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Agli albori della sua storia, Roma è ancora un villaggio e Romolo compie un atto audace: rapisce le donne sabine per farle diventare mogli e madri di una nuova generazione di Romani. Questo rapimento scatena una feroce guerra, con i Sabini decisi a riprendersi le loro figlie a qualsiasi costo. Ma in questa guerra c’è un’altra protagonista: Tarpea, una donna romana ingannata dal re sabino con promesse di oro e amore. Sperando di ottenere la sua ricompensa, Tarpea apre le porte di Roma ai nemici, ma la sua fine è tragica: uccisa dall’uomo che l’aveva manipolata fin dall’inizio.
Autrici e autori: Lucia Ceradini, Marta Madonia, Anna Sembenini, Francesco Vedovo.
Montaggio e produzione: Thomas Marampon, Elena Missaggia.
Voci: Giovanni Dal Pane (Tazio), Lucia Ceradini (narratrice), Marta Madonia (Tarpea), Marco Nardini (Livio), Anna Sembenini (narratrice), Andrea Stefani (Dionigi), Francesco Vedovo (Properio).
Sigla. Benvenuto o benvenuta, questo è MATRONAE, il podcast che restituisce la voce alle donne dell’antica Roma. In questo episodio parleremo di Tarpea, una fanciulla corrotta dai nemici sabini e da loro brutalmente uccisa.
Narratore. Agli albori della sua storia, prima di diventare la grande potenza che tutti conosciamo, Roma era poco più di un villaggio. Per potersi imporre sul Lazio questa comunità di pastori doveva entrare in collisione con i popoli limitrofi. Lo scontro con il vicino popolo sabino giocò un ruolo decisivo nella formazione della città. La memoria di questo conflitto è particolarmente viva nelle fonti antiche, soprattutto a resoconti leggendari.
[suoni: preludio di combattimento]
Narratore. Secondo la leggenda, la città viene fondata da Romolo e dai suoi compagni latini. Essi necessitano di mogli e madri per garantire la continuità e l’ampliamento della comunità. Il primo re, con l’inganno, ordina ai suoi soldati di rapire le donne del vicino popolo dei Sabini. La fusione tra le Sabine e i guerrieri latini porterà alla nascita del primo popolo romano. La reazione di Tito Tazio, re dei Sabini, al rapimento non si fa attendere: stanzia le sue truppe ai piedi della roccaforte romana, presso il colle capitolino, deciso a vendicare l’oltraggio subito.
È in questo contesto che entra in scena il personaggio di Tarpea, che avrebbe svolto un ruolo chiave nel conflitto tra i due popoli e nella loro successiva fusione. La vicenda di Tarpea è ricordata da numerose fonti che però si contraddicono, arrivando a consegnarci un giudizio ambiguo sul suo ruolo nella vicenda.
[suoni: canti epici femminili]
Narratore. Una delle versioni più accreditate è quella dello storico romano Tito Livio, che non menziona Tarpea per nome, ma si riferisce a lei definendola filia virgo, “figlia vergine” di Spurio Tarpeo, guardiano della cittadella sul colle capitolino. In effetti, per la mentalità romana, ricordare il nome femminile non è necessario. La donna era considerata solo in virtù dei propri legami parentali, cioè come membro di una famiglia, non per il suo valore individuale. Con il termine virgo, Livio si limita a indicare la sua condizione femminile, e con il sostantivo filia il legame con il padre Spurio Tarpeo.
[intermezzo musicale]
Narratore. Tarpea incontra il re sabino Tito Tazio alle pendici del Campidoglio. Attratta dai bracciali dorati portati dai guerrieri sabini, Tazio la corrompe offrendole dell’oro se lei avesse accettato di introdurre i Sabini nella cittadella romana. La fanciulla accetta e, condotti i soldati nemici nella rocca capitolina, chiede a Tazio quello che le spetta. Ma il re dei Sabini non mantiene la parola data, e Tarpea va incontro ad un tragico destino: per ordine di Tazio viene seppellita dagli scudi dei nemici.
