agricoltura in romania

Data pubblicazione: Jul 22, 2015 8:45:38 AM

La corsa alla terra ha continuamente fame di nuove destinazioni. L'ultima pare sia la Romania, che da sola rappresenta il 12,5 % di terreno agricolo di tutta l'Unione Europea e dove l'accaparramento di suolo libero da parte di investitori stranieri è in continuo aumento. Tra questi spiccano gli agricoltori italiani i quali, vuoi per il costo elevato della terra, vuoi per la mancanza di accesso al credito e per la burocrazia schiacciante, dall'Italia si sono trasferiti in Romania dove è oggettivamente più facile avviare un impresa.

Sono 1174 le aziende agricole italiane registrate (fonte ICE) che coltivano il 25% del suolo agricolo romeno, circa 200mila ettari. In alcune zone gli italiani rappresentano il 50% delle aziende straniere, come nel distretto di Timis, il cui capoluogo Timisoara è conosciuto come l' “ottava provincia veneta” tanti sono gli agricoltori provenienti da quella regione. Nel Timis ci sono 135 aziende italiane che fanno capo a 30mila ettari.

Nonostante il suo chernozem fertilissimo (secondo alcuni quattro volte superiore al suolo italiano) le imprese straniere coltivano solo mais, grano, colza e girasoli. Sono le colture meno costose e vengono destinate a una fitta rete di intermediari. La Romania ha una pressione fiscale del 16% e un costo del lavoro basso secondo gli standard europei. Ma ciò che attrae rimane il prezzo irrisorio del terreno. «Nel 2003 la terra costava 150 euro l'ettaro» racconta Marco Oletti, imprenditore agricolo e Viceconsole onorario di stanza a Craiova, nuova zona di migrazione italiana «contro una media italiana di 30mila euro. Fu allora che acquistai qualche centinaio di ettari e quando si sparse la voce altre persone mi chiesero di comprare terra per conto loro e di rivenderla a prezzi maggiorati. Diventò il mio lavoro, creai un'agenzia di consulenza e tutt'ora mi occupo di vendere e comprare terreni accorpati».

L' “accorpamento” è un processo indispensabile per chi vuole fare agricoltura convenzionale: oggi la Romania è ancora divisa in milioni di strisce - che gli italiani più nostalgici chiamano 'lasagne' - fette di terreno non più larghe di 7-8 metri. Una frammentazione retaggio del periodo transitorio tra la caduta del regime e l'instaurarsi del nuovo governo il quale divise il terreno agricolo in tanti piccoli appezzamenti equamente assegnati ai contadini delle ex-cooperative statali. Una scelta che se da un lato ha permesso a chiunque di avere un pezzo di terra per l'autosostentamento, dall'altro ha contribuito a mantenere l'agricoltura un'attività pressoché rurale, di sussistenza.

L'accorpamento non è una pratica semplice. La trafila burocratica per mettere insieme i certificati di proprietà richiede parecchio tempo e fino al 2007 la Romania non ha mai avuto un catasto. Ma ciò non ha fermato il mercato della terra: oggi i proprietari con meno di un ettaro sono diminuiti del 14% mentre le grandi aziende che gestiscono decine di migliaia di ettari sono aumentate del 35%. terreni agricoli in romania

Mauro e Adriano hanno 28 e 29 anni e sono qui da dieci da quando, terminati gli studi in agraria, il padre comprò loro della terra al confine con la Bulgaria e disse: “Questa è la vita. Andatevela a prendere”. I due fratelli hanno preso alla lettera l'invito e oggi coltivano 300 ettari. Ma per essere considerati 'grandi' devono avere ben altri numeri. Ad esempio quelli di Antonio che coltiva 5000 ettari nella campagna intorno a Scorniçesti, paese natale di Nicolae Ceaușescu. Antonio ha 62 anni e cede la sua proprietà per 8 milioni di euro (in Italia ne varrebbe almeno 40, dice Oletti).

Generalmente l'italiano ce l'ha con il romeno perché «ruba al padrone» racconta Totò, un agricoltore siciliano «pensando di fare un buon affare; invece non capisce che ha la possibilità di avere un lavoro e che noi siamo portatori di benessere». Totò è emigrato perché intorno ad Agrigento non c'era più spazio per allargare la sua proprietà. «Mia figlia mi disse che la Romania le sembrava un albero pieno di frutti pronti per essere raccolti». Ora stanno cercando di portargli via i campi ma lui ha già trovato nuove vie su cui investire: con un suo conterraneo ricoprirà terreni di pannelli fotovoltaici. Lo stesso conterraneo è in Romania perché in Italia le banche non gli concedono più credito: «Strade, ponti, autostrade: in Romania ci sono un mucchio di cose da fare».

