra è composta da strati sovrapposti l’uno sull’altro con una angolazione precisa rispetto all’orizzonte.” Comincia a farsi strada l'idea che sia possibile ricostruire la storia della Terra studiando gli strati rocciosi.

Di Stenone e delle sue prime ipotesi parleremo diffusamente nella prossima lezione (link)

(suggerimento: lettura del libro “La conchiglia del diluvio” di Alan Cutler, edizioni Il Saggiatore, 2007)

La storia naturale di Buffon

Georges-Louis Leclerc, Count de Buffon (1707-1788), scienziato ed illuminista francese. “E’ il tempo il grande artefice della natura” Nella sua imponente opera "Histoire Naturelle" divide così le Epoche della natura:

La "macchina del mondo" di Hutton

James Hutton (1726-1797), geologo scozzese considerato uno dei padri della geologia moderna. “Nessuna traccia di un inizio, nessuna prospettiva certa di una fine”.

"No vestige of a beginning, no prospect of an end"

Hutton raffigura la Terra come una macchina newtoniana perfetta, regolata da leggi proprie ed immutabili, una macchina che si autoregola e che funziona in tempi senza un principio e senza fine. “Il presente è la chiave per spiegare il passato”. 

(lettura consigliata: "L'uomo che scoprì il tempo. James Hutton e l'età della Terra" di Jack Repchech, Raffaello Cortina Editore, 2004, pp. 233)

Nasce la stratigrafia

William Smith (1769-1839), geologo inglese che ha per primo prodotto la carta geologica del suo paese Strati diversi sono classificabili in base ai fossili che contengono. Si afferma il concetto di correlazione e classificazione stratigrafica

 Si scontrano catastrofismo e uniformismo 

Georges Leopold Chretien Frédéric Dagobert Cuvier ( 1769-1832

Da una parte Georges Cuvier, dall'altra  James Hutton ("il presente è la chiave per spiegare il passato") e Charles Lyell.

 "It has been long considered possible to explain the more ancient revolutions on... [the Earth's] surface by means of these still existing causes (...). But we shall presently see that unfortunately this is not the case in physical history:—the thread of operation is here broken, the march of nature is changed, and none of the agents that she now employs were sufficient for the production of her ancient works." (G. Cuvier da: Essay on the Theory of the Earth, 1813)


1859: esce l'"origine delle specie" di Darwin

Charles Robert Darwin (1809 – 1882), biologo, geologo, zoologo e botanico britannico "Chi ha letto la grande opera di Sir Charles Lyell sui Principi della Geologia […] e continua a non accettare che le epoche del tempo passato siano state incredibilmente vaste, può senz'altro chiudere questo libro" (Charles Darwin, da: The Origin of Species, 1859) 

Nella prima edizione de L'Origine delle specie, Darwin riportò i calcoli fatti per misurare i tassi di erosione del Weald, una regione dell'Inghilterra meridionale, in cui gli agenti esogeni avevano scavato una struttura a cupola, in cui era possibile vedere gli strati sottostanti. Il suo calcolo indicava un'età di 300 milioni di anni.

Lo scontro con i fisici

James Prescott Joule (1818 – 1889), fisico inglese. “Mi fa piacere vedere che lei è così pronto a mettere in ridicolo questa spazzatura gettata recentemente tra la gente. Non che Darwin sia tanto da biasimare, credo infatti che egli non aveva intenzione di pubblicare una teoria definitiva, ma piuttosto indicare le difficoltà da risolvere [...] Sembra che oggi la gente si interessi solo a ciò che appare sorprendente. E nulla è più attraente di persone che predicano contro l‘utilità della preghiera e di filosofi che trovano un legame tra gli esseri umani e le scimmie o i gorilla” (J. P. Joule, lettera a W. Thomson, 13 maggio 1861)

William Thomson, Lord Kelvin (1824 – 1907), fisico e ingegnere irlandese. "Davvero voi geologi condividete tutti l'opinione di Darwin sull'enorme durata delle epoche geologiche? Se è così, credo che dobbiate trovare un modo per far sì che le vostre antiche piante e gli antichi animali possano avere vissuto senza il sole" (W. Thomson, lettera a J. Phillips, 7 giugno 1861)

La "macchina del mondo" della geologia uniformista è in contraddizione con l'irreversibilità dei processi fisici postulata dal secondo principio della termodinamica.

