Scilla e Cariddi e lo Stretto di Messina
Lo Stretto di Messina
In un primo momento, Enea, dopo essersi fermato per un anno ai Monti Lucani, approda a Butroto dove incontra Eleno ed Andromaca. Qui vengono citate per la prima volta Scilla e Cariddi, poiché erano parte della profezia di Eleno. La descrizione dei due mostri si svolge prettamente all’interno della predizione, mentre lo scontro vero e proprio avviene nello stretto di Messina. Infatti, salpati da Butroto alla volta dell’Italia, decidono di passare per lo stretto e si imbattono inevitabilmente in uno dei due mostri. Scilla viveva nell’antro collocato sul litorale destro, mentre Cariddi era situata sul litorale sinistro. A differenza di Odisseo, il quale sceglie di affrontare Scilla, Enea passa per il litorale sinistro, imbattendosi quindi in Cariddi. Cariddi creava dei vortici dove i marinai affondavano, rendendo quindi il mare altamente mosso e pericoloso, mentre Scilla viveva in un antro pieno di scogli e massi appuntiti. Enea riesce comunque a superare l’ostacolo di Cariddi, ma allontanandosi dall’Italia, giunge all’isola dei ciclopi.
Le figure di Scilla e Cariddi
Oltre al famoso episodio dell’Odissea, Scilla e Cariddi emergono anche nel terzo libro dell’Eneide. Enea incontra i due mostri durante il viaggio alla ricerca della nuova Troia, sullo stretto tra Sicilia e Calabria oggi corrispondente allo Stretto di Messina, e, dato che le navi imboccavano lo stretto, erano inevitabilmente costrette a passare vicino ad uno dei due mostri: “Scilla tiene il lato destro, il sinistro / l’implacata Cariddi” (vv. 420-421). Più precisamente all’interno del terzo libro, Scilla e Cariddi sono nominate durante la profezia di Eleno. Descrivendo ad Enea le tappe del viaggio che lo attende prima di approdare in Italia, mette in guardia l’eroe contro i pericoli dello stretto di Messina.
Secondo il mito, Cariddi, famosa per la sua voracità e dedita alle rapine, era figlia di Poseidone e Gea. Derubò ad Eracle i buoi di Gerione e ne mangiò alcuni. Per questo motivò Zeus la punì fulminandola e facendola cadere in mare. Una volta caduta, mutò forma e diventò un mostro con una gigantesca bocca piena di numerosissimi denti e mantenne una grandissima voracità. Quest’ultima le faceva inghiottire l’acqua del mare creando enormi vortici, dove le navi dei marinai affondavano, ed essa rigettava poi l’acqua nel mare fino a tre volte al giorno: “l’implacata Cariddi e tre volte a dirotto risucchia / vasti flutti nel fondo del gorgo del baratro, e di nuovo / li scaglia alternamente nell’aria e flagella gli astri con l’onda” (vv. 421-423). Scilla invece era una ninfa dagli occhi azzurri, che viveva in Calabria ed era solita recarsi sulla spiaggia di Zancle a fare il bagno nell'acqua del mare. Il Dio marino Glauco che si era innamorato di lei, a causa del continuo rifiuto della fanciulla, si recò dalla maga Circe per ottenere un filtro d’amore da dare alla ragazza. Tuttavia Circe voleva il dio tutto per sé e così avvelenò le acque dove poi si sarebbe fatta il bagno Scilla. Quando la ninfa arrivò e s'immerse nell’acqua per fare il bagno, vide trasformarsi le sue gambe da forma umana a forma di serpente e le crebbero sei teste di cane sulla vita. Secondo Virgilio, la parte superiore del busto conservava la sua parte umana: “In alto parvenza umana e fanciulla dal bel petto / fino all’inguine; in basso mostro dal corpo smisurato, / unendo code di delfini a ventre di lupi” (vv. 426-428). Per l'orrore, Scilla si gettò in mare e andò a vivere nella cavità di uno scoglio vicino alla grotta dove abitava anche Cariddi. Cariddi compare anche in un altro passo sempre dell’Eneide, dove i compagni di Enea sono vittime della sua voracità, in quanto cercavano evitare di imbattersi in Scilla. Il mostro inghiottì nel suo vortice la nave con i troiani e la rigettò fuori dal suo antro creando un’onda grandissima che spinse la flotta lontano fino all’isola dei giganti. Scilla e Cariddi sono protagoniste anche all’interno del XII libro dell’Odissea. Circe