De solido ...

PRODROMO DI UNA DISSERTAZIONE SUI CORPI SOLIDI NATURALMENTE INCLUSI IN ALTRI CORPI SOLIDI

di Niccolò Stenone

Firenze, 1669

La Toscana

i solidi naturalmente inclusi in altri solidi

Serenissimo Granduca,

   Accade di frequente a coloro che percorrono regioni sconosciute, quando si affrettino per luoghi irti di continui monti verso una città posta sulla cima di questi, che, appena vista, la credano a sé vicina, mentre le molte tortuosità delle strade ingannano poi la loro speranza fino alla noia. Infatti emergono soltanto le vicine vette, mentre rimane nascosto ciò che è loro davanti: alti colli, profonde valli, campi piani, che superano di gran lunga le congetture che i viaggiatori fanno quando, per tranquillizzare sé stessi, misurano le distanze dei luoghi secondo il loro desiderio. 

      Non altrimenti avviene a quelli che vanno alla ricerca della vera nozione delle cose per l’esperimento; non appena, infatti, ad essi è apparso qualche indizio della ignota verità, subito pensano che essa tutta quanta sia per esser scoperta: e non possono esattamente valutare il tempo che si richiede a risolvere la connessa serie di quelle difficoltà che, sorgendo lentamente e quasi in modo occulto, intralciano quelli che s’affaticano al fine, frapponendo sempre nuovi ostacoli. 

   L’inizio del lavoro mostra soltanto le difficoltà comuni e note anche al volgo, ma raramente qualcuno potrà scoprire, prima che non ve l’abbia condotto il filo dell’investigazione, quelle che vi sono annesse, e che bisogna superare per abbattere l’errore, per stabilire il vero, per chiarire ciò che è oscuro, o per rivelare ciò che è ignoto. E ben poneva Democrito1 l’esempio del pozzo, ove difficilmente si può calcolare esattamente la fatica e il tempo necessario a vuotarlo se non vuotandolo, perché rimane incerto il numero e la grossezza delle vene latenti e la quantità di materia affluente. 

NOTE

(1) Stenone si riferisce probabilmente al passo in Diogenes Laertius, Pyrron IX, 72.

   Non meravigliarti dunque, serenissimo Principe, se ti dirò che quella ricerca cui mi diedero occasione i denti del pescecane, sarà prossima al fine in un anno intero e più, e non in soli pochi giorni. Dopo avere infatti visto più volte quelle terre donde si scavano i testacei2 e altre congeneri escrezioni del mare, avendo concluso che quelle terre erano sedimento di un mare torbido, e che si poteva stabilire nei singoli luoghi quante volte il mare era stato torbido, non solo ne ricavavo assai precipitosamente, la convinzione che tutta la ricerca richiedesse pochissimo tempo, ma per giunta assicuravo di ciò francamente altre persone. 

   E quando poi più attentamente esamino i singoli luoghi e i corpi, mi nascono giornalmente dei dubbi che l’un l’altro si succedono con indissolubile connessione, tanto che spesso mi vedo quasi ridotto in vincoli, quando già mi credevo prossimo alla meta. Io direi che quei dubbi sono simili alle teste dell’Idra Lernea, perché per uno di essi estinto ne rinascono innumerevoli altri; o almeno mi par d’errare in un labirinto, dove quanto più ci si avvicina all’uscita, tanto maggiori sono i giri che si incontrano.

 Non mi soffermo a scusare questo mio ritardo, perché ti consta pienamente, per lunga esperienza, quanto sia intricata una questione avviluppata dal legame degli esperimenti; ma poiché, compiuta gran parte di questo lavoro, io domando il permesso di ritornare in patria, interrompendo ogni cosa, per studiare qualche argomento anatomico, ciò abbisognerebbe pure di una scusa, se non sapessi che non ti dispiace, nei sudditi di un altro principe, quella obbedienza che in simile occasione ti sarebbe grata nei tuoi. Questa mia speranza nella tua amabilità fu fatta più sicura da quella benevolenza per cui, assegnando un liberale sussidio per lo svolgersi dei miei studi, mi volesti lasciata completa libertà di partire ogni volta che le circostanze l’avessero richiesto. Poiché dunque io non oserei più oltre attendere la dilazione necessaria per condurre a termine i lavori iniziati, io farò, nel mantenere le mie promesse, ciò che frequentemente si stabilisce per quelli che sono impegnati da altrui denaro: essi, per non esser costretti a fallire, e non avendo di che pagare i creditori, pagano quanto possono; così io, non potendo eseguire tutto ciò che ti dovrei presentare, ti presenterò le cose più importanti di quanto ho fatto, per non sembrare di averti ingannato.

(2) I testacei (da testa = coccio, guscio) erano l’ottavo gruppo di animali della classificazione aristotelica: corrispondono presso a poco ai nostri molluschi con guscio, ma comprendevano anche vermi, echinodermi ed altre forme allora non ben conosciute.

 Dilazionerei tutto volentieri finché, tornato in patria, mi fosse possibile completare i dettagli, se non mi aspettassi la stessa sorte che finora ho dovunque incontrato, cioè di aver sempre nuovi lavori che ostacolano la fine dei primi. L’intenzione di enumerare le ghiandole di tutto il corpo mi veniva distratta dall’esame della meravigliosa fabbrica del cuore; la morte dei miei interrompeva poi i tentativi cominciati sul cuore. Perché non mi approfondissi nella minuta descrizione dei muscoli, i tuoi mari ci apportarono un Cane di prodigiose dimensioni3, e quando già ero tutto dedito ai presenti esperimenti ad altro mi invita una persona4, l’obbedire alla cui volontà è comandato dalla legge di Natura e consigliato dai grandi benefici verso me ed i miei. Non voglio ansiosamente ricercare a qual fine tutto ciò avvenga, e attribuire a me ciò che forse è dovuto a cause superiori. Se a scoperte non mie con una lunga meditazione aggiungessi in certo modo qualche cosa di mio, e certamente se mi arrestassi più lungamente a coltivare una sola scoperta, io mi precluderei la via ad altre ricerche. Non sapendo dunque quali altri esperimenti e studi mi rimangono in altro luogo, ho pensato di esporre qui circa i solidi naturalmente inclusi in altri solidi, ciò che sarà pegno del mio grato animo verso di te, per i benefici ricevuti, e darà occasione ad altri che ne abbiano possibilità e desiderio, di coltivare con maggior frutto gli studi di Fisica e di Geografia.

   Per quanto riguarda i solidi naturalmente inclusi in altri io delineerò dapprima brevemente il metodo della Dissertazione, poi esporrò succintamente quanto di più singolare vi si incontra.

   Dividerò la dissertazione in quattro parti, di cui la prima, che tiene luogo di proemio, dimostra che la questione di oggetti marini trovati lontano dal mare è antica, piacevole ed utile, ma la sua soluzione fu nei primi tempi meno dubbia, e nei secoli recenti ritornò incerta. Poi, esposte le ragioni per le quali i moderni si sono allontanati dalle opinioni degli antichi, e perché da nessuno è stata finora completamente decisa la controversia, benché si possano leggere molti begli scritti fatti da varie persone, tornato infine a te, dimostro che, dopo molte altre cose, che sotto i tuoi auspici furono in parte scoperte e in parte sgombrate dagli antichi dubbi, ancora a te si deve la speranza di poter presto porre l’ultima mano a questa questione.

   Nella seconda parte si risolve il problema universale, da cui dipende la spiegazione delle difficoltà particolari, cioè: dato un corpo provvisto di una certa, figura, e prodotto secondo le leggi di Natura, trovare nel corpo stesso gli argomenti che dichiarano il luogo e il modo della sua produzione. Qui, prima di iniziare la risoluzione del problema, cerco di spiegare ogni sua parola in modo che a nessuna setta di filosofi rimanga in esse alcunché di dubbio o controverso.

  La terza parte è destinata all’esame dei singoli solidi incinsi in solidi, secondo le leggi trovate nella risoluzione del problema.

  La quarta parte dimostra i diversi aspetti della Toscana che non sono stati trattati dagli storici e dagli scrittori naturalisti, ed espone il modo del diluvio universale, che non ripugna alle leggi dei moti naturali.

(3) Le ricerche cui si accenna furono pubblicate nel 1667 a Firenze in un opuscoletto dedicato pure al Granduca Ferdinando II, che porta il titolo: Elementorum Myologiae Specimen; seu Musculi descriptio geometrica. Cui accidunt Canis Carchariae dissectum caput, et dissectus piscia ex Ccmum genere.

(4) Come è detto nella introduzione, Stenone fu richiamato a Copenhagen da Federico III (lett. 15 ottobre 1667). [M.]

 Io avevo anche cominciato a stendere questo scritto in italiano, sia perché capivo che ciò ti sarebbe piaciuto, sia per mostrare alla illustre Accademia5, che mi iscrisse fra i suoi, che, quanto poco io ero degno di tale onore, tanto più ero desideroso di dimostrare lo sforzo con cui cerco di giungere a qualche conoscenza della lingua toscana. Non malvolentieri mi vedo imposta la necessità di cambiare questa scrittura; come infatti il viaggio imminente mi promette una maggior quantità di cognizioni di fatti che servono ad illustrare la questione, così la dilazione del tempo mi promette ulteriori progressi nello studio della lingua.

   Per quanto riguarda i fatti stessi, esposti nel modo suddetto, lungo sarebbe trascrivere tutte le osservazioni con le conclusioni da esse dedotte: riferirò perciò ora le conclusioni, ora le osservazioni secondo che mi parrà più indicato per accennare ai fatti più importanti brevemente, e, per quanto possibile, chiaramente.

  Il perché poi nella risoluzione delle questioni naturali non solo rimangano molti dubbi indecisi, ma per di più, aumentino con l'aumentar del numero degli scrittori, mi pare dipenda essenzialmente da due cause.

La prima è che pochi si assumono il lavoro di scuotere tutte quelle difficoltà, senza la cui risoluzione la soluzione della questione stessa vien lasciata mutila ed imperfetta. Un evidente esempio di tal fatto è la presente questione; una sola difficoltà infatti agitava gli antichi: cioè come oggetti marini fossero stati abbandonati in luoghi lontani dal mare, né mai si volgeva nella domanda se simili corpi fossero mai nati al di fuori del mare. Nei secoli più vicini, la difficoltà degli antichi urgeva meno, essendo quasi tutti occupati ad indagare sulla formazione dei predetti corpi; quelli che li ascrivevano al mare tanto facevano da dimostrare che corpi di tal genere non potevano esser prodotti altrove; quelli che li attribuivano alla terra negavano che il mare avesse potuto coprire quei luoghi, e tutti erano a lodare le poco note forze della Natura, atte a produrre ogni sorta di cose; e benché una terza opinione sia abbastanza accettata, per cui parte dei detti corpi sarebbero contenuti nel mare, parte nella terra, tuttavia quasi dappertutto vi è un alto silenzio riguardo al dubbio degli Antichi, se non che qualcuno invoca inondazioni e non so quale immemorabile serie di anni, ma soltanto incidentalmente, e quasi occupandosi d’altro. 

(5) L’Accademia della Crusca.

