INTERVAL TRAINING
La sua traduzione letterale è allenamento con intervallo o allenamento a intervalli abbreviato con IT.
E’ una tecnica di allenamento usata spesso in atletica leggera. Questa alternanza di esercizi eseguiti ad altà intensità (superiori alla soglia anaerobica) intervallati da esercizi ad un’intensità minore (inferiore alla soglia anaerobica), stimola sia il metabolismo aerobico che quello anaerobico.
Obiettivo principale di questo tipo di allenamento è:
migliorare la propria potenza aerobica ottenendo un incremento della propria velocità di corsa.
L’uso corretto dell’IT consente miglioramenti sia a livello muscolare sia a livello cardiocircolatorio. A livello muscolare ciò è dovuto al coinvolgimento (grazie all’utilizzo del processo di metabolismo anaerobico) delle fibre muscolari pallide-veloci che produce come conseguenza un aumento della forza muscolare.
A livello cardiocircolatorio i miglioramenti sono dovuti al graduale aumento delle dimensioni delle cavità cardiache che genera il conseguente aumento della gittata cardiaca (il cuore ad ogni pulsazione pompa una quantità maggiore di sangue).
Questo tipo di allenamento quindi sviluppa il massimo consumo d’ossigeno (VO2max), migliora la capacità di gestione dell’acido lattico, migliora lo stile di corsa perché l’atleta è costretto ad utilizzare polpacci e reattività dei piedi-caviglie per mantenere sostenuta la velocità di corsa durante l’esecuzione delle ripetute stesse.
L’Interval Training si assomiglia molto a quello delle prove ripetute dove troviamo un valore di N (numero di frazioni ripetute) e una L (lunghezza della prova ripetuta di solito distanze che variano dai 100 ai 400 mt.).
Le vere differenze rispetto alle prove ripetute stanno nella durata del recupero (nell’IT il recupero non supera la stessa durata della prova, anzi negli atleti più evoluti può arrivare anche ai 2/3 o un mezzo del tempo della prova di sforzo) ma soprattutto nel tipo di recupero. Nel nostro caso il recupero verrà effettuato a corsa lenta o corsa media mentre nella tipologia delle prove ripetute il recupero viene proposto con corsa in souplesse o addirittura da fermo.
Logicamente una seduta di allenamento di questo tipo va sempre preceduta da un buon riscaldamento (almeno 15/20 minuti) e dai soliti esercizi di streching ed allunghi. Non è una tipologia di allenamento adatta ai principianti o per quei atleti con scarsa esperienza perché c’è il forte rischio di sovra affaticamento.
Uno schema di massima in funzione delle prove per le distanze di gare che si vorrebbe allenare potrebbe essere questo:
Gara 1500mt. 10 x 200mt (al ritmo del vostro PB sui 1000 mt) con recupero 200 mt a Fondo Lento.
Gara 5000mt. 12 x 400mt (al ritmo del vostro PB sui 3000mt) con recupero 200 mt a Fondo Lento.
Gara 10000mt. 25 x 400mt (al ritmo del vostro PB sui 10000mt) con recupero 200/300 mt a FLento.
Il vecchio adagio che conta più la qualità della quantità è vero anche quando si corre.
A livello di atleti elite il massimo consumo di ossigeno e la capacità di utilizzarne la frazione più alta per tempi prolungati sono sempre stati considerati determinanti ai fini del successo nelle competizioni di resistenza. Per molti amatori, che non sempre conoscono il valore del VO2Max e loro frazioni, si dà spesso molta importanza alla resistenza e poco all’economia del gesto atletico. Da qui ne derivano molto spesso volumi di allenamento elevati impostati molto più sulla quantità che non sulla qualità.
Spesso, proporre ai nostri amatori, di ridurre i chilometri settimanali in alcuni casi sembra equivalente a togliere loro l’ossigeno. Molti sono abituati a macinare chilometri su chilometri concentrati solo sul volume complessivo. Inserire allenamenti di qualità di 35/40 minuti a volte sembra quasi un’offesa. Due tipi di lavoro che potrebbero dare maggiori benefici a fronte di un investimento di tempo ridotto sono gli sprint brevi a intensità massimale e gli esercizi di pliometria. Il primo sicuramente più semplice da svolgere rispetto al secondo.
