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Durante le guerra contro Sabini ed Equi, gli uomini romani partono per il campo di battaglia, lasciando le loro famiglie indifese. A Roma, le donne, prive della protezione maschile, si trovano in pericolo. Virginia, una giovane plebea, viene intrappolata in queste dinamiche di potere: Appio la reclama come sua schiava e le suppliche del padre non riescono a salvarla. Con l’onore di Virginia in bilico, l’unica soluzione sembra essere la morte.
Autrici e autori: Paola Cappon, Anna Clara Maniero Azzolini, Nicolò Romei, Asia Rossetti.
Montaggio e produzione: Thomas Marampon, Elena Missaggia.
Voci: Giovanni Dal Pane (Appio Claudio), Anna Clara Maniero Azzolini (narratrice), Thomas Marampon (Icilio), Marco Nardini (Livio), Nicolò Romei (Machiavelli, Alfieri, Leopardi), Asia Rossetti (narratrice), Andrea Stefani (Dionigi di Alicarnasso), Francesco Vedovo (Virginio).
Sigla. Benvenuto o benvenuta, questo è MATRONAE, il podcast che restituisce la voce alle donne dell’antica Roma. In questo episodio parleremo di Virginia, una donna uccisa dal suo stesso padre, per fuggire a una violenza.
[suoni: rumore di assemblee]
Leopardi.
«a me s’appresti
la tomba, anzi che l’empio letto
del tiranno m’accoglia.»
(Leopardi, Canti, IV)
Narratore. È Giacomo Leopardi a cogliere, per le nozze della sorella Paolina, il silenzio di una donna divenuta esempio di virtù, una donna che non poté scegliere il proprio destino, che morì per mano del suo stesso padre. Il suo nome era Virginia, ricordata da Leopardi perché preferì morire piuttosto che essere violata.
Ma facciamo un passo indietro.
[intermezzo musicale]
Narratore. Nel 451 a.C. Roma era attraversata da un lungo conflitto interno: si contrapponevano da cinquant’anni due classi sociali, i patrizi, ovvero coloro che detenevano il potere, e i plebei, gruppo che comprendeva cittadini ricchi e poveri, non aristocratici ed esclusi dalla gestione del potere. La lotta tra i due gruppi prese forme diverse: veri e propri scontri, rivendicazioni, secessioni. I plebei combattevano per obiettivi differenti, tra cui la stesura per iscritto delle leggi, fino a quel momento note solo i patrizi, che le imparavano a memoria.
Una soluzione ai problemi interni sembrò essere l’istituzione di un collegio composto da dieci uomini incaricati di scrivere le leggi. Tra questi, vi era Appio Claudio Crasso, un patrizio ambizioso che godeva di un forte sostegno popolare.
Racconta lo storico greco Dionigi di Alicarnasso:
Dionigi di Alicarnasso. «Quell’anno parve che Roma, con i decemviri, avesse la miglior amministrazione: di loro si apprezzavano soprattutto la premura verso i plebei e la difesa dei più deboli contro ogni tipo di violenza.» (X, 57)
Narratore. Lo storico racconta le azioni politiche attuate dai decemviri, la più importante delle quali fu la creazione di dieci tavole di leggi. I decemviri avevano giurato di deporre la propria carica al termine dell’anno, ma le cose andarono diversamente.
Le fonti ci raccontano che Appio Claudio mutò il proprio atteggiamento, accecato dalla sete di potere. Lo storico latino Tito Livio riferisce:
Livio. «Così Appio finì di portare una maschera che non gli si addiceva. Da quel momento egli cominciò a vivere a modo proprio, e a conformare ai suoi costumi, i nuovi colleghi prima ancora che entrassero in carica.»
Narratore. Il primo collegio si dimise e ne fu eletto uno nuovo, costituito da nuovi magistrati: il solo componente che rimase in carica fu proprio Appio Claudio. Nei tribunali i dieci sentenziavano, esiliavano, assolvevano, condannavano a loro piacere. Tradito, il popolo perse la fiducia nei suoi magistrati, molti scapparono in attesa dello scadere dell’anno, altri, minacciati, si videro costretti a supportare il nuovo regime.