  Cosicché, soddisfacendo secondo le mie forze alle leggi della analisi, tante volte io ebbi a tessere e ritessere la tela di questa ricerca, e ad esaminare ogni singola parte di essa, finché né nella lettura degli Autori, né nelle obiezioni degli amici, né nella ispezione dei luoghi, non vidi più alcuna difficoltà che o non avessi risolto, o almeno avessi determinato quanto mi permettevano di risolvere i fatti finora a me noti. La prima questione era se le Glossopetre Melitensi6 fossero state una volta denti di cani marini. Essa si dimostrò senz’altro essere la stessa cosa della questione generale se i corpi simili a corpi marini che si trovano lontano dal mare siano stati una volta prodotti nel mare; trovandosi però nella terra altri corpi simili a quelli che crescono nelle acque dolci, nell’aria, e negli altri fluidi, se diamo alla terra la capacità di produrre questi corpi non possiamo privarla della facoltà di generare gli altri; fu dunque necessario estendere la questione a tutti quei corpi che, estratti dalla terra, si trovano simili a quei corpi che vediamo talvolta crescere in un fluido; ma nei sassi se ne trovano anche molti altri, che, se si dicessero prodotti dalla vis del luogo, sarebbe necessario ammettere prodotti dalla stessa forza tutti gli altri; giunsi così finalmente alla conclusione che qualsiasi solido naturalmente incluso in un altro solido doveva essere esaminato per vedere se fosse stato prodotto nel luogo in cui fu trovato, cioè che doveva studiarsi la natura sia del luogo in cui lo si trova, che del luogo in cui fu prodotto; non facilmente però si determinerebbe il luogo di origine da chi ignori il modo della produzione, e riguardo a questo vana è ogni discussione se non abbiamo una certa qual cognizione della natura della materia. Da ciò si vede quante questioni bisogna risolvere perché una sola sia soddisfacentemente risolta.

   La seconda causa generatrice di dubbi, mi pare esser questa, che nell’esame degli oggetti naturali non si distinguono quelle cose che certamente non possono essere determinate da quelle che certamente lo possono: è per questo che le sette dei filosofi si ascrivono a due classi principali: quelli che si riconducono alla religione, adoperano la fede anche per le stesse dimostrazioni, persuasi che non vi è in esse quell’errore che sovente scoprirono nelle altre asserzioni; altri invece in nessun modo mostrerebbero di restringersi a ritener vero quello solo cui nessun uomo di mente e di sensi sani potrebbe negar fede, e pensano che è vero tutto ciò che a lor parve bello ed ingegnoso. Anzi gli stessi sostenitori della esperienza raramente mantennero quella moderazione, perché o rigettavano tutti, anche i più certi principi della Natura, o ritenevano dimostrati i principi da loro scoperti. Cosicché per evitare questo scoglio, io giudico che si debba applicare attivamente tra i fisici ciò che spesso Seneca ripete riguardo ai precetti del costume: egli dice esser ottimi precetti dei costumi quelli che sono comuni, che son pubblici, che da ogni scuola proclamano i Peripatetici, gli Accademici, gli Stoici, i Cinici; e in realtà non potranno non essere ottimi quei princìpi di Natura che sono comuni, che son pubblici, che tutti gli studiosi di ogni scuola, ammettono, siano essi avidi di novità in ogni cosa, o studiosi dei prischi dogmi.

(6) Le Glossopetre melitensi (maltesi) sono denti fossili di squali (cani marini). Ne parlò Agricola, che le ritenne prodotte da un «succus lapidescens» che l’acqua porta con sè. Fabio Colonna poi (1626) nelle sue Osservazioni sugli animali acquatici e terrestri (stampate a Roma nel 1747) ne dimostrò la vera natura contro quelli che le credevano lingue petrefatte di serpenti. Ai tempi di Stenone, come è detto nella introduzione, la discussione sulla natura di queste formazioni era ancora aperta.

    Non voglio dunque determinare se le particelle di un corpo naturale possano o non possano mutare in quanto a figura, se lascino o no piccoli spazi vuoti, se vi sia in queste particelle, all’infuori dell’estensione e della durezza qualche altra proprietà a noi ignota; le opinioni in proposito non sono infatti comuni, e sarebbe d’altra parte un debole argomento il negare la presenza di qualche cosa in un certo oggetto, perché non la si può osservare.

   Affermo però senza esitazione che:

(7) Questo fluido sottile permeante ogni corpo è qualche cosa di simile all’etere della fisica moderna.

   Certamente il negare la forza di questa causa che produce effetti contrari al solito corso della Natura è lo stesso che negare l’azione dell’uomo nel mutare il corso dei fiumi, nel lottare colle vele contro i venti, nell’accendere il fuoco in luoghi dove senza di lui non si accenderebbe mai, nell’estinguere un lume che altrimenti non cesserebbe se non per mancanza di materia, nel trapiantare un innesto di una pianta nel ramo di un’altra, nel produrre nei mesi di mezzo inverno frutti d’estate, nel produrre ghiaccio durante gli stessi calori estivi, e in mille altre azioni ripugnanti alle solite leggi della Natura.

    Se infatti noi stessi, che ignoriamo la fabbrica del nostro e degli altri corpi, mutiamo ogni giorno la determinazione dei movimenti naturali, perché non potrebbe mutarla colui che non solo conosce la fabbrica del nostro e di ogni altro corpo, ma l’ha creata! Il voler invece ammirare nelle cose artefatte l’ingegno dell’uomo che agisce liberamente, e negare nelle cose prodotte da Natura il Motore libero, mi parrebbe gran semplicità nella sottigliezza, perché l’uomo, quando abbia prodotto qualche cosa estremamente artificiosa, non vede se non nebulosamente né che cosa abbia fatto, né di quale suo organo si sia valso, né qual sia la causa movente quell’organo.

   Questi argomenti io espongo più diffusamente nella dissertazione, dimostrandoli con esperimenti e con ragionamenti, in modo che ne risulta che non vi può esser nessun filosofo che non affermi ciò, seppure non sempre con le stesse parole, o se dice cose diverse, non ammetta tuttavia delle proposizioni da cui questa necessariamente segue. Le mie osservazioni sulla materia, infatti hanno sempre valore, sia che si ritengano per materia gli atomi8, sia particelle mutabili in mille modi, sia i quattro elementi, o i principi chimici vari quanto si voglia per la varietà dei chimici; ed anche quanto proposi per la determinazione del moto si conviene ad ogni movente, sia il movente detto forma o qualità emananti dalla forma, o Idea, o materia sottile comune, o materia sottile propria, o anima particolare, o anima del Mondo, o immediato concorso di Dio.

(8) Atomi, secondo l’antica concezione, erano le particelle ultime indivisibili e immutabili, di essi gli atomi della chimica moderna non hanno che il nome.

   Secondo ciò io spiego i vari modi di dire accettati dall’uso comune, coi quali spieghiamo diversamente la diversa produzione dei diversi - e talvolta degli stessi - corpi; ogni cosa infatti che concorre in qualche modo alla produzione di un qualche corpo, agisce o come luogo, o come materia, o come movente; quindi quando un essere produce un simile a sé, gli fornisce il luogo, la materia e il movimento della produzione, come una piantina inclusa nel seme di qualche pianta ha avuto da un’altra pianta e la materia in cui fu prodotta, e la materia da cui fu prodotta e il moto delle particelle per cui fu formata, il che avviene certamente anche per gli animali inclusi in un seme di animali simili.

   Quando la forma particolare, o l’anima, produce qualche cosa, il moto delle particelle nella produzione di quel corpo è determinato da un certo movente particolare, sia esso stato movente di un altro corpo simile, o qualche altra cosa simile a questo movente.

   Ciò che è detto prodotto dal Sole, ha dai raggi del Sole il moto delle sue particelle, in pari modo anche ciò che viene attribuito alle influenze degli astri, poté avere dagli astri il movimento delle sue particelle; ed essendo certo che i nostri occhi possono esser mossi dalla luce delle stelle, è fuori di discussione che altra parte della materia possa egualmente da essi esser mossa. Ciò che è prodotto dalla terra altro non ha da essa che il luogo in cui si origina, e la materia somministrata per i pori del luogo stesso.

   Ciò che è prodotto dalla Natura ha il movimento delle sue particelle dal fluido penetrante, venga questo fluido dal sole, o dal fuoco contenuto nella materia terrestre, o da qualsiasi altra causa a noi ignota, come da un istrumento dell’anima etc.

   Chi dunque attribuisce alla Natura la produzione di qualche cosa, invoca il movente generale che occorre in ogni produzione; chi chiama in gioco il Sole, determina alquanto meglio il movente stesso; chi invoca l’anima o la forma particolare porta una causa anche più determinata delle altre; ma a chi pesi diligentemente le risposte di ognuno, nulla di non ignoto vi si presenta, poiché la Natura, i raggi del Sole, l’anima e la forma particolare sono cose note solo per il loro nome. Quando però nella produzione dei corpi, oltre al movente, si debbano considerare anche la materia e il luogo, si vede non solo che la risposta è più ignota del quesito stesso, ma che è del tutto imperfetta; così quando si dicono prodotte dalla Natura le conchiglie trovate in terra, mentre anche quelle che si sviluppano nel mare sono opera della Natura; la Natura produce dunque ogni cosa, poiché il fluido penetrante agisce nella produzione di tutte le cose, ma con diritto si potrebbe anche dire che la Natura non produce nulla in quanto quel fluido di per sé non produce nulla, poiché aspetta dalla materia il movente e la determinazione del luogo; ne è esempio l’uomo: se vi è tutto il necessario egli esegue qualunque cosa, ma mancando quello, egli non fece mai nulla.

   Se si attribuisce alla terra la produzione di qualche oggetto, si nomina anche il luogo, ma poiché a tutte le cose terrestri la terra fornisce il luogo almeno in parte, il solo luogo non addiviene alla produzione del corpo, e si può dire della terra quel che si dice della Natura, tutto esser prodotto dalla terra e, di ciò che si origina in terra, nulla esser prodotto dalla terra.

   Quel poco che è stato esposto basta a risolvere tutti i dubbi della questione proposta, che volli qui comprendere nelle tre seguenti proposizioni.

Proposizione I.

   Se un corpo solido è circondato da ogni parte da un altro corpo solido, primo di essi si indurì quello che, nel mutuo contatto, esprime colla sua superficie le proprietà della superficie dell’altro9. Da ciò segue:

(9) Questo passo è di difficile interpretazione. Ecco il testo latino: «Si corpus solidus alio corpore solido undique ambitur, illud ex iis primus induruit, quod in mutuo contactu sua superficie alterius superficiei proprietates exprimit». Sembra a tutta prima che il corpo che si indurisce per primo acquisti sulla sua superficie le proprietà della superficie di quello che si indurisce successivamente. E ciò è contrario a quanto Stenone afferma nei capoversi che immediatamente seguono. Tuttavia così interpreta il Mieleitner, che traduce: «Wenn ein fester Körper von einem anderen festen Körper allseits umschlossen wird, so ist derjenige von ihnen zuerst hart geworden, welcher bei der gegenseitigen Berührung auf seiner Oberfläche die Eigenschaften der Oberfläche des anderen Körpers ansdrückt», e annota «Der Sinn ist.,..: Die Oberfläche der zuerst vorhandenen Körpers zeigt die physikalischen Eigenschaften des später gebildeten Körpers; wenn z. B. auf einen älteren harten Körper ein weicherer niederschlagen wird, erscheint die Oberfläche des harten Körpers ebenfalls weich, nicht umgekehrt, so dass immer der älter auf seiner Oberfläche die Eigenschaften des jtingeren ausdrückt». Più esatto e più in accordo con le frasi che seguono nel testo pare invece il dare all’«exprimit» un significato attivo, quasi di «produce» o «plasma» come è reso dalla traduzione danese del Maar, che, in tedesco, suona presso a poco così « ...so ist derjenige, zuerst fest geworden, welcher durch gegenseitige Berührung den anderen nach seiner Oberfläche geformt hat ». E questa interpretazione è anche grammaticalmente più esatta, perchè il testo non dice «in sua superficie» ma «sua superficie» ed esprime quindi un concetto piuttosto attivo, «colla sua superficie» che di luogo «sulla sua superficie».

