08. Geologia "uniforme" e "catastrofica"

Nella seconda metà del Settecento, il ritrovamento in varie parti del mondo di resti di organismi vissuti in passato ed ora scomparsi, aveva compromesso l’idea di un mondo immutabile e relativamente giovane.

Nel 1770, il ritrovamento a Maastricht di una grande mandibola in una cava di gesso a 450 metri di profondità aveva acceso un grande dibattito circa la natura del fossile. Il Dr. Hoffmann, che lo aveva scavato, lo fece studiare dall’anatomista olandese Pieter Camper, che concluse trattarsi dei resti di una balena. La diagnosi fu smentita dal figlio Adrien C., che dichiarò trattarsi dei resti di una grande lucertola marina ormai estinta.

Alcuni anni più tardi i soldati della Rivoluzione francese invasero Maastricht e sequestrarono il “mostro preadamitico”, che fu inviato a Parigi e fatto studiare dal famoso anatomista Georges Cuvier, che intanto aveva riconosciuto nei resti di un Mammuth proveniente dai suoli gelati della Siberia, i resti di un animale scomparso.

Georges Cuvier e il catastrofismo

La paleontologia come scienza nasce dal determinante contributo di Georges Cuvier (1769-1832) . 

(I brani in corsivo in questa pagina sono tratti dall'articolo di Tongiorgi, 1999, presente integralmente tra i Materiali

Abbiamo già incontrato Cuvier al Jardin del Plantes di Parigi, intento a esaminare, in piena rivoluzione francese, il Mosasauro di Maastricht inviatogli dal Cittadino Generale Pichegru. Georges Cuvier era figlio di un ufficiale svizzero; aveva studiato biologia a Stoccarda e aveva fatto in seguito, dal 1788 al 1794, il precettore di un Conte francese in Normandia. Fu chiamato a Parigi dal grande Lamarck, nel 1795, appena in tempo per ricevere in studio il famoso “mostro pre-adamitico” di Maastricht. 

Cuvier era uomo d’ordine. Sotto Napoleone, divenne addirittura Vicepresidente del Ministero dell’Interno. Ma, alla ricerca di un ordine preciso nelle confuse conoscenze e ideologie dell’epoca, finì per portare contributi essenziali al progresso scientifico e, suo malgrado, all’Evoluzionismo. 

Quattro mesi dopo il suo arrivo a Parigi, ad esempio, ebbe occasione di esaminare i resti di un Mammuth provenienti dai suoli perennemente congelati della Siberia. E si convinse che si trattava di un animale oggi completamente estinto. Probabilmente stava vivendo in un momento psicologicamente assai favorevole per far sapere al mondo che grandi animali del passato, come i Mammuth, si erano estinti: a Parigi, in pieno Terrore, dove cadevano sotto la ghigliottina le teste coronate, non era difficile credere alla scomparsa di maestosi animali, un tempo signori delle steppe glaciali.... Ma in ogni caso, questa acquisizione fu da allora sancita indiscutibilmente. 

Riassumiamo, assai schematicamente, alcuni dei fondamentali contributi di Cuvier: 

Il nuovo schema interpretativo, cui Cuvier aveva dato un apporto sostanziale, fu chiamato “catastrofismo” ed esercitò influenza grandissima per tutto l’800 ed oltre. 

E’ significativo, a dimostrare quanto il problema filosofico della storia della vita sulla Terra fosse rilevante a cavallo tra ‘700 e ‘800 (a solo pochi decenni dall’opera di Darwin), che il catastrofismo sia stato introdotto in geologia proprio da tre biologi (anche se allora le partizioni del sapere, all’interno delle scienze naturali, erano assai poco definite). 

