Virgilio, Eneide, III
vv. 163-166
[...] Est locus, Hesperiam Grai cognomine dicunt,
terra antiqua, potens armis atque ubere glaebae;
Oenotri coluere viri; nunc fama minores
Italiam dixisse du cis de nomine gentem [...]
[...] V’è un luogo, i Greci lo chiamano con il nome di Esperia,
antica terra, potente d’armi e di feconde zolle; la abitarono
uomini enotrii; ora si dice che i figli abbiano chiamato Italia
la gente dal nome di un capo [...]
vv. 475-477
[...] “Coniugio, Anchisa, Veneris dignate superbo,
cura deum, bis Pergameis erepte ruinis, ecce tibi
Ausoniae tellus: [...]
[...] “Anchise, ritenuto degno del superbo connubio di Venere,
cura degli dei, scampato due volte alla rovina di Pergamo,
eccoti la terra d’Ausonia” [...]
AUSONIA (n.f)
Usata inizialmente per indicare la terra degli Ausoni, l’espressione passerà poi a indicare l’Italia in generale. Tra VI e V secolo a. C. i greci chiamavano Ausonia la parte centro meridionale della penisola, distinta dall’Italia. Questa distinzione si perderà in età ellenistica e romana. In Virgilio l’espressione indica il territorio all’incirca corrispondente all’odierno Lazio.
HESPERIA (n.f.)
Il nome utilizzato dai greci e poi dai romani per indicare le terre a occidente rispetto alla Grecia (῾Εσπερία: «occidente»), l'Italia e la penisola iberica. Il nome ebbe fortuna presso i poeti latini che lo attribuirono alla sola Italia, mentre la Spagna rimase distinta, talvolta con il nome di Hesperia ultima.
ITALIA (n.f)
Originariamente (e in parte fino all’età augustea) il termine identificava la realtà indigena etnica e culturale delle popolazioni italiche; con la conquista romana il significato si ampliò e assunse valore giuridico e politico, perdendo però parte del senso originario, complice anche l’affermazione della cultura greca. Tra IV e III secolo a.C., seguendo le conquiste di Roma, il termine Italia iniziò a designare un territorio sempre più ampio, non più limitato al sud della penisola ma esteso fino alle pendici delle Alpi. Nelle Bucoliche Virgilio estende i confini italici alla Transpadana con le celebri laudes. Il maggiore contributo all’idea di Italia del poeta va però ricercato proprio nell’Eneide: Virgilio è intenzionato a spiegare attraverso il suo poema epico come si sia passati dalla situazione tribale, frammentata e ostile incontrata da Enea alla realtà salda e unitaria della contemporaneità augustea, raggiunta sotto la predestinata egida romana.
OENOTRIA (n.f.)
Antica regione dell’Italia meridionale abitata dagli Enotri, di difficile delimitazione, che comprendeva la parte sud-orientale della Campania, la Basilicata e la Calabria. Il nome Enotria deriva dal greco οίνος (vino) a causa dei numerosi vigneti del territorio.
Virgilio, Eneide, III
vv. 11-12
[...] feror exsul in altum
cum sociis natoque penatibus et magnis dis [...]
[...] Esule sono portato al largo,
coi compagni, il figlio, i Penati e i grandi dei [...]
vv. 73-74
[...] sacra mari colitur medio gratissima tellus
Nereidum matri et Neptuno Aegaeo [...]
[...] Sacra in mezzo al mare giace una terra
gratissima alla madre delle Nereidi e a Nettuno egeo [...]
vv. 104-105
[...] Creta Iouis magni medio iacet insula ponto,
mons Idaeus ubi et gentis cunabula nostrae [...]
[...] Giace in mezzo al mare, isola del grande Giove,
Creta, dov’è il monte Ida e la culla della nostra gente [...]
vv. 124-127
[...] linquimus Ortygiae portus pelagoque volamus
bacchatamque iugis Naxon viridemque Donusam,
Olearon niveamque Paron sparsasque per aequor
Cycladas, et crebris legimus freta concita terris [...]
[...] Lasciamo il porto di Ortigia e voliamo sui flutti
radiamo Nasso echeggiante Bacco per i gioghi,
e la verde Donusa, Olearo e la nivea Paro e sparse
nel mare le Cicladi, e gli stretti agitati per le frequenti terre [...]
vv. 201-202
[...] Ipse diem noctemque negat discernere caelo
nec meminisse viae media Palinurus in unda [...]
[...] Lo stesso Palinuro dice di non distinguere in cielo
la notte dal giorno, e di non riconoscere la via tra le onde [...]
vv. 384-387
[...] ante et Trinacria lentandus remus in unda
et salis Ausonii lustrandum nauibus aequor
infernique lacus Aeaeaeque insula Circae,
quam tuta possis urbem componere terra [...]