Il passato non può essere uguale al presente

Il tempo della geologia deve essere coerente con il tempo della fisica.

“Sarebbe estremamente avventato assumere come probabile più di 20 milioni di anni di luce solare nella storia passata della terra” Quanto al futuro, non è ragionevole aspettarsi “più di cinque o sei milioni di anni di luce solare” (W. Thomson, “On the sun’s heat“, 1887)

In questa animazione si può vedere come Thomson stimava l'età della Terra basandosi sulla sua velocità di raffreddamento.

In questa critica non era assente la polemica contro i meccanismi della selezione naturale proposti da Darwin (si veda anche la citazione precedente di Joule):

“La limitazione della durata dei periodi geologici imposta dalla scienza fisica non può ovviamente confutare l’ipotesi della trasmutazione delle specie: ma appare sufficiente a confutare la dottrina secondo la quale la trasmutazione avrebbe avuto luogo attraverso la discendenza con modificazione per mezzo della selezione naturale”. (Lord Kelvin)

 

Queste critiche per Darwin furono un grosso ostacolo:

“Da qualche tempo le critiche di Thomson sull’età recente del mondo sono una delle mie più forti preoccupazioni” (1869, Lettera a A. R. Wallace).

“……….sono molto turbato a causa della breve durata del mondo secondo Sir Thomson, poiché io ho bisogno per le mie concezioni teoriche di un periodo molto lungo prima della formazione cambriana” (1869).

“Dovrei essere più che sicuro sul periodo pre-siluriano; ma ecco che arriva Sir W. Thomson come uno spettro odioso” (1871, Lettera a A. R. Wallace)

Nella seconda edizione dell’Origine delle specie Darwin ridusse di un “fattore due o tre” le stime sull’erosione della regione del Weald; nella terza edizione cancellò a quel proposito ogni riferimento cronologico.

"E' probabile però, secondo quanto sostiene Sir WilliamThomson, che il mondo, in un periodo molto antico, fosse soggetto a mutamenti più rapidi e violenti nelle sue condizioni fisiche di quelli che accadono ora; e tali mutamenti avrebbero teso a indurre mutamenti altrettanto rapidi negli organismi esistenti a quel tempo" Origin of species, VI ed ultima edizione (1872)

Per i successi “mediatici”, e dal consenso che venivano dalla cultura dominante, Lord Kelvin si sentì giustificato a ridurre le stime dell’età della Terra a 20 milioni di anni, confortato da altri fisici e da alcuni geologi, come W.J. Sollas, che nel 1895 scriveva su Nature:

“….a quanto posso vedere oggi, l’intervallo di tempo trascorso dall’inizio del sistema cambriano è probabilmente inferiore a 17 milioni di anni….”

Alcuni geologi avevano avanzato stime sulla durata dei processi geologici, non fondate sulle “leggi fisiche note”, ma derivate da osservazioni geologiche e geomorfologiche, quali le glaciazioni (J. Croll, 1868), la velocità dei processi di alterazione delle rocce (T. Mallard Reade, 1878), l’incremento della salinità dei mari e degli oceani (J. Joly, 1899): secondo il quale si potevano stimare 90-95 milioni di anni. 

Nel 1893, durante il congresso della AAAS (American Association for the Advancement of Science) il geologo Charles D. Walcott (1850-1927) riassunse nel suo intervento il dibattito in corso:

"Di tutti gli argomenti della geologia speculativa, pochi sono più attraenti o più incerti sul loro esito positivo del tempo geologico. I fisici hanno tracciato le loro linee sempre più strette, affinché il geologo porti le sue stime dell'età della Terra entro il limite di 10-30 milioni di anni. Il geologo accumula dati e replica che è necessario più tempo, e suggerisce al fisico che potrebbe esserci un errore nei suoi conti o nel metodo della loro elaborazione."

E in America? Come veniva vissuta dagli scienziati americani il dibattito che si stava sviluppando in Europa sull'età della Terra?

