I 3000 metri siepi sono una specialità sia maschile sia femminile dell’atletica leggera, che fa parte del programma olimpico
Gli atleti devono percorrere 3000 m in pista, con la difficoltà, di dover passare 35 ostacoli alti 91 centimetri (76 per le donne), di cui 28 normali e 7 con l’acqua (riviere).
Vanno percorsi in totale 7,5 giri: i primi 200 mt sono piani, senza la presenza di ostacoli o di riviere; dal 1° giro in poi, le barriere da superare sono 5, delle quali 4 sono siepi semplici (all’ingresso delle 2 curve e all’ingresso dei 2 rettilinei) e 1 siepe presenta la riviera (vasca scavata nella pista e riempita di acqua, posta immediatamente dopo la siepe), posta a metà della seconda curva del giro di pista.
Definire tecnicamente e in modo approfondito la gara dei 3000 siepi non è molto facile. A prima vista non è un’impresa collocarla nell’elenco dei settori dell’atletica leggera: il mezzofondo!! Non ci sono dubbi o perplessità di sistemazione in altre aree.
Il problema è andare oltre il primo giudizio generale. L’analisi tecnica e il relativo approccio mentale dell’allenatore di un siepista devono avere profondità ed un orizzonte che è oltre, e più, della sola corsa di media e lunga distanza. Ci sono molti e più fattori che determinano e che influenzano la prestazione nelle gare delle siepi quali:
Particolarità dei 3000 siepi
Per lunghezza di gara (3000 metri appunto) e per durata dello sforzo (8’/9’) la fisiologia pone questa gara nell’area della massima espressione aerobica: sistema lattacido da una parte e massima potenza aerobica dall’altra, forniscono la resintesi dell’ATP per la contrazione muscolare.
“… i 3000 piani sono corsi all’incirca alla velocità che corrisponde al massimo consumo di ossigeno, vale a dire, ricorrendo ad una terminologia che è poco utilizzata dai tecnici italiani (anche se è stato proprio coniata da un fisiologo italiano, Pier Enrico di Prampero, 1985) alla velocità aerobica massima. L’atleta che corre in corrispondenza della velocità aerobica massima ha il consumo di ossigeno ai suoi valori massimi”. (Enrico Arcelli, articolo ancora inedito)
Si riporta anche la definizione proposta dal Prof. Degortes al corso di specializzazione:
“la Vamax è l’intensità di lavoro che si sviluppa durante uno sforzo in cui la spesa energetica corrisponde al massimo consumo d’ossigeno . In atletica è la velocità di corsa necessaria a stimolare la massima potenza aerobica (vo2max). Poiché nessuno é in grado di utilizzare tutto il vo2 max di cui dispone, la Vamax rappresenta la percentuale della potenza aerobica massima che ogni atleta è in grado di utilizzare.”
Ma nei 3000 siepi … bisogna fare i conti anche con 28 ostacoli e 7 riviere!
Pur ipotizzando svolgimenti tattici identici, il fabbisogno energetico non è il medesimo ed altrettanto lineare come in una gara sul piano; né per la gara intera e né per i suoi parziali. In realtà è un continuo variare di velocità di corsa con picchi di forza in occasione del passaggio del- le barriere e, ancor più, delle riviere. L’incidenza della componente tecnica (barriere e riviere), è estremamente diversa a secondo dello svolgimento ritmico (tempi delle frazioni corse), della tattica impostata dagli avversari e dallo sviluppo della gara stessa (in gruppo con passaggi a stretto contatto, piuttosto che in situazioni in cui è possibile valutare tranquillamente la tempistica del passaggio).
L’allenatore deve quindi essere in grado di leggere nei minimi dettagli la gara e “cucirla”, in modo più adeguato, sul proprio atleta.
Il Siepista: le caratteristiche
Lo specialista dei 3000m con siepi presenta alcune caratteristiche peculiari rispetto al corridore del mezzofondo breve e prolungato; egli deve possedere:
La differenza di intensità di lavoro che, al momento del passaggio delle barriere e delle siepi e nella successiva ripartenza, è richiesta all’organismo dell’atleta, può essere colmata da energia di natura meccanica (elasticità) e/o organica (intervento del sistema energetico di resintesi). A livello energetico il salto crea dei piccoli squilibri che devono essere ripagati dalle fibre più veloci e dal sistema energetico superiore o dallo stesso che, contemporaneamente, è già impegnato a sostenere lo sforzo.
D’altra parte rispetto alle normali gare di ostacoli, le siepi hanno differenze sostanziali: non esiste un modello ritmico, il passaggio avviene a contatto con gli avversari, ci sono ostacoli fissi che impongono “un attacco” diverso ed una traiettoria di superamento più aerea, differenti velocità di corsa, la presenza delle riviere …L’atleta dovrebbe riuscire ad avere il minor differenziale di velocità possibile tra l’entrata e l’uscita dall’ostacolo, mantenendo l’assetto di corsa e rimanendo “con le anche sempre alte”. Più semplicemente, il problema è far in modo che il passaggio dei vari ostacoli sia il meno dispendioso possibile e che il corridore sappia cambiare facilmente la lunghezza e la frequenza del passo di corsa. E’ questo che dobbiamo chiedere ai nostri atleti.
L’identikit del siepista
“Se dovessimo fare un identikit del corridore moderno dei 3000 siepi, dovremmo dire che deve essere un perfetto incrocio fra il mezzofondista veloce e l’ostacolista con spiccate doti di elasticità.”
Occorre che “l’aerobico sia più specifico” possibile: nelle fasi giovanili è opportuno creare e sviluppare i prerequisiti, per poi (senza perdere le qualità tecnico-elastiche e di forza) aumentare sempre di più la cilindrata del motore.
A livello psicologico
“ … il siepista deve avere una grande capacità di sopportazione della fatica; direi che sono tre le parole d’ordine di chi vuole emergere in una specialità da “duri” quale è quella dei 3000 siepi: ATTENZIONE, CONCENTRAZIONE e CORAGGIO”.
(Lucio Gigliotti, da un’intervista fatta da Enrico Arcelli)
L’allenamento nelle siepi
La programmazione delle corse con siepi dell’atletica leggera è simile a quella per il mezzofondo prolungato, con alcune piccole modifiche: