10. Il problema dell'orogenesi nell'800

 Da "I Principi della Filosofia" di Descartes (1644). (a) Formazione di strati concentrici a partire dalla Terra allo stato fuso che si raffredda progressivamente. B=atmosfera, D=oceano, E=crosta, C,M,I = strati interni. Anche F rappresenta atmosfera, implicando che la Terra sia parzialmente cava al suo interno. (b) Fratture della crosta (E) provocano il collasso di parti della crosta nelle cavità (F), che vengono riempite dall'oceano (D).

Nel XVII secolo il filosofo Cartesio (René Descartes, 1596-1650), aveva presentato una teoria relativa alla formazione della Terra, adottata in seguito da altri filosofi e scienziati come Leibniz e Thompson (Lord Kelvin) nel XIX secolo. 

Cartesio ipotizzava che la Terra fosse simile al Sole, cioè che fosse inizialmente una stella e che si fosse gradualmente raffreddata da una massa fusa e avesse formato strati concentrici in base alla densità dei suoi elementi, formando un'atmosfera, un oceano, una crosta rigida e strati più densi all'interno, ricchi di metalli (Figura 1a). Nella sua visione, la formazione delle montagne implicava la frattura della crosta (Figura 1b) e la caduta dei frammenti crostali verso l'interno per produrre fratture, formando le cime delle montagne, mentre le acque oceaniche riempivano la topografia inferiore. Questa spiegazione della formazione delle montagne assomiglia fortemente a quella proposta da Stenone sulla base delle osservazioni fatte in Toscana.

Nell'Ottocento, il modello di una Terra che si contrae per raffreddamento continua ad essere il paradigma sul quale si basano tutte le teorie di orogenesi, e tale rimarrà sostanzialmente fino alla prima parte del Novecento.


Abbiamo già visto (link) come la seconda metà dell'800 sia stata caratterizzata, in campo scientifico, dal problema dei tempi geologici. Alle osservazione sul campo dei geologi e alla necessità di tempi "lunghi" per ospitare i processi di origine e selezione naturale delle specie previsti dalla teoria darwiniana, si contrappone l'estrapolazione di dati fisici al passato profondo.

Contemporaneamente, il problema della formazione delle montagne domina la ricerca geologica; i geologi si propongono di individuare le forze motrici della dinamica terrestre, utilizzando anche i primi risultati di una disciplina che muove allora i primi passi: la geofisica.

Teorie orogenetiche nell'800

Teorie chimiche del sollevamento

E' in realtà un aspetto della teoria nettunista, che sappiamo essere stata messa in difficoltà già all'inizio del secolo da numerose osservazioni di geologi e geografi. Si assume che tutte le rocce si siano formate per precipitazione chimica da un oceano primordiale, ricoprendo e modellando precedenti rilievi e quindi depositandosi in strati inclinati su precedenti versanti. La teoria inoltre prevede la formazioni di valli e rilievi sottomarini ad opera delle correnti; non spiega dove si sia spostata l'acqua dell'oceano primordiale. E' comunque, come tutta la teoria nettunista, una prima idea dell’origine marina delle catene montuose. Ha portato allo sviluppo e alla diffusione della stratigrafia.

Teoria dei “crateri di sollevamento”

Sul fronte plutonista, invece, era stata proposta dal geologo tedesco Leopold von Buch (1774-1853)  la  teoria dei crateri di sollevamento, secondo cui i rilievi si formano in seguito alla spinta dal basso verso l’alto di masse sotterranee incandescenti che sollevano il suolo alterando la deposizione originariamente orizzontale degli strati; quando un’esplosione fa saltare la cima di questi nuovi rilievi si forma un vulcano, con un cratere con il tipico cono eruttivo nel mezzo. 

Leopold von Buch (1774 – 1853) nasce in una famiglia aristocratica di Berlino. Fin da giovane si appassiona alla geologia, alla botanica, alla geografia e alla paleontologia. Nel 1791 studia presso la School of Mines di Frieberg, in Sassonia, insieme con il compagno di esplorazioni Alexander von Humboldt (1769-1859), il celebre naturalista, che aveva cinque anni più di lui e con il quale stabilisce una duratura amicizia. In questa scuola, la più prestigiosa in Europa a quel tempo, sotto la guida di Werner, si insegnavano i principi della teoria nettunista, che attribuiva l'origine delle rocce alla cristallizzazione dei minerali negli oceani, in un periodo primordiale appena successivo alla creazione; si negava cioè il contributo del magma e dei processi magmatici nella formazione delle rocce.

Nel 1797, von Buch, un po' scettico circa le teorie di Werner, fa diversi viaggi in zone vulcaniche, come il massiccio centrale francese. In seguito, nel 1805, visita il Vesuvio, insieme a von Humboldt che era tornato dal suo viaggio in America nel 1804. Da questa esperienza, von Buch matura la sua svolta dal campo nettunista alla teoria plutonista di James Hutton, riconoscendo che i basalti sono rocce vulcaniche e non di precipitazione chimica. Egli rileva l'esistenza di due tipi di crateri. In quell'occasione, von Humboldt lo informa della somiglianza tra la morfologia del Vesuvio e il Teide, nelle Canaria, che aveva visitato nel 1799 nel suo percorso verso l'America.  Von Buch intraprende quindi una spedizione insieme ad un collega botanico, durata sei mesi, in cui visita Tenerife, la Palma, Gran Canaria e Lanzarote, facendo una descrizione dettagliata delle quattro isole e dei fenomeni vulcanici. Secondo la teoria di von Buch, detta dei crateri di sollevamento,  i coni vulcanici  crescevano verticalmente spinti dalla pressione del magma e del gas all'interno della crosta. A causa di questa spinta alla sommità potevano verificarsi collassi e generarsi crateri, insieme a fessure radiali alla periferia del rilievo. Durante la sua visita a Tenerife, visitò il Monte Teide con la sua impressionante depressione Las Canadas, che interpretò decisamente come un enorme cratere di sollevamento. Dopo Tenerife, von Buch visita Gran Canaria e infine si trasferisce a La Palma. Aveva sentito parlare molto della località chiamata Las Calderas ne era molto interessato. Il nome "caldera" è entrato a far parte della terminologia scientifica perché von Buch ritenne quella località, il cui nome significa "pentolone, caldaia", un esempio generale per le strutture vulcaniche che stava studiando. Scriverà nel suo libro: "Gli spagnoli hanno dato il nome di caldaie a queste cavità. Noi usiamo la stessa parola in senso tecnico." (In realtà, la struttura da lui osservata a La Palma è dovuta all'erosione.)

Carta dei Pirenei di Alexander von Humboldt, interpretati con il modello dei crateri di sollevamento

Questa immagine rappresenta una sezione "ideale" di una catena montuosa secondo la teoria della risalita verticale primaria,  con la sua struttura simmetrica di pieghe laterali (da Scrope, 1825). 


Teoria della contrazione

Mentre la teoria dei crateri di sollevamento postulava ancora forze verticali, Léonce Élie de Beaumont (1798 - 1874) propone una spiegazione delle orogenesi basata su sforzi tangenziali, connessi alla contrazione della Terra per raffreddamento (si utilizza come analogia l'immagine della mela che si raggrinzisce, disseccandosi).

Figura tratta e modificata da  Şengör (2014)

I vari passaggi della teoria della contrazione terrestre di Élie de Beaumont, 1852 (tratto da Şengör, 2014)

De Beaumont fu anche autore, con Dufrenois, della prima carta geologica della Francia, alla scala 1:500.000.

A differenza dell'uniformismo di Hutton e dell'attualismo di Lyell, per entrambi i quali il presente è la chiave per capire il passato e non ci sono segni di un inizio e di una fine, per de Beaumont la storia della Terra ha una direzione ben precisa, dovuta al fatto che si sta progressivamente raffreddando e che questo raffreddamento provoca la sua contrazione, con relativi cataclismi orogenetici.

De Beaumont propose il meccanismo di formazione delle catene montuose rappresentato in figura:

"Schematic chronology of mountain systems and their dominant mode of formation according to Élie de Beaumont (1829-1830). Notice how the basement protrudes and turns up the superjacent sedimentary layers. Sediments after the mountain-building were laid down unconformably over the older, upturned ones. Élie de Beaumont thought that the unconformity represented the 'instant' of mountain-building which he believed was so short that it caused giant, world encircling tsunamies and major extinctions in the terrestrial biota. Notice how the youngest mountain-building is depicted to be associated with vulcanicity". (Şengör, 2014)

Il contributo della geofisica

Alla fine del secolo la geofisica dà un forte impulso alla geologia che acquista sempre più importanza come scienza pratica e visione di insieme.

Verso la metà del 1800, alcune discrepanze sulle misure cartografiche dell'India indussero il colonnello inglese George Everest a ipotizzare che la presenza della catena Himalayana deviasse la direzione del filo a piombo per attrazione gravitazionale. Il matematico John Pratt (1809-1871) verificò invece che la deviazione era inferiore a quanto avrebbe dovuto essere sulla base della massa della catena montuosa: gli studi sulla gravità indicavano che l’Himalaya apparentemente esercitava un’attrazione gravitazionale molto inferiore a quella che ci si sarebbe aspettati dalla sua enorme massa. Ipotizzò quindi che sotto i rilievi esistesse un "deficit di massa".

Nel 1855 G.B. Airy formulò l’ipotesi che sotto la crosta solida della Terra ci fosse uno strato di materiale che si comportava come un fluido, più denso della crosta solida. Si ipotizzava che le rocce più leggere costituenti le montagne, si spingessero in profondità nella parte sottostante.

Verso la fine del 1800* venne enunciato il principio di isostasia. Questo principio, attribuito a Clarence Dutton nel 1889, afferma che l'equilibrio generale della crosta terrestre è mantenuto da un'uguale pressione delle masse rocciose sovrastanti il materiale roccioso sotto la superficie della terra. I blocchi crostali galleggiano sul mantello sottostante grazie ad una spinta dal basso simile alla spinta idrostatica di Archimede; ciò determina uno sprofondamento maggiore dei blocchi continentali di spessore più elevato e meno densi dei blocchi oceanici. Se i blocchi non si trovano in equilibrio isostatico, tenderanno a raggiungerlo diminuendo o aumentando la parte sommersa, a seconda che la parte emersa subisca un innalzamento o un abbassamento.

Modello e esercizio sull'isostasia

Il modello di Dana

James Dwight Dana

James Dwight Dana (1813-1895) fu uno dei più importanti geologi americani del XIX secolo. Studiò scienze naturali e geologia a Yale, laureandosi nel 1833 con voti eccellenti in matematica, botanica e mineralogia. Il suo primo incarico fu di insegnante di matematica per la marina; il suo primo lavoro scientifico fu dedicato al Vesuvio, da lui visitato durante una spedizione della marina americana nel Mediterraneo.

Esperto in mineralogia e cristallografia, compilò un trattato, dato alle stampe nel 1837, nel quale propose l’adozione di un innovativo sistema di classificazione dei minerali, basato sulle loro proprietà chimiche e sulla loro struttura cristallina. Quattro numeri separati da punti identificavano ogni minerale esistente: la classe, il tipo, il gruppo e la specie. Questa classificazione ha nel tempo subito otto aggiornamenti, l’ultimo dei quali è stato pubblicata nel 1997.

Dal 1838 al 1842 fece parte di una importante spedizione scientifica, in cui studiò i vulcani delle Azzorre, raccolse, studiò e illustrò crostacei oceanici, scoprendo 75 nuove specie; ascese e cartografò le Ande cilene presso Valparaiso; nel trasferimento fra le Isole Samoa e il Nuovo Galles del Sud si interessò degli atolli corallini e formulò un’ipotesi sulla loro genesi; studiò i vulcani delle isole Hawaii, in particolare Mauna Loa e Kilauea; attraversò la Catena delle Cascate e discese la valle del Fiume Sacramento; compì rilevamenti nelle Filippine nei dintorni di Manila.

Per quanto riguarda gli atolli corallini, la sua teoria coincide con quella proposta da Darwin alcuni anni prima di lui (v. figure seguenti). Egli predisse anche l’esistenza nel Pacifico occidentale di atolli profondamente sommersi (ora nominati guyots).