[intermezzo musicale]
Narratore. Esistono altre versioni di questa vicenda. I motivi che spingono Tarpea ad agire si dividono in tre diverse tradizioni: due la vedono colpevole, ossia di aver tradito il proprio popolo, e la terza innocente, ossia di aver agito nell’interesse di Romani. Livio riferisce una tradizione ‘colpevole’ e una ‘innocente’. Secondo la prima, per la sua avidità di ricchezze Tarpea avrebbe richiesto ai Sabini come compenso, scrive Livio,
Livio. «Quod in sinistris manibus haberent» “Ciò che avevano nella mano sinistra” (Livio, Ab Urbe condita, 1.11.8),
Narratore. Ovvero bracciali d’oro e anelli gemmati. Stando alla seconda versione, invece, con queste stesse parole Tarpea si sarebbe riferita proprio agli scudi dei Sabini, che avrebbe richiesto per disarmare i nemici entrati nella Rocca. Lo storico greco Dionigi di Alicarnasso sostiene questa versione dei fatti: a suo dire, la statua e le offerte dedicate alla fanciulla si spiegano solo con l’innocenza di Tarpea. Dionigi conclude così il proprio ragionamento:
Dionigi di Alicarnasso. «Se fosse morta consegnando la patria ai nemici, non avrebbe avuto né da parte dei suoi concittadini traditi né da parte dei suoi uccisori [tali onori].» (Dionigi di Alicarnasso, II 40)
Narratore. La leggenda di Tarpea è così misteriosa e affascinante da diventare anche soggetto di componimenti poetici. I versi di Properzio, poeta latino del I secolo a.C., ci restituiscono la terza versione della leggenda, elaborata, forse, per meglio incontrare gli interessi politici della sua epoca: all’inizio dell’epoca imperiale infatti Augusto, per rafforzare il proprio potere e la propria politica, e riassestare l’impero dopo le guerre civili, restaura gli antichi valori tradizionali e, con essi, rivisita alcune figure esemplari dell’età monarchica. Così Properzio apre una delle sue elegie:
Properzio. «Canterò il crimine di Tarpea e il suo turpe sepolcro, e la presa dell’antico tempio di Giove.» (Properzio, Elegie, IV, 4 1-2).
Narratore. Secondo la versione del poeta, la fanciulla agisce a danno della propria comunità perché travolta da un’accesa passione per il re nemico. Allora Tarpea avrebbe gridato:
[intermezzo musicale drammatico]
Tarpea. «Fuochi dell’accampamento, quartier generale dell’armata di Tazio, e voi, armi sabine così belle ai miei occhi, possa io sedere, prigioniera, davanti ai vostri Penati, purché, prigioniera, riesca a guardare il volto del mio Tazio!» (Properzio, Elegie, IV, 4 31-34).
Narratore. La fanciulla si sarebbe innamorata di Tito Tazio al punto da esser disposta a tutto pur di farsi amare, persino tradire la propria città ed aprire le porte ai nemici:
Tarpea. «Addio, colli romani, addio, Roma posta sui colli, addio a te, Vesta, che della mia colpa devi provare vergogna!» (Properzio, Elegie IV, 4 35-36).
Narratore. Properzio rilegge la leggenda nell’ottica del suo tempo, inserendo al suo interno aspetti che, per quanto probabilmente anacronistici danno un nuovo valore alla narrazione. Per esempio, è in quest’ottica che va interpretato il fatto che nella rilettura di Properzio, Tarpea sarebbe stata una vestale, una sacerdotessa di Vesta, la dea protettrice di Roma. In quanto vestale il suo comportamento l’avrebbe macchiata di due gravissime colpe: l'aver tradito Roma e l’essere venuta meno al dovere previsto dal suo sacerdozio, la castitas, ossia il mantenimento della verginità. Questo era infatti un valore sacro e imprescindibile per le vestali, che Tarpea infrange quando si innamora di Tito Tazio. Secondo Properzio, il re sabino si rivolge a Tarpea con le parole:
Tito Tazio. «Sposami e sali sul talamo del mio reame!» (Properzio, Elegie IV, 4 90).
Narratore. Il suo tragico destino diventa la punizione voluta dalla stessa dea per il suo scellerato gesto. Come le sacerdotesse di Vesta erano sepolte vive se perdevano la loro verginità, così Tarpea morirà soffocata sotto il peso degli scudi sabini.
[suoni: scudi metallici, urlo di una donna]
Le tre versioni, pur diverse nel raccontare le motivazioni di Tarpea, coincidono nel testimoniare la sua fine. Properzio conclude così il suo componimento:
Properzio. «Dopo tali parole, la seppellì sotto un cumulo d’armi dei suoi soldati: o vergine, era questa la dote adeguata ai tuoi servigi!» (Properzio, Elegie IV, 4 90-92).
Narratore. Tarpea è quindi da considerare vittima di un’atroce violenza fisica ma anche psicologica, perché vittima dell’inganno del re sabino.
