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La sete di potere non è solo prerogativa maschile. Agli inizi del I secolo d.C., Agrippina, punto d’unione della dinastia giulio-claudia, si immerge nelle dinamiche politiche della Roma antica. Con astuzia, riesce a ottenere il trono di imperatore per suo figlio Nerone e il titolo di Augusta per se stessa. Superando i ruoli femminili imposti dalla tradizione, Agrippina si ritaglia uno spazio di azione politica. Tuttavia, le stesse logiche di potere che le hanno garantito il successo saranno la sua rovina.
L’episodio è stato scritto e interpretato dalle studentesse e dagli studenti del Convitto Nazionale Marco Foscarini di Venezia, a cura delle professoressa Francesca Rohr e Alessandra Valentini.
Autrici e autori: Aurora Benetazzo, Giulia Rocco, Vittoria Scatto, Beatrice Toresin, Arturo Zugni Tauro.
Montaggio e produzione: Thomas Marampon, Elena Missaggia.
Voci: Aurora Benetazzo (narratrice), Mattia Patron Zennaro (Nerone), Vittoria Scatto (narratrice), Alessandro Simon Zambon (Svetonio), Arturo Zugni Tauro (Tacito).
Sigla. Benvenuta o benvenuto, questo è MATRONAE, il podcast che restituisce la voce alle donne dell’antica Roma. In questo episodio parleremo di Agrippina Minore, moglie di Claudio, madre di Nerone, che fu uccisa dallo stesso figlio.
Nerone. «Matrem occidi.» “Ho ucciso mia madre.”
[intermezzo musicale]
Narratore. Con queste parole, affidate alla voce di Nerone, l’autore latino Svetonio sintetizza una vicenda assai complessa che si svolge nel I sec. d.C.: l'assassinio di Agrippina Minore per volontà di suo figlio, l’imperatore Nerone.
Perché Nerone ha deciso di compiere questo infamante delitto?
Per scoprire i motivi di questo turpe assassinio dobbiamo riavvolgere il nastro della storia.
[intermezzo musicale epico]
Narratore. Giulia Agrippina Augusta, a cui noi ci riferiremo con il nome di Agrippina Minore, nacque nel 15 d.C., in Germania ad Ara Ubiorum (l’attuale città di Colonia) e morì nel marzo del 59 d. C. Frutto dell’unione tra Agrippina Maggiore (appartenente alla gens Iulia, cioè alla famiglia Giulia) e di Germanico (della gens Claudia). Agrippina Minore rappresentava infatti il punto di incontro tra le due componenti della dinastia giulio-claudia, le due anime che facevano parte della famiglia di Augusto e dei suoi successori.
Agrippina seppe sfruttare la propria posizione e le proprie capacità per garantire la successione a suo figlio Nerone, tanto che le venne conferito il titolo di Augusta e il suo ritratto venne riprodotto sulle monete dell’epoca.
Secondo gli autori antichi Agrippina sedusse e sposò lo zio Claudio nel 48 d.C., e lo convinse ad adottare Nerone come suo erede, a scapito del figlio naturale Britannico. Le fonti antiche, raccontano che fu lei, nel 54 d.C., ad avvelenare Claudio con un piatto di funghi per far acclamare Nerone come nuovo imperatore a soli 14 anni.
Ricorda il biografo latino Svetonio:
Svetonio. «Si è d’accordo nel dire che fu avvelenato, ma quando e da chi non si riesce a stabilire. Alcuni sostengono che fu avvelenato dal l'eunuco Aloto, suo assaggiatore, quando pranzava con i sacerdoti nella cittadella; altri che il veleno gli fu somministrato, durante un banchetto dato in casa, da Agrippina stessa, che gli aveva fatto servire dei funghi manipolati, dei quali era ghiottissimo.» (Svetonio, De vita Caesarum)
[intermezzo musicale]
Narratore. Quando nel 54 d.C. suo figlio ottenne il potere, Agrippina poté garantire a sé stessa una posizione di primo piano nello Stato, pur essendo una donna e quindi esclusa dalla sfera pubblica. Per cinque anni con la collaborazione del filosofo Seneca e del prefetto del pretorio Afranio Burro, Agrippina riuscì ad influenzare le linee di governo del figlio Nerone.
Il rapporto tra Agrippina e Nerone fu complesso e controverso. Secondo lo storico latino Aurelio Vittore, madre e figlio avrebbero avuto una relazione incestuosa, alimentata dalla passione per l’ambizione. Questa informazione è probabile che sia legata alla volontà di screditare l'azione di governo di Nerone. Quest’ultimo, infatti, mal sopportava la presenza ingombrante e autoritaria della madre che gli impediva di seguire le proprie inclinazioni artistiche.
A spingere Nerone a liberarsi dell’influenza della madre fu Poppea Sabina, di cui si era innamorato. Nerone ripudiò la prima moglie Ottavia, figlia di Claudio, per sposare Poppea, che desiderava il potere e l'autorità che sarebbero derivati dal ruolo di “First lady”, sostituendosi in tale ruolo ad Agrippina: era lei, infatti, la figura femminile più influente.
Riporta lo storico latino Tacito.
Tacito. «Sotto il consolato di Gaio Vipstano e ‹C.›. Fonteio Nerone non rinviò oltre il misfatto meditato da lungo tempo, consolidatasi la sua temerarietà per la lunga durata dell'impero ed essendo di giorno in giorno più acceso dall'amore di Poppea, che, non sperando per sé il matrimonio e la separazione da Ottavia finché fosse rimasta incolume Agrippina, con frequenti critiche, qualche volta tra gli scherzi, accusava il principe e lo chiamava cocco di mamma, lui che, dipendente da ordini altrui, era privo non solo dell'impero, ma anche della libertà. Perché infatti venivano rinviate le sue nozze?» (Tac. Ann. XIV, 1)
«Ma alla fine, considerando che la presenza di lei, in qualunque luogo ella fosse, era per lui pericolosa, decise di ucciderla, mostrandosi dubbioso solo sul fatto se dovesse adoperare il veleno o il ferro o qualche altro mezzo violento.» (Tac. Ann. XIV, 3)
[intermezzo musicale]
Narratore. Infatti, Agrippina era già sfuggita a diversi tentativi di assassinio, e per questo motivo si era resa immune al veleno assumendo degli antidoti; inoltre era costantemente sorvegliata e protetta da uomini fedeli.
Un’idea ingegnosa fu offerta a Nerone dal liberto Aniceto, capo della flotta e nemico di Agrippina: propose di costruire una nave che, durante il viaggio, grazie ad un apposito congegno meccanico, si sarebbe aperta, facendo così annegare la donna. Infatti, il mare in particolare era il teatro più opportuno per un possibile incidente e, se Agrippina avesse subito un naufragio, nessuno avrebbe pensato di attribuire la responsabilità all’imperatore.
Nerone che si trovava a Baia per celebrare le feste quinquatrie, antiche celebrazioni romane in omaggio a Minerva, accolse Agrippina con la scusa di una riconciliazione (i rapporti tra i due erano ormai tesi), la fece scortare da una nave a Bauli, luogo dove lei soggiornava, e, mentre la stava salutando prima della partenza, la strinse in un finto abbraccio.
Tacito. «La notte, luminosa di stