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Introduzione

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La violenza contro le donne rappresenta una tragica costante nella nostra quotidianità: i femminicidi si susseguono l’uno all’altro, in un percorso che non sembra reversibile. Le radici di questa amara realtà sono radicate nelle epoche più antiche. Nella società patriarcale della Roma antica, gli uomini avevano il controllo sulla vita delle donne, e anche sulla loro morte. Le fonti raccontano di donne uccise per difendere l’onore della famiglia o perchè sacrificabili pedine nelle relazioni di potere. Ma quando giustizia sarà fatta? Oggi cos’è cambiato? 


Autrici: Professoressa Francesca Rohr, Professoressa Alessandra Valentini.

Montaggio e produzione: Thomas Marampon, Elena Missaggia. 

Voci: Camilla Baldovin (narratrice), Paola Cappon (narratrice), Marta Madonia (citazioni), Valentina Meganziol (narratrice).

Introduzione (trascrizione italiano)

Sigla. Benvenuta o benvenuto, questo è MATRONAE, il podcast che restituisce la voce alle donne dell’antica Roma.

 

Narratore. La violenza contro le donne rappresenta una tragica costante nella nostra quotidianità: i femminicidi si susseguono l’uno all’altro, in un percorso che non sembra reversibile. L’opinione pubblica reagisce con forza all’orrore. 

La legislazione in Italia è cambiata a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso: nel 1981 sono stati aboliti il delitto d’onore e il matrimonio di riparazione; dal 1996 lo stupro non è più reato contro la morale e il buon costume, ma contro la persona. 

Tragici episodi della nostra storia hanno scosso le coscienze: il rifiuto di Franca Viola del matrimonio riparatore proposto dal suo violentatore nel 1965; il massacro del Circeo nel 1975; il processo contro gli stupratori di “Fiorella” rappresentata da Tina Lagostena Bassi del 1979, mandato in onda sulle reti della televisione di Stato.

Il preambolo della Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, adottata dall’Assemblea generale dell’Onu nel 1993 afferma chiaramente il richiamo alla storia quando si parla di violenza di genere:

 

«La violenza contro le donne è una manifestazione delle relazioni di potere storicamente disuguali tra uomini e donne, che ha portato alla dominazione e alla discriminazione contro le donne da parte degli uomini e ha impedito il pieno avanzamento delle donne, e che la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini.» (Assemblea generale dell’Onu, 1993)

 

 

Narratore. La violenza contro le donne costituisce, quindi, una “manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi”. Questa definizione è stata ribadita nella Convenzione di Istanbul del 2011: la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Essa riconferma la dimensione storica del fenomeno: la violenza di genere nella società contemporanea viene da lontano, è lo strumento attraverso cui gli uomini, in quanto appartenenti al genere maschile, riaffermano la diseguaglianza storica tra i sessi.

 

Il mondo romano rappresenta le radici culturali della società occidentale. La società patriarcale riconosceva al pater familias pieni poteri sui membri del suo nucleo familiare. Le donne della famiglia erano sottoposte alla sua manus, cioè alla sua autorità giuridica, che gli consentiva ampi spazi di azione fino a poter determinare anche l’eliminazione fisica dei propri parenti sottoposti alla sua autorità. La violenza sulle donne era una realtà molto diffusa presso i ceti subalterni e soprattutto nei confronti degli schiavi e delle schiave, di proprietà del dominus, il padrone, ma è attestata anche presso i ceti elevati. La morale comune in numerosi casi giustificava comportamenti aggressivi da parte degli uomini nei confronti delle donne, fino alla loro morte, poiché la violenza perpetrata nei loro confronti costituiva un correttivo socialmente consentito per riaffermare il diritto del pater familias e degli uomini della propria famiglia sulle donne e ribadirne la subalternità.