Sta di fatto che Cuvier (anatomo comparato dei Vertebrati) e Brognart (Molluschi) studiarono a fondo il Bacino di Parigi, con l’aiuto del grande biologo Lamarck, e vi distinsero 11 formazioni geologiche, separate da altrettante regressioni/trasgressioni marine, cioè da eventi ritenuti istantenei e catastrofici

Il catastrofismo si consolidò, ai primi dell’800, in una Inghilterra dominata dalla reazione alla rivoluzione francese, e vi assunse una più spiccata connotazione religiosa. Ci sono sì le rivoluzioni (e chi poteva più negarlo?) ma:

Nonostante il suo carattere conservativo, e proprio grazie a questo, il catastrofismo ebbe l’effetto di chiudere, almeno per un po’, una questione lacerante, quella cioè dei tempi geologici: ora, nel nuovo contesto, si poteva più serenamente discutere di “quanto” fosse antica la Terra, ma non “se” fosse antica. Le creazioni ripetute avrebbero comunque rimesso tutto a posto.

Cuvier si occupa in modo specifico dei vertebrati fossili, anche di quelli estinti, di cui riesce a ricostruire le forme grazie a profonde conoscenze di anatomia comparata e al principio dell'organizzazione degli esseri viventi, concepiti come sistema formato di parti correlate e interdipendenti (Discours sur les révolutions de la surface du globe, 1812). 

Nello studio dei terreni fossiliferi del bacino sedimentario di Parigi, Cuvier osserva che ciascuno strato che li compone si distingue dagli altri per il diverso contenuto di fossili, alcuni dei quali corrispondono a specie estinte. Il passaggio è così repentino che la sua causa doveva essere un evento catastrofico, un cataclisma rviolento. Cuvier aderisce quindi alla «teoria del catastrofismo», che  sembra adatta per spiegare le ripetute scomparse di fauna e flora, dopo le quali appaiono nuove specie. Cuvier ammette la veridicità del diluvio biblico, che non è l'unico evento catastrofico, ma è l'ultimo in un periodo di «migliaia di età». Quanto all'origine delle nuove specie, Cuvier è un fissista, come Linneo: le specie sono fisse e non trasmutano. 

La teoria del catastrofismo di Cuvier ricevette conferme dalle ricerche effettuate in Francia da validi studiosi (Alexandre e Adolphe Brongniart, Elie de Beaumont) e, conosciuta in Gran Bretagna fin dal 1817, fu subito accolta, perché la maggioranza dei geologi inglesi credeva nel diluvio e vedeva nel catastrofismo una conferma dello stesso.

Il più noto “diluvialista” inglese fu il mineralogista e geologo di Oxford, William Buckland (1784-1856), citato nella relazione di T. Pievani come insegnante di Charles Lyell, il cui primo libro porta un titolo significativo: “Vindiciae Geologicae”, ovvero La connessione della geologia con la religione. Egli è convinto della veracità del racconto biblico, ma si distingue da quelli che diremmo oggi “fondamentalisti”, perché non ne dà una interpretazione letterale. I sei giorni della creazione sono da intendersi in senso figurato e quindi la Terra può essere molto vecchia. Il diluvio è realmente avvenuto, è stato universale ed è confermato da prove geologiche irrefutabili, che egli andò cercando nelle caverne d'Europa, Ande e Himalaya. Una sintesi delle sue scoperte è consegnata in un libro appassionante, che fu molto popolare, Reliquiae diluvianae (1823).


Il catastrofismo di Cuvier dominò pressoché incontrastato la scena geologica fino al 1830, quando uscì il primo dei tre volumi di Principi di Geologia di Charles Lyell (1797-1875).

L'uniformismo di Hutton: la macchina del mondo

Influenzato dai grandi costruttori di modelli dell’universo del Seicento, quali Galileo, Descartes, Newton, Leibniz, ambiva a diventare “ il Descates o il Newton del globo terrestre” (Porter, 1992).

Hutton riteneva che la storia della Terra potesse essere spiegata sulla base di poche leggi naturali, semplici, e universali; valide per tutti i momenti della storia geologica e per tutte le parti del globo, escludendo eventi straordinari o miracolosi.