Le proprietà della superficie non sono tanto la forma del corpo quanto le accidentalità e le proprietà fisiche (politezza, lucentezza, splendore madreperlaceo etc.) della sua superficie. È chiaro però che esaminando le superficie di due corpi a contatto si può dire con ugual ragione che l’una riproduce le proprietà dell’altra quanto il contrario. Perchè il criterio proposto da Stenone abbia valore bisogna quindi conoscere quali sono le caratteristiche della superficie di almeno uno dei due corpi. Così se troviamo una conchiglia o un sasso incluso in una arenaria o in una marna, vediamo che sia la superficie della conchiglia che quella della marna sono polite e lucide, e possiamo dire che è stata la conchiglia a plasmare secondo le proprietà della sua superficie la superficie della marna, in quanto ci è noto che la conchiglia e non la marna ha normalmente la superficie liscia e polita.

Questo criterio è di grande valore e ancora oggi ci si basa su di esso per stabilire l’ordine di solidificazione dei vari componenti di una roccia.

(10) Cristallo è il quarzo (cristallo di rocca), e ad esso si riferisce tempre Stenone quando dice «crystallus». Cristallo nel senso moderno è detto «corpus angulatum» che abbiamo tradotto, a seconda dei casi con «corpo cristallizzato» o «corpo angolato». Selenite è la calcite, marcasite è la pirite.

(11) Stenone si riferisce evidentemente alle piriti e calcopiriti toscane (Boccheggiano) che hanno probabilmente avuto origine da segregazione magmatica delle rocce eruttive. Il concetto cronologico della solidificazione dei magmi occupa un posto assai importante nella petrografia moderna, e questi primi accenni di Stenone sono di grande valore.

Proposizione II.

Se un corpo solido è in tutto simile ad un altro corpo solido non solo in quanto alle particolarità della superficie, ma anche per l’ordinamento intrinseco delle parti e delle particelle, esso sarà simile a quello anche per il modo e il luogo di produzione, se ne togli quelle condizioni locali che spesso si trovano in qualche luogo, e che non gli sono né di utilità né di danno. Donde segue che:

Col nome di luogo intendo quella materia che tocca immediatamente colla sua superficie la superficie del corpo che si dice essere in quel luogo: tale materia ammette tuttavia varie differenze, essa può cioè essere:

Proposizione III.

Se un corpo solido si origina secondo le leggi di Natura, esso si origina da un fluido.

Nella produzione di un corpo solido sarebbero da considerarsi la sua prima figura, e poi l’accrescimento; io però confesso volentieri che l’abbozzarsi della maggior parte dei corpi non solo mi è dubbia, ma del tutto ignota; tuttavia, senza alcun dubbio, credo che siano veri i seguenti dati riguardo al loro accrescimento.

Un corpo cresce quando alle sue particelle ne siano apposte delle nuove secrete da un fluido esterno, avvenga questa apposizione immediatamente per opera di un fluido esterno o mediante uno o più fluidi interni.

Ciò che viene immediatamente apposto ad un solido da un fluido esterno, in alcuni cade pel proprio peso verso il fondo, come nei sedimenti, in altri viene deposto da un fluido che penetra il solido in modo determinato, o su ogni parte del solido, come nelle incrostazioni, o solamente in certi luoghi della superficie del solido, come in quei corpi che mostrano fili, rami e corpi cristallizzati. Qui si deve incidentalmente notare che tali modi di formazione talvolta continuano finchè tutto un certo spazio venga riempito da essi, donde nascono quivi riempimenti, che o sono semplici, o composti di croste, o di sedimento, o di corpi cristallizzati, o di vari corpi fra sè mescolati.

Quelle particelle che si appongono ad un solido mediante un fluido interno o assumono la figura di fibre (in quanto si appongono in parte nei pori aperti nella lunghezza della fibrilla distesa, e in parte sono apposti dal fluido permeante negli interstizii delle fibrille in figura di nuova fibrilla) oppure sono dei semplici riempimenti; e di questi due generi di parti si compongono le piante e gli animali. Essendo meno versato nell’anatomia delle piante, non voglio stabilire se in esse vi sono più fluidi interni; negli animali è certo che vi sono fluidi interni diversi, che cercherò di raccogliere in un certo ordine.

Oltre al fluido sottile permeante ogni cosa, noi osserviamo almeno tre generi di fluidi negli animali, di essi il primo è esterno, il secondo interno e comune, il terzo interno e proprio delle singole parti. Col nome di fluido esterno negli animali, intendo quello che circonda la superficie opposta ai nostri occhi a guisa dell’atmosfera, ma anche quello che tocca le altre superficie del corpo, che sono continue con quelle superficie per grandi fori, come tutta la superficie dell’arteria aspera12, che viene toccata dall’aria per mezzo della respirazione, tutta la superficie della via dell’alimento, col qual nome intendo la bocca, l’esofago, il ventricolo e gli intestini, tutta la superficie della vescica e dell’uretra, tutta la superficie che comunica coll’utero, almeno negli anni della pubertà, tutta la superficie di tutti i vasi escretori, dai capillari fino agli ostii che secernono lor contenuto nelle orecchie, nelle palpebre, nelle narici, negli occhi, nel canale degli alimenti, nella vescica, nell’uretra, nell’utero e nella pelle, e di cui una particolare descrizione di mostrerebbe che molti che comunemente sono giudicati intrinseci in realtà sono estrinseci.

(12) Arteria aspera è la trachea.

Da ciò segue:

Il fluido che tocca queste superficie lo chiamo esterno, perché comunica col fluido ambiente per mezzo di canali e senza l’intermediario di vasi capillari, cioè senza cribrazione, onde avviene che benché talvolta le cavità che contengono tali fluidi siano chiuse, quando vengono aperte secernono ogni parte del fluido contenuto, senza distinzione.

Chiamo poi fluido interno quello che non comunica col fluido esterno se non per mezzo dei cribri dei vasi e che perciò mai effonde naturalmente all’esterno tutte le sue parti senza distinzioni.

È fluido interno comune quello che è contenuto nelle vene, nelle arterie e nei vasi linfatici, almeno in quelli che si trovano fra le glandole e le vene. Chiamo questo fluido comune perché è distribuito in ogni parte del corpo. Nulla dirò dell’altro fluido comune, che è contenuto nella sostanza nervosa, perché meno conosciuto.

Il fluido interno proprio è quello che circonda i vasi capillari del fluido comune, ed è diverso a seconda dei luoghi altro infatti è nei parenchimi sanguigni, altro nei parenchimi non sanguigni, altro intorno alle fibre motrici, altro nella capsula dell’uovo, altro nella sostanza dell’utero, altro negli altri luoghi; e non risponde infatti ne’ alla ragione ne’ all’esperienza quell’opinione secondo cui si suoi credere che le estremità delle vene e delle arterie terminino in ogni minima particella del corpo per distribuirvi calore e nutrimento; esse si aprono invece dovunque vi sono cavità, nelle quali le parti secrete dal sangue si mescolano al fluido di questo luogo e si appongono alle parti solide; parimenti nelle stesse cavità ricadono dalle parti solide le particelle logorate, che devono essere nuovamente restituite al sangue, perché, per sua opera, siano riportate al fluido esterno; il fluido di queste cavità è per molti caratteri consono alla dottrina de flatibus del grande Ippocrate. Benché io non possa stabilire perché in luoghi diversi sieno secreti diversi fluidi dallo stesso sangue13, spero tuttavia che poco manchi a ciò stabilire essendo certo che ciò non dipende dal sangue, ma dai luoghi stessi. 

(13) Tutto questo paragrafo III è di singolare interesse, sia per la parte mineralogica riguardante la formazione e l’accrescimento dei minerali, sia per questa digressione fisiologica, che culmina nell’accenno alla specificità dei «fluidi interni propri» degli organi e al loro originarsi «dallo stesso sangue». La fisiologia moderna, che ha messo in luce questo fatto accennato da Stenone, non è molto più avanti di lui nella conoscenza del «perché in luoghi diversi siano secreti diversi fluidi dallo stesso sangue».


La trattazione di ciò è racchiusa nelle seguenti tre proposizioni:

Se poi si vogliono ricondurre con metodo in certe classi i predetti solidi naturalmente inclusi in altri solidi, si vedrà che alcuni di essi sono prodotti per apposizione da un fluido esterno. Essi si riferiscono: o ai sedimenti, come gli strati della terra, o alle incrostazioni, come le agate, gli onici, il calcedonio, le etiti, la pietra bezoar14 etc. o ai fili, come l’amianto, l’allume piumoso e vari generi di fili che trovai nelle fessure delle pietre; o ai rami, come quelle figure di piante che si vedono nelle fenditure delle pietre, e che non sono se non superficiali, e certe ramificazioni viste da me in un’agata, i cui tronchi poggiavano sulla superficie della lamella esterna, mentre i rami si diffondevano per la sostanza della lamella interna; o ai corpi cristallini, come i cristalli di rocca, i corpi cristallini di ferro e di rame, i cubi di marcasite, i diamanti, le ametiste etc. o ai riempimenti, come tutti i generi di marmi variegati, i graniti, i dendroitidi, le conchiglie lapidee, le cristalline, le piante metalliche, e molti corpi di quel genere, che riempiono lo spazio di corpi consumati15.

(14) Etiti, o pietre aquiline, erano chiamate speciali concrezioni sferiche di limonite, provviste nel centro di una cavità occupata da un piccolo nucleo mobile. Si credeva che le aquile le tenessero nel nido per facilitare la deposizione delle uova. La pietra bezoar, cui si attribuivano miracolose virtù medicinali, veniva dalle Indie, e sulla sua origine si fantasticò molto: i più la ritenevano una concrezione di uno speciale e miracoloso cervo o caprone. Essa era probabilmente, quando non una volgare mistificazione, un calcolo di qualche animale.

Alumen plumosum è usato ad indicare una composizione sericea bianco-giallastra di acido solforico, allumi, protossido di ferro ed acqua (alotrichite) ed anche due diverse forme di amianto [M.]

(15) Il concetto dell’accrescimento dei minerali per apposizione, contrapposto a quello di una specie di nutrizione per sostanza assorbita dalla matrice, è qui per la prima volta chiaramente accennato.

Altri prodotti si originano per apposizione dal fluido interno, ed essi si riferiscono, o a semplici riempimenti, come la pinguedine, il callo che unisce le ossa rotte, la sostanza cartilaginea che connette i tendini tagliati, le affusioni che sopratutto costituiscono la sostanza dei visceri, il midollo, sia delle piante che degli animali; o agli organi fibrosi, come sono le parti fibrose delle piante, e negli animali le fibre nervose e le fibre motrici, che sono tutti corpi solidi, e che nella maggioranza dei casi sono inclusi in corpi solidi.