 

[intermezzo musicale]

 

Narratore. I racconti leggendari offrono preziose chiavi di lettura per comprendere i princìpi fondanti della società romana. Essi non raccontano episodi storici. Vengono composti per due finalità: testimoniare avvenimenti complessi in una forma più agevole da comprendere e definire i riferimenti etici per i cittadini. 

Ogni racconto leggendario, infatti, così come ci è noto dalle fonti letterarie, è l’esito di un lungo processo di costruzione: su un nucleo originario si innestano progressivamente elementi nuovi e varianti diverse. La società romana, infatti, cambia nel tempo: pur in una tendenza generale alla valorizzazione del passato, mutano alcuni valori di riferimento e alcune pratiche, in conseguenza delle trasformazioni politiche, sociali, economiche. 

 

La leggenda colloca nelle età più antiche, e per questo più autorevoli secondo la visione dei Romani, le origini di comportamenti e regole; pertanto in ogni epoca si inseriscono nella leggenda originaria elementi nuovi, spin off potremmo dire, per giustificare prassi e visioni in realtà esito di trasformazioni recenti come se fossero antiche. Se consideriamo, ad esempio, la leggenda del ratto delle Sabine, essa così come la leggiamo nelle fonti di età augustea che la riportano nella forma più completa, risponde a due obiettivi: da un lato raccontare in forma semplificata la fusione di Latini e Sabini da cui nacque Roma; dall’altro definire i ruoli fondamentali per le donne nella comunità, ovvero essere mogli e madri. L’insistenza sul matrimonio e sulla maternità come dovere primario delle donne riflette l’esigenza dei Romani, costante nella loro storia, di crescere, generazione dopo generazione; ma risponde a una delle linee programmatiche del principato di Augusto, tempo in cui la leggenda delle Sabine fu perfezionata: dopo le guerre civili della tarda repubblica Roma doveva far fronte a una grave crisi demografica; era necessario valorizzare l’istituto del matrimonio per assicurare l’ordine sociale; si doveva creare una nuova classe dirigente, proprio attraverso le nozze tra gli esponenti dell’antica aristocrazia e quelli dei ceti nuovi.

 

La leggenda testimonia casi diversi di violenza contro le donne. Fornisce preziose risposte a importanti interrogativi: si trattava di una pratica giustificata? Quali argomenti legittimavano la violenza contro le donne? L’aggressione nei confronti di donne appartenenti all’élite e di donne posizionate nei livelli inferiori della scala sociale doveva essere valutata diversamente? A quali obiettivi rispondeva la violenza contro le donne in storie destinate a divenire modelli di comportamento?

 

[intermezzo musicale]

 

Narratore. Le fonti antiche raccontano anche episodi storici di violenza contro le donne nella società romana. Essi illustrano la prassi e l’applicazione o la mancata applicazione delle linee guida definite dalle leggende e quindi dal modello trasmesso loro tramite. In quali contesti, pubblici o privati, si produceva la violenza contro le donne? A quali categorie appartenevano le vittime e a quali i carnefici? Quali rapporti personali intercorrevano tra le une e gli altri? Come venivano giudicati e come venivano puniti gli atti di violenza contro le donne?

 

[intermezzo musicale]

 

Narratore. In tutte le società la mentalità si traduce in comportamenti, in ogni tempo. La legislazione ha un ruolo fondamentale nella prevenzione e nel perseguimento; ma per contrastare il fenomeno della violenza contro le donne è necessario intervenire anche sulla coscienza di sé e degli altri. La conoscenza è uno strumento ineludibile e potente per formare il pensiero. La violenza contro le donne nel mondo romano, che rappresenta il nostro passato, è una lente importante per guardare con consapevolezza al nostro presente.

 

Titoli di coda. Podcast prodotto dall'Università Ca' Foscari di Venezia, GIEFFRA e VeDPH, all’interno del progetto PRINN 2022 “Etiamego. Violence against women in ancient Rome: historical perspectives and symbolic construction”.

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