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Abbiamo un debito impagabile nei confronti della civiltà greco-ellenistica. Non tanto per l'impronta indelebile che ha lasciato nella storia dell'arte, nella filosofia o nella politica ma soprattutto perché ha dato i natali alla scienza moderna.
La letteratura, l'architettura, la scultura, la filosofia, il diritto sono stati sviluppati in forme molto simili da civiltà sparse in tutto il mondo e in epoche molto diverse, in alcuni casi ben precedenti la civiltà greca. Non così il metodo scientifico.
Ed è proprio il metodo a segnare la rivoluzione che distingue la scienza in senso moderno dalle conoscenze pre-scientifiche accumulate empiricamente.
Oggi viviamo un periodo in cui l'enorme quantità di dati disponibili e l'affermarsi del senzazionalismo comunicativo (che coinvolge la divulgazione scientifica) rendono difficile distinguere risultati scientifici da astruse congetture. In questo senso, la lezione che ci arriva dallo studio della scienza classica è impagabile, perché nel seguire il passaggio dalla scienza arcaica alla scienza moderna, possiamo cogliere le idee nel loro sviluppo.
La distinzione tra scienza pre-ellenistica e scienza moderna è particolarmente evidente in matematica. Come vedremo nei prossimi paragrafi, si può senz'altro affermare che la matematica moderna nasca con l'ellenismo, in particolare con Euclide. Non ci sono infatti evidenze storiche di tentativi precedenti o indipendenti di individuare un nucleo di assunzioni su cui basare una teoria matematica, dimostrando tutti i risultati conseguenti in maniera rigorosa.
L'idea della dimostrazione, nell'ambito della cultura greca, è invece leggermente precedente:
Proclo (IV secolo d.C.) ci riferisce che sette secoli prima di lui, Eudemo (un discepolo di Aristotele, contemporaneo di Alessandro Magno, pochi anni prima di Euclide) aveva scritto una "storia della matematica" piuttosto organica, di cui Proclo era in possesso ma che poi è andata persa. I due libri di geometria pare comprendessero una decina di risultati fondamentali, attribuiti a matematici molto precedenti. Tra questi risultati,
Un diametro divide un cerchio in due parti uguali.
In un triangolo isoscele, gli angoli alla base sono uguali.
Gli angoli opposti al vertice sono uguali.
Due triangoli che hanno uguali due angoli e il lato compreso sono uguali.
Se due rette sono parallele, gli angoli "alterni" sono uguali.
La somma degli angoli in un triangolo è un angolo piatto.
Un triangolo inscritto in un cerchio, che abbia come lato un diametro, è rettangolo.
I lati opposti in un parallelogramma sono uguali.
Alcune di queste affermazioni paiono molto evidenti, ed è altamente improbabile che qualcuno, di punto in bianco, si sia posto il problema di dimostrarle. Ma altre sono tutt'altro che intuitive e vanno sostenute con argomenti convincenti.
Di molte affermazioni di questa lista, ci sono giunte dimostrazioni precedenti ad Eudemo, in particolare ad opera di Platone (428-348 a.C.) e di Aristotele (384-322 a.C.). Si tratta di argomentazioni logiche che hanno come fondamento una qualche proprietà evidente delle figure. A partire da queste proprietà, la tesi del teorema viene dedotta. E' una tappa fondamentale, ma lascia aperto un problema enorme, perché a volte le premesse di queste argomentazioni sono esse stesse tutt'altro che evidenti.
Vediamo la dimostrazione che Aristotele (Analitici Primi, I,24, 41b 13-22) chiama 'mediante figure' del teorema "gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono tra loro uguali". Come vedremo, questa dimostrazione si basa sulla premessa (ipotesi) che una qualunque corda di una circonferenza dà luogo ad angoli curvilinei uguali:
L'angolo curvilineo α è uguale all'angolo curvilineo β.
Costruiamo la circonferenza con centro nel vertice e raggio uguale ai lati obliqui
α' = β' perché angoli relativi a due diametri AA' = BB' e α = β perché angoli relativi alla stessa corda.
Quindi, sottraendo dagli angoli interi α' e β' , che sono uguali, angoli uguali α e β, sono uguali i rimanenti α'-α e β'-β. E questi sono proprio gli angoli che ci interessano.
La dimostrazione di Aristotele è basata su una proprietà che a noi non sembra più evidente della tesi.
Perché dovremmo dubitare che gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono uguali e invece essere certi che una corda dia angoli curvilinei uguali? Stabilito che le due affermazioni sono equivalenti, quale delle due deriva dall'altra? Chi decide quali sono le proprietà evidenti e quali no?
Ma ancora peggio, come faccio ad evitare circoli viziosi o una regressione infinita? Su quali basi devono poggiare le fondamenta della matematica?
Ancora ai tempi di Aristotele, la scienza pretendeva di distinguere il vero dal falso, intese come proprietà della natura. Euclide comincia a pensare alla matematica come ad un modello astratto, basato su poche regole che si prende la responsabilità di scegliere. Cambiando le regole, possono cambiare i risultati.