              

La formazione degli atolli corallini. Immagini tratte da:

 http://oceans.mit.edu/news/featured-stories/coral-reefs-sinking-islands-incomplete-theory-charles-darwin


La teoria orogenetica di Dana: le geosinclinali

La subsidenza  dei fondali oceanici deve essere compensata sui continenti dal sollevamento; è un processo continuo causato dalla contrazione della Terra per raffreddamento che origina la crescita dei continenti per accrezione sui loro margini e ne rende impossibile la sommersione.

Nelle parti del fondo marino ove la subsidenza è più attiva possono accumularsi enormi spessori di sedimenti (formazione di una geosinclinale), i quali, una volta sottoposti a traslazione e deformazione, possono dare origine alle catene montuose, che si innalzano proprio sui margini continentali a causa delle spinte laterali contro di essi a cui segue l’orogenesi: le Montagne Rocciose ne sono il modello. Questa idea di strutture permanenti della Terra, più o meno rimaneggiata e aggiustata, sarebbe sopravvissuta per almeno un secolo ed è probabilmente una delle ragioni della decisa opposizione dei geologi americani alle teorie di Wegener. 

La nascita, evoluzione e conclusione di un’orogenesi si articola in corrispondenza di una geosinclinale, che nel suo schema classico si suddivide in una zona rigida cratonica, posta sul bordo esterno, che si affaccia su una fossa, detta avanfossa, caratterizzata da una forte subsidenza,mentre lungo l’altro bordo della geosinclinale si ha una zona rigida detta avanpaese (il continente). 

Questo concetto, che è rimasto a lungo nella geologia moderna, è poi stato formalizzato in “bacino marino subsidente di accumulo sedimentario nel quale si sviluppa poi il fenomeno dinamico dell’orogenesi per spinte tangenziali

Dana  chiamò  geosinclinale  una fossa in prossimità dei continenti in cui si accumulano e si compattano i materiali destinati ad evolvere in una catena montuosa di corrugamento. Le geosinclinali erano quindi aree stabilmente depresse, che avrebbero raccolto tutti i sedimenti prodotti dall’erosione subaerea; il proseguire della contrazione terrestre avrebbe determinato la deformazione dei loro margini continentali e la nascita di catene di montagne affacciate sull’oceano (teoria applicata alla catena montuosa degli Appalachi).

Il modello spiegava la formazione dei continenti e dei bacini oceanici e fu applicato con successo nel Nord America dove le catene montuose più importanti sono adiacenti all’oceano Pacifico ed a quello Atlantico. Tuttavia, tale modello non spiegava la formazione delle catene montuose intracontinentali.

Il modello di Suess

Eduard Suess

Eduard Suess (1831-1914) è un geologo austriaco che studiò la catena alpina e propose una teoria orogenetica in cui la causa era (come per Dana) il raffreddamento, affermando inoltre che nel corso della progressiva contrazione e solidificazione della massa fusa, i materiali più leggeri venivano spostati verso la superficie dando origine a rocce metamorfiche ricche in silicio e alluminio, mentre al di sotto vi erano rocce più dense, ricche di magnesio, ferro e calcio. A lui si deve quindi la prima nomenclatura della struttura interna della Terra, che secondo Suess era suddivisa in tre involucri, che chiamò - partendo dall'interno - NIFE, SIMA e SIAL (NIFE = nichel e ferro; SIMA = silicio e magnesio; SIAL = silicio e alluminio). 

Suess rifiutò decisamente il modello di von Buch dei crateri di sollevamento, che implicava tra l'altro una simmetria delle catene montuose. Studiando le  Alpi, vide come non esisteva una "doppia vergenza" come postulato dalle teorie che presupponevano solo spinte verticali.

Nell' immagine seguente si può vedere come Şengör (2014) rappresenta le idee di Suess dopo il 1875, relativamente alla vergenza delle catene alpine e appenniniche.

È grazie al lavoro effettuato da Suess nel 1875 che si iniziano a riconoscere le prime grandi strutture delle Alpi. Suess identifica infatti l'asimmetria della catena, la sua unità strutturale e l'ostacolo costituito dai terreni più vecchi rispetto a sedimenti più plastici in via di corrugamento. Grazie a queste osservazioni, Suess intuisce la tangenzialità degli sforzi compressionali che contribuiscono alla creazione della catena.