[intermezzo musicale]
Narratore. La figura di Tarpea si è cristallizzata nell’immaginario collettivo romano. Come altre figure femminili di cui ci parlano gli storici antichi dà avvio al cambiamento e simboleggia un punto di svolta nella storia di Roma. Al di là dell’innocenza o della colpevolezza di Tarpea, la sua vicenda determina l’ingresso dei Sabini nella città e avvia il processo di fusione tra Latini e Sabini da cui nascerà Roma. Per questo, le conseguenze delle sue azioni sono positive. Le fonti antiche ritengono le sue azioni necessarie per la formazione della comunità romana delle origini. Probabilmente è per questo motivo che la sua storia viene ricordata anche attraverso le rappresentazioni su alcune monete. La prima moneta risale all’89 a.C., periodo di conflitto con gli alleati italici, mentre la seconda è del 19 a.C. durante il periodo augusteo: entrambi i casi ricordano l’integrazione dei Sabini nella comunità romana delle origini. Questa memoria, affidata a una figura femminile, è coerente con la narrazione storica romana, che collega i cambiamenti sociali e istituzionali ad episodi che hanno come protagoniste donne, spesso vittime di violenza (come, per esempio, è il caso di Lucrezia, la cui violenza subita è motore del passaggio dalla monarchia alla repubblica).
In questa prospettiva deve essere letta la duplice valenza attribuita dalle testimonianze antiche all’episodio di Tarpea.
Titoli di coda. Podcast prodotto dall'Università Ca' Foscari di Venezia, GIEFFRA e VeDPH, all’interno del progetto PRINN 2022 “Etiamego. Violence against women in ancient Rome: historical perspectives and symbolic construction”.
Sigla. Benvenuto o benvenuta, questo è MATRONAE, il podcast che restituisce la voce alle donne dell’antica Roma. In questo episodio parleremo di Tarpea, una fanciulla corrotta dai nemici sabini e da loro brutalmente uccisa.
Narratore. Agli albori della sua storia, prima di diventare la grande potenza che tutti conosciamo, Roma era poco più di un villaggio. Per potersi imporre sul Lazio questa comunità di pastori doveva entrare in collisione con i popoli limitrofi. Lo scontro con il vicino popolo sabino giocò un ruolo decisivo nella formazione della città. La memoria di questo conflitto è particolarmente viva nelle fonti antiche, soprattutto a resoconti leggendari.
[suoni: preludio di combattimento]
Narratore. Secondo la leggenda, la città viene fondata da Romolo e dai suoi compagni latini. Essi necessitano di mogli e madri per garantire la continuità e l’ampliamento della comunità. Il primo re, con l’inganno, ordina ai suoi soldati di rapire le donne del vicino popolo dei Sabini. La fusione tra le Sabine e i guerrieri latini porterà alla nascita del primo popolo romano. La reazione di Tito Tazio, re dei Sabini, al rapimento non si fa attendere: stanzia le sue truppe ai piedi della roccaforte romana, presso il colle capitolino, deciso a vendicare l’oltraggio subito.
È in questo contesto che entra in scena il personaggio di Tarpea, che avrebbe svolto un ruolo chiave nel conflitto tra i due popoli e nella loro successiva fusione. La vicenda di Tarpea è ricordata da numerose fonti che però si contraddicono, arrivando a consegnarci un giudizio ambiguo sul suo ruolo nella vicenda.
[suoni: canti epici femminili]
Narratore. Una delle versioni più accreditate è quella dello storico romano Tito Livio, che non menziona Tarpea per nome, ma si riferisce a lei definendola filia virgo, “figlia vergine” di Spurio Tarpeo, guardiano della cittadella sul colle capitolino. In effetti, per la mentalità romana, ricordare il nome femminile non è necessario. La donna era considerata solo in virtù dei propri legami parentali, cioè come membro di una famiglia, non per il suo valore individuale. Con il termine virgo, Livio si limita a indicare la sua condizione femminile, e con il sostantivo filia il legame con il padre Spurio Tarpeo.
[intermezzo musicale]
Narratore. Tarpea incontra il re sabino Tito Tazio alle pendici del Campidoglio. Attratta dai bracciali dorati portati dai guerrieri sabini, Tazio la corrompe offrendole dell’oro se lei avesse accettato di introdurre i Sabini nella cittadella romana. La fanciulla accetta e, condotti i soldati nemici nella rocca capitolina, chiede a Tazio quello che le spetta. Ma il re dei Sabini non mantiene la parola data, e Tarpea va incontro ad un tragico destino: per ordine di Tazio viene seppellita dagli scudi dei nemici.
