Ostacoli, ostacolini e corsa balzata sono mezzi che anche i podisti, oltre gli ostacolisti e i siepisti, possono utilizzare allo scopo di incrementare le proprie qualità neuromuscolari. Per ostacoli si intendono quelli che si vedono spesso nei campi di atletica, mentre per ostacolini quelli che hanno un’altezza di 10 o 20 cm. Oltre a trovarsi nei campi di atletica sono anche reperibili nei campi dove le squadre di calcio svolgono l’allenamento (spesso è sufficiente chiedere al custode per poterli utilizzare).
La corsa balzata
Esercitazioni di corsa balzata rappresentano un ottimo mezzo allenante per lo sviluppo della forza specifica del runner; rispetto ad altri mezzi allenanti, come le salite brevi, e hanno il pregio di avere una maggiore coincidenza biomeccanica con il gesto della corsa in piano. Infatti, nella corsa in salita (in particolar modo su pendenze elevate) durante la fase di appoggio il ginocchio ha un angolo più chiuso rispetto alla corsa in piano; inoltre l'utilizzo di energia elastica è inferiore.
Allo stesso tempo però la corsa balzata non ha una tecnica di facile esecuzione; infatti, l’aspetto principale non è la velocità di corsa, ma l’azione accentuata della gamba di spinta accompagnata dalla vigorosa azione di avanzamento dell’arto libero. Inoltre è necessario calibrare in maniera corretta la spinta in modo di dare una direzione avanti/alto al corpo invece che solo avanti. In altre parole, è necessario sviluppare una situazione in cui c’è un’elevata azione di spinta (fornita dal piede che sta per lasciare il terreno) e di richiamo (fornita dall’arto flesso in volo). Esercitazioni adeguate con ostacoli e ostacolini permettono al runner di acquisire la corretta tecnica di corsa balzata.
Pliometria è una parola che deriva dal greco e che può essere tradotta pressappoco con l’espressione “aumentare la misura” (pleos=più e metros=misura). Il termine pliometria è stato coniato nel 1975 da Fred Wilt, atleta e allenatore statunitense, per riferirsi ad alcuni esercizi che, fino a quel momento, erano definiti in modo piuttosto generico come “jump training””(allenamento al salto). La pliometria è una tecnica che è decisamente importante negli allenamenti di quelle attività sportive che necessitano di un aumento della forza reattiva, della forza elastica e della forza esplosiva; ne sono esempi la corsa veloce, i salti e i lanci dell’atletica leggera.
Con l’espressione “esercizio pliometrico” si intende un esercizio in cui la contrazione concentrica (cioè la contrazione in cui il muscolo si accorcia, come quello dell’avambraccio che porta verso la spalla un manubrio, mentre ricordiamo che è eccentrica la contrazione contraria in cui il muscolo si allunga, per esempio quando l’avambraccio allontana il manubrio dalla spalla) viene preceduta da uno stiramento dello stesso muscolo contratto.
Nell’esercizio del doppio balzo l’atleta è simile a una palla che rimbalza: il rendimento del rimbalzo dipende dall’altezza di caduta e dall’elasticità della palla. Si combinano perciò forza (che dipende dall’altezza di caduta che il soggetto riesce a gestire) ed elasticità (che dipende dalle strutture: muscoli, tendini e articolazioni). Per capire perché l’altezza di caduta sia importante occorre ricordare che: più la velocità della distensione muscolare è bassa e più si produce calore e meno energia elastica. Se il soggetto non è in grado di gestire l’altezza (altezza eccessiva che provoca una mancanza di reazione di tipo elastico perché il soggetto frena la caduta per controllarla), l’unico risultato che otterrà è il sovraccarico termico di muscoli e tendini. A lungo andare verranno favorite le infiammazioni delle strutture interessate. Un runner dotato di scarsa elasticità non dovrebbe superare i 30 cm. In ogni caso è opportuno iniziare con altezze veramente basse (10 cm) e, solo quando il gesto è sufficientemente veloce, alzarle con incrementi di 5 cm.
Il secondo balzo è spesso verso l’alto. il gesto avrebbe la massima velocità perché l’atleta dovrebbe evitare ogni fase di appoggio troppo lunga. Se invece si impiega l’energia elastica immagazzinata durante il primo balzo per saltare in avanti, la fase di appoggio può essere leggermente più lunga e si diminuiscono le tensioni muscolari.
La quantità – Il doppio balzo deve essere eseguito n volte per X serie. Se per un principiante n e X devono essere bassi (per esempio 2), a regime n può arrivare fino a 8 e X può arrivare fino a 4. È importante notare che il recupero fra le serie deve essere di circa 10′. Il recupero è tanto più importante quanto più l’atleta è preparato. Infatti, un atleta molto elastico raggiungerà tensioni notevoli e il recupero fra una serie e l’altra serve proprio per eliminare le tensioni muscolari. Fra una serie e l’altra è quindi importante ricercare il massimo rilassamento (sdraiarsi o sedersi, eventualmente con gli arti appoggiati in alto).
L’esecuzione – L’atleta deve partire completamente decontratto (quindi parte in piedi non accosciato!), contraendo i muscoli al massimo un attimo prima dell’urto sul terreno (questo è un gesto comunque istintivo). La caduta deve avvenire sugli avampiedi. Mentre nell’esecuzione classica di secondo balzo verso l’alto i talloni non vengono usati, con l’esecuzione modificata con balzo in avanti può esserci un loro minimo contributo. Le articolazioni di caviglia, ginocchio e anca devono essere bloccate durante l’urto con il terreno. Il rimbalzo, per quanto detto circa la velocità della distensione muscolare, deve essere immediato.
Attenzione agli errori
Se si sceglie l’altezza corretta e si esegue correttamente l’esercizio, gli unici problemi possono derivare da un riscaldamento non ottimale o da una scarsa coordinazione del soggetto. In genere questa si ha quando l’atleta si sopravvaluta e sceglie un’altezza eccessiva. Il secondo balzo in avanti permette di misurare effettivamente il risultato ottenuto e i progressi. Si deve notare che bruciare le tappe incrementando troppo velocemente l’altezza non sempre è positivo: il sistema nervoso centrale inibisce la capacità elastiche quando si accorge che non è in grado di controllare la caduta. Un esercizio composto ottiene pertanto l'effetto contrario a quello voluto.