Già nel 1875 Suess si accorge che la catena alpina è stata spinta su un "avampaese", e immagina che questo sia dovuto ad un movimento proveniente da sud o sud-est di tipo - quindi - tangenziale.

Il modello di Suess: le spinte tangenziali

Nella sua opera Das Antlitz der Erde (La faccia della Terra, pubblicato in vari volumi dal 1883 al 1909) presentò l'evoluzione della Terra durante il raffreddamento (vedi figura)

Il modello di contrazione crostale a cui si riferisce Suess, però, non è quello di Élie de Beaumont (accettato da Dana), ma il modello di Constant Prévost 

Prévost era un geologo e vulcanologo, famoso per aver dato il nome "Isola Giulia" all'isola che era sorta nel 1831 a sud-ovest della Sicilia, tra Agrigento e Pantelleria, per l'emersione di un vulcano. In quell'occasione, Prevost si schierò nettamente contro la teoria di von Buch sui crateri di sollevamento, evidenziando che non c'era nessun rigonfiamento al di sotto del vulcano, ma piuttosto che il vulcano stesso aveva costruito l'edificio che emergeva sul mare per accumulo di blocchi, lapilli e ceneri emesse nell'eruzione. 

"Per Prévost, la storia della Terra aveva certo una direzione, data dal processo di raffreddamento, ma le cause che agiscono ora sulla faccia della terra sono dello stesso tipo, anche se di minore intensità, di quelle che agirono agli inizi del processo di formazione della superficie terrestre. Le catene montuose non si producevano, come voleva von Buch e ripeteva de Beaumont, per un improvviso, violentissimo e catastrofico emergere di grandi masse magmatiche, che avevano sollevato tutti gli strati loro sovrapposti, ma per complesse dinamiche di avvallamenti e di crolli locali o regionali" (Corsi, 2001)

Suess assumeva che la crosta terrestre iniziale fosse continua, ma che si fosse frammentata quando la parte interna aveva cominciato a contrarsi.  Le porzioni collassate avevano formato i bacini oceanici, le rimanenti porzioni in rilievo avevano formato i continenti. Con il procedere del raffreddamento, i continenti originari divenuti instabili erano a loro volta collassati per formare la generazione successiva di fondi oceanici, mentre i bacini oceanici avevano formato le terre emerse. Nel corso della storia geologica, c'era stato un continuo scambio di terre emerse e fondi oceanici, una periodica riorganizzazione delle masse terrestri.

In alcuni suoi scritti, Suess sembra vedere l'orogenesi come la conseguenza del moto di blocchi litosferici rigidi o semi-rigidi che potevano muoversi indipendentemente gli uni dagli altri. Durante il suo movimento, un blocco si accorciava nella sua parte frontale mentre si aveva una zona di estensione sul retro. Paragonava questi movimenti a quelli di blocchi di ghiaccio sul pack. Considerando la stratigrafia globale (aveva studiato pratcamente i rilievi maggiori di tutto il mondo) dedusse che le principali trasgressioni e regressioni marine avvenivano alla scala dell'intero pianeta ed erano esse a determinare i caratteri dominanti della scala cronostratigrafica. Variare l'ampiezza dei bacini oceanici gli sembrava l'unico modo di giustificare queste trasgressioni e regressioni globali e  per questo il modello di contrazione di Constant Prévost sembrava il meccanismo migliore. Suess assumeva diverse profondità di scollamento all'interno del modello dii formazione dei rilievi e delle depressioni per contrazione. Il modello di Suess era qualitativamente il migliore offerto per l'epoca, adottato da praticamente tutti i geologi europei. Le difficoltà di Wegener a far accettare la sua teoria si devono anche a questo fatto. Solo con l'affermarsi della teoria della tettonica a placche molti geologi accettarono di abbandonare il modello di Suess.

Diversità tra Suess e Dana

Eduard Suess: le "strutture" cambiano

"The breaking up of the terrestrial globe, this it is we witness. It doubtless began a long time ago, and the brevity of human life enables us to contemplate it without dismay. It is not only in the great mountain ranges that the traces of this process are found. Great segments of the earth's crust have sunk hundreds, in some cases, even thousands, of feet deep, and not the slightest inequality of the surface remains to indicate the fracture; the different nature of the rocks and the discoveries made in mining alone reveal its presence. Time has levelled all."