Come ci aspettiamo, la maggioranza dei geologi condivideva l'idea di un tempo profondo molto lungo, anche se qualcuno si schierò con Lord Kelvin.

In realtà, la questione del tempo necessario per spiegare gli eventi geologici non fu praticamente mai messa in discussione. James Dwight Dana, uno dei padri della geologia in America, dedicò poche pagine del suo poderoso Manual of Geology per trattare dei metodi usati per determinare il tempo geologico. Assolutamente non preoccupato dal dibattito in corso, concluse saggiamente che:

"Il tempo è lungo, molto lungo. ... I geologi non hanno motivo di sentirsi ostacolati nelle loro speculazioni, quando i risultati dei calcoli danno valori estremi di 10.000.000 e 6.000.000.000 di anni" (Dana 1895, p. 1026).

Come è finita: le scoperte di Marie e Pierre Curie

Marie Curie, Pierre Curie, e Henri Becquerel, Nobel per la fisica nel 1903 «in riconoscimento dei servizi straordinari che essi hanno reso nella loro ricerca sui fenomeni radioattivi» La scoperta della radioattività (1896) fornisce una nuova, e quasi inesauribile fonte di calore terrestre e di energia solare Continuavano ad esserci delle resistenze (v. dopo), ma ormai i geologi sapevano di poter contare su un tempo enorme per spiegare come la Terra si forma e si trasforma.

Breve biografia di Marie Curie (Maria Sklodowska,  Varsavia, 1867 - Parigi, 1934)

Marya Sklodowska fu l’ultima di cinque figli. Il padre, Wladimir Sklodowski era insegnante di scienze in una scuola secondaria. Quando Marya aveva otto anni morì la sorella maggiore e due anni più tardi morì la madre di tubercolosi. 

Al termine degli studi, siccome in Polonia in quel periodo le donne non avevano accesso all’istruzione di livello superiore, Marya si rivolse ai cosiddetti circoli di autoeducazione; si trattava di gruppi di studenti che, affascinati dalle scoperte della tecnologia, della fisica e della chimica avvenute in quegli anni, cercavano di insegnarsi a vicenda scienza e tecnologia.

All’età di diciotto anni decise di trovare impiego come governante, sperando di risparmiare a sufficienza per recarsi a studiare a Parigi, dove si sarebbe ricongiunta con la sorella Bronya.

Dopo quattro anni trascorsi lavorando come governante, Marya tornò a Varsavia dove terminò le sue letture di fisica e matematica con un periodo di addestramento presso un piccolo Museo dell’industria e dell’agricoltura, che le permise di accedere all’università di Parigi. Libera da ogni distrazione ottenne il massimo dei voti e si laureò in fisica nel 1893 ed in matematica nel 1894. In seguito a tali risultati ottenne una piccola borsa di studio per un progetto di ricerca sul magnetismo.

Per la ricerca le fu consigliato di rivolgersi a Pierre Curie (1859 – 1906), un giovane brillante che insegnava a Parigi presso la Scuola Municipale per la Fisica e Chimica Industriali, che si era già distinto per gli studi condotti sul magnetismo e per la scoperta, insieme al fratello Jacques, della piezoelettricità, ovvero della proprietà di alcuni cristalli di polarizzarsi elettricamente, se sottoposti a sforzi meccanici.

Marya Sklodowska e Pierre Curie si sposarono nel 1895 ed insieme intrapresero le ricerche sulla radioattività che, nel 1903 permisero loro di vincere, insieme a Becquerel, il premio Nobel per la fisica.

Pierre Curie morì nel 1906 in un incidente stradale. Marie, dopo un periodo di inattività, riprese gli studi e, nel 1911, ricevette il premio Nobel per la chimica (per la scoperta del radio).

Negli ultimi anni della sua vita fu colpita da una grave forma di anemia aplastica, malattia quasi certamente contratta a causa delle lunghe esposizioni alle radiazioni di cui, all'epoca, si ignorava la pericolosità. Morì nel sanatorio di Sancellemoz di Passy in Alta Savoia, nel 1934. Ancora oggi, tutti i suoi appunti di laboratorio successivi al 1890, persino i suoi ricettari di cucina, sono considerati pericolosi a causa del loro contatto con sostanze radioattive. Sono conservati in apposite scatole piombate e chiunque voglia consultarli deve indossare abiti di protezione.

Ultime resistenze

Ecco come, nel 1904, il fisico neozelandese Ernest Rutherford racconta una delle esperienze più delicate della sua brillante vita di scienziato. In una conferenza tenuta in Inghilterra, presso la Royal Institution, Rutherford era intento nell'esporre gli affascinanti risultati degli esperimenti sulla radioattività, tema che lo avrebbe condotto in pochi anni a vincere il Premio Nobel per la descrizione della natura delle particelle alfa e quindi a scoprire il nucleo degli atomi.

"Entrai nella sala, che era mezza buia, e dopo un po’ mi accorsi che tra il pubblico c’era Lord Kelvin. Mi resi conto che ci sarebbero state delle difficoltà, perché l’ultima parte della conferenza trattava dell’età della Terra, e le mie idee erano in contrasto con le sue. Con mio grande sollievo Kelvin si addormentò, ma quando arrivai al punto importante, vidi che quel vecchio gufo si drizzava sulla sedia, apriva un occhio e mi lanciava un’occhiata maligna! Allora mi venne un’ispirazione improvvisa, e dissi che Lord Kelvin aveva limitato l’età della Terra, «a patto che non fosse scoperta nessuna nuova fonte. Questa dichiarazione profetica si riferisce a ciò che stiamo trattando questa sera, il radio!» Ed ecco che il vecchio scienziato mi guardava raggiante." (Rutherford, 1904).


I geologi e le datazioni radiometriche: Arthur Holmes

Nel 1913 un giovane fisico e geologo inglese di 23 anni, reduce da una spedizione geologica in Mozambico, pubblica il libro "L'età della Terra". Si tratta di Arthur Holmes (1890-1965), che ritroveremo nelle prossime lezioni dedicate alla dinamica terrestre e alle teorie che nel tempo hanno cercato di spiegarla.

La scoperta della radioattività ha dato ragione ai geologi, ma gran parte di loro sono ancora scettici. I sistemi naturali, le rocce esaminate con i metodi radiometrici sono sistemi complessi e spesso le datazioni contrastano tra loro; i metodi radiometrici si basano su alcune assunzioni non sempre verificabili, la quantità di elio misurabile nelle rocce risente delle perdite inevitabili di tale gas, e così via.

Holmes applica i metodi radiometrici a rocce di cui conosce bene il contesto geologico (rocce ignee, sieniti a nefelina, del Devoniano, in Norvegia, contententi diversi minerali uraniferi) e trova che le età radiogeniche sono simili. Conferma così che le ere geologiche si datano per centinaia e migliaia di milioni di anni.

Altri minerali precambriani indicano età dai 1000 ai 1600 milioni di anni.

Calcoli successivi (è appena finita la II Guerra Mondiale) ottenuti lavorando su coppie di minerali, gli consentono di scrivere: "l'età della Terra più probabile è di 3350 milioni di anni". Precisa poi che ha determinato "l momento in cui la coltre granitica si è separata dall'insieme dei materiali terrestri durante il consolidamento del globo". Questa età quindi rappresenta quella della formazione della crosta, non quella della formazione della Terra.

Schema e grafico riassuntivi

La radioattività e le sue applicazioni alla geologia: il calore terrestre

Scoperte recenti: http://blogs.scientificamerican.com/observations/nuclear-fission-confirmed-as-source-of-more-than-half-of-earths-heat/

L'articolo a cui si riferisce il link è il seguente 

Partial radiogenic heat model for Earth revealed by geoneutrino measurements

Nature Geoscience 4, 647–651 (2011) doi:10.1038/ngeo1205

Abstract:

The Earth has cooled since its formation, yet the decay of radiogenic isotopes, and in particular uranium, thorium and potassium, in the planet’s interior provides a continuing heat source. The current total heat flux from the Earth to space is 44.2±1.0 TW, but the relative contributions from residual primordial heat and radiogenic decay remain uncertain. However, radiogenic decay can be estimated from the flux of geoneutrinos, electrically neutral particles that are emitted during radioactive decay and can pass through the Earth virtually unaffected. Here we combine precise measurements of the geoneutrino flux from the Kamioka Liquid-Scintillator Antineutrino Detector, Japan, with existing measurements from the Borexino detector, Italy. We find that decay of uranium-238 and thorium-232 together contribute  to Earth’s heat flux. The neutrinos emitted from the decay of potassium-40 are below the limits of detection in our experiments, but are known to contribute 4 TW. Taken together, our observations indicate that heat from radioactive decay contributes about half of Earth’s total heat flux. We therefore conclude that Earth’s primordial heat supply has not yet been exhausted.

Neutrini e antineutrini, che possono attraversare liberamente la materia e quindi attraversare l'intero pianeta, vengono prodotti dal decadimento dei radionuclidi. Tra i radionuclidi più abbondanti nel pianeta ci sono uranio, torio e potassio. Durante la storia della Terra, lunga miliardi di anni, gli isotopi radioattivi hanno dato luogo a processi di fissione nucleare, producendo energia e antineutrini, esattamente come avviene negli impianti nucleari costruiti dall'uomo. Questa energia riscalda le rocce circostanti e rappresenta una sorgente di energia necessaria per spiegare il movimento delle placche tettoniche. Misurando l'emissione attuale del flusso di "geoneutrini" è possibile valutare quanto calore viene prodotto e stimare quindi quanto del calore terrestre è dovuta al calore primordiale (quello utilizzato da Lord Kelvin nei suoi calcoli) e quanto è dovuto alla radioattività.

La stima è che il calore dovuto al decadimento dell'uranio-238 e del torio-232 sia pari a 20 terawatt, circa il doppio di tutta l'energia che l'umanità ha utilizzato fino a oggi. A questa si deve aggiungere un'energia stimata in 4 terawatt dovuta al decadimento del potassio-40.

Questo valori indicano che il flusso di calore dovuto alla radioattività rappresenta circa la metà del flusso di calore misurato; quindi il calore primordiale della Terra non si è ancora dissipato del tutto.

La radioattività e le sue conseguenze per la geologia: il Sole e l'età del Sistema Solare

 La scoperta della radioattività ha indicato che potevano esserci ulteriori sorgenti di calore, capaci di spiegare come facessero le stelle, incluso il nostro Sole, a produrre luce e calore per periodi estremamente lunghi. Anche se la fusione nucleare doveva ancora essere scoperta, questa possibilità implicava che il Sole - per esempio - non dovesse essere necessariamente molto giovane, così come calcolavano i fisici basandosi su dati termodinamici.

   La possibilità di misurare la produzione di energia radioattiva, poi, rendeva possibile calcolare l'età di un minerale, o della Terra... e, attraverso misure sulle meteoriti, datare il nostro sistema solare.

Questo tipo di analisi hanno rappresentato una pietra miliare per quanto riguarda la nostra conoscenza dei tempi geologici.

In particolare, le prime stime dell'età della Terra furono pubblicate nel 1936

Nel 1956  Patterson, nel suo laboratorio ultra-pulito al California Institute of Technology, determinò l'età della Terra - accettata ancora oggi - di 4,5 miliardi di anni, dallo studio del piombo nelle meteoriti

E' curioso il fatto che, nei decenni precedenti, cioè negli anni '20 e '30 del secolo scorso, in cui le analisi radiometriche davano età della Terra intorno ai 3 miliardi di anni, l'età che gli astronomi attribuivano all'Universo basandosi sulla sua velocità di espansione, era di soli due miliardi di anni. L'incongruenza fu poi risolta negli anni '50 quando, accanto alla determinazione di Patterson, gli astronomi rividero la loro scala delle distanze, incrementando così l'età dell'Universo fino a 10 miliardi di anni o più.

Il valore dell'età della Terra che oggi usiamo comunemente è stato determinato nel 1980 da Tera, che trovò un valore di 4.54 Ga attraverso una intelligente analisi delle composizioni isotopiche del piombo in quattro antichi depositi concordanti di Pb. Si sta ancora discutendo se questa età corrisponda al momento dell'accrezione, o alla formazione del nucleo, o all'età del materiale da cui la Terra si è formata.