[suoni: rumore di assemblea]
Narratore. La debolezza della situazione interna a Roma fu evidente anche ai suoi nemici. Sabini ed Equi, popoli confinanti con i romani, decisero di approfittare del momento critico della città per sferrare un decisivo attacco. Si combatté una guerra, un buon modo per distrarre la cittadinanza dai problemi interni. Ed è qui che comincia la storia di Virginia.
[intermezzo musicale]
Narratore. Virginia fu una giovane donna di origine plebea. È il suo stesso nome, derivato dal gentilizio paterno come tradizione, a suggerire che era figlia di Lucio Virginio, uomo di saldi principi che comandava una centuria sul fiume Algido. Virginio, padre della ragazza, partecipò alla guerra contro Sabini ed Equi e la sua lontananza fu causa di molte disgrazie per la ragazza, che si trovò sola e senza protezione: una condizione non certo auspicabile per una giovane donna romana nubile in un regime di uomini ‘tiranni’.
[intermezzo musicale]
Narratore. Di lei, lo storico latino Tito Livio ricorda sopra ogni cosa l’estremo pudore, il suo essere “in età da marito e di straordinaria bellezza”. Come per ogni giovane donna romana, anche il destino di Virginia era già stato scritto: avrebbe dovuto legarsi ad un uomo attraverso il matrimonio, un vincolo che consegnava la sposa alla piena autorità del marito. Così Virginia era stata promessa all’ex tribuno della plebe Lucio Icilio, distintosi nelle lotte a favore dei plebei. La promessa di una vita serena fu sottratta a Virginia il giorno in cui lo sguardo e la cupidigia del decemviro Appio Claudio si posarono su di lei. Ricorda lo storico Tito Livio:
Livio. «Appio, folle d’amore, dopo aver tentato invano di sedurre con denaro e con promesse la fanciulla affidò al suo cliente, ossia protetto, Marco Claudio l’incarico di reclamarla come sua schiava [...], ritenendo di poter commettere questo sopruso dato che il padre della fanciulla era assente.» (Livio III, 44)
Narratore. Durante la monarchia e agli albori della repubblica, gli schiavi romani non godevano di alcun diritto. Erano considerati al pari di oggetti dei quali il padrone poteva disporre come preferiva. Per Appio Claudio dichiarare che Virginia era una sua schiava equivaleva a sancire il diritto di poter fare di lei ciò che voleva.
Mentre la fanciulla si recava al foro accompagnata dalla sua nutrice, il complice di Appio Claudio, Marco Claudio, la toccò in modo da dichiararla schiava nata da una sua schiava, e le ordinò di seguirlo. È ancora lo storico Livio a raccontare la vicenda:
Livio. «Pavida puella stupente ... Ad clamorem nutricis fit concursus.» “La povera fanciulla rimase sbigottita, mentre alle grida della nutrice accorreva una gran folla.”
[silenzio di Virginia], [rumore di folla]
Narratore. I nomi di Virginio, il padre, e del fidanzato Icilio, cari al popolo, correvano sulle bocche di tutti. Appio nel frattempo citò la fanciulla in giudizio, ed espose al giudice la storia che aveva appositamente costruito: la fanciulla, nata in casa sua, era stata portata di nascosto presso Virginio facendogli credere che fosse sua figlia. Ciò che Appio sosteneva in tribunale era che Virginia fosse sua schiava e che per questo dovesse seguire il suo padrone. A nulla servì l’intervento dei difensori della fanciulla, se non ad ottenere che le fosse concessa la libertà provvisoria, sino all’arrivo del padre.
Le parole pronunciate in seguito da Appio Claudio, secondo il resoconto dello storico Tito Livio, ci dimostrano quanto la libertà di una donna romana del V secolo a.C. fosse limitata e sottoposta all’autorità di un uomo, primo fra tutti il pater familias.
Appio. «Coloro che vengono dichiarati liberi hanno uguali diritti davanti alla legge.»
Narratore. Ma nel caso di una donna, questa era sottoposta all'autorità del padre, del marito o…del padrone.