[intermezzo musicale]
Narratore. Esistono altre versioni di questa vicenda. I motivi che spingono Tarpea ad agire si dividono in tre diverse tradizioni: due la vedono colpevole, ossia di aver tradito il proprio popolo, e la terza innocente, ossia di aver agito nell’interesse di Romani. Livio riferisce una tradizione ‘colpevole’ e una ‘innocente’. Secondo la prima, per la sua avidità di ricchezze Tarpea avrebbe richiesto ai Sabini come compenso, scrive Livio,
Livio. «Quod in sinistris manibus haberent» “Ciò che avevano nella mano sinistra” (Livio, Ab Urbe condita, 1.11.8),
Narratore. Ovvero bracciali d’oro e anelli gemmati. Stando alla seconda versione, invece, con queste stesse parole Tarpea si sarebbe riferita proprio agli scudi dei Sabini, che avrebbe richiesto per disarmare i nemici entrati nella Rocca. Lo storico greco Dionigi di Alicarnasso sostiene questa versione dei fatti: a suo dire, la statua e le offerte dedicate alla fanciulla si spiegano solo con l’innocenza di Tarpea. Dionigi conclude così il proprio ragionamento:
Dionigi di Alicarnasso. «Se fosse morta consegnando la patria ai nemici, non avrebbe avuto né da parte dei suoi concittadini traditi né da parte dei suoi uccisori [tali onori].» (Dionigi di Alicarnasso, II 40)
Narratore. La leggenda di Tarpea è così misteriosa e affascinante da diventare anche soggetto di componimenti poetici. I versi di Properzio, poeta latino del I secolo a.C., ci restituiscono la terza versione della leggenda, elaborata, forse, per meglio incontrare gli interessi politici della sua epoca: all’inizio dell’epoca imperiale infatti Augusto, per rafforzare il proprio potere e la propria politica, e riassestare l’impero dopo le guerre civili, restaura gli antichi valori tradizionali e, con essi, rivisita alcune figure esemplari dell’età monarchica. Così Properzio apre una delle sue elegie:
Properzio. «Canterò il crimine di Tarpea e il suo turpe sepolcro, e la presa dell’antico tempio di Giove.» (Properzio, Elegie, IV, 4 1-2).
Narratore. Secondo la versione del poeta, la fanciulla agisce a danno della propria comunità perché travolta da un’accesa passione per il re nemico. Allora Tarpea avrebbe gridato:
[intermezzo musicale drammatico]
Tarpea. «Fuochi dell’accampamento, quartier generale dell’armata di Tazio, e voi, armi sabine così belle ai miei occhi, possa io sedere, prigioniera, davanti ai vostri Penati, purché, prigioniera, riesca a guardare il volto del mio Tazio!» (Properzio, Elegie, IV, 4 31-34).
Narratore. La fanciulla si sarebbe innamorata di Tito Tazio al punto da esser disposta a tutto pur di farsi amare, persino tradire la propria città ed aprire le porte ai nemici:
Tarpea. «Addio, colli romani, addio, Roma posta sui colli, addio a te, Vesta, che della mia colpa devi provare vergogna!» (Properzio, Elegie IV, 4 35-36).
Narratore. Properzio rilegge la leggenda nell’ottica del suo tempo, inserendo al suo interno aspetti che, per quanto probabilmente anacronistici danno un nuovo valore alla narrazione. Per esempio, è in quest’ottica che va interpretato il fatto che nella rilettura di Properzio, Tarpea sarebbe stata una vestale, una sacerdotessa di Vesta, la dea protettrice di Roma. In quanto vestale il suo comportamento l’avrebbe macchiata di due gravissime colpe: l'aver tradito Roma e l’essere venuta meno al dovere previsto dal suo sacerdozio, la castitas, ossia il mantenimento della verginità. Questo era infatti un valore sacro e imprescindibile per le vestali, che Tarpea infrange quando si innamora di Tito Tazio. Secondo Properzio, il re sabino si rivolge a Tarpea con le parole:
Tito Tazio. «Sposami e sali sul talamo del mio reame!» (Properzio, Elegie IV, 4 90).
Narratore. Il suo tragico destino diventa la punizione voluta dalla stessa dea per il suo scellerato gesto. Come le sacerdotesse di Vesta erano sepolte vive se perdevano la loro verginità, così Tarpea morirà soffocata sotto il peso degli scudi sabini.