Per chi volesse leggersi gli articoli originari essi sono reperibili tra i materiali del corso (link)

Geocronologia

Abbiamo visto come sono nati alcuni criteri che consentono di "mettere in ordine di tempo" degli eventi, determinando quindi la loro età relativa. Da questi primi tentativi dovuti a Stenone, è nata la disciplina geologica chiamata Stratigrafia.

Come è possibile invece determinare l'età assoluta di un evento o di un oggetto o ... dell'intero pianeta? 

In questa lezione vediamo - in modo abbastanza semplificato, trattandosi di argomenti che richiedono corsi specialistici per essere affrontati esaurientemente - come si può determinare "l'età assoluta" di una roccia.

Schema degli argomenti

Età relativa - criterio paleontologico

Un insieme di strati caratterizzati dagli stessi fossili ha la stessa età, indipendentemente dalla litologia.

Età relativa - criterio stratigrafico

Si fonda sulla giacitura degli strati rocciosi; in base ai loro rapporti stabilisce che:

1) in una serie di strati concordanti e non rovesciati, quelli superiori sono sempre più recenti;

2) in una pila di strati anche discordanti ma non ribaltati, le formazioni orizzontali sono più recenti di quelle inclinate.

Età relativa - criterio litologico

Due rocce non molto distanti tra loro, ma con caratteristiche litologiche uguali, probabilmente hanno la stessa età o addirittura appartengono alla stessa formazione. L’applicazione di questo che viene detto criterio di identità litologica, va fatta con molta cautela, perché se è vero che le caratteristiche fisiche e chimiche dei sedimenti dipendono da quelle dell’ambiente in cui si sono formati, è anche vero che in zone diverse ed in epoche tra loro anche lontane, vi possono essere stati ambienti analoghi. Va applicato quindi su areali ristretti.

Età assoluta - metodi geologici

Metodo delle varve. La misura esatta del tempo in base a quanto impiega uno strato per depositarsi non è possibile in quanto concorrono troppe variabili negli eventi deposizionali. L'unica misurazione che si avvale di questo sistema è quella della datazione assoluta con il metodo delle "varve", parola che deriva dalla lingua svedese. Le varve sono degli straterelli centimetrici che si depositano annualmente in ambiente lacustre (Nord Europa) in vicinanza di ghiacciai: i sedimenti depositati durante la stagione più calda differiscono in colore (per ricchezza di materia organica) da quelli invernali pertanto è possibile visualizzare la durata di un anno. Questo metodo, scoperto alla fine dell'800 da un geologo svedese, il barone Gerard de Geer, è usato solo per periodi molto recenti e collegati ai fenomeni delle glaciazioni.

Immagine tratta dall'articolo del 1912 De Geer, G. A geochronology of the last 12 000 years

Dendrocronologia. Dal greco (dendron = albero, kronos = tempo, logos = discorso), è la scienza che studia l’accrescimento delle piante arboree nel tempo, le modalità con cui questo avviene ed i fattori che lo influenzano. Gli anelli di accrescimento che si formano di anno in anno nel fusto dipendono dalle condizioni climatiche ed ambientali in cui la pianta si sviluppa. Queste sono pertanto registrate nella sequenza anulare stessa, facendo della dendrocronologia un metodo di datazione assoluta di grande precisione e una incredibile fonte di informazioni. A seconda degli obiettivi della ricerca, è possibile determinare semplicemente l’età degli alberi, oppure, ad esempio, datare anelli particolari o alberi morti, studiare i rapporti con i fattori ambientali e climatici.

La dendrocronologia trova applicazione in numerosi campi di ricerca, dalla climatologia e all’ecologia, all’archeologia, alla geomorfologia, etc. In geomorfologia, è possibile studiare e datare numerosi processi quali frane, colate di detrito, valanghe, movimenti di ghiacciai, attività vulcanica e sismica, movimenti di versante, attività fluviale, sedimentazione, erosione, etc.