Appio. «Se sarà riconosciuto Virginio padre della ragazza, non vi sarà altra persona cui io debba cederne il possesso. Sia dunque chiamato il padre.»
Narratore. A quel punto intervenne Icilio, fidanzato della ragazza. Livio ne riporta le parole:
Icilio. «Appio, io intendo sposare questa fanciulla e voglio avere una sposa illibata. [...] Se avete tolto alla plebe romana il sostegno dei tribuni e il diritto di appello, non per questo è stato dato alla vostra libidine pieno potere anche sui nostri figli e sulle nostre donne. Infierite pure sulle nostre schiene e sulle nostre teste: ma sia almeno al sicuro la pudicizia. [...] Nel rivendicare la libertà della mia fidanzata mi verrà meno la vita prima della fermezza.» (Livio III, 45)
Narratore. Virginio, padre della ragazza, arrivò al processo e pronunciò un discorso in difesa della figlia, come testimonia lo storico Dionigi:
Virginio. «Non solo a me toccò una figlia di bellezza eccezionale, che Appio tentò di violare alla luce del sole, anche voi avete figlie, mogli, figli di grazioso aspetto. Chi impedirà che questi non subiscano la stessa sorte, ad opera di un altro dei dieci tiranni o dello stesso Appio? Nessuno. A meno che un dio ci garantisca, se voi non vendicate le mie disgrazie, che fatti medesimi non capiteranno anche a molti di voi, e che questa passione erotica dei nostri tiranni si fermerà dopo il caso di mia figlia e rispetterà la castità di tutti gli altri fanciulli e fanciulle! I desideri dei tiranni sono infatti sconfinati, poiché non trovano né legge né paura che li freni. Basta, spezzate una buona volta le vostre catene, datemi una vendetta adeguata e fate in modo di non dover patire uguali sventure! Quale altro motivo di irritazione potrete avere? Tiranni che rapiscono come schiave le figlie dei cittadini e fanno a suon di frusta il loro accompagnamento nuziale!» (Dionigi XI 41,4)
[suoni: grida della folla che acconsente]
Narratore. Nonostante la folla fosse dalla parte di Virginia, Appio, accecato dalla libidine si pronunciò per la schiavitù della fanciulla. In aula calò il silènzio.
[silenzio]
Secondo Livio, Virginio parlò così:
Virginio. «Non a te Appio ho promesso mia figlia. L’ho educata alle nozze non allo stupro.» (Livio III, 47)
Narratore. Resosi conto di non poter fare più nulla per salvare Virginia da un destino di schiavitù, Virginio chiese ad Appio il permesso di parlare privatamente con la figlia. Ma le sue intenzioni erano ben altre.
[suspence]
Narratore. Il padre condusse la figlia al tempio di Venere Cloacina, divinità dell’amore fisico; sotto la veste nascondeva un coltello da macellaio e disse:
Virginio. «Figlia, nell’unico modo che mi è possibile ti riscatto.» (Livio III, 48) «Ultimo pegno d'amor ricevi — libertade, e morte.» (Alfieri, Virginia V, 4).
[suoni:spada di Virginio]
Narratore. Nello sconforto, Virginio maledisse Appio. Livio racconta ancora:
Virginio. «Te, inquit, Appi, tuumque caput sanguine hoc consecro.» “Con questo sangue io consacro te, Appio, e la tua testa agli dèi infernali!” (Livio III, 48)
[Musica tragica]
Narratore. Il padre uccise la figlia perché era consapevole del fatto che la perdita dell’onore sarebbe stata per Virginia una condizione irrimediabile.
[Silenzio]
Nel totale turbamento provocato dall’assassinio, Appio ordinò l’arresto di Virginio che impugnò le armi insieme ai suoi sostenitori. Il corpo di Virginia fu esposto per chiamare vendetta. Fu l’inizio di una rivolta.
È Livio a raccontare fatti e motivazioni:
Livio. «La folla insorge, in parte per l’atrocità del misfatto, in parte per la speranza che quella fosse l’occasione buona per riconquistare la libertà.» (Livio III, 49).