Se poi ogni solido è accresciuto pure da sostanza fluida, se corpi che si rassomigliano in tutto l’un l’altro sono prodotti anche nello stesso modo, se di due solidi l’un l’altro contigui primo si indurì quello che rappresenta colla propria superficie le proprietà della superficie dell’altro, sarà facile, dato il solido e il luogo in cui è, dire qualche cosa sul luogo della sua produzione. E questa è la considerazione generale dello scritto di un solido contenuto in un altro solido.

Passo ad esaminare più specialmente quei solidi cavati dalla terra, che diedero occasione a molte controversie, e sopratutto le incrostazioni, i sedimenti, i corpi cristallini, i gusci di animali marini, le forme di conchiglie e di piante. Alle incrostazioni appartengono le pietre di ogni genere composte di lamelle in cui vi sono due superficie parallele, ma non estese nello stesso piano.

Il luogo in cui si formano le incrostazioni è il confine di un fluido e di un solido, per cui la conformazione delle lamelle o delle croste, corrisponde alla conformazione del luogo, e facilmente si può stabilire quale di essi si sia concretata la prima, e quale da ultimo; se infatti il luogo era concavo, prime si sono formate le croste esterne, se era convesso, le interne; se il luogo era ineguale per diverse prominenze notevoli, le lamelle riempirono dapprima gli spazi più angusti, poi negli spazi più larghi si produssero nuove lamelle; con ciò è facile spiegare tutte le varietà di configurazione che si vedono nelle sezioni di simili pietre, sia che, sezionate trasversalmente, rappresentino vene rotonde di un albero, sia che imitino le pieghe sinuose di un serpente, o siano piegate in altro modo senza legge. E non è da meravigliarsi che l’agata ed altre specie di incrostazioni sembrino, in quanto a superficie esterna, ruvide come pietra vile, perché la superficie esterna della lamella esterna imita le asperità del luogo; nei torrenti poi si trovano spesso incrostazioni di tal genere fuori del luogo di produzione perché la materia del luogo è stata disgiunta per la rottura degli strati.

Riguardo al modo con cui le particelle delle croste che devono essere apposte ad un solido sono secrete da un fluido, almeno questo è certo:

Se poi l’altra sostanza che fluisce dal solido sia da considerarsi diversa da quella sostanza che muove le parti del fluido, e se qualche altra cosa sia da investigarsi, io lascio indiscusso.

Si potrà comprendere le varietà delle lamelle nello stesso luogo, o pensando alla diversità delle particelle, che successivamente si separano dal fluido, man mano che esso sempre più si risolve, o alla diversità dei fluidi colà portati in diversi tempi: donde segue che lo stesso ordine di lamelle talvolta si ripete nello stesso luogo, e spesso esistono manifesti vestigi che indicano l’ingresso di nuova materia. Infatti ogni materia delle lamelle appare essere una più sottile sostanza esalante dalle pietre, come in molti casi chiaramente si vede.

Strati della terra

Gli strati della terra appartengono ai sedimenti di un fluido:

Si formano dunque sedimenti quando le sostanze contenute in un fluido cadono al fondo per il proprio peso, siano esse state portate al fluido da altri luoghi, o siano state man mano secrete dalle particelle stesse del fluido, e ciò o nella superficie superiore soltanto, oppure ugualmente in tutte le particelle del fluido. Benché vi sia grande affinità fra le croste e i sedimenti, si distinguono tuttavia facilmente perché la superficie superiore della crosta è parallela alla superficie inferiore, anche quando questa sia ruvida per diverse grandi sporgenze, mentre la superficie superiore di un sedimento è parallela all’orizzonte, o poco inclinata rispetto ad esso. Cosi le croste minerali dei fiumi, or verdi, or flave, or rosseggianti, non eliminano le ineguaglianze del fondo sassoso, mentre un sedimento di arena o di argilla rende tutto piano, per cui ho potuto facilmente distinguere le croste dai sedimenti nei vari strati della terra.

Circa la materia degli strati si può stabilire quanto segue:

fluidi di diversa natura confluenti da diversi luoghi in tempi diversi.

(16) Cfr. Renati Des Cartes Principia Philosophiae... Amstelodami 1644. Pars IV § XXXII segg., p. 205 segg. [M.]



Riguardo alla località degli strati posson dirsi certi i seguenti dati:

Per quel che riguarda la configurazione, è certo che quando si formava un qualunque strato, la sua superficie inferiore e anche i lati di questa superficie corrispondevano alle superficie del corpo inferiore e dei corpi laterali, mentre la superficie superiore era, per quanto possibile, parallela all’orizzonte, e quindi tutti gli strati, tranne l’ultimo, sono delimitati da due piani paralleli all’orizzonte. Da ciò deriva che gli strati perpendicolari all’orizzonte, o inclinati rispetto ad essi, in altri tempi furono ad esso paralleli.

E questa mutata posizione degli strati e i loro margini nudi come oggi si vedono in molti luoghi non sono contrari a quanto fu detto, poiché nei luoghi vicini vi sono manifesti indizii di fuoco e di acque. Infatti, l’acqua dissolvendo la materia terrosa la porta nei luoghi inclinati, ora sulla superficie, ora nelle cavità della terra; così il fuoco sciogliendo ogni corpo solido che incontri, non solo asporta le più leggere particelle di esso, ma spinge fuori talvolta anche pesi ingentissimi, per cui si formano sulla superficie della terra precipizii, canali ed alvei, e nelle viscere della terra meati sotterranei e caverne, per la cui formazione gli strati della terra possono mutare posizione in due modi.

Così il cambiamento di posizione degli strati rende facile la spiegazione di vari fatti difficili.

Ci si può così rendere ragione di quelle ineguaglianze che danno occasione a molte controversie, come i monti, le valli, i serbatoi di acqua elevati, le pianure nei luoghi elevati o nei depressi; ma, per tacer del resto, accennerò a qualche cosa sui monti.

Origine dei monti.

Che la mutata posizione degli strati sia la principale origine dei monti, è chiaro da ciò che in ogni serie di monti si vedono:

I monti possono essere prodotti altrimenti, come dalla eruzione di fuochi, che eruttano ceneri, sassi con zolfo e bitume; nonchè dall’ impeto di piogge e di torrenti, per cui gli strati lapidei, già fessi per le alternanze del calore e del freddo, diroccano, mentre gli strati terrosi fendendosi per i grandi calori, si spaccano in varie parti: ond’è chiaro che due sono le principali specie di monti e di colli; la prima di quelli che sono composti di strati: essi possono essere di due specie: abbondando negli uni gli strati lapidei negli altri i terrosi; la seconda di quei monti che si originano confusamente e con nessun ordine da frammenti di strati e di parti staccate. Facilmente si può da ciò dimostrare che:

(17) Cfr. Historia Naturalis Brasiliae... Lugduni Batavorum et Amstelodami 1648, lib. I p. 3-4. [M.]

(18) Stenone si riferisce qui alla dottrina esposta dal P. Kircher (1602-1680), il dotto gesuita noto anche per la eccessiva ingenuità di molte delle sue teorie, nel suo Mundus subterraneus... Amstelodami 1665 (T. I e. IX, p. 68 segg.). Egli affermava che le catene di montagne si continuano sotto l’acqua, quando giungono al mare, poichè esse formano una sorta di armatura della terra. [M.]

Le vie delle sostanze effluenti dalla terra.

La stessa mutata posizione degli strati, da adito alle sostanze effluenti dalla terra, come:

Origine delle pietre variegate e ricettacoli dei minerali.

Lo stesso cambiamento di posizione degli strati diede origine alle pietre variegate d’ogni genere e diede ricetto a molti minerali, sia ciò accaduto nelle spaccature degli strati, sia in quelle fessure che si trovavano nella lor materia secca ma non ancor dura, o fra le lamelle, o fra le scissure; sia negli interstizi fra gli strati superiori e gli inferiori, dopo la caduta di quelli inferiori, sia nei vani lasciati dalla soluzione di corpi colà contenuti. Donde:

1) si potrebbe dimostrare che quelle minute divisioni delle vene, tuttavia non inesistenti, di cui si valgono gli scavatori di minerali, sono costruite su un leggerissimo, quasi nullo fondamento, e che quindi è assai dubbia la divinazione dell’abbondanza della radici e dei rami dei minerali, ed è ridicola la credenza di certi cinesi sul capo e la coda del Dragone, che usano per trovare una desiderata posizione di sepoltura sui monti19.

2) la maggior parte dei minerali intorno a cui s’affaticano gli uomini, non sono esistiti dall’origine delle cose.

3) dall’esame dei sassi si possono scoprire molte cose che invano si tentano coll’esame dei minerali stessi; poichè è più che probabile che tutti quei minerali che riempiono gli spazi e le fessure o le dilatazioni di rocce, abbiano avuto origine da vapore espulso dai sassi stessi20, sia ciò accaduto prima che gli strati mutassero di posto, ciò che crederei essere avvenuto nei monti peruviani21, o quando già gli strati avevano cambiato di posto; e può dovunque in un luogo in cui un metallo sia finito, riformarsi nuovo metallo. E ciò gli elbani credono avvenire nelle miniere di ferro, dove tuttavia gli strumenti di minatori e gli idoli che si trovano non sono coperti di ferro ma di terra.

Questo pensai doversi studiare attentamente circa gli strati della terra, sia perchè questi strati sono solidi naturalmente inclusi in altri solidi, sia perché in essi sono contenuti quasi tutti quei corpi che diedero occasione alla questione proposta.

(19) Cfr. Athan. Kircher, China monumentis qua sacris qua profanis etc. Amstelodami 1667 p. 135, e De christiana expeditione apud Sinas suscepta ab Societate Jesu, ex P. Matfhaei Micci... commentarijs... Auctore P. Nicolao Trigautio... Augustae Vindelicorum 1615, lib. I e. IX. [M.]

(20) Più che un accenno alla teoria della secrezione laterale del sec. XIX, come vuole il Mieleitner, mi pare si tratti qui di un chiaro accenno alle azioni pneumatolotiche.

(21) Cfr. Historia natural y moral de las Indias.... compuesta por el P. Joseph de Acosta.... Sevilla 1590, lib. IV, e. IV - V. [M.]

Del cristallo.

Per quanto riguarda la produzione del cristallo22, io non oso stabilire in qual modo si compia la sua delineazione; è almeno fuori di discussione, per quanto ne fu dato leggere su questo argomento in altri autori, che non entrano in giuoco nè le irradiazioni, nè la forma delle particelle simili alla forma del tutto, nè la perfezione della figura esagonale, e la confluenza delle parti verso il centro di questa; nè altro di tal genere risponde all’esperienza, come sarà chiaro da varie proposizioni che riporterò, altrove confermate da evidentissimi esperimenti. Per non dar luogo a confusioni, è bene spiegare innanzi tutto i termini che userò nel nominare le parti dei cristalli.

Il cristallo si compone di due piramidi esagono, e di una colonna intermedia pure esagona23, in cui chiamo angoli solidi estremi quelli che costituiscono i vertici della piramide, ed angoli solidi intermedi quelli che sono costituiti dall’unione delle piramidi con la colonna, e nello stesso modo chiamo piani estremi i piani delle piramidi, e piani intermedi quelli della colonna; base dei piani è la sezione perpendicolare ad ogni piano intermedio, e asse dei piani è la sezione in cui giace l’asse del cristallo, che è composto dagli assi della piramide e dall’asse della colonna.

Riguardo al luogo in cui comincia la prima concrezione del cristallo, si può dubitare se esso sia stato fra un fluido e un altro fluido, o fra un solido e un solido, o nel fluido stesso: invece il luogo in cui cresce il cristallo già formato, è solido in quella parte su cui poggia il cristallo, sia essa sasso, o altro cristallo preesistente, e il rimanente è fluido, se ne togli gli ostacoli che vi possono essere, formati dalle ineguaglianze del sasso, o da altri cristalli già formati. Non oso stabilire se il fluido ambiente sia acqueo: e a ciò credere non obbliga ciò che si asserisce sull’acqua inclusa in cristalli, poiché è certo che in un con l’acqua è colà contenuta dall’aria, e che vi sono molti cristalli che includono aria sola: ma se il cristallo si fosse formato in un fluido acqueo tutti gli spazii dovrebbero essere dovunque pieni di acqua, poiché è osservazione costante che l’acqua in tal modo contenuta non può svaporarsi per nessuna serie di secoli.

Danno il luogo ai cristalli le cavità dei sassi, prodotte in vari modi, come dissi sopra, e non è contrario a questo che interi colli constino di materia terrosa ricchissima di cristalli, poichè nella vicinanza di quei colli si trovano monti petrosi atti a produrre i cristalli; e in quegli stessi colli si traggono più grossi sassi sepolti nella materia terrosa, asportati dai monti vicini, alcuni dei quali mostrano delle fessure piene di materia marmorea; in ugual modo sono riempite le fessure degli strati negli stessi monti sassosi: e la stessa causa che ammucchiò in colli frammenti di strati asportati dai monti vicini, potette egualmente aver disseminato pei colli stessi cristalli staccati dalle cavità degli stessi strati.

(22) Cfr. nota 9.

(23) In realtà i cristalli di quarzo cui si riferisce Stenone sono quelli, assai frequenti, costituiti dal prisma esagono di I ord. [211] e da due romboedri diretto e inverso [100] o [22l], che simulano una bipiramide esagonale. Angoli solidi significa angoli diedri.

Dichiarerò nelle seguenti proposizioni ciò che si può stabilire riguardo al luogo di un cristallo cui venga apposta nuova materia cristallina:

(24) Cfr. nota 9.

(25) Vedi fig. 6 nella Tavola.

Il fluido esterno riceve la materia cristallina dagli strati più duri. Ciò fa sì:

Il movimento della materia cristallina per cui si determinano i piani verso il cristallo già formato, non nasce da un moto comune per qualche causa nel fluido ambiente, ma si cambia in ogni cristallo, cosicchè dipende in realtà dal movimento del fluido sottile effluente dal cristallo già formato. Da ciò deriva:

   Se detto fluido sia quello per la cui azione avviene la rifrazione, o se vi sia qualche fluido da esso diverso, io lascio esaminare a persone più acute. Certo il fluido penetrante ha una grande efficacia, che vince la lunghezza dei fili che sorgono dalla limatura di ferro intorno ai poli di un magnete, non solo quando la limatura si trova prossima al magnete, ma anche quando una carta interposta la divide da esso; perciò, a seconda che il magnete sia mosso sotto la carta, i fili di tal genere sopra la carta, ora rimanendo fermi con una estremità percorrono con l’altra tutti gli archi che si possono inscrivere sull’emisfero del globo, ora si avanzano tutti da luogo a luogo come soldati astati, ora incurvandosi per la vicinanza di un altro magnete, imitano un arco, come se le singole parti della limatura, agglutinandosi a vicenda, fossero concresciute in un corpo solido.

   In pari modo io crederei che siano coerenti fra sè per opera di un fluido permeante quelle piccole gocce che, formatesi in un recipiente dalla materia espulsa dalla storta, dapprima aderiscono intimamente alla parte superiore del recipiente, e poi quando contemporaneamente se ne siano toccate molte fra sè nello stesso arco del recipiente, ne scivolano via formando vari fili globulosi che talvolta sono congiunti con altri fili. Fili di tal genere, che talvolta osservai nell’umor acqueo dell’occhio, crederei formati da globuli composti formati in egual modo, nè riterrei altrimenti formati i fili e i rami prodotti in un fluido per apposizione estrinseca. Ma come che sia di ciò, nell’accrescimento dei cristalli è da considerarsi un doppio movimento: uno per cui avviene che in certi luoghi del cristallo, e non in altri si apponga la materia cristallina, moto che io suppongo doversi attribuire al fluido sottile permeante, e illustrare con il riferito esempio del magnete; l’altro per cui la nuova materia cristallina apposta al cristallo si stende in piano, ed esso deriva dal fluido ambiente, così come sopra al magnete si rizzano i fili ferrei per il movimento dell’aria che esce da uno e raggiunge l’altro. A questo movimento dell’ambiente attribuirei il fatto che, non solo nel cristallo, ma anche in altri corpi multiangolati, qualsisiano piani opposti sono rispettivamente paralleli.

Da quanto fu finora riportato si potrebbe dimostrare che non l’intenso freddo è la causa efficiente del cristallo26, che non sono soltanto le ceneri bruciate dalla forza del fuoco che si trasformano in vetro, che non la sola forza del fuoco è la produttrice del vetro, che non tutti i cristalli si sono prodotti dall’inizio delle cose, ma che anche oggi se ne producono, che non è impresa superiore alle forze umane scoprire la produzione del vetro senza la forza del fuoco, purché si faccia una accurata analisi dei sassi nelle cui cavità si formano i migliori cristalli. 

È certo infatti che, come il cristallo si è formato da un fluido, così esso può risciogliersi in un fluido, purché si possa imitare la vera miscela naturale: né è in contraddizione il fatto che certi solidi, quando lor sia stato tolto una volta il fluido solvente o la loro miscela, non possono ulteriormente sciogliersi nello stesso o in un simile solvente; ciò avviene infatti in quei corpi da cui tutta la miscela viene sciolta col fuoco, invece il cristallo e tutti i corpi angolati che si formano in mezzo ad un fluido solvente o alla miscela, non ne escono quasi mai puri, perché alcune particelle della miscela rimangono fra le particelle dal corpo angolato: da ciò dipende la principale causa della diversità del cristallo dal vetro, sia nella refrazione che nelle altre operazioni, perché nel vetro non vi è alcuna parte del fluido solvente, essendone stato scacciato dalla forza del fuoco; infatti il fluido in cui concresce un cristallo si comporta rispetto al cristallo come l’acqua comune rispetto ai sali; e ciò si può facilmente provare con l’esame di quanto ha in comune la concrezione dei sali con quella del cristallo; ma, per non digredire troppo da quanto mi son proposto, riferirò un solo esperimento che mi parve bellissimo. Nella stessa pietra, in vari luoghi, le sue lamelle che a vicenda si ritiravano, erano piene di cristalli, di cui alcuni erano acquei, altri lucidissimi, altri bianchi, molti ametistini, mescolati l’uno con l’altro senza alcuna confusione di colori, assolutamente nello stesso modo con cui il vetriolo e l’allume sciolti nella stessa acqua, dopo che una parte dell’acqua è consumata, concrescono ciascuno separatamente, senza nessuna miscela delle parti, come dimostrano esperimenti fatti a tal uopo coi sali.

Corpi cristallizzati di ferro.

I corpi cristallizzati di ferro, che ora devo prendere in esame, si riducono a tre generi; di essi il primo è piano, e, essendo più spesso nel mezzo, verso gli estremi si assottiglia gradatamente, in modo che finisce dovunque in un margine acuto; il secondo è racchiuso in dodici piani, il terzo in ventiquattro. Dal secondo genere talvolta si forma un corpo angolato compreso in sei piani, mostrante due piramidi trilatere unite a vicenda per le basi in modo che gli angoli di una base dimezzano i lati dell’altra27.

Il secondo e il terzo genere di corpi angolati di ferro concordano col cristallo:

Mi parve degno di considerazione il fatto che con un cubo troncato si può rappresentare perfettamente tutto il numero di piani della terza specie di corpi angolati del ferro, vi sono infatti qui sei piani di cinque lati, che coincidono con i piani del cubo, e con quattro angoli dimezzano i singoli lati dei piani del cubo; tutti gli altri piani si ritrovano in certo modo negli angoli troncati del cubo29.

Vi è anche altro non meno degno di considerazione negli stessi corpi angolati del ferro: nel secondo genere di questi i piani estremi, che sono striati e di cinque lati, coll’andar del tempo si mutano in trilateri, mentre i piani intermedi, che sono trilateri e politi, diventano di cinque lati avendo due angoli rettangoli l’un l’altro prossimi, e fra i singoli due piani quinquelateri, dove i loro angoli rettangoli si toccano, si formano due triangoli o due piani trilateri egualmente politi, le cui basi coincidono col lato perpendicolare dei quinquelateri, cosicché il secondo genere di ferro si muta nel terzo; e che in questo modo da un corpo di dodici piani si formi un corpo di ventiquattro piani, mi persuade: 

Nei piani triangolari dunque io osservai talvolta una perfetta politezza, tanto che nessuna, se non minima ineguaglianza si mostrava agli occhi, quale non mi capitò mai di vedere in nessun cristallo; in altri vidi piani circolari minori sovrastanti a maggiori, di cui i più alti, per lo più, erano prossimi al vertice del triangolo, tanto che si può dubitare se non siano piani quinquelateri composti dalle basi dei piani triangolari, poichè esistono vestigia di striature a quelli parallele.

Nei minerali di rame si formano dei corpi cristallizzati nello stesso modo come si disse per il cristallo e pel ferro, e ciò si ricava dai frammenti di quel rame, che tu conservi fra altre rarità di Natura; ma, poiché ogni spazio è riempito da abbondante materia, è difficile studiare l’intera forma del corpo. E non avviene altrimenti pei corpi cristallizzati d’argento a te mandati dalla Germania.

Del diamante

Riguardo ai diamanti, quanto al luogo e al modo di produzione, si ricavano dalla conformazione loro le stesse cose che riguardo ai cristalli; cioè:

Delle marcasiti

La materia delle marcasiti riveste forme svariate. Talvolta incrosta la superficie di un luogo, talvolta si condensa in un corpo di più piani, talvolta ancora forma parallelopipedi rettangoli, che parlando comunemente chiameremo cubi, benchè l’eguaglianza di tutti i piani si osservi in poche cose.

Poichè potrei fare varie osservazioni sui cubi di marcasite, sia riguardo ad essi, sia sui luoghi dove si trovano, parlerò solo di quelli. La loro produzione differisce da quella del cristallo:

Vari altri fatti si osservano nei cubi di marcasite, come cubi inclusi m cubi, una materia trasparente rivestita di materia di marcasite che include altra marcasite, e altro di questo genere, che riservo alla Dissertazione. Vi sono anche corpi angolati che si risolvono in lamelle, come le seleniti romboidali34 sono corpi romboidi che si risolvono m altri corpi romboidi; e altri corpi vari che benché differiscano per molte cose dal cristallo, tuttavia concordano tutti fra se in questo che crebbero in un fluido e da un fluido E questo è del pari vero per la più famosa delle materie chimiche, il talco, così che non errano affatto coloro che credono che il corpo solido del talco35 si possa risolvere in un corpo fluido, poiché è fuori di discussione che esso si è formato da un fluido; non è dubbio invece che si allontanano molto dal vero quelli che cercano di aver ragione di lui con la tortura del fuoco; infatti il talco, solito ad avere dalla natura più miti trattamenti, si sdegna di tanta crudeltà negli amatori della bellezza, e per vendicarsi cede a Vulcano quella parte di ciò che lo scioglie, che conserva inclusa in sé.

Se si fa un accurato esame dei corpi angolati, sia per quello che riguarda la composizione, che per la soluzione, in breve si acquista una certa cognizione della varietà del movimento da cui sono agitate le particelle del fluido sottile e di quello ambiente; questa parte della Fisica e toccata da pochi, ma è assai necessaria a tutti per la vera spiegazione delle operazioni naturali.

Gusci di conchiglie

Fra i solidi naturalmente inclusi in altri solidi nessuno è più frequente né più dubbio che i gusci di conchiglie, perciò discuterò un po’ più lungamente intorno ad essi, considerando prima i gusci tolti dal mare e poi quelli che si cavano dai monti.

I gusci di ogni genere che hanno avuto in se racchiuso qualche animale, hanno ai nostri sensi le seguenti proprietà.

Circa il modo con cui si producono i gusci negli animali, si possono dimostrare evidentemente i seguenti fatti:

Riguardo al guscetto esterno si può dubitare se la superficie esterna abbia toccato il fluido ambiente, o se essa sia stata coperta da qualche membrana, crederei però che soltanto l’ultima opinione sia vera: 

Ma ciò riguarda soltanto ciò che cade sotto i nostri sensi, e si potrebbe dire che i primi fili dei guscetti sono induriti già dentro all’uovo, poiché consta per esperienza che le ostriche e gli altri testacei nascono da uova e non dalla putredine.

Da quanto si è detto si spiega facilmente: 

1) tutta quella varietà di colori e di aculei che, nei gusci nostrani o peregrini, formano l’ammirazione di molte persone; essa non deriva da altro che dal margine dell’animale racchiuso nel guscio. Infatti questo margine, crescendo poco a poco, da piccolo che era, e ingrandendosi, lascia la sua imagine sull’apertura di ognuno dei guscetti; infatti tali aperture o si formano dall’umore che essuda dal margine dell’animale, o sono i margini stessi dell’animale, che, come i denti dei cani marini, forse si accrescono di nuovo nel luogo del margine primitivo, e similmente ai denti stessi, si curvano a poco a poco verso l’esterno, 

2) la produzione di perle, sia di quelle che essendo aderenti al guscio non hanno forma completamente rotonda, sia di quelle che, ostruiti gli ostii dei pori della superficie dell’animale, acquistano forma rotonda negli stessi pori: infatti fra la crosta delle perle e i guscetti delle conchiglie perlifere vi è soltanto questa differenza che i fili dei guscetti sono posti quasi nello stesso piano, mentre le croste delle perle hanno i fili disposti secondo la superficie sferica. Un elegante esempio di questo fatto lo offre una fra le perle da me rotte per tuo volere, che, bianca all’esterno, racchiudeva internamente un corpo nero simile a un grano di pepe per colore e per grandezza, nel quale era evidentissima la posizione dei fili che con una estremità guardavano al centro, e si potevano riconoscere gli ordini o le sfere di questi fili37

Nella stessa occasione vidi: 

1) che le perle disuguali per varie tuberosità non sono altro che diverse piccole perle racchiuse dalle stesse croste comuni, 

2) che molte perle flavescenti sono tinte di colore giallo non solo nella superficie della sfera più esterna, ma in tutte le sfere interne, per cui non si può più oltre dubitare che quel colore sia dovuto a cambiamento di umori dell’animale, e che colui che cerca di asportare questo colore vuol lavare un Etiope, a meno che questo colore non sia o’ acquistato, per essersi formato nel collo dell’animale che portava queste perle, o si trovi nella sfera più esterna, se gli umori dell’animale non erano gli stessi quando si formavano le sfere interne; onde è chiaro l’errore di quelli che senza conoscere la natura delle perle ne fanno imitazioni artificiali, poichè difficilmente qualcuno avrebbe ciò intrapreso, se, come un secondo Lucullo38, avesse riempito i vivai di conchiglie perlifere, e avesse ricercato negli animali stessi il modo di moltiplicare il lavoro della natura, e avesse imparato la difficoltà di imitarlo. Non voglio negare che si possano artificialmente fabbricare dei globuli composti di varie croste, ma ritengo in realtà difficilissimo formare queste croste da una serie di fili apposti a vicenda, da cui dipende lo splendore proprio delle perle.

I gusci che si nascondono coperti dalla terra si possono raggruppare in tre generi:

Il primo genere è di quelli che sono simili a quelli descritti come uovo a uovo: anche questi gusci infatti si risolvono in guscetti, e i guscetti in fili e vi è la stessa varietà e posizione di fili. L’esame di questi gusci dimostra che essi furono una volta parti di animali viventi in un fluido anche se non furono mai ritenuti testacei marini; ciò si ricava anche dall’esempio delle conchiglie bivalvi.

Quando si formarono le conchiglie bivalvi, la materia contenuta fra le conchiglie:

La materia esterna circondante le conchiglie, 

Il secondo genere di questi gusci è di quelli che sono in tutto simili ai sopra descritti, e ne differiscono soltanto per il colore e per il peso; se ne trovano alcuni più leggeri del normale, altri più pesanti, perché hanno quei pori ripieni di succo che si è aggiunto, mentre i pori stessi si sono allargati per l’espulsione delle parti più leggere. Intorno a queste non mi dilungherò più oltre, perché non sono se non gusci di animali, o petrefatti o calcinati.

Il terzo genere è di quelli che sono simili soltanto per la forma ai gusci ora descritti, ma pel resto ne differiscono del tutto; in essi infatti non si osservano né guscetti, né fili e nemmeno diversità di fili. Di questi alcuni sono aerei, altri lapidei, di color nero o flavo, altri marmorei altri cristallini, altri di altre sostanze: la loro produzione spiego nel modo seguente39: Dove la forza di penetrazione dei succhi ha disciolto la sostanza di una conchiglia, quei succhi assorbiti dalla terra lasciarono spazi vuoti (che io chiamo gusci aerei), o alterati da una nuova materia sopravveniente, riempirono gli spazi dei gusci con cristalli o con marmo o con pietra; donde nasce quella bellissima specie di marmo che si chiama Nefiri40 e che non è altro che un sedimento di un mare pieno di gusci di ogni genere, in cui, consumatasi la sostanza dei gusci, subentrò la sostanza lapidea.

Non è compatibile con la brevità che mi è imposta che io riporti la descrizione di tutti quei fatti degni di nota che osservai nei singoli generi di gusci cavati dalla terra, per cui, tralasciate altre cose, riferito soltanto le seguenti:

Altre parti di animali

Ciò che si è detto dei gusci si può dire delle altre parti di animali e degli animali stessi sepolti in terra - nel numero dei quali vi sono i denti di cani marini, i denti di pesce aquila, le vertebre di pesci, i pesci interi di ogni genere, crani, corna, denti, femori e altre ossa di animali terrestri - poiché tutte queste sono o in tutto simili a vere parti di animali, o ne differiscono soltanto per il peso e pel colore, oppure, tranne la sola figura esterna, non hanno nulla di comune con esse.

Grave difficoltà produce quell’enorme numero di denti che ogni anno si esportano dall’isola di Malta; e difficilmente approda colà una nave che non riporti seco qualche indizio del miracolo. Ma a questa difficoltà non trovo altra risposta che questa: 

Altri trovano difficoltà nella grandezza dei femori, dei crani, dei denti e delle altre ossa che si cavano dalla terra, ma questa obbiezione non è da tanto che la quantità maggiore della solita debba fare ammettere un processo superiore alle forze della Natura. Poiché:

Vi sono autori cui pare che lunghezza del tempo possa far cadere la forza degli altri argomenti, perché non si ha memoria di alcun secolo in cui le inondazioni siano ascese dove oggi si trovano molti corpi marini, se ne togli il diluvio universale, da cui si noverano all’incirca più di quattromila anni fino ai nostri tempi, né sembra ragionevole che una parte del corpo di un animale abbia potuto resistere all’ingiuria di tanti anni, poiché vediamo spesso che quei corpi si distruggono totalmente nello spazio di pochi anni. 

Ma a questo dubbio facilmente si risponde, dipendendo tutto ciò dalla varietà del suolo; vidi infatti degli strati di una certa specie di argilla che, per la tenuità del succo, avevano sciolto tutti i corpi inclusi; e osservai molti altri strati arenacei che avevano conservato intero tutto ciò che era stato loro affidato. Dal quale esperimento si potrebbe venire a conoscenza di quel succo che scioglie i corpi solidi; e ad accertare che la produzione delle molte conchiglie che oggi troviamo coincide coi tempi del diluvio universale, basta il seguente argomento. È certo che prima che fossero gettate le fondamenta di Roma, esisteva, già potente, la città di Volterra; ma in quei grandissimi sassi che colà si trovano in qualunque luogo (vestigia di antichissime mura) si trovano conchiglie di ogni genere, e non molto tempo fa in mezzo al foro si tagliò un sasso ricchissimo di conchiglie striate; sicché è certo che le conchiglie trovate oggi in quei sassi esistevano già al tempo in cui i volterrani costruivano le mura. E non si dica che soltanto le conchiglie trasformate in pietre o incluse nella pietra non hanno sofferto alcun danno dall’edacità del tempo; tutto quel colle su cui era costruita la più antica delle città etrusche consta di sedimenti marini sovrapposti l’uno all’altro e paralleli, in cui vi sono molti strati non lapidei che abbondano di vere conchiglie che non hanno subito alcuna modificazione; così che si può affermare con sicurezza che quelle conchiglie intatte che noi oggi estraggiamo di là, sono state prodotte tremila e più anni or sono. Dalla fondazione di Roma fino ai nostri tempi noi contiamo fino a mille quattrocento e venti anni e più, e chi non consentirà che parecchi secoli dovevano esser trascorsi da quando i primi uomini si trasportarono a Volterra, fino a quando essa acquistò quella grandezza in cui era al tempo della fondazione di Roma? E se noi aggiungiamo questi secoli a quel tempo che intercedette fra la deposizione del primo sedimento del colle volterrano e il ritirarsi del mare e dei suoi confluenti estranei, dal colle stesso, facilmente giungeremo ai tempi del diluvio universale.

La stessa autorità della storia vieta di dubitare che quelle grandissime ossa che si scavano dalle terre aretine non abbiano resistito all’ingiuria di mille novecento anni; è infatti certo: 

Piante

Ciò che si è detto degli animali e delle loro parti, conviene egualmente alle piante e alle parti delle piante, sia che si cavino dagli strati della terra, sia che si nascondano nella sostanza petrosa; infatti o sono in tutto simili alle vere piante a o parti di piante, e tali raramente si trovano, oppure ne differiscono soltanto per il colore e per il peso, come si trovano più frequentemente, o sono bruciate in carbone, o impregnate di succo lapidescente; oppure corrispondono ad esse soltanto per la forma, e di queste ve n’è gran quantità in vari luoghi. 