[...] Bisogna piegare il remo nell’onda trinacria,
e si deve percorrere con le navi la distesa del mare ausonio
e i laghi inferi e l’isola di Creta Eea,
prima che tu possa costruire la città in terra sicura [...]
AEQUOR
Derivato di aequus, in origine era utilizzato per designare qualsiasi superficie piana. Si sviluppò poi anche il significato di superficie del mare, o semplicemente di mare, inizialmente come accezione unicamente poetica. In Virgilio il secondo significato è il più frequente. L’utilizzo di questo termine è strettamente legato a necessità metriche, tuttavia è innegabilmente connesso, tramite la sua etimologia, anche al senso di spazio tipico della poesia virgiliana.
ALTUM
Il vocabolo designa il mare alto, ma anche quello profondo. L'etimologia deriva probabilmente da “altanus”, per gli autori latini vento di mare che soffia da oriente (altum era il mare stesso). Si tratta di un vento locale, tipico di una determinata regione.
FRETUS
Termine poetico non tipicamente prediletto da Virgilio, è sinonimo relativamente raro di mare. Nell’Eneide non ha mai accezione di “stretto”, bensì di “alto mare”, denotazione eroica diffusa ampiamente nella poesia latina.
MARE (n.n)
Nell’Eneide il mare è identificato da Virgilio come parte del cosmo, come configurazione geografica, nonché come elemento malvagio e negativo. Diversi sono i riferimenti che lo inquadrano ora come entità conveniente alla navigazione, ora come nemico avverso agli intenti. Questo vocabolo possiede numerosi sinonimi, utilizzati per ragioni metriche.
PELAGUS
Dal greco πέλαγος («mare»), di uso poetico, designa soprattutto l'estensione sconfinata o il moto agitato delle onde del mare.
PONTUS
Termine tipicamente poetico, fa riferimento alle oscure profondità marine.
SAL
Identifica l'alto mare, con riferimento particolare al moto irrequieto delle onde. Più che come metonimia va considerato come una reminiscenza classica, dal momento che il termine greco corrispondente significava innanzi tutto «mare» e poi «sale».
UNDA
Il termine connota prettamente la mobilità dell’acqua ed è di uso sostanzialmente poetico. Nella maggior parte dei casi costituisce l’ultimo piede dell’esametro e spesso è preceduto da un monosillabo, con il quale costituisce un “motmétrique”.
Virgilio, Eneide, III
vv. 116-117
[...] modo Iuppiter adsit,
tertia lux classem Cretaeis sistet in oris [...]
[...] purché Giove assista, il terzo giorno deporrà
la flotta sulle spiagge cretesi [...]
vv. 124-127
[...] Linquimus Ortygiae portus pelagoque volamus
bacchatamque iugis Naxon viridemque Donusam,
Olearon niveamque Paron sparsasque per aequor
Cycladas, et crebris legimus freta concita terris [...]
[...] Lasciamo il porto di Ortigia e voliamo sui flutti,
radiamo Nasso echeggiante Bacco per i gioghi,
e la verde Donusa, Olearo e la nivea Paro e sparse
nel mare le Cicladi, e gli stretti agitati per le frequenti terre [...]
vv. 291-293
[...] Protinus aerias Phaeacum abscondimus arces
litoraque Epiri legimus portuque subimus
Chaonio et celsam Buthroti accedimus urbem [...]
[...] Subito vediamo sparire le aeree rocche dei Feaci;
costeggiamo le spiagge dell’Epiro ed entriamo nel porto
caonio e ci avviciniamo all’alta città di Butroto [...]
BUTRINTO
La riproduzione della città di Troia che Butrinto rappresenta unita alla sua posizione nel viaggio di Enea stringe ulteriormente il legame tra la rocca ormai perduta e la futura Roma. La sosta in Epiro conclude i primi tentativi di fondazione dell’eroe troiano e apre definitivamente la strada alla predestinata nascita della nuova città in Italia.
CRETA
Virgilio considera e presenta Creta come isola sacra, purificatrice, oltre ad attribuirle l’origine del culto di Cibele. Obiettivo del poeta è poi anche quello di intrecciare ulteriormente le storie di Troia, Creta e Roma.
ORTIGIA
è l’antico nome dell’isola di Delo, caratterizzata da un porto particolarmente calmo e sicuro. Ortigia è però anche un’isoletta presso Siracusa, consacrata ad Artemide e luogo in cui le ninfe sue accompagnatrici fecero zampillare la fonte di Aretusa, la quale sarà di grande ispirazione per i poeti latini successivi.