narra ad Odisseo dei due mostri che giacciono nello stretto e, citando il mito degli Argonauti, gli consiglia di affrontare Scilla al posto di Cariddi. Infatti, se fosse passato a destra avrebbe perso al massimo sei uomini, mentre, al contrario, se fosse passato a sinistra avrebbe rischiato di perdere l’intera flotta di navi e quindi non giungendo più a casa. Odisseo propose a Circe di uccidere con le armi Scilla, ma lei gli rispose dicendo che il mostro era immortale e che quindi tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani: “Noi guardavamo Cariddi, temendo l’estrema rovina, / quando, d’un tratto, Scilla dal concavo legno mi tolse / sei dei compagni, quelli che aveano piú forza e piú cuore; / i lor piedi e le mani già in alto vidi io: ché per l’aria / li sollevava il mostro”. (Odissea XII) Scilla e Cariddi presentano delle caratteristiche peculiari e curiose. Se Scilla viene sempre presentata come un mostro eccessivo la cui forma sembra composta da un miscuglio di parti assolutamente diverse, l’unico tratto di Cariddi sembra consistere proprio nella mancanza assoluta di tratti visibili e percepibili che non siano l’atto di inghiottire e vomitare ciclicamente enormi quantità di acqua. Accade che, da un lato Scilla viene presentata come un mostro dalla forma sovrabbondante, Cariddi, dall’altro, è il mostro informe per eccellenza. Cariddi è letale, molto di più di quanto non lo sia Scilla. La struttura narrativa entro la quale Virgilio colloca il passaggio di Scilla e Cariddi mostra notevoli somiglianze con il modello omerico di Odisseo. In entrambi i poemi l’episodio, preannunciato all’eroe rispettivamente da Circe e da Eleno, si situa alla fine del viaggio, prima della tempesta e dell’approdo alla terra di Calipso / Didone. In tutti e due i casi è presentato come una doppia avventura, nell’Odissea prima e dopo l’approdo a Trinacria, nell’Eneide prima e dopo l’incontro con i ciclopi. La novità è rappresentata dal fatto che Scilla e Cariddi possono essere evitate, seguendo una rotta diversa da quella che ha seguito Odisseo. Nel racconto omerico infatti, nel primo incontro con lo stretto, Scilla e Cariddi strappano, ingoiano e vomitano sei compagni, mentre sarà nel secondo passaggio che Odisseo vedrà morire tutto il suo equipaggio, poco dopo che saranno divorate le vacche del Dio Sole. Virgilio invece fa semplicemente superare ad Enea l’impresa, lasciandolo continuare il proprio viaggio. Scilla e Cariddi sono ormai creature leggendarie che sono state protagoniste di storie e tradizioni e tutt’oggi suscitano l’immaginazione di appassionati e giovani. Alcune loro caratteristiche peculiari possono aver scaturito varie idee sia nell’arte antica, sia nella ideologia moderna per la realizzazione di film o libri. Ad esempio, troviamo un reperto di arte antica, una statuetta in placca di terracotta di Melos raffigurante Scilla (460–450 a.C., rintracciata ad Egina, Londra, British Museum).
Un altro reperto che giunge a noi oggi è il cratere greco in terracotta conservato al Louvre, databile intorno al 450–425 a.C., e raffigura sempre Scilla tramite le sei teste di cane.
Spostandoci nel 1700, ritroviamo il famosissimo quadro raffigurante entrambi i mostri. Il pittore è Johann Heinrich Füssli ed il dipinto, creato tra il 1794 e il 1796, oggi è collocato al Museo di Belle Arti di Argovia, in Svizzera.
Per quanto riguarda invece il mondo moderno abbiamo vari esempi, sia nei libri sia in film e serie tv. Oltre ad apparire in vari videogiochi, come Age of Mythology, risalenti al 2000, Scilla e Cariddi appaiono in serie tv come C’era una volta…, Pollon o I Cavalieri dello zodiaco e vengono nominate nel libro Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il mare dei mostri di Rick Riordan. Nel film Godzilla II – King of the Monsters appare un mostro di nome Titanus Scylla, ispirato in parte alla creatura mitologica. Infine, in Circe di Madeline Miller, possiamo trovare la storia di come la maga abbia trasformato l’affascinante ninfa nel mostro mitologico.