Per i primi due generi non si può dubitare che siano state anticamente vere piante, e ne persuade la fabbrica del lor corpo, e non ripugna la natura del luogo da cui si cavano. Coloro che obbiettano che la terra trasportata in un edifizio diventa legno coll’andar del tempo, non possono asserire ciò altro che per la superficie della terra che contiene del legno, e, caduta in polvere, scopre il legno che include; e non obbligano i fili metallici trovati nello stesso legno, poiché io stesso estrassi dalla terra un tronco che si poteva affermare essere una pianta pei nodi dei rami e per la corteccia, le cui fessure erano piene di materia minerale. La dottrina dei minerali potrà portare anche qui non poca luce se si investigherà nel legno e nelle località del legno, che cosa abbia potuto concorrere a quella produzione di minerali. 

Vanno sotto il nome di bitume molte sostanze che non sono che carbone, come dimostrano la direzione delle fibre e le ceneri. 

Maggior difficoltà offre il terzo genere di piante, cioè le forme di piante impresse nelle pietre, poiché si osserva tal genere di figure nella brina, nell’albero mercuriale45, in vari sali volatili, nella sostanza bianca solubile in acqua che nei vasi di vetro non solo si accumula internamente sui lor lati, ma talvolta dal fondo si inalza fino all’aria. Ma a chi pesi bene ogni argomento, non occore nulla di contrario alle opinioni riferite. Infatti quanto alle figure di piante impresse sui sassi: alcune si trovano soltanto sulla superficie delle fessure, e concederò facilmente che esse si siano prodotte senza alcuna pianta, ma non senza alcun fluido; le altre si trovano non soltanto alla superficie delle fessure, ma diffondono i lor ramoscelli per ogni verso nella sostanza stessa della pietra; donde si ricava che nel tempo in cui quella pianta si formava, sia nel modo proprio alle altre piante, sia nel modo proprio della pianta mercuriale45, la sostanza della pietra non aveva ancora deposto la natura di fluido; ciò che è confermato ampiamente non soltanto da quella più molle consistenza della pietra, ma anche dalla frequenza nel dentroitide dell’Elba di corpi angolati, che non si formano che in un fluido libero. Ma che necessità vi è di altri argomenti, quando parla l’esperienza stessa? Io perlustrai vari luoghi umidi sia aprichi che sotterranei, in cui la pietra che si accresceva dall’acqua corrente, col muschio e le altre piante, veniva ricoperta da nuovo muschio di vario genere. Finora ho passato in rassegna i principali corpi di cui il luogo in cui si trovano rende dubbio per molte cose il luogo della lor produzione; e nella stessa occasione accennai come da ciò che è insensibile, si possa concludere qualche cosa per ciò che è sensibile. 

Varie mutazioni che si incontrano in Toscana.

Come lo stato presente di una cosa qualsiasi possa rivelare lo stato passato della cosa stessa, dimostra fra l’altro evidentemente col suo esempio la Toscana, in cui le ineguaglianze che si incontrano nel suo aspetto odierno, contengono manifesti indizi diversi di mutazioni che passerò in rassegna in ordine inverso, retrocedendo dall’ultima alla prima.

1) Una volta il piano inclinato A era nello stesso piano del piano orizzontale più alto B, e i margini così elevati del piano A, come anche i margini del piano orizzontale più alto C, erano ulteriormente continuati, sia che il piano orizzontale inferiore D fosse nello stesso piano con i piani orizzontali più alti B e C, sia che colà esistesse un altro corpo solido che sostenesse i lati nudi dei piani più alti: o, ciò che è lo stesso, nel luogo in cui oggi si vedono fiumi, paludi, pianure basse, precipizi, e piani inclinati fra i colli arenacei, esistettero una volta tutti piani, e in quel tempo tutte le acque delle piogge e delle fonti, o inondavano quella pianura, o si erano aperte sotto alla pianura dei canali   sotterranei; o almeno sotto agli strati superiori vi erano delle cavità.


(26) Gli antichi credevano che il quarzo fosse ghiaccio reso stabile da intensissimo freddo, donde il nome di cristallo. Nei periodi seguenti Stenone mostra di non far distinzione fra il quarzo e il vetro.

(27) La ematite o ferro oligisto (Fe2O3), cui si riferisce Stenone, si presenta infatti in natura o sotto forma di lamelle in cui il grande sviluppo della base [111] rende quasi irriconoscibili le facce dei romboedri (primo tipo) oppure in una combinazione di due romboedri, il diretto fondamentale [100] e il diretto ottuso [211] (secondo tipo) e oppure con un terzo aspetto dato dalla combinazione della forma anzidetta con la bipiramide esagona di II ord. [311]. La forma a sei facce derivante dal secondo tipo è il semplice romboedro [100]. I due ultimi tipi sono frequentissimi nelle ematiti elbane, il primo è più frequente in località, alpine o vulcaniche.

(28) Sono facce di un altro romboedro.

(29) Il paragone non è molto felice.

(30) L’origine dei diamanti pare sia infatti dovuta a segregazione magmatica. I giacimenti primari sono però piuttosto rari.

(31) L.’A aveva avuto a che fare evidentemente con ottadedri, rombododecaedri e esacisottaedri mal formati.

(32) Si riferisce al Discorso... intorno alle cose che stanno in su l’acqua e che in quella si muovono, Firenze 1621, in cui Galileo studia il galleggiamento dei corpi più pesanti del liquido su cui stanno. Oggi, com’è noto, questi fenomeni si spiegano invocando la tensione superficiale, che forma come una pellicola elastica sulla superficie del liquido. Galileo giunge alla conclusione che un corpo solido può galleggiare su un fluido più leggero quando una delle superficie del corpo sia toccata da un fluido sovrastante più leggero del primo. Questa, che può sembrare una semplice constatazione di fatti banali, è invece una chiara, per quanto vaga intuizione del fenomeno della tensione superficiale.

(33) È la striatura triglifa delle facce dei cubi di pirite, che è indice del più basso grado si simmetria fisica che ha il cubo di pirite rispetto al cubo regolare. La striatura delle facce del prisma dei cristalli di quarzo, cui si fa cenno a pag. 67 è in realtà prodotta da facce di romboedri vicinali al prisma.

(34) Si tratta evidentemente della calcite e della sua caratteristica sfaldatura.

(35) L’A. si riferisce al gesso e alla sua proprietà di cedere l’acqua di cristallizzazione mediante il riscaldamento.

(36) I gusci della maggior parte dei molluschi che ne sono provvisti constano di una cuticola esterna, di sostanza organica, di uno strato prismatico, formato di prismetti poligonali disposti in senso perpendicolare alla superficie del guscio e addossati l’uno all’altro, e di uno strato madreperlaceo formato di tante lamelle parallele alla superficie: questi due ultimi strati sono costituiti essenzialmente di carbonato di calcio misto a poca sostanza organica. Tutti sono secreti dal mantello. Nel § 3 Stenone accenna ai due ultimi strati, e nel § 4 ammette l’esistenza della cuticola.

(37) Le perle si formano infatti, com’è noto, per secrezione abbondante di sostanza madreperlacea intorno a corpi estranei introdottisi fra il guscio e il mantello.

(38) Plutarco, in Lucullus, 39, fa cenno ad alcune grandi costruzioni fatte da Lucullo presso Napoli, fra cui ad uno stagno per i pesci. Non accenna però a culture di ostriche perlifere, nè si sa a che Autore si riferisca Stenone. [M.]

(39) Il primo genere di conchiglie fossili comprende quelle che hanno subito la fossilizzazione propriamente detta, cioè si sono conservate negli strati terrestri. Il secondo comprende quelle che hanno subìto un processo di pietrificazione o sostituzione delle parti organiche con sostanze minerali. Il terzo genere comprende quelle conchiglie che, incluse in uno strato, si sono poi disfatte, lasciando dei modelli, che rimasero cavi, o furono riempiti da sostanze minerali. Queste distinzioni sono conservate anche nella Paleontologia moderna.

(40) Non è chiaro che cosa Stenone intenda per Nefiri. Forse si tratta di un errore per «marmo nefritico». [M.]

(41) Il bisso è una secrezione sericea di ghiandole speciali, costituita da numerosi fili (utilizzati un tempo anche come materia tessile) con cui i molluschi che ne sono provvisti si fissano ai pali o alle rocce.

(42) Si tratta probabilmente di cavità scavate dalle Foladi, molluschi con conchiglia rugosa e aspra come una lima, che serve loro per corrodere la roccia.

(43) Crostacei cirripedi, provvisti di un guscio calcareo che ha forma di bocciolo di fiore, che vivono fissi su conchiglie o sugli scogli.

(44) Le ossa che si cavano nelle terre aretine sono certamente resti fossili di grandi mammiferi che dovettero abitare quelle contrade, e la credenza che esse fossero resti degli elefanti di Annibale è sicuramente smentita dalla loro stessa natura.

(45) Cfr. Kircher Mundus subterraneus t. II, 1. IX, e. XXIV [M.]

(46) Cfr. Erodoto II, 5 e 10. [M.]

(47) Cfr. Platone Timaeus. 22 e. segg. Critias 111 d. Leges 677 a-b. [M.]

(48) Cfr. Platone Timaeus p. 24 segg. e Plinius Naturalis historia lib. II c. 85 segg. [M.]

(49) Chiaro accenno alla legge della costanza degli angoli diedri.

(50) È la combinazione del romboedro diretto [100] (piani pentagonali striati) col romboedro diretto ottuso [211] (piani triangolari politi) (cfr. Nota 27).

Noi conosciamo dunque sei aspetti della Toscana, poiché fu due volte fluida, due volte piana e secca, due volte montuosa; e ciò, come lo dimostro per la Toscana con lo studio di molti luoghi ispezionati, così confermo per tutta la terra dalle descrizioni di vari luoghi riferite da diversi autori. E perché alcuno non tema un pericolo della novità, esporrò in poche parole l’accordo della datura con la Scrittura, esaminando le principali difficoltà che si potrebbero muovere riguardo ai singoli aspetti della terra.

Riguardo al primo aspetto della terra, la Scrittura e la Natura concordano in ciò che ogni cosa è stata coperta dalle acque; ma la Natura non dice in qual modo ciò sia avvenuto, e quando sia cominciato, e per quanto tempo sia durato, mentre la Scrittura lo dice. 

Che però vi sia stato un fluido acquoso quando non si trovavano ancora né animali né piante, lo dimostrano gli strati dei monti più alti, privi di ogni corpo eterogeneo, la cui conformazione attesta la presenza di un fluido e la cui materia attesta l’assenza di corpi eterogenei; la somiglianza poi della materia e della conformazione fra gli strati di monti diversi e lontani, dimostra che quel fluido era universale. 

Che se qualcuno dicesse che i corpi solidi di diversa natura contenuti in quegli strati si sono consumati coll’andar del tempo, non potrebbe però negare che si può osservare una grande diversità fra la materia degli strati e la materia infiltratasi per i pori dello strato, e che riempie gli spazi di corpi consumati. 

