La corsa campestre (nota anche come cross o come cross country, espressione anglosassone che possiamo tradurre come corsa attraverso la campagna) è una specialità sicuramente affascinante, ma anche molto difficile tant’è che per praticarla al meglio sono necessarie ragguardevoli doti atletiche e una notevole esperienza, caratteristiche che non sono comuni a tutti i runner amatori e di cui, per forza di cose, difettano soprattutto i runner principianti.
La corsa campestre va corsa solo se la si ama.
Coloro a cui non piacciono le corse campestri non devono lasciarsi convincere a correrle per motivi societari o individuali (classifiche stagionali e altre amenità simili): non si farebbe altro che disturbare l’allenamento e aumentare le probabilità di infortuni. Infatti, mentre i campioni corrono su percorsi anche durissimi, ma preparati accuratamente, gli amatori sono soliti cimentarsi in percorsi pieni di buche, ostacoli naturali, fondi variabilissimi (il classico caso è quando su metà percorso ci vogliono le chiodate e sul rimanente sono controindicate!); una buona strategia è quella di premiare gli organizzatori che organizzano campestri professionistiche; è inutile e controproducente cimentarsi in corse campestri “parrocchiali”. La corsa campestre è una specialità che si corre storicamente nei mesi invernali e termina, generalmente, agli inizi della stagione primaverile. Non esiste una distanza standard per questa specialità; si va da un minimo di 3 a un massimo di 12 km (il così detto cross-corto e cross-lungo). La variabilità delle condizioni dei percorsi di gara rende la corsa campestre molto variabile anche nei risultati. Ogni gara ha le sue naturali e distinte caratteristiche di terreno. Il percorso può includere piccoli ostacoli, naturali oppure artificiali, salite e discese, cambi di direzione etc. Vi possono essere atleti che si esprimono meglio su percorsi fangosi, altri su terreni duri (sterrati o ghiacciati) e questo dipende sicuramente dalle caratteristiche individuali di ciascun atleta oltre che dalla tipologia di allenamento. La corsa campestre può essere considerata come l’unione tra la potenza aerobica e la resistenza muscolare di un atleta; a queste due caratteristiche si inserisce certamente la capacità di variare ritmo, una capacità che spesso non è solo fisiologica, ma anche psicologica. Gli atleti che per loro natura prediligono i ritmi regolari, senza strappi, difficilmente possono emergere nelle gare di corsa campestre.
Un altro aspetto da non sottovalutare è che il cross non si corre contro il tempo, ma contro gli avversari e quindi favorisce chi è dotato di particolare carica agonistica.
La corsa campestre ha quindi prevalentemente due finalità tecniche:
● come disciplina a sé stante da preparare scientificamente per ottenere determinati obiettivi agonistici;
come disciplina inserita nella normale programmazione podistica invernale e da utilizzarsi come verifica agonistica della bontà dei lavori di potenza aerobica.
Logicamente, a seconda delle finalità che l’atleta si prefigge, dovranno essere stilati opportuni piani di lavoro. La corsa campestre non è una disciplina facile; essa richiede una certa attitudine alla “sofferenza” e un certo allenamento mentale. Chi vuol correre bene una gara di cross deve sapersi adattare a tutte le tipologie di terreno e diventa quindi fondamentale affinare la propria tecnica di corsa allenandosi su percorsi che possano simulare al meglio quelli che potremmo trovarci ad affrontare in gara; s dovranno quindi, nei limiti del possibile, ricercare percorsi con salite, curve ad angolo retto, tratti asciutti e rapidi e tratti pesanti con fondi il più possibile variegati (erbosi, fangosi, sabbiosi ecc.). Molti sono portati a pensare che su percorsi asciutti e veloci siano nettamente sfavoriti gli atleti “aerobici”; in realtà, è vero il contrario. Un podista con una buona potenza aerobica, ma generalmente meno dotato muscolarmente di un mezzofondista veloce, renderà al meglio su questi terreni, su quali potrà spingere a fondo fin dalle prime battute della gara. Al contrario, il mezzofondista veloce, che ha nelle doti muscolari uno dei suoi punti di forza, eccellerà invece su terreni che impongono un ritmo di gara più basso a causa del maggior impegno muscolare richiesto. Un breve, ma obbligatorio cenno va alle scarpe da gara; poiché nelle campestri è praticamente obbligato l’uso delle scarpe chiodate, è opportuno che una parte dell’allenamento venga svolto con la finalità di abituarsi gradatamente all’uso di questo tipo di calzature; chi soffre di guai tendinei o chi su pista non usa le chiodate, deve seriamente chiedersi se valga la pena rischiare per correre qualche corsa campestre all’anno. Chi invece non ha problemi deve solo scegliere correttamente i chiodi, dai 15 mm dei terreni pesanti ai 9 mm per quelli erbosi o veloci. Diventa di fondamentale importanza arrivare alla gara di corsa campestre muscolarmente riposati, per evitare di essere facilmente superati da atleti meno forti, ma più freschi. Per quanto concerne la tattica, il consiglio migliore che possiamo dare è quello di rimanere estremamente concentrati sugli avversari; un momento fondamentale delle gare di corsa campestre è quello della partenza; si deve infatti tentare, nei limiti delle proprie possibilità, di non restare troppo indietro rispetto ai primi perché se si rimane “intruppati” all’inizio, diventa arduo recuperare posizioni, in particolar modo se il percorso è stretto.
Per concludere: la corsa campestre non è assolutamente necessaria, la si corre se la si ama e se ci diverte.
