Ex SNIA-Viscosa

Riqualificazione dell’area ex SNIA Viscosa e riconnessione della Rete ecologica nel settore est di Roma

Tesi di laurea di Giorgia Zuccaro

Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale - Sapienza Università di Roma

Riqualificazione EX SNIA - Zuccaro.pdf
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L'approccio al luogo d'indagine

“Come Cartesio chiuso nella sua stanza, contentandosi di vedere senza essere turbato dalle passioni e dai corpi, ma con uno sguardo d’aquila teso a dominare il mondo, il pianificatore osserva la città dall’alto, cogliendone esclusivamente le sue forme. E così come colui che dall’aereo guarda la schiuma del mare e la vede immobile, senza comprendere che da vicino essa è pulsione e movimento, egli non si accorge che dietro il silenzio delle forme scoppia il brulicare della vita.” (Merleau Ponty,1984)

Rallentare, prestare attenzione ai dettagli, ai volti che s’incontrano e ai paesaggi che si attraversano lungo il proprio cammino, sono pratiche che potrebbero apparire superflue nell’incedere frenetico che doveri e responsabilità impongono a ciascuno ogni giorno. Tali azioni potrebbero costituire invece un esercizio virtuoso, una cura al “mal di città” che apra alla condivisione e alla scoperta di contesti urbani che, seppure spesso vicini, passano inosservati a causa della velocità con cui si percorrono le strade della metropoli. Una ragnatela d’asfalto connette i nodi della città ed è percorsa da automobilisti che si muovono incessantemente in ogni direzione; così spesso lo spazio intermedio, che è quello dell’incontro, della socialità e dello scambio, viene annientato. Il pianificatore a cui fa riferimento Merleau Ponty ha un punto di vista zenitale e, così come fa l’automobilista che “usa” la strada solo per traslare da un posto a un altro, fotografa le distanze e percepisce solo i contorni di figure ferme, solide. Egli è figlio di un’urbanistica cristallizzata, oggi messa in crisi da una concezione diversa dello spazio e delle forme di vita nello spazio, concepito invece come una dimensione fluida, variabile, dinamica e viva. Guardare oltre la “città di pietra” e scoprire la “città degli uomini”, ricongiungere queste due dimensioni affinché vivano l’una dell’altra e con l’altra in un processo costruttivo che miri ad incrementare vivibilità e qualità della vita, sono obiettivi primari dell’urbanistica.

Tutto questo significa riconoscere nel territorio una duplice dimensione, materiale e immateriale; da un lato c’è lo spazio fisico delimitato da confini naturali o artificiali, una strada, un fiume, un muro o un fossato; dall’altro ci sono gli abitanti che intessono relazioni, portano avanti azioni e pratiche urbane che riempiono lo spazio stesso donandogli significato. Così il territorio è fatto di risorse naturali, del suolo che si calpesta e dell’aria che si respira (come unità giurisdizionale comprende il suolo, il sottosuolo, le acque interne, il mare territoriale fino a 12 miglia dalla costa, fondo compreso e lo spazio atmosferico sovrastante), ma è al tempo stesso teatro della vita di chi lo abita e lo produce in divenire.

Forme di “territorializzazione” dello spazio s’innescano e si sviluppano anche in un contesto esteso come quello romano; ogni quartiere è permeato di vicende più o meno rilevanti, tutte frutto dell’atto stesso di abitare che induce a percepire potenzialità e problemi, a ricercare modalità di sviluppo delle prime e soluzioni per i secondi, con lo scopo di costruire in senso concreto e astratto il luogo in cui vivere al meglio e in cui identificarsi.

Roma, si sa, è meta prediletta dai viaggiatori di tutto il mondo, gli stessi che ogni giorno esplorano i rioni e i quartieri centrali assaporandone la bellezza, alla ricerca di quei luoghi attraverso cui la storia antica, l’epoca rinascimentale e barocca affrontano e sopravvivono ai secoli, uno dopo l’altro. Lo sguardo dei viaggiatori è curioso e acceso, mappa alla mano, essi percorrono le strade della città come fosse una lunga, bellissima caccia al tesoro. Quelle mappe però si limitano spesso ai confini della città storica, tagliano ciò che sta attorno: la città vissuta, consumata, quella per certi aspetti più vera. È proprio qui che sorgono alcuni tesori dell’età industriale: luoghi tenuti nell’ombra e quasi del tutto cancellati dalla città; gli stessi che altre realtà, soprattutto quelle del nord Europa, riescono a riconvertire facendone il proprio fiore all’occhiello.

Nel quadrante est della città è in atto già da qualche decennio un virtuoso processo di riqualificazione, testimonianza della rinascita di un territorio prodotto dalla memoria collettiva, dal rispetto per l’ambiente e dalle pratiche sociali di scambio; un contesto particolare sconosciuto a molti, non solo ai turisti, anche ad alcuni Romani. Si tratta dell’area “Ex Snia Viscosa”, così detta in virtù della fabbrica della Viscosa, ormai dismessa, sita in via Prenestina 175.

È un contesto quasi nascosto, separato e per certi aspetti protetto da grandi infrastrutture che si pongono tra esso e gli ambienti circostanti prettamente urbani. Una bolla fatta di natura, storia, cultura e socialità che resiste alle logiche della speculazione edilizia e che è possibile scoprire rallentando il passo, osservando con spirito critico l’alterità[1] che va oltre le forme imposte dall’alto, supera i confini prescritti e “fa città” attecchendo nelle zone interstiziali degli spazi urbani e sviluppandosi via via grazie alla voce e all’azione di chi la rappresenta.

Il percorso di progettazione che ha come oggetto l’area ex SNIA Viscosa parte dall’inquadramento territoriale e dalla descrizione geomorfologica del territorio, analizza l’area descrivendo nello specifico i tasselli di cui è composta e ne delinea il quadro urbanistico facendo riferimento alle progettualità esistenti e alle indicazioni di pianificazione vere e proprie. La descrizione della situazione attuale, ricostruita sulla base di frequenti visite, interviste ai personaggi più attivi nel contesto di studio e grazie all’acquisizione di articoli e studi condotti sull’area, ha permesso di riflettere sulle modalità attraverso cui riqualificare l’area.

Gli interventi pensati per l’ex stabilimento tessile e il contesto in cui è inserito vogliono partire dalla preesistenza, dal riconoscimento del valore della sua storia, dalle sue potenzialità e dalle ricchezze ambientali che conserva. Gli obiettivi sono diversi ma strettamente legati: la riscoperta della storia dei luoghi tramite la riappropriazione degli spazi, concepita come elemento funzionale alla costruzione collettiva; farne volano di sviluppo locale, fulcro attivo per i quartieri limitrofi e, conseguentemente, polo d’attrazione per il turismo.

Per arrivare a questo è stato necessario fare delle premesse relative sia alle operazioni di carattere amministrativo/istituzionale che stanno a monte di qualsivoglia scenario progettuale, sia ai principi di integrazione, connessione e salvaguardia ambientale che animano l’interno progetto. Definite le problematiche interne, le politiche in risposta e le linee d’azione da seguire, è stato possibile indicare gli attori coinvolti nel progetto, descrivere il ventaglio di possibilità progettuali e arrivare, attraverso valutazioni sull’impatto delle singole attività, agli interventi particolari auspicati. Questo criterio d’azione è stato utilizzato per ogni tassello dell’area ex SNIA Viscosa da riqualificare; ciò ha permesso di affrontare ogni contesto con attenzione, sempre nell’ottica dell’organicità e con lo scopo ultimo di ricomporre il puzzle dell’area ex SNIA Viscosa.

Nel settore est di Roma quella sopra citata non è l’unica zona verde; il quadrante orientale della città è caratterizzato da una rete frammentata di spazi verdi che questo progetto ha voluto riconnettere. Infatti il percorso progettuale di riqualificazione dell’ex SNIA è stato ulteriormente sviluppato attraverso il progetto di riconnessione della rete ecologica nel settore est di Roma.