Che se poi sopra gli strati del primo fluido si trovano in qualche luogo altri strati provvisti di altri corpi, altro non se ne ricava se non che sopra gli strati del primo fluido furono deposti da un altro fluido altri strati, la cui materia poté così riempire le rovine degli strati lasciati dal primo fluido; così che si deve sempre ritornare al tempo in cui si formavano quegli strati di semplice materia, che si incontrano in tutti i monti, e gli altri strati non esistevano ancora ma ogni cosa era coperta di fluido privo di piante, di animali e di altri solidi; e poiché questi strati sono del genere di quelli che nessuno può negare che poterono essere creati immediatamente dal Primo Motore, ne riconosciamo una chiara concordanza della Scrittura con la Natura.

Anche del secondo aspetto della terra che fu piano e secco, e quando e in qual modo esso sia cominciato, la Natura tace, e la Scrittura dice; inoltre la Scrittura conferma l’asserzione della Natura, che quell’aspetto sia un tempo esistito; ed insegna che le acque scaturite da una sola fonte hanno irrigato tutta la terra.

Né la Scrittura né la Natura stabiliscono quando sia cominciato il terzo aspetto della terra, che viene definito montuoso; la Natura dimostra che quella inegualità fu grande, e la Scrittura fa menzione di monti al tempo del diluvio; quanto al resto, né la Natura né la Scrittura stabiliscono quando siano stati prodotti quei monti che la Scrittura ricorda, se essi siano gli stessi dei monti odierni, se vi sia stato all’inizio del diluvio quella profondità di valli che vi è oggi, oppure se altre rotture di strati abbiano aperto nuove voragini ad abbassare la superficie delle acque crescenti.

Il quarto aspetto, quando tutto era mare, sembra necessitare maggior studio, sebbene in verità non si trovi nulla di difficile nella sua interpretazione. La produzione di colli da sedimento del mare attesta l’esistenza di un mare più alto di quanto ora non sia; e ciò non soltanto in Toscana, ma in vari luoghi abbastanza distanti dal mare, donde le acque scorrono verso il mare mediterraneo, ed anche in quei luoghi donde le acque si gettano nell’Oceano. 

Riguardo all’altezza del mare, la Natura non discorda con la Scrittura che la determina, poiché: 

La storia profana non discorda con la Storia Sacra, a chi minutamente ne esamini ogni cosa, al riguardo del tempo del diluvio universale. Le antiche città della Toscana pongono i loro natali più di tremila anni or sono e di esse alcune sono costruite sui colli prodotti dal mare, nella Lydia poi giungiamo più vicino ai quattromila anni, sì che se ne può dedurre che il tempo in cui la terra fu abbandonata dal mare concorda col tempo ricordato dalla Scrittura. Per quel che riguarda i modi con cui crescono le acque, potremo riferirne diversi concordanti colle leggi della Natura. Se qualcuno afferma che nella terra il centro di gravita non è sempre lo stesso che il centro della figura, ma che si allontana or dall’una or dall’altra parte di esso, a seconda che crescono le cavità sotterranee dei vari luoghi, si può facilmente trovare la ragione del perché il fluido che all’inizio delle cose ricopriva tutto lasciò asciutti certi luoghi, e nuovamente tornò ad occuparli. Con la stessa facilità si spiega il diluvio universale, se intorno al fuoco, nel centro della terra, si costituì una sfera d’acqua, o almeno grandi ricettacoli; donde, senza movimento del centro, si può dedurre l’effusione dell’acqua inclusa. Ma anche semplice mi sembra il modo seguente, per cui si trova minor profondità delle valli e sufficiente quantità d’acqua, senza che entri in giuoco il centro di figura o di gravita. Se infatti ammettiamo:

Nè la Scrittura nè la Natura spiegano che cosa sia avvenuto sulla superficie della terra quando essa era coperta dalle acque; soltanto potremo all’ormare dall’esame della Natura, che profondo valli furono a quel tempo prodotte: 

Il quinto aspetto mostrava grandi pianure, mentre la terra era tornata asciutta: la Natura dimostra che sono esistite quelle pianure, e la Scrittura non le si oppone; quanto al resto, se cioè il mare si sia subito ritirato completamente o se con l’andar dei secoli nuove voragini aperte abbiano dato occasione allo scoprimento di nuove regioni, poiché la Scrittura tace in proposito, e la storia delle genti riguardo ai primi secoli dopo il diluvio è dubbia alle genti stesse e ritenuta piena di favole, non si può stabilire nulla di certo. Questo è però certo, che una grande quantità di terra è portata ogni anno al mare (come è facilmente comprensibile a chi consideri l’ampiezza dei fiumi, e i lunghi percorsi per le regioni mediterranee e il grandissimo numero dei torrenti, in poche parole, tutti i declivi della terra) e le terre così trasportate dai fiumi, e aggiunte alle spiagge, lasciano ogni giorno nuove terre adatte a nuove abitazioni; e ciò e confermato dall’opinione degli Antichi che chiamavano intere regioni doni dei fiumi46, come anche dalla tradizione dei Greci che dicono che gli uomini discesero a poco a poco dai monti e colonizzarono i luoghi marittimi, sterili per troppa umidità e divenuti fecondi coll’andar del tempo47.

Il sesto aspetto della terra è palese là dove quelle pianure sì trasformarono in vari canali, valli e precipizi, soprattutto per l’erosione delle acque e per l’azione dei fuochi; e non è da meravigliarsi che presso gli storici non si legga in che tempo avvenne una qualsiasi mutazione. Infatti la storia dei primi secoli dopo il diluvio è confusa e dubbia per i profani, e, col volger dei secoli gli storici si curarono di celebrare le gesta degli uomini illustri e non i miracoli della Natura. Noi manchiamo tuttavia delle opere, citate dagli Scrittori, di quelli che descrissero la storia delle mutazioni avvenute nei vari luoghi; e poiché gli altri autori i cui scritti sono conservati riferiscono quasi ogni anno fra i portenti il terremoto, fuochi erompenti dalla terra, inondazioni di mari e di fiumi, facilmente si capisce che in quattromila anni avvennero molte e varie mutazioni. Così che errano di molto coloro che accusano molti errori negli scritti degli antichi perché vi trovano molto cose discordi dalla Geografia. Io non vorrei attribuire facilmente fede alla favolose narrazioni degli antichi, ma in esse vi sono anche molte cose cui non la negherei. Fra le cose di tal genere osservo molti fatti di cui mi pare più dubbia la falsità che la verità, così la separazione del mare mediterraneo dall’Oceano occidentale; la comunicazione fra il mare mediterraneo e il mar Rosso, la sommersione di isole nell’Atlantide48, e le descrizioni di vari luoghi nei viaggi di Bacco, di Triptolemo, di Ulisse e di Enea e di altri, che io ritengo vere benché non corrispondano a quanto oggi si trova. Porterò nella Dissertazione le dimostrazioni evidenti di molte mutazioni che avvennero in Toscana in tutto lo spazio compreso fra l’Arno e il Tevere, e benché non si possa assegnare a ciascuna il tempo in cui avvenne, trarrò tuttavia tali argomenti dalla Storia d’Italia, che non rimarrà alcun dubbio.

È questa una succinta, per non dire disordinata esposizione dei principali fatti che ho deciso di esporre più partitamente e più ampiamente, nella Dissertazione, aggiungendovi la descrizione dei luoghi in cui osservai ogni fatto.

Disegno originale, inserito nel De solido intra solido edizione 1669

SPIEGAZIONE DELLE FIGURE

Poiché la brevità di una scrittura affrettata ha lasciato cose poco chiaramente esposte, specie dove si tratta dei corpi cristallizzati e degli strati della terra, pensai di aggiungere qui le seguenti figure scelte fra molte altre, per rimediare in qualche modo a questo difetto.

3)Nel tempo in cui si formava il piano A B C e gli altri piani a lui sottostanti, tutto il piano A B C era coperto dalle acque; o, ciò che è lo stesso, sopra i colli arenacei, per quanto alti, vi fu una volta il mare.

Prima che fosse formato il piano B A C, i piani F G I avevano la stessa posizione che ora occupano, o, ciò che è lo stesso, prima che si formassero gli strati dei colli arenacei, in quei luoghi esistettero delle profonde valli.

4) Un tempo il piano inclinato I era in un sol piano con i piani orizzontali F e G, e i lati nudi dei piani I e G, o erano ulteriormente continuati, oppure esisteva colà un altro solido che sosteneva quei lati scoperti quando si formavano i detti piani; oppure, ciò che è lo stesso, nel luogo in cui oggi si vedono delle valli fra le cime piane dei più alti monti, vi era un tempo una sola continua pianura sotto la quale erano scavate delle grandi cavità, prima della caduta degli strati superiori.

5) Quando si formava il piano F G, gli sovrastava un fluido acquoso; oppure, ciò che è lo stesso, le vette piane dei più alti monti furono un tempo coperte d’acqua.


Nella Dissertazione spiegai le lettere delle figure e l’ordine in cui le figure si seguono e qui esporrò brevemente l’ordine delle mutazioni. 

La fig. 25 (6 in figura) mostra infatti il piano perpendicolare della Toscana, al tempo in cui gli strati lapidei erano ancora interi e paralleli all’orizzonte. 

La fig. 24 (5 in figura) mostra ingenti cavità corrose dalla forza del fuoco o dell’acqua, rimanendo intatti gli strati superiori. 

La fig. 23 (4 in figura) mostra valli e monti sorti dalla caduta degli strati superiori. 

La fig. 22 (3 in figura) nuovi strati fatti dal mare nelle dette valli. 

La fig. 21 (2 in figura) la consunzione della parte inferiore dei nuovi strati, mentre i superiori rimangono intatti. 

La fig. 20 (1 in figura)  la caduta degli strati arenacei superiori, e la formazione di colli e valli.

Le prime dodici figure, destinate a spiegare i corpi angolati del cristallo, si possono riunire in due classi.

Le sei figure seguenti spiegano due diversi generi di corpi angolati del ferro. Le figg. 14, 15 e 16 servono a spiegare quei corpi angolati del ferro che sono compresi in dodici piani: la fig. 14 mostra infatti tutti quei dodici piani spiegati in un piano. Di essi sei sono triangolari e politi, gli altri sei pentagonali e striati. La fig. 15 è il piano della base e la fig. 16 il piano dell’asse dello stesso corpo50.

Le figg. 17, 18 e 19 servono a spiegare quei corpi angolati del ferro che sono compresi in 30 piani, e la fig. 17 mostra tutti quei 30 piani spiegati in un piano: di essi sei sono pentagonali e politi, 12 triangolari pure politi, 6 triangolari e striati, 6 quadrilateri oblunghi e politi. La fig. 18 è il piano della base, e la fig. 19 il piano dell’asse dello stesso corpo.

Le sei ultime figure, mentre indicano in che modo dall’aspetto presente ricaviamo sei aspetti differenti della Toscana, nel tempo stesso servono a più facilmente capire ciò che dicemmo sugli strati della terra. Le linee segnate con punti rappresentano gli strati arenacei della terra, così chiamati a potiori, benché ad essi siano mescolati vari strati lapidei ed argillacei; le altre linee rappresentano gli strati lapidei, anch’essi così detti a potiori, essendo talvolta posti fra quelli altri strati di sostanza più molle.