L’allenamento pliometrico, introdotto negli anni 70, prevede la rapida successione di una contrazione concentrica ad una eccentrica. L’obiettivo è lo sviluppo della forza muscolare. I salti, squat jump, affondi pliometrici sono gli esempi più comuni di questo tipo di esercizi, si tratta,però, di esercitazioni molto impegnative che, se non svolte in modo adeguato, possono talora causare infortuni. Gli “sprint massimale”, invece, replicano il gesto specifico della corsa, per poter raggiungere in pochi secondi il massimo della velocità costringono alla ricerca del miglior movimento possibile e soprattutto alla spinta più efficace. Due aspetti che, con il passare del tempo, influenzano positivamente anche la tecnica di corsa. Non dobbiamo dimenticare che, anche migliorando solamente il gesto tecnico, si possono guadagnare più secondi al chilometro risparmiando così tanti allenamenti settimanali.
Gli allenamenti di sprint massimali si possono inserire nella fase iniziale di preparazione durante la creazione della base aerobica. Cura bene la parte di riscaldamento e ricorda sempre questa regola: più corto e veloce è un allenamento (o una gara) più lungo e più curato dovrà essere il riscaldamento. Un allenamento di questo tipo è da svolgere almeno una volta la settimana. Una sessione di forza e qualità come questa deve essere affrontata in freschezza atletica, quindi mai dopo allenamenti lunghi ed impegnativi fatti il giorno prima. Un protocollo molto semplice potrebbe essere sviluppato in un periodo compreso tra sei e otto settimane. Si potrebbe iniziare con sprint di trenta o quaranta metri al massimo per arrivare fino a cinquanta o sessanta metri alla fine del periodo. Iniziare con una base di 3 serie da 4 sprint da trenta metri. Almeno un minuto di recupero tra uno sprint e l’altro e cinque minuti tra una serie e l’altra. Con il passare delle settimane si aumenta di una volta il numero di serie e poi la distanza ripartendo dal numero di serie iniziale.
Questo tipo di allenamento si è dimostrato efficace per migliorare le prestazioni su 10 chilometri di corsa. L’aspetto più importante che si devi considerare è la possibilità di abbassare i tempi in gara a fronte di un volume di allenamento settimanale inferiore. Il lavoro di forza esplosiva stimolato tramite questi sprint massimali molto brevi è in grado di produrre benefici superiori a quelli prodotti da allenamenti svolti senza un obiettivo preciso in termini di stimoli muscolari o metabolici. Questo è un esempio di allenamento che dimostra che non è necessario concentrarsi solo sul volume complessivo di allenamento.
Alla scoperta dell’interval training con coach Rondelli: intensità, potenza e crescita muscolare.
In questo quarto articolo tecnico parliamo di uno degli allenamenti più storici legati al mondo della corsa: l’interval training. Allenamento usato in tante altre discipline sportive. In primis nel nuoto.
LA NASCITA – L’interval training ha radici lontanissime. Nasce il Germania verso il 1930. Ad idearlo è il dott. Woldemar Gerschler con il supporto del cardiologo Herbert Reindel. I due scienziati, prendendo come mezzo di riferimento le frequenze pulsatorie, ideano un allenamento in cui la frazione veloce di corsa, compresa fra 100 e 400 metri, elevi il battito cardiaco sino a 180 pulsazioni ed il tratto di recupero, effettuato in souplesse, riporti il cuore a 120 pulsazioni prima di ripartire per la successiva prova veloce.
RUDOLF HARBIG – La dimostrazione più eclatante della bontà dell’interval training arriva nel 1939 quando, all’Arena di Milano, nel corso di Italia-Germania, il mezzofondista tedesco Rudolf Harbig, allenato proprio da Woldemar Gerschler, polverizza il primato mondiale degli 800 con un fantastico 1.46.6. Nella sua scia l’azzurro Mario Lanzi stabilì il primato italiano con 1.49.2.
AI RAGGI X – Entriamo invece nel dettaglio del moderno interval training che da tempo non si basa più sul concetto pulsatorio dei 180/120 battiti giudicandolo superato per il principio del sovraccarico che sta alla base di quasi tutti gli allenamenti di qualità. Al riguardo si possono evidenziare finalità e protocolli di esecuzione dell’interval training attuale. A) In primis è un allenamento che prevede tratti effettuati ad intensità medio elevata a tratti di minore intensità. B) Nelle parti più veloci si va oltre la soglia anaerobica, in quelle più lente si sta sotto. C) Ecco quindi che l’interval training stimolando sia il meccanismo aerobico che anaerobico migliora di fatto la potenza aerobica. D) Nelle parti più veloci che attivano le fibre veloci si verifica anche una crescita muscolare. E) Durante tutto l’allenamento il cuore, migliorando la propria gittata, stimola di fatto tutto il sistema cardiocircolatorio.