Produrre energia è un'evoluzione degli affari conclusi sui campi dei romeni. Oltre al fotovoltaico a terra ci sono le centrali a biomasse. Domenico Pisano è un agronomo calabrese di 40 anni e nelle sue due aziende sta sostituendo progressivamente le coltivazioni di mais con la colza da cui trae il trinciato destinato ad “alimentare” questi impianti: «Riconosco che è un controsenso sottrarre coltivazioni al comparto alimentare per produrre energia. Ma io non sono padrone della mia azienda: lo è il mercato. E se il mercato va in quella direzione io, se voglio continuare a lavorare, devo seguirlo».

Nel 2007, anno in cui la Romania è entrata a far parte della Comunità Europea, il Governo sentenziò che solamente aziende di diritto romeno potessero acquistare o affittare terra su suolo nazionale. Ma le aziende straniere hanno trovato dei soci romeni aggirando l'ostacolo. Ora non ce ne sarà più bisogno perché dal 2014 la legge decadrà. Molte compagnie stanno già scalpitando come cavalli da corsa ai blocchi di partenza, pronte a sfrecciare verso la conquista di terre incolte. Tra queste anche alcune multinazionali, tra cui la Rabobank, colosso olandese, e la Lukoil, azienda petrolifera russa che già monopolizza le pompe di carburante romene. I due colossi lavorerebbero la terra per produrre grano. Il motivo? Un funzionario della Rabobank che sta facendo affari con Oletti ha commentato così l'investimento: “I cinesi hanno cominciato a mangiare pane. E dato che quando si parla di cinesi si deve moltiplicare per miliardi di soggetti, abbiamo bisogno di grandi quantità di terreno per produrre sufficienti quantità di grano”. Insomma, la Romania sta diventando il nuovo 'granaio d'Europa' destinato però al mercato orientale. romania terreni in vendita per coltivare

Tutto questo ha ovviamente fatto lievitare i prezzi di mercato dei terreni. Se fino a dieci anni fa un ettaro costava duecento euro appena, oggi siamo passati a una media di 2500. Che rimane sicuramente poco per un investitore straniero ma che è del tutto fuori portata per la maggior parte dei contadini il cui stipendio medio in campagna si aggira intorno ai 100 euro appena.

Nel suo studio “L'accaparramento di terre in Romania: minaccia per i territori rurali”, l'esperto francese Judith Bouniol sostiene che ciò che sta accadendo in Romania comporterà non solo il controllo delle risorse da parte di pochi grandi investitori, in larga parte stranieri, ma conferirà loro pure il potere di decidere sull'uso di questi terreni causando una progressiva perdita della sovranità alimentare da parte del governo. Parlare di land grabbing è complicato, ammette Bouniol, dal momento che le persone non sono costrette a lasciare la loro terra, anzi la popolazione rurale, in larga parte anziana e vulnerabile, è generalmente entusiasta quando arrivano massicci investimenti di questo tipo. In definitiva l'impresa si trova davanti a contadini ben contenti di guadagnarsi qualcosa vendendo o affittando la propria terra.L’agricoltura ha sempre rappresentato un settore di primaria importanza per la Romania ma

il suo sviluppo ha subito una fase di stasi in ragione della precedente esperienza comunista

che aveva, di fatto, bloccato il processo di modernizzazione.

Confrontando le caratteristiche di base dell’agricoltura romena con quella italiana è

possibile sviluppare alcuni spunti di riflessione che, tenendo conto delle similitudini e delle

differenze, rendono possibile porre le basi di un processo di modernizzazione sul modello

italiano percorribile in quanto già realizzato e addirittura migliorabile se, adattandolo alle

specificità della Romania, si evitino le scelte dimostratesi non vincenti.

“Tuttavia” scrive Bouniol “la legalità apparente di questo fenomeno è guidato da un guanto di velluto che maschera l'aggressività di un pugno di ferro”. Intanto l'esodo verso le città è in continuo aumento (la popolazione rurale è passata da essere l'80% della popolazione nazionale al 45%) e si stima che il 6% (700.000 – 800.000 ettari) di suolo agricolo romeno sia già in mano a soggetti transnazionali.

a ripartizione del territorio in zone altimetriche evidenzia una prevalenza, in Italia, di

territori collinari e montuosi, mentre in Romania tale rapporto si mantiene più equilibrato.

Considerando che le superfici agricole utilizzabili (SAU) sono presenti soprattutto nelle zone

di pianura, si può comprendere come mai la SAU romena risulti superiore a quella italiana

in termini assoluti e soprattutto, relativi.

I dati relativi alla ripartizione della SAU, invece, evidenziano le differenze che derivano dal

diverso utilizzo del territorio. In Italia prevalgono le colture permanenti, mentre in Romania

quelle seminative (cereali, ortaggi, legumi e foraggere).

Un processo visto con favore dal governo e sovvenzionato dall'UE. Dal 2000 al 2006 la Romania ha ricevuto 150 milioni di euro a fondo perduto per progetti di ammodernamento delle strutture agricole finiti quasi tutti in tasca ai progetti di larga scala.La Romania presenta un grado di parcellizzazione superiore a quello italiano. Le aziende

con meno di 1 ettaro rappresentano il 43,75% in Romania, mentre in Italia si attestano al

30,94%. Lo stesso grado di differenziazione si riscontra laddove si considerino tutte le

aziende con una superficie inferiore ai 10 ettari. Tale situazione si riflette sul numero di

aziende con superfici superiori ai 10 ettari: e la Romania presenta dati assoluti e percentuali

comunque inferiori a quelli italiani.

La parcellizzazione dei fondi agricoli, seguita al processo di restituzione delle proprietà nel

periodo post-rivoluzionario, è uno dei principali problemi che deve affrontare la Romania.

Non a caso il prezzo dei fondi agricoli che presentano un certo grado di accorpamento può

essere superiore di oltre il 50 % rispetto a quello degli appezzamenti più piccoli.

Per facilitare l’accorpamento sarebbe opportuno costituire a livello provinciale una sorta di

Borsa dei fondi agricoli in vendita o in affitto allo scopo di centralizzare le offerte e facilitare

il compito degli investitori che, in ragione del rendimento degli investimenti da effettuare,

devono necessariamente acquistare fondi di dimensioni adeguate. Per agevolare il

processo, inoltre, è necessario rendere efficiente il sistema catastale.

Parallelamente si potrebbero incentivare diverse forme di associazionismo sul territorio in

modo da aggregare l’offerta e centralizzare alcune lavorazioni.

Queste strutture centralizzate, oltre ad operare sui mercati per conto delle aziende aderenti,

potrebbero offrire anche servizi di consulenza tecnica agronomica e di marketing,

ponendosi come interfaccia tra il mercato e i produttori. In questo modo si potrebbe ovviare

ad un altro problema che caratterizza l’agricoltura romena: la scarsa preparazione tecnica

degli imprenditori agricoli. I piccoli imprenditori agricoli, inoltre, potrebbero usufruire di

macchine e professionalità acquisite in forma associata che mai si sarebbero potuti

altrimenti permettere.

Nel 2012 l'Europa ha coperto per intero il costo di affitto dei terreni favorendo con soldi pubblici le aziende agri-business oriented. Per non parlare di come sono state distribuite le risorse: su 500 aziende, l'1% ha ricevuto la metà dei fondi disponibili; all'altra metà è andata il restante 99%. Inoltre, quasi tutti i contributi per il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (2,9 miliardi) sono stati erogati a quelle imprese capaci di mettere sul tavolo una cifra pari a quella richiesta: ciò significa che i piccoli contadini, a cui spesso non vengono erogati prestiti dalle banche per mancanza di garanzie, non hanno beneficiato di nessun aiuto allo sviluppo. Se ci aggiungiamo che recentemente la Banca Nazionale Rumena (BNR) ha proposto di stabilire tasse punitive per forzare i piccoli agricoltori a fondersi o vendere le loro strisce di terra, si può dire che lo sviluppo agricolo romeno ha la strada dell'industrializzazione già ben spianata.

DOSSIER AGRICOLTURA IN ROMANIA - POTENZIALITA' E INVESTIMENTI

13/6/2013

L’agricoltura ha sempre rappresentato un settore di primaria importanza per la Romania ma

il suo sviluppo ha subito una fase di stasi in ragione della precedente esperienza comunista

che aveva, di fatto, bloccato il processo di modernizzazione.

Confrontando le caratteristiche di base dell’agricoltura romena con quella italiana è

possibile sviluppare alcuni spunti di riflessione che, tenendo conto delle similitudini e delle

differenze, rendono possibile porre le basi di un processo di modernizzazione sul modello

italiano percorribile in quanto già realizzato e addirittura migliorabile se, adattandolo alle

specificità della Romania, si evitino le scelte dimostratesi non vincenti.

Territorio e superficie agricola

Ripartizione territorio

Pianura Collina Montagne

Romania 33% 36% 31%

Italia 23,2% 41,6% 35,2%

Superficie totale e Superficie Agricola Utilizzata (SAU)

Romania Italia

Superficie totale 23,8 30,1

SAU 13,3(55,9% del tot.) 12,7 (42.2%)

- Seminativi 8,3 6,9

- Pascoli e fienaie 4,5 3,4

- Colture permanenti

(Frutteti, oliveti, Viti) 0,3 2,3

- Orti 0,2 0,3

(Valori in milioni di ettari)

La ripartizione del territorio in zone altimetriche evidenzia una prevalenza, in Italia, di

territori collinari e montuosi, mentre in Romania tale rapporto si mantiene più equilibrato.

Considerando che le superfici agricole utilizzabili (SAU) sono presenti soprattutto nelle zone

di pianura, si può comprendere come mai la SAU romena risulti superiore a quella italiana

in termini assoluti e soprattutto, relativi.

I dati relativi alla ripartizione della SAU, invece, evidenziano le differenze che derivano dal

diverso utilizzo del territorio. In Italia prevalgono le colture permanenti, mentre in Romania

quelle seminative (cereali, ortaggi, legumi e foraggere).

Struttura delle aziende agricole

Romania % sul totale Italia % sul totale

Totale 3.851.790 1.630.420

Meno di 1 ettaro 1.685.500 - 43,75% 504.609 - 30,94%

Meno di 10 ettari 3.751.156 - 97,38% 1.372.376 - 84,17%

10 – 20 ettari 70.128 - 1,82% 119.737 - 7,34%

20 – 30 ettari 9.548 - 0,24% 46.594 - 2,85%

30 – 50 ettari 6.559 - 0,17% 40.853 - 2,50%

50 – 100 ettari 4.791- 0,12% 29.221 - 1,79%

Più di 100 ettari 9.608 - 0,25% 15.509 - 0,95%

Sia l’Italia che la Romania presentano un’elevata frammentazione delle aziende agricole.

Ma vi sono delle differenze.

La Romania presenta un grado di parcellizzazione superiore a quello italiano. Le aziende

con meno di 1 ettaro rappresentano il 43,75% in Romania, mentre in Italia si attestano al

30,94%. Lo stesso grado di differenziazione si riscontra laddove si considerino tutte le

aziende con una superficie inferiore ai 10 ettari. Tale situazione si riflette sul numero di

aziende con superfici superiori ai 10 ettari: e la Romania presenta dati assoluti e percentuali

comunque inferiori a quelli italiani.

La parcellizzazione dei fondi agricoli, seguita al processo di restituzione delle proprietà nel

periodo post-rivoluzionario, è uno dei principali problemi che deve affrontare la Romania.

Non a caso il prezzo dei fondi agricoli che presentano un certo grado di accorpamento può

essere superiore di oltre il 50 % rispetto a quello degli appezzamenti più piccoli.

Per facilitare l’accorpamento sarebbe opportuno costituire a livello provinciale una sorta di

Borsa dei fondi agricoli in vendita o in affitto allo scopo di centralizzare le offerte e facilitare

il compito degli investitori che, in ragione del rendimento degli investimenti da effettuare,

devono necessariamente acquistare fondi di dimensioni adeguate. Per agevolare il

processo, inoltre, è necessario rendere efficiente il sistema catastale.

Parallelamente si potrebbero incentivare diverse forme di associazionismo sul territorio in

modo da aggregare l’offerta e centralizzare alcune lavorazioni.

Queste strutture centralizzate, oltre ad operare sui mercati per conto delle aziende aderenti,

potrebbero offrire anche servizi di consulenza tecnica agronomica e di marketing,

ponendosi come interfaccia tra il mercato e i produttori. In questo modo si potrebbe ovviare

ad un altro problema che caratterizza l’agricoltura romena: la scarsa preparazione tecnica

degli imprenditori agricoli. I piccoli imprenditori agricoli, inoltre, potrebbero usufruire di

macchine e professionalità acquisite in forma associata che mai si sarebbero potuti

altrimenti permettere.

Per far fronte alle limitatissime disponibilità economiche dei piccoli imprenditori,

bisognerebbe, inoltre, prevedere delle agevolazioni finanziarie che favoriscano gli

investimenti.

L’obiettivo, pertanto, è quello di agire su due fronti: uno che favorisca l’accorpamento dei

fondi agricoli per permettere la costituzione di aziende di medie e grandi dimensioni; l’altro

che punti al miglioramento delle condizioni economiche dei piccoli produttori attraverso

l’incentivazione di investimenti aggregati come sopra suggerito.