Le cronologie attualmente realizzate non risalgono indietro nel tempo per più di diecimila anni, ma è possibile trovare legno fossile anche di alberi vissuti milioni di anni fa.

(Ulteriori informazioni ed una possibile attività didattica sono disponibili sul sito: https://sites.google.com/view/unamontagnadivita/11 )

Età assoluta - Metodi radiometrici

Metodi fondati sul decadimento naturale di elementi radioattivi in elementi non radioattivi (nuclidi stabili). 

Nella figura seguente sono riportati, in funzione di Z (numero atomico) e di A (numero di massa), tutti i nuclidi stabili, cioè tutti quelli riscontrati in natura; mancano perciò quelli artificiali e quelli radioattivi. In particolare si può notare la mancanza di Z = 43 (tecnezio Tc) e di Z = 61 (promezio Pm), artificiali, benché a Z relativamente basso (ma dispari per ambedue). Il grafico si ferma a Z = 83 (bismuto Bi), poiché tutti i nuclidi con Z > 83 sono instabili e radioattivi, e molti di essi artificiali.

Si dicono isotopi gli atomi i cui nuclei sono costituiti da uno stesso numero di protoni e da un differente numero di neutroni. Gli isotopi hanno quindi diverso numero di massa e uguale numero atomico. Per rappresentare un determinato isotopo si ricorre ai simboli:

dove in basso è indicato il numero atomico, Z, ed in alto il numero di massa A. 

Il simbolo 238U rappresenta l’isotopo dell’uranio che ha 238 nucleoni, cioè neutroni e protoni, nel nucleo.

Gli isotopi di un elemento possono essere radioattivi o stabili. Gli isotopi sono anche detti "nuclidi". Sono ad esempio nuclidi il carbonio-12, il carbonio-14 e l’uranio-235.

Gli atomi che emettono spontaneamente radiazioni sono detti "radionuclidi". La notazione isotopica viene usata per rappresentare le particelle emesse durante le disintegrazioni nucleari.

Radiazione α = nuclei di elio ad alta energia, poco penetranti, 

Radiazione β = β- (elettroni ad alta energia) e β+ (positroni ad alta energia), penetrano fino a un centimetro di metallo. 

Radiazione γ = radiazione elettromagnetica con lunghezza d'onda tipicamente minore di 10−12 m.

L’emissione di particelle alfa e beta dal nucleo degli atomi lascia un nucleo con minore massa, che può essere il nucleo di un altro elemento. Si dice che l’atomo ha subito un "decadimento nucleare ".

Ogni radionuclide decade a una velocità specifica e costante, che viene espressa come periodo di semitrasformazione o di emivita oppure tempo di dimezzamento ( t ½ ). Il tempo di dimezzamento è il tempo necessario perché decada la metà di un nucleidi contenuto in un campione radioattivo. Varia da una frazione di secondo a miliardi di anni.  Nella tabella seguente sono riportati i tempi di dimezzamento di alcuni radionuclidi.

Decadimento α

[He++

vengono emessi nuclei di He, perciò si ha una diminuzione di 2 unità per Z e di 4 per A. 

X(Z,N,A) → Y(Z-2, N-2, A-4) 

Esempio: 147Sm →143Nd 

Decadimento ß- 

[n →p + e-]

vengono emessi elettroni (dal nucleo, non si tratta degli elettroni negli orbitali!) perciò si ha aumento di una unità per Z, mentre A resta costante. 

X(Z,N,A) → Y(Z+1, N-1, A) 

Esempio 87Rb →87Sr 

Decadimento ß+ 

[p →n + e+]

vengono emessi positroni perciò si ha diminuzione di una unità per Z, mentre A resta costante.

X(Z,N,A) → Y(Z-1, N+1, A) 

Esempio: 11C →11

Decadimento E.C. (cattura di elettroni)

[p + e- →n] 

X(Z,N,A)+ e- → Y(Z-1, N+1, A) 

Esempio: 40K →40Ar

Scala del tempo (interattiva)

International Chronostratigraphic Chart (scarica)

3. LA TERRA: dimensioni, forma, massa

04b. Laboratorio: il tempo