Lezioni sul tempo

I Lezione: Evoluzione storica del tempo astronomico

Prof. Elio Fabri (1977)

Il primo embrione dell'idea scientifica di tempo nasce dalla periodicità di certi fenomeni naturali. Tra questi è certamente l'alternarsi del giorno e della notte, come pure l'avvicendarsi delle stagioni, che ha importanza vitale per le società agricole.

Da questi fenomeni abbastanza regolari (è una situazione che incontreremo più volte, che fenomeni apparentemente semplici se studiati più attentamente presentano anche notevoli complicazioni ed irregolarità), sono nate le prime "unità di misura" del tempo, cioè il giorno e l'anno. Anche il mese ha un'origine antica ed è legato ad un fenomeno periodico (ciclo della Luna), ma non ha avuto successivamente un posto nello sviluppo scientifico dell'idea di tempo, anche perché il moto della Luna è decisamente più complicato.

Il primo problema che si pone, dopo aver fissato le "unità", è quello della suddivisione, e per quanto riguarda il tempo questo problema è abbastanza serio in quanto non si trovano in natura degli intervalli più brevi. Vediamo dunque come si è cercato di risolvere il problema della suddivisione del giorno:

Aver stabilito un modo di dividere il giorno in parti uguali (le ore) non risolveva ancora il problema della determinazione dell'ora, in quanto restava da fissare un'origine. Tolomeo nell' Almagesto  usava come origine il sorgere del Sole; leggendo il Sidereus Nuncius di Galileo, si vede che ancora nel '600 si usava il tramonto. In entrambi i casi è chiaro come la diversa durata dei giorni durante l'anno complicasse le cose. 

Torniamo alla suddivisione del giorno basata sul moto del Sole e alle meridiane. Questi strumenti sono stati in uso corrente fino al '700; poi, soppiantate dagli orologi meccanici, sono rimaste come semplici curiosità. Tuttavia va detto che anche oggi la costruzione di una meridiana è senza dubbio un'interessante applicazione fisico-tecnologica che, nelle sue forme più semplici, può essere facilmente riproposta nella Scuola Media o nel biennio delle Scuole Superiori; ma anche nelle classi superiori, per certi risvolti non banali, presentati sia dalla progettazione che dalla realizzazione di modelli più sofisticati.

Per brevità, accenneremo qui soltanto alla meridiana "equatoriale", cioè quella in cui la "tavola" (il piano su cui si proietta l'ombra dello "stilo") è parallela all'equatore

Nella Fig. 1 è mostrata la disposizione della meridiana al Polo Nord terrestre. Il Sole, descrivendo un'orbita circolare orizzontale, proietta l'ombra dello stilo sulla tavola, sulla quale le diverse ore sono indicate da 24 semirette formanti angoli di 15°; essa funziona ovviamente solo nel periodo estivo. "Trasportando" la meridiana parallela a se stessa, questa può essere usata in una qualsiasi località a latitudine φ (Fig. 2). 

Rispetto al piano orizzontale di questa località, lo stilo della meridiana dovrà formare un angolo pari alla latitudine φ (Fig. 3).

L'inconveniente principale di questo tipo di meridiana è che nel semestre autunno-inverno, cioè quando la declinazione del Sole è negativa, è la faccia inferiore della tavola ad essere illuminata: perciò questa deve risultare accessibile da entrambe le parti.

Si dice invece "orizzontale" una meridiana la cui tavola è parallela al piano dell'orizzonte: è dunque più comoda da usare in quanto l'ombra si proietta sempre dalla stessa parte, ma è più difficile da progettare, in quanto le semirette indicanti le diverse ore non formano più angoli uguali. La stessa Fig. 3 mostra come si può procedere per costruire questa meridiana.

Il problema della determinazione dell'ora appare dunque risolto: le difficoltà di costruzione e di lettura limiteranno la precisione dello strumento, ma in linea di principio pare che si possano misurare intervalli di tempo più piccoli del giorno.

Quello che abbiamo visto a proposito della meridiana spiega come mai, secondo gli astronomi, il tempo sia un "angolo"; in realtà quello che facciamo in termini operativi per avere l'ora è proprio una misura di angolo.