Narratore. E così fu. Virginia divenne parte inconsapevole di un moto popolare che mirava al ristabilimento delle cariche repubblicane al tempo della pace interna. Il popolo cacciò i tiranni e ripristinò la repubblica.
Nel corso della storia Virginia fu ricordata come esempio di virtù. Ma vi fu chi come Machiavelli disse:
Machiavelli. «Prima, si vede come le donne sono state cagioni di molte rovine, e hanno fatto gran danni a quegli che governano una città, e hanno causato di molte divisioni, e come si è veduto in questa nostra istoria, come il fatto contro a Virginia privò i Dieci della loro autorità.»
Narratore. Vi fu anche chi, come Alfieri, la definì nelle sue parole:
Alfieri. «Innocente libera fanciulla.» (Alfieri, Virginia III, 3)
Narratore. E per noi, donne e uomini del XXI secolo, Virginia è davvero innocente. E così volle raccontarla Livio che, quattro secoli dopo, costruì per il suo pubblico un modello di comportamento per le donne in linea con la politica moralizzante di Augusto. Livio creò l’esempio di una donna pudica, in cerca di una libertà nell’unico modo che le era possibile: l’accettazione della morte.
[musica tragica]
Verrebbe naturale chiedersi il motivo del silenzio di Virginia. La risposta sta nelle consuetudini romane: Virginia, donna modello, tace perché si trova in un contesto pubblico, dove il diritto di parlare è riservato solo agli uomini. Il dolore di una donna romana si esprimeva tramite il pianto, e niente più.
L’azione di Virginio non può che suscitare in noi un sentimento di orrore e disapprovazione. Ma non dobbiamo dimenticare che agli occhi di un romano, le scelte di Virginio e il comportamento remissivo di Virginia erano un esempio di virtù e l’applicazione di un preciso codice etico. Virginia è casta, pudica, silente, obbediente. Virginio è un padre amorevole e un cittadino romano: entrambi agiscono come un romano avrebbe dovuto agire.
Secondo il costume romano, se una donna avesse giaciuto al di fuori del matrimonio con un uomo (e nulla importava se fosse un atto consensuale o meno), la sua castitas, ossia la totale fedeltà al marito, sarebbe stata compromessa perché il suo corpo sarebbe stato profanato in modo irrimediabile. Sarebbe venuta meno la certezza sulla paternità dei figli. Virginia non avrebbe potuto sposare Icilio, né alcun altro uomo, perché insieme alla castitas aveva perso l’onore e la sua posizione sociale. Quale altro ruolo dunque le si prospettava? Una donna che non può generare figli non ha spazio nella comunità.
Titoli di coda. Podcast prodotto dall'Università Ca' Foscari di Venezia, GIEFFRA e VeDPH, all’interno del progetto PRINN 2022 “Etiamego. Violence against women in ancient Rome: historical perspectives and symbolic construction”.
Bibliografia di riferimento
Dionigi di Alicarnasso X, 57; XI 41, 4.
Livio III, 44 - 49.
Alfieri, Virginia, III, 3 - 4.
Leopardi, Canti, IV.
Ashmore, M. (2015) Rape Culture in Ancient Rome. New London.
Boels-Janssen, N. (2010) Le statut matronal, enjeu du conflit entre la plèbe et le patriciat?
Revue des Etudes Latine 88, pp. 106-123.
Cantarella, E. (2016) Tacita Muta. Donne romana da Tacita a Sulpicia. Milano.
Di Bella, F. (2012) La donna nella storia e nella società romana: da Romolo all'età di Nerone.
Macerata.
Kalnin-Maggiori, H. (2006) «Une virgo offerte aux dieux et à la libertas: Virginie, figure féminine silencieuse (Liv. 3, 44-48)». Eyphrosyne n.s. 34, pp. 289-302.
Pasqualini, A. (2015) Femminicidio e Stalking nell'antica Roma. Donne nell’antichità: figlie, mogli, sorelle, madri, streghe, sante, Forma Vrbis XX, 3, marzo 2015, pp. 29-32.
Valentini, A. (2012) Matronae tra novitas e mos maiorum. Venezia.
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