PROTOCOLLO DI ALLENAMENTO – Una classica seduta di interval training prevede sempre un elevato numero, di solito fra 15 o 20, ma anche oltre, di ripetizioni a velocità medio- elevate. Sempre su frazioni di pista comprese fra 100 e 400 metri con recupero in souplesse lenta della lunghezza della prova, oppure anche più ridotta di un terzo in base al livello tecnico dell’atleta.
Esempi: 12 x 200 metri rec. 200 metri x i 1500 metri .
Oppure 15 x 400 metri rec.200 metri per i 5000 metri.
Sino ad arrivare a 25 x 400 metri, sempre con recupero di 200 metri, per i 10.000 metri.
QUANDO E CON CHI – Per la sua struttura di lavoro e le sue finalità l’interval training è un allenamento che si può fare durante tutto l’anno. Logicamente evitando carichi notevoli in prossimità di gare importanti. Allenamento di difficile attuazione invece con i ragazzi più giovani per la loro difficoltà nel gestire le due differenti velocità di corsa della parte più intensa e del relativo recupero. Volendolo comunque fare fare l’ideale sarebbe quello di affiancare al giovane allievo un atleta esperto che lo aiuti a gestire i due ritmi di lavoro.
ASPETTO MENTALE – Al di là delle sue valenze fisiologiche e muscolari l’interval training è anche un allenamento molto formativo sotto l’aspetto mentale. Ideale per abituare gli atleti ad affrontare e sopportare la fatica di una seduta di allenamento comunque sempre piuttosto lunga ed impegnativa per la sue modalità di esecuzione.
Giorgio Rondelli 21 febbraio 2021.
Da tanti anni i mezzi di allenamento sono sempre gli stessi. Magari possono variare le intensità dei lavori, ma i protocolli di esecuzione sono sempre gli stessi. Prendiamo per esempio tre allenamenti cardine nella preparazione dei mezzofondisti e fondisti di tutto il mondo. Vedi l'interval training, la resistenza lattacida ed il fartlek. Proviamo ad ipotizzare uno stesso tipo di seduta per tutti questi tre lavori: vedi un 15 x 200 metri con recupero attivo di 200 metri. Entriamo nei particolari.
Interval training: se il mio scopo è realizzare una seduta di interval training, (allenamento nato in Germania negli anni 30 del secolo scorso) due sono i parametri da rispettare al di là del numero delle prove sopraindicato : A) la velocità delle ripetute sui 200 metri che deve essere di media intensità. B) il recupero che deve attivo con una velocità di corsa uguale almeno al fondo lento. Con questo schema di lavoro l'interval training rimane un lavoro principalmente aerobico che ha lo scopo di migliorare la soglia anaerobica ed il massimo consumo d'ossigeno.
Resistenza lattacida: Se il mio scopo è, invece, quello di realizzare una seduta per migliorare la resistenza lattacida, lo stesso tipo di lavoro di 15 x 200 metri con recupero attivo di 200 metri ha invece finalità molto diverse perché la variabile diventa l'intensità dei 200 metri veloci. Allenamento che quindi va a migliorare la capacità di resistere ad un progressivo accumulo di acido lattico stimolando l'utilizzo degli scarti metabolici. In pratica vuol dire allenarsi in condizioni muscolari critiche. Quindi una seduta di resistenza lattacida è mirata a migliorare il meccanismo anaerobico
Fartlek: se l'interval training di medio livello e la resistenza lattacida hanno protocolli di lavoro ben precisi il fartlek, allenamento esploso in Scandinavia a metà del secolo scorso, ha invece protocolli di utilizzo quanto mai variabili. Per cui a seconda dell'intensità della prova veloce e di quella del tratto di recupero il fartlek può essere alternativamente un ulteriore mezzo di sviluppo della potenza aerobica oppure diventare un allenamento molto impegnativo sul fronte anaerobico-lattacido. Infatti mentre nelle due precedenti sedute di lavoro di interval training e resistenza lattacida troviamo un protocollo di lavoro fisso vedi: (per l'Interval Training) una intensità di prove medio elevata con un recupero attivo ma non velocissimo e vedi: (per la resistenza lattacida) un' intensità molto elevata ed un recupero attivo ma non velocissimo per il fartlek le opzioni si moltiplicano. La variazione veloce può essere di bassa, media ed alta intensità. Cosi come il tratto di recupero. Con questo protocollo multidimensionale il fartlek può così essere un allenamento totalmente aerobico o diventare di colpo un allenamento esasperatamente anaerobico-lattacido. Fra i tre presi in esame il fartlek è certamente quello più moderno. Ma per arrivare a gestirlo al meglio ci vogliono atleti di una certa maturità ed esperienza.