Ma qui sorge subito un problema: il tempo segnato dalla meridiane è veramente uniforme? E questo ne fa sorgere un altro: che cosa significa "tempo uniforme"?

Su questi problemi ritorneremo: restando alla meridiana è chiaro che - perché il problema dell'uniformità possa nascere - occorre avere un'idea filosofica circa un tempo uniforme "di per sé"; per poterlo risolvere occorre uno strumento più affidabile della meridiana, oppure una teoria che permetta di connettere le indicazioni di una meridiana col tempo uniforme.

Tolomeo, che può considerarsi il culmine dell'astronomia antica, assumeva l'uniformità del moto apparente delle stelle, che equivaleva a postulare l'uniformità del moto di rotazione terrestre. Tuttavia la meridiana è basata sul moto del Sole, che a sua volta (visto dalla Terra) si muove rispetto alle stelle, percorrendo sulla sfera celeste un cerchio massimo (detto "eclittica") inclinato sull'equatore di circa 23,5°. Se il Sole, anziché sull'eclittica, si muovesse sull'equatore e di moto uniforme, allora anche il moto diurno apparente del Sole sarebbe uniforme e la meridiana segnerebbe un tempo uniforme (ci sarebbe solo una differenza costante tra la durata del giorno solare e quella del giorno siderale, pari a circa 4 minuti). 

Siccome però il Sole si muove sull'eclittica, occorre considerare la proiezione del suo moto sull'equatore: è chiaro che proiezioni di archi uguali non sono più uguali sull'equatore (Fig. 4), per cui - anche supponendo uniforme il moto del Sole sull'eclittica - la durata dei diversi giorni non è costante, ma oscilla con un periodo di sei mesi.

Questo argomento, di natura geometrica, era ben noto anche allo stesso Tolomeo, per cui fin da allora - sebbene non esistessero orologi con cui confrontarlo - si sapeva che il tempo segnato dalla meridiana non è uniforme.

Oltre a questo Tolomeo, pur non potendone dare la corretta spiegazione fisica, sapeva che il moto del Sole non è uniforme neppure sull'eclittica: se così fosse gli intervalli tra solstizi ed equinozi dovrebbero essere tutti uguali. Già allora invece era noto che le stagioni hanno durate diverse: nella seguente tabella riportiamo, come esempio, gli istanti di equinozio e solstizio per il 1977 e la durata delle quattro stagioni. 

Adesso sappiamo che l'ellitticità dell'orbita terrestre fa sì che la velocità angolare (apparente) del Sole vari con un periodo di un anno (II legge di Keplero): la conseguente differenza nella durata dei giorni (Fig. 5a) va dunque sommata a quella dovuta all'inclinazione dell'eclittica (Fig. 5b). 

Il risultato è quella che viene definita "Equazione del tempo" (Fig. 5c), che dà le disuniformità ora viste (tempo solare medio). Si fa notare che il termine "equazione" non va inteso nel senso matematico moderno, ma sta per equalizzazione o uniformizzazione. Si potrebbe pensare quindi che sia la quantità da aggiungere al tempo apparente per avere quello medio, e questa era in origine la sua definizione. Oggi però, essendo più comune il tempo medio, si usa la definizione opposta, che può essere intesa come correzione al tempo medio per calcolare la vera posizione del Sole. 

Si è già detto che le meridiane sono state impiegate fino al '700: questo non tanto perché non esistessero orologi (ricordiamo che la scoperta di Galileo dell'isocronismo del pendolo risale al 1581), ma perché essendo le meridiane più affidabili dell'orologio - era questo che veniva costantemente controllato e rimesso su quelle. 

Ma un altro importante passo nell'uso pratico dell'idea di tempo si è avuta con la distinzione tra il cosiddetto tempo locale e quello civile. Il tempo segnato da una meridiana è chiaramente locale, nel senso che associa il mezzogiorno al passaggio del Sole al meridiano locale; ne segue che ogni località aveva un suo tempo proprio, cosa che peraltro non aveva dato inconvenienti finché non si è entrati nell'epoca dei viaggi veloci. Sono state appunto le ferrovie (pensiamo ad un orario ferroviario) a porre l'urgenza di un coordinamento tra i diversi tempi locali.

In Europa, sia per l'estensione relativamente piccola

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