Hutton considera la Terra come una macchina perfetta, regolata da leggi proprie e immutabili, autoregolantesi, senza principio e senza fine, come l’universo degli astronomi del suo tempo.

I materiali strappati alle rocce dall’erosione sono trasportati dai fiumi verso il mare, dove si depositano e si solidificano. L’erosione smantella i rilievi che vengono perciò sommersi dai mari, mentre sorgono altri continenti e rilievi per il sollevamento delle rocce marine, spinte a emergere da “una forza che ha per principio il calore sotterraneo”.

Riconobbe che alcune rocce, più tardi denominate ignee o magmatiche, derivavano dal consolidamento di rocce fuse, distinguendo dunque la genesi delle rocce ignee da quelle sedimentarie.

Il sollevamento dei continenti avrebbe prodotto strati di rocce sedimentarie inclinati e contorti, a partire da strati che si erano deposti parallelamente gli uni sugli altri sul fondo del mare. Al di sopra di essi, in discordanza angolare, si sarebbero deposti altri strati (principio della sovrapposizione stratigrafica)


J. Hutton viene considerato il caposcuola dei plutonisti.

La sua teoria della dinamica della Terra viene definita “dell’ uniformismo”.

in costruzione


Paradossalmente, gli uniformisti sono stati innovatori e conservatori insieme: la loro macchina che si auto-regola non sembrava compatibile con mutamenti drastici e avvenimenti catastrofici. In paleontologia, ad esempio, preferivano pensare a migrazioni delle faune da un continente all’altro piuttosto che a estinzioni più o meno generalizzate (Jean-Baptiste Lamarck, 1744-1829, fu un uniformista). Erano dunque poco interessati al dibattito che in quel momento appassionava specialisti e profani, centrato proprio sul problema delle estinzioni. 


William Smith e l'osservazione sul campo

Una figura emblematica e singolare di “geologo puro” a cavallo tra ‘700 e ‘800 è quella di William Smith (1769-1839), inglese, topografo-ingegnere addetto alla escavazioni di canali per il trasporto di carbone e geologo autodidatta.

“Strata” Smith non prestò grande attenzione alla disputa tra nettunisti e plutonisti. Di cultura per certi versi modesta, Smith conosceva le teorie del suo tempo, ma aveva soprattutto interessi pratici. La sua scoperta più interessante fu quella che strati diversi potevano esser distinti in base al loro contenuto fossilifero, anche nel caso in cui fossero simili per litologia. Sembrerebbe banale; ma non lo è affatto, per l’epoca in cui questo principio fu formulato. Abbiamo infatti visto come nei “sistemi” di nettunisti e plutonisti litologia ed età fossero identificate: “rocce cristalline” e “rocce primitive” erano sinonimi, come lo erano “rocce stratificate” e “rocce secondarie”. 

Smith introdusse dunque una classificazione stratigrafica basata su unità litologiche caratterizzate da fossili diversi. Nel suo The Stratigraphical System of Organized Fossils (1817), egli distinse 31 diverse unità litologico- paleontologiche, con molte ulteriori suddivisioni minori. Per questo ebbe nel 1831 la prima Wollaston Medal della Geological Society di Londra, e fu una medaglia certamente meritata. Le sue unità furono accolte da Lyell, come vedremo, e sono in parte ancora oggi in uso, col valore di unità cronostratigrafiche. 

Nel suo lavoro ai canali, Smith si convinse ben presto che progetti implicanti grandi spostamenti di terra e scavi di notevole importanza dovessero esser preceduti dall’acquisizione di adeguate conoscenze sulla geologia dei luoghi. Per anni, dunque, Smith percorse in lungo e in largo la campagna inglese per compilare quella che fu la prima “Carta geologica dell’Inghilterra, del Galles e di parte della Scozia”. Conosciuto ovunque col soprannome di “Strata” Smith, non c’era Compagnia di scavo che non lo chiamasse prima di iniziare un qualunque lavoro. A tutti gli effetti, dunque, l’equivalente di un moderno geologo applicato, libero-professionista. 