James Dwight Dana: le "strutture" sono permanenti

"The profoundest facts in the Earth history prove that the oceans have always been oceans"



Da M. Segala "Autobiografia e Storiografia - Storia e retorica di una rivoluzione scientifica (http://www.item.ens.fr/articles-en-ligne/autobiografia-e-storiografia/) :

E' opportuno muovere dalle grandi opere di sintesi geologica dell'americano James Dwight Dana e dell'austriaco Eduard Suess. Dana fu il più autorevole studioso statunitense nell'ambito delle scienze della terra nel secolo scorso. Il suo fondamentale contributo alla disciplina consistette nella formulazione di una teoria generale della storia della terra che è conosciuta col nome di permanentismo7. Secondo tale teoria, elaborata attorno alla metà del secolo, le grandi strutture della crosta terrestre (continenti e oceani) non sono soggette a mutamenti di rilievo nella forma e nella posizione. Sulla base di questo concetto, la teoria dava una spiegazione esaustiva delle più importanti caratteristiche morfologiche e tettoniche della crosta terrestre. Grazie al proprio successo esplicativo, il permanentismo ha dominato la comunità scientifica statunitense fino alla sfida con la teoria della deriva dei continenti, ma non è stato abbandonato definitivamente fino all'avvento della tettonica delle placche.

Se Dana è stato il geologo statunitense per eccellenza, Suess ha incarnato la tradizione scientifica dell'Europa continentale. La sua opera, riconosciuta dai contemporanei come il più grande contributo alla scienza geologica dopo Lyell, si fondava su una teoria che era diretta conseguenza dell'ipotesi cosmogonica di Kant-Laplace e che prendeva il nome di contrazionismo. Secondo tale teoria, la storia della terra era quella di un pianeta che si andava raffreddando. Tale processo comportava una riduzione di volume, ovvero la contrazione del materiale caldo e fluido racchiuso nell'interno dall'involucro solidificato, la crosta terrestre. Nella formulazione di Suess, la teoria della contrazione spiegava magistralmente il meccanismo e la storia dei fenomeni orogenetici. Inoltre tentava di conciliarsi con le indicazioni paleogeografiche di antichi collegamenti tra continenti, oggi separati dai vasti oceani, per mezzo dell'ipotesi di continenti sommersi8. In seguito all'individuazione del principio di isostasia, secondo il quale i continenti erano più leggeri dei fondali oceanici e quindi non potevano inabissarvisi, il contrazionismo venne corretto e reso più conforme al dettato permanentista. Oceani e continenti erano riconosciuti come immutabili e definitivamente stabiliti per numero e collocazione fin dalla solidificazione della crosta terrestre, ma si riteneva che lingue di terra potessero alzarsi o abbassarsi rispetto al fondo dell'oceano in seguito a locali anomalie isostatiche. Queste lingue di terra, poi chiamate ponti continentali, erano in grado di spiegare i collegamenti indicati dalla paleogeografia senza violare i principi geofisici.

Dana e Suess stabilirono il credo teorico della generazione di studiosi della terra che vide il passaggio dall'Ottocento al Novecento. Alfred Wegener sfidò il dominio di permanentismo e contrazionismo e propose una nuova ipotesi. Nel 1912 pubblicò i primi due articoli che postulavano l'esistenza di Kontinentalverschiebungen (traslazioni continentali) nella storia della terra. Wegener riteneva che l'idea di spostamento dei continenti fosse preferibile a quella di permanenza perché spiegava le indicazioni della paleogeografia con la supposizione di un'antica unione dei continenti (il Pangea), seguita poi dalla frattura e deriva delle masse continentali verso le posizioni attuali. Inoltre assicurava la superiorità della propria concezione rispetto a quella contrazionista perché sapeva spiegare in modo più convincente il meccanismo dell'orogenesi. Infine faceva notare la coerenza della propria teoria con i più accreditati principi della geofisica, in special modo con l'isostasia, violata dai continenti sommersi del credo contrazionista.




Attività didattiche

in costruzione

Un video molto didattico su come i geologi oggi studiano la formazione delle catene montuose:

9. CHARLES LYELL E L'UNIFORMISMO

10b. Isostasia: un modello didattico