La chiamano la specialità delle tre effe: fango, freddo, fatica, Naturalmente stiamo parlando del corss conutry (per dirla all’inglese) per noi più conosciuta come Corsa campestre. Per quello che riguarda la stagione agonistica, durante i freddi mesi dell’inverno, ogni mezzofondista è messo davanti a due opzioni: le gare indoor oppure le corse campestri. Ce ne sarebbe una terza, a dir la verità: astenersi totalmente dal prendere parte alle gare e continuare ad allenarsi, seguendo così una periodizzazione che preveda una o più fasi agonistiche nel solo periodo estivo. Un’opzione che ha le proprie ragioni ma che è sempre meno praticata al giorno d’oggi. Ad ogni modo, mentre la prima alternativa rappresenta, grossomodo, una continuazione dell’attività estiva (imprescindibile per le altre discipline del Track & Fields: velocità, ostacoli, salti e lanci), la seconda scelta comporta delle peculiarità tali da caratterizzarla quasi come disciplina sui generis. Non sono rari i casi di atleti della corsa di resistenza che abbiano performato con evidenti differenze a seconda del terreno su cui si trovavano.
A livello internazionale si ricordano corridori stellari come l’etiope Haile Gebreselassie o il marocchino Hicham El Guerrouj, entrambi pluricampioni olimpici e detentori di record del mondo, i quali, però, sui manti erbosi non si esprimevano allo stesso livello di come avveniva in pista. Vista la caratura dei due corridori, però, è più probabile ipotizzare che, il più delle volte, sia stata proprio una scelta tecnica a non portarli del tutto sui terreni fangosi oppure a farli raggiungere prestazioni, per loro, sottotono. All’opposto, esistono corridori che hanno fatto del cross il loro punto di forza, indirizzando così le loro energie sugli appuntamenti della stagione fredda.
Maggiore o minore attitudine, resta un fatto: le corse campestri necessitano di allenamenti specifici. Quali? Le ripetute su terreno da cross. Si obbietterà che sul terreno naturale si possono svolgere anche altri tipi di allenamento come il fondo medio o il fondo lento. Va detto, però, che nessun allenamento risulterà più “veritiero” di quello condotto vicino al (o addirittura più veloce del) ritmo che si vorrà terrà in gara, così come può essere una seduta di potenza aerobica. Ma cerchiamo di capire più nel dettaglio, perché, se si vogliono preparare le campestri, sia fondamentale svolgere le ripetute sul terreno da cross.
Innanzitutto, sembrerà banale dirlo, perché si va a correre sullo stesso terreno che si troverà in gara. Affermazione vera solamente in parte, in quanto, ogni cross presenterà un suo terreno specifico. Eppure, è un fatto che allenarsi su diversi terreni permetterà di riuscire a correre meglio nel cross. Inoltre, le sollecitazioni che si hanno, sia a livello muscolare ma anche da un punto di vista propriocettivo, fanno sì che lo stress di un allenamento su terreno campestre sia molto maggiore rispetto allo stesso allenamento svolto in pista o su strada. Di conseguenza, il ritmo che si riuscirà a mantenere, con una certa approssimazione, si avvicinerà al ritmo di gara. In definitiva, quindi, correre su terreni campestri rappresenta un ottimo allenamento in vista dell’adattamento che comporta al terreno da cross;
Un altro contributo è dato in vista del miglioramento della forza a cui conduce, soprattutto se andiamo a svolgere l’allenamento su un percorso collinare. Alle salite e discese sarebbe bene anche aggiungere dei campi di direzione, anche a stretto raggio, in modo da simulare le condizioni di gare. Oltre a ciò, anche l’aggiunta di ostacoli, artificiali o naturali che siano, incrementa la sollecitazione e quindi il maggior adattamento nei confronti del cross;
Infine, un importante aspetto è quello legato al miglioramento della meccanica di corsa. Dicevamo che la corsa campestre comporta delle sue proprie particolarità. Oltre a quelle già dette (percorso su terreno naturale, presenza di salite, discese, cambi di direzione, ostacoli) si aggiunge il fatto che difficilmente si riuscirà a mantenere un ritmo costante, cosa che invece avviene in misura maggiore in pista o su strada. Alla partenza al fulmicotone seguiranno le brusche e continue accelerazioni e decelerazioni ogni volta che si incontreranno ostacoli, cambi di direzione oppure nel momento in cui gli avversari, o le avversarie, proveranno ad accendere la bagarre. Ma non si tratta solo del ritmo di corsa. Correre su un terreno campestre comporta anche di riuscire a modulare la propria cadenza, le proprie frequenze. Sarebbe impensabile credere di poter mantenere la stessa ampiezza di passo per tutta la durata della prova. Se in partenza, durante la volata finale, nei tratti pianeggianti e sul terreno compatto si riuscirà a mantenere una falcata ampia, in presenza di terreno fangoso, in salita o in ingresso e ancor di più all’uscita di una curva stretta si dovrà accorciare il passo per rilanciare la propria andatura. Una particolare attenzione va anche riservata alla tipologia delle scarpe, rigorosamente chiodate ma con soli 4 chiodi per evitare l'effetto "zoccolo" e non quelle a 6/7 chiodi che si usano solitamente in pista.
Il cross, lo si dice in molte occasioni e secondo diverse prospettive, è formativo. Il suo valore, da un punto di vista strettamente tecnico, è dato proprio dal permettere lo sviluppo di alcune abilità che risultano fondamentali per il mezzofondista. Proprio per questa ragione tutti i corridori di resistenza, almeno durante l’inverno, dovrebbero provare questo validissimo, e per certi versi insostituibile, mezzo di allenamento.