Si stima che circa 2mld di individui nel mondo siano carenti di ferro, e la condizione riguarda in modo trasversale sia Paesi in via di sviluppo che quelli Occidentali. La carenza marziale non colpisce solo la popolazione anziana, bensì individui di tutte le età.
Le strategie che vengono messe in atto per contrastare la carenza di ferro (che non è sinonimo di anemia) non sempre risultano efficaci, e si focalizzano spesso sulla quantità di ferro apportato. Vediamo insieme perché questo approccio non è risolutivo.
Talvolta si tenta di contrastare la carenza marziale apportando alimenti spontaneamente ricchi in ferro, oppure fortificati in questo micronutriente (con l'aggiunta di ferro nel processo di produzione), oppure ancora facendo cicli di integrazione orale o endovenosa.
Quali sono i limiti di questi approcci?
Incrementare gli apporti di alimenti ricchi in ferro può significare anche maggiore apporto di fibra, nonché di anti nutrienti come l'acido fitico (nel caso di frutta a guscio, cereali integrali, legumi, farine). L'effetto finale è che il ferro assunto attraverso il cibo è sì maggiore, ma quello realmente assorbito non lo sarà necessariamente.
Nel caso degli alimenti fortificati e degli integratori orali, qual è lo svantaggio?
Il ferro non assorbito, che rimane nel lume intestinale fino al momento dell'espulsione, risulta in questi casi la maggior parte. Per effetto dello stress ossidativo che è in grado di esercitare, danneggia la flora batterica intestinale impoverendola di batteri utili alla nostra salute.
Come dobbiamo agire allora per aumentare i livelli di ferritina nel sangue? (ferritina=indicatore del ferro di deposito).
Il ferro è assorbito in presenza di carboidrati fermentabili che stimolano la crescita di batteri, che a loro volta aiutano l'intestino nell'assorbimento di minerali.
In molti casi poi la carenza di ferro nasce da uno stato di malnutrizione più generale, che determina una incapacità dell'intestino di assorbire correttamente i minerali. Può essere utile in questi termini l'assunzione di un complesso di vitamine del gruppo B, così come un incremento delle fonti di calcio, e dell'aminoacido lisina. Come in molti altri campi, anche nel mondo delle carenze di ferro si sta indagando l'importanza dell'equilibrio del microbiota intestinale per un corretto assorbimento. Diversi studi hanno valutato gli effetti dell'integrazione di Lactobacillus platarum Lp299v, e hanno fatto registrare un aumento significativo dei livelli ematici di ferritina conseguente all'integrazione probiotica di 6-8 settimane .
Articolo Nr. 2 del 15/04 /2021
1) Alimentazione pre gara, qualche consiglio?
La massima disponibilità di glicogeno la riusciamo a costruire nel corso dell’intera settimana pre gara, in quanto con un singolo pasto non è possibile ricaricare del tutto le nostre scorte energetiche muscolari. Per questo motivo un approccio classicamente con scarico-carico di carboidrati (con alimentazione al 70% di carbo a partire dal giovedì), e che preveda strategie addizionali per favorire la ricarica (apporto di acqua almeno 2,5 L al giorno, elevata frequenza di spuntini glucidici, riduzione dell’intensità e volume degli allenamenti) rappresentano le armi principali che abbiamo per presentarci alla linea di partenza con riserve massime.
L’alimentazione pre gara a mio avviso rappresenta un pasto ‘’solo da non sbagliare’’, nel senso che se introduciamo qualche alimento che ci può dare problemi (es. latticini, cibi molto grassi o ricchi di fibre) possiamo pagarne immediatamente le conseguenze, ma in realtà anche ‘’scegliendo in modo giusto’’ non daremo un grande valore aggiunto alle nostre scorte di glicogeno, che come detto abbiamo costruito nel corso di tutta la settimana antecedente.
E’ il motivo per cui di fronte a una garetta, magari con start abbastanza presto al mattino (es. ore 9) può essere sufficiente consumare (intorno alle 7) una fetta di pane di segale integrale tostata, con un cucchiaino di miele, accompagnata da una spremuta di 1 agrume. Il caffè rappresenta un’incognita per molti, motivo per cui può essere consumato solo da chi si conosce e lo ha già testato più volte pre allenamento. [L’effetto della caffeina sull’ottimizzazione della performance inoltre è stato verificato solo in atleti che hanno iniziato da poco la disciplina, e non in atleti élite].
Qualsiasi soluzione (frutta a guscio, creme 100%, marmellata, avocado, pane di grano duro) è importante venga testata più volte in allenamento prima di essere utilizzata nella colazione pre gara.
2) Può avere senso togliere le fonti di glutine per un certo periodo, oppure stabilmente, dall’alimentazione?
Il grano (oltre che la sua componente proteica principale, il glutine) pur essendo il cereale più rappresentato all’interno dello stile mediterraneo, rappresenta nell’immaginario collettivo degli ultimi anni un alimento potenzialmente pericoloso. Molte persone imputano il suo consumo come responsabile di una instabilità del peso corporeo, di una irregolarità dell’alvo intestinale, e talvolta una peggior qualità del processo digestivo.