Dopo tali osservazioni, Smith impiegò anni nell’allestimento di un registro dei fossili e degli strati ai quali essi appartenevano. Certi fossili li trovava in un solo strato: prestando attenzione a quella “meraviglia di ordine e di regolarità”, che sono i fossili guida , si possono correlare gli strati di affioramenti che distano anche diversi chilometri o che, addirittura, si trovano su continenti diversi.

Poiché gli strati, indipendentemente dalla loro natura litologica appartengono alla stessa epoca quando contengono gli stessi fossili  guida: Smith aveva scoperto un modo per misurare il tempo, gettando le basi della cronologia relativa.

Nel suo “The Stratigraphical System of Organized Fossils” (1817)  distinse 31 diverse unità lito-paleontologiche della Gran Bretagna.

Con queste premesse costruì la prima carta geologica dell’Inghilterra, del Galles e di una parte della Scozia.

Incisione nel testo di William Smith del 1815 sulla classificazione degli strati

Purtroppo Smith era un uomo pratico, solo modestamente colto e poco incline alle Lettere. Parlava a tutti, e volentieri, delle sue scoperte, ma scriveva poco. Furono i suoi amici colti che lo spinsero a scrivere e fecero notevoli pressioni affinché, nel clima inglese della Restaurazione, “Strata” Smith sposasse il catastrofismo. Ed alla fine, nella sua opera principale, Smith pose l’accento, anche se un po’ controvoglia, più sulle discontinuità che sulle transizioni tra le sue unità geologiche.

Esercizio

L'esercizio da svolgere e discutere è quello di associare degli ordini di grandezza alla durata di alcuni fenomeni geologici

La scheda è questa: scarica file

Alcuni commenti

Uno dei concetti errati che tendono a permanere  nel modo di pensare comune (e quindi anche in quello degli studenti che avremo in classe) è che la Terra sia immobile. O meglio, si sa da quanto imparato a scuola che ruota su se stessa, che gira intorno al Sole e che fa anche altri movimenti con periodo più lungo. Quello che non cambia, nella percezione comune, è quello che si vede sulla superficie terrestre: mari, monti, laghi, fiumi, pianure e colline. 

Esistono molti modi di dire che fanno riferimento a questa "stabilità"

Questa stabilità è solo apparente. Le trasformazioni sono continue, quello che cambia è la loro velocità. Un primo esercizio potrebbe essere quello di valutare la velocità di certe modificazioni del paesaggi. Si passa dalla scala dei secondi a quella dei milioni di anni; può essere interessante valutare almeno quelle che avvengono nell'arco della vita umana o dei secoli.

Qui ci sono foto e filmati che possono servire per un esercizio di questo tipo. Spesso si tratta di fenomeni lontani nello spazio, perché tratti da internet; sarebbe interessante fare lo stesso tipo di analisi sul territorio in cui viviamo. Per esempio, ricostruire il percorso di un fiume sulla base di documenti storici ecc..

(in costruzione!!)

2 anni....

24 ore...

3 ore e 28 minuti...

Los Angeles 19 novembre 2015

Un'ora?

......

....

Variazione della linea di costa tirrenica: arretramento di 500 metri in circa 70 anni

Immagine tratta da: "L’evoluzione diacronica della linea di riva del litorale pisano (1938-2004) sulla base del confronto di immagini aeree georeferenziate", di M. Bini, N. Casarosa, A. Ribolini, Atti Soc. tosc. Sci. nat., Mem., Serie A, 113 (2008) pagg. 1-12.

7. FOSSILI, ROCCE, MINERALI E CRISTALLI DAL '700 A OGGI

9. CHARLES LYELL