L’agricoltura nel contesto economico romeno

L’agricoltura rappresenta uno dei settori più’ importanti dell’economia romena. Il contributo

di agricoltura, silvicoltura e pesca nella formazione del Prodotto Interno Lordo si aggira

intorno al 6-7% del PIL, mentre negli Stati Membri dell’UE e’ di circa il 1,7%.

Questa percentuale, più alta della media europea, se da un lato è il segno dell’importanza

che riveste l’agricoltura per l’economia romena, dall’altro mostra una struttura economica

ancora in evoluzione, che vede crescere il contributo del settore dei servizi e registrare una

graduale diminuzione del peso percentuale dell’agricoltura e dell’industria.

Il valore della produzione agricola è comunque aumentato negli ultimi 10 anni passando da

4,4 miliardi di euro del 2000 a17,1 miliardi nel 2011. Una sua caratteristica è la notevole

volatilità legata soprattutto alle variazioni produttive della componente vegetale che

presenta significative fluttuazioni da un anno all’altro in termini quantitativi e qualitativi in

ragione delle condizioni atmosferiche (aggravate dalla limitata disponibilità di sistemi

d’irrigazione). L’alta volatilità della produzione vegetale genera instabilità sui mercati e

costituisce il principale fattore della volatilità dei prezzi agricoli.

L’elevato contributo del settore agricolo alla formazione del PIL romeno determina una

significativa influenza delle variazioni produttive di tale settore sull’incremento del PIL. Un

esempio si è avuto nel 2011 quando il PIL romeno ha registrato un andamento positivo

proprio grazie all’ottima performance conseguita dal settore agricolo (+11,3%). Per il 2012,

in ragione della forte siccità, che avrà sicuramente pesanti ripercussioni negative sul valore

della produzione vegetale vendibile, è possibile prevedere che la Romania debba rinunciare

al benefico contributo di tale settore alla ricchezza del Paese.

Una maggiore stabilizzazione della produzione agricola può essere raggiunta

aumentandone il livello tecnologico e con la crescita della produzione animale. In pratica

con un aumento degli investimenti in agricoltura.

Il peso della popolazione occupata in agricoltura è abbastanza alto (30% del totale degli

occupati nel 2010). Esso ha però registrato una riduzione di oltre il 40% rispetto al valore

degli anni 1999-2001.

In Italia l’Incidenza degli occupati in agricoltura sul totale degli occupati è pari al 3,8%

mentre la media europea si attesta sul 5,2%.

Produttività e investimenti agricoli

La produttività agricola è inferiore alla media dei Paesi UE e non riflette il potenziale reale,

segno degli scarsi investimenti effettuati e del basso livello di formazione che caratterizza in

modo particolare i piccoli agricoltori, ma che è possibile riscontrare anche nelle grandi

aziende.

Scarsamente diversificata, la produzione vegetale si concentra soprattutto sui cereali e, in

particolare in quest’ultimo periodo, sulle colture oleaginose, come la colza ed il girasole,

grazie alle opportunità offerte dal mercato internazionale degli oli combustibili di origine

vegetale.

La produzione animale (prevalentemente allevamenti di suini e di pollame) concentrandosi

in aziende di piccole dimensioni o di sussistenza, si presenta anch’essa insufficiente

rispetto alle potenzialità.

La dotazione tecnica delle aziende, a causa degli scarsi investimenti effettuati, è limitata e

di livello inadeguato allo sviluppo delle moderne tecniche di produzione.

Le infrastrutture agricole sono, inoltre, piuttosto obsolete o insufficienti.

Tra gli investimenti base da migliorare possono essere citati quelli destinati ad aumentare il

grado di meccanizzazione delle aziende romene. Quest’ultimo risulta infatti molto limitato se

si pensa che in Romania si contano circa 20 trattori per ogni 1000 ettari, mentre la media

europea è di 77. Inadeguata è anche la presenza di infrastrutture irrigue che attualmente

coprono poco più del 20% del terreno agricolo romeno, localizzate solo nella parte sud del

Paese e solo in parte funzionanti.

Ne risulta un quadro in cui sono presenti numerosi elementi di criticità per i quali, grazie ai

Fondi europei assegnati a questo settore, si sono registrati, nell’ultimo periodo, i primi

significativi miglioramenti. Vista l’importanza che ricopre il settore per la Romania, è

auspicabile che ciò si rifletta nel nuovo periodo di programmazione (2014 – 2020) dei Fondi

europei.