Per quanto negativamente se ne parli, il frumento continua ad essere presente a molti pasti durante la giornata, soprattutto in prodotti da forno e pasta. E’ proprio la frequenza con cui si tende a consumarlo il bandolo della matassa, perché mescolando abitudini personali con eventi di condivisione sociale, può capitarci di terminare la giornata avendolo consumato anche in 5-6 occasioni diverse. Magari in quantità singole che tutto sommato ci sembrano modeste, ma non è il controllo delle calorie che ci è di aiuto in questo contesto.
Più che una eliminazione totale delle fonti di glutine (che rappresentano delle fonti preziose di molti nutrienti tra cui il calcio, oltre ad avere un indice glicemico solitamente basso), può essere utile far caso al consumo per un certo periodo di solo 1-2 fonti di glutine durante la giornata (es. pasta integrale a pranzo + 2 fette di pane di segale a cena). Questo accorgimento ci permette di assumere un quantitativo di carboidrati funzionale al recupero completo dell’allenamento, senza stressare troppo l’intestino con un apporto continuo di piccole fonti durante la giornata.
3)Come conciliare una attività agonistica in un regime vegano?
Per rispondere faccio una premessa: sia in una condizione di riposo/sedentarietà, sia nel momento stesso in cui ci alleniamo con una certa intensità, i macronutrienti principali di cui necessita il nostro corpo sono grassi e carboidrati.
Alla luce di questo, dobbiamo considerare come il mondo vegetale sia in grado di offrirci una grande varietà sia dei grassi (in particolare quelli mono- e polinsaturi sono anti infiammatori, e li troviamo perlopiù in olive, cocco, avocado, frutta a guscio, semi), sia dei carboidrati. Di questi ultimi è importante utilizzare quelli a indice glicemico più basso: il frumento, il riso di tipologia basmati, il farro, il grano saraceno e altri cereali nella loro forma integrale rappresentano un’ottima fonte in grado di darci energia a lento rilascio e in modo costante lungo la giornata.
Il fabbisogno proteico invece oscilla tra 1,2 - 1,6 g di proteine per kg di peso corporeo (circa 80 g al giorno per un atleta di 60 kg). Le fonti proteiche nel vegano arrivano principalmente dai legumi -soia, ceci, piselli, fave, fagioli-. Può essere necessario utilizzarli talvolta in forma di integratore, per evitare un apporto di fibra troppo elevato che sarebbe incompatibile con la densità energetica che richiede una preparazione atletica intensa. In particolare esistono in commercio mix di fonti di legumi diversi che raggiungono una qualità proteica simile a quella delle fonti animali. Un prodotto che mi trovo a consigliare molto spesso nel contesto di un regime vegano è il lievito di birra essiccato in scaglie, decisamente ricco di proteine di alto valore biologico, e con una buona % di vitamine del gruppo B e minerali.
Se è corretto per un onnivoro monitorare il proprio stato di salute anche attraverso regolari esami ematici, a maggior ragione per chi ha una alimentazione di tipo esclusivo è importante farlo annualmente.
Per tutti i vegani inoltre si rende essenziale una integrazione regolare con vitamina B12 e vitamina D, di cui i prodotti vegetali sono privi. Infine, anche un apporto supplementare di omega 3 può essere necessario a causa dello scarso apporto quantitativo delle fonti vegetali.
4) E’ giusto scegliere carni biologiche?
Sul consumo di carne si è parlato molto da anni a questa parte, in relazione soprattutto ad aspetti di assunzione quantitativa settimanale compatibile con la prevenzione.
In realtà l'attenzione principale si sposta progressivamente dalla quantità alla qualità delle carni a cui abbiamo accesso, essendo l'ecosistema in cui viviamo e in cui si contestualizzano gli allevamenti profondamente alterato e inquinato da parte dell'uomo. Per fare un esempio anche in un contesto di pascolo, quello che si riscontra è una concentrazione progressivamente crescente di inquinanti chimici persistenti immessi nell'ambiente a partire dalla seconda guerra mondiale (pensiamo alle diossine, ai pesticidi e al DDT), e che tendono ad accumularsi all'interno degli organismi vegetali e animali. L'agricoltura e l'allevamento organici in questo senso, pur andando nella direzione giusta del rispetto dei ritmi e degli spazi fisiologici richiesti per salute e benessere dell'animale, risentono di un livello di inquinamento che interessa trasversalmente gli ecosistemi terrestri.
E' questo il motivo per cui è importante curare, oltre a una scelta consapevole e responsabile della tipologia di carne, anche una moderazione dal punto di vista della quantità consumata settimanalmente. Il mio consiglio è di non superare 1-2 volte a settimana il consumo totale di carni fresche, scegliendo quelle biologiche e possibilmente presso circuiti territoriali locali, in modo da agire sulla sostenibilità del prodotto su tutti i fronti. Articolo nr. 1 del marzo 2021