I due canali affrontati sono tra loro strettamente collegati: l’area ex SNIA si trova all’angolo di un potenziale cuneo ecologico che, se ricostruito, potrebbe contribuire ad innalzare notevolmente lo standard di verde pro capite disponibile nel tessuto urbano tanto fitto e densamente abitato qual è quello di Roma est. Considerando l’area oggetto di riqualificazione come zona strategica di connessione in primis fisica, si è proceduto ad una dettagliata analisi dell’intorno. Anche in questo caso gli interventi hanno avuto diversi obiettivi: ricucire il tessuto verde apparentemente compatto sulla cartografia ma frammentato nella realtà; costituire un sistema ambientale saldo ed ecologicamente dinamico individuando i ritagli verdi più prossimi all’area ex SNIA Viscosa; utilizzare questo sistema come trait d’union per la ricucitura della Rete ecologica cittadina a grande scala; riconsegnare agli abitanti spazi abbandonati, degradati o illegittimamente occupati; utilizzare la rete del verde ricostruita come corridoio ecologico per la mobilità alternativa e sostenibile.

Il percorso di progettazione è partito dalla ricerca delle aree verdi a sud dell’ex SNIA Viscosa, individuando nei parchi urbani esistenti gli ambiti ecologici maggiori e nelle zone verdi interstiziali le potenziali connessioni. Successivamente sono state delineate le condizioni per costruire la continuità fisica, con lo scopo di ricostruire e rappresentare gli usi reali del territorio; sono stati definiti i processi di sviluppo insediativo e le progettualità esistenti, per chiarire le indicazioni degli strumenti urbanistici e i desiderata degli abitanti. La riconnessione della rete ecologica non è solo fisica, anche ecologica; perciò è stato necessario studiare e identificare i caratteri naturali e i rischi potenziali delle aree, rappresentando le potenzialità e le condizioni ambientali. Il medesimo criterio è stato seguito per l’analisi e la ricostruzione delle aree verdi ad est dell’ex SNIA.

La conoscenza delle condizioni relative all’intorno di quest’ultima ha consentito di definire gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi già citati. A tale proposito sono state costruite due famiglie di operazioni: gli interventi per la continuità fisica e quelli per il recupero ambientale e la fruizione sostenibile.

L’intero percorso, articolato nei due canali di progetto, è stato svolto grazie all’ausilio del Sistema Informativo Geografico QGIS che, attraverso l’uso di immagini satellitari e l’incrocio di file raster e vettoriali, ha permesso di analizzare e rappresentare il territorio di studio.

I principi di integrazione, connessione e sostenibilità rappresentano il collante che tiene insieme gli elementi di questa tesi, all’interno di un cammino di progettazione interessante e considerevolmente articolato che è stato portato avanti nel tentativo ultimo di combattere il consumo di suolo[2], salvando dal rischio dell’edificazione i ritagli naturali che (r)esistono nella città, riconsegnandoli agli abitanti, promuovendone una fruizione ispirata da buone pratiche e realizzando così un sistema ecologico pluriconnesso che sia d’esempio per la gestione sostenibile del territorio.


[1] * [dal lat. tardo alterĭtas -atis, der. di alter «altro»]. – Nel linguaggio filos., il carattere di ciò che è o si presenta come «altro», cioè come diverso, come non identico; anche in espressioni della sociologia: a. culturale, diversità di tradizioni rispetto a quelle dominanti o autoctone. http://www.treccani.it/vocabolario/alterita/

[2] Secondo il rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) del 2018 “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, a livello comunale i maggiori valori di superficie consumata si riscontrano proprio a Roma (31.697ettari), con una crescita di ulteriori 36 ettari nel 2017 (lo 0,11% in più).

http://www.isprambiente.gov.it/public_files/ConsumoSuolo2018/Rapporto_Consumo_Suolo_2018_2.pdf

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