[suoni: scudi metallici, urlo di una donna]
Le tre versioni, pur diverse nel raccontare le motivazioni di Tarpea, coincidono nel testimoniare la sua fine. Properzio conclude così il suo componimento:
Properzio. «Dopo tali parole, la seppellì sotto un cumulo d’armi dei suoi soldati: o vergine, era questa la dote adeguata ai tuoi servigi!» (Properzio, Elegie IV, 4 90-92).
Narratore. Tarpea è quindi da considerare vittima di un’atroce violenza fisica ma anche psicologica, perché vittima dell’inganno del re sabino.
[intermezzo musicale]
Narratore. La figura di Tarpea si è cristallizzata nell’immaginario collettivo romano. Come altre figure femminili di cui ci parlano gli storici antichi dà avvio al cambiamento e simboleggia un punto di svolta nella storia di Roma. Al di là dell’innocenza o della colpevolezza di Tarpea, la sua vicenda determina l’ingresso dei Sabini nella città e avvia il processo di fusione tra Latini e Sabini da cui nascerà Roma. Per questo, le conseguenze delle sue azioni sono positive. Le fonti antiche ritengono le sue azioni necessarie per la formazione della comunità romana delle origini. Probabilmente è per questo motivo che la sua storia viene ricordata anche attraverso le rappresentazioni su alcune monete. La prima moneta risale all’89 a.C., periodo di conflitto con gli alleati italici, mentre la seconda è del 19 a.C. durante il periodo augusteo: entrambi i casi ricordano l’integrazione dei Sabini nella comunità romana delle origini. Questa memoria, affidata a una figura femminile, è coerente con la narrazione storica romana, che collega i cambiamenti sociali e istituzionali ad episodi che hanno come protagoniste donne, spesso vittime di violenza (come, per esempio, è il caso di Lucrezia, la cui violenza subita è motore del passaggio dalla monarchia alla repubblica).
In questa prospettiva deve essere letta la duplice valenza attribuita dalle testimonianze antiche all’episodio di Tarpea.
Titoli di coda. Podcast prodotto dall'Università Ca' Foscari di Venezia, GIEFFRA e VeDPH, all’interno del progetto PRINN 2022 “Etiamego. Violence against women in ancient Rome: historical perspectives and symbolic construction”.
Bibliografia di riferimento
Dionigi di Alicarnasso, II 40.
Livio, Ab Urbe condita, 1, 11, 8.
Properzio, Elegie IV, 4 1 – 2, 31 – 36, 90 – 92.
Garani, M. (2011) Revisiting Tarpeia’s Myth in Propertius (IV, 4). Leeds Internation Classical Studies 10, pp. 1-22.
Ercolani Cocchi, E. (2004) Aeternitas e il crescente lunare in età repubblicana, ovvero la riabilitazione di Tarpeia. In M. Caccamo Caltabiano-D. Castrizio-P. Puglisi (a cura di), La tradizione iconica come fonte storica. Il ruolo della numismatica negli studi di iconografia. Atti del I incontro di studio del lexicon iconographicum numismaticae, Reggio Calabria, pp. 47-73.
Janan, M. (1999) Beyond Good and Evil: Tarpeia and the Philosophy of the Feminine. The Classical World 92, pp. 429-443.
Keegan, P. (2021) Livy’s Women: Crisis, Resolution, and the Female in Rome’s Foundation History. London, New York.
Martini, M.C. (1998) Due studi sulla riscrittura annalistica dell’età monarchica a Roma. Bruxelles.
Neel, J. (2019) Tarpeia the Vestal. The Journal of Roman Studies 109, pp. 103-130.
Rutledge, H.C. (1964) Propertius' "Tarpeia": The Poem Itself. The Classical Journal 60, pp. 68-73.
Stevenson, T. (2011) Women of Early Rome as Exempla in Livy, Ab Urbe Condita, Book 1. The Classical World 104, pp. 175-189, part. pp. 179-181.
Valentini, A. (2011). Novam in femina virtutem novo genere honoris: le statue femminili a Roma nelle strategie propagandistiche di Augusto. In C. Antonetti, G. Masaro, A. Pistellato, L. Toniolo (eds), Comunicazione e linguaggi, Padova, pp. 197-238.
Walsh, T.J.R. (1983) Propertius' Tarpeia Elegy (4.4). Liverpool Classical Monthly 8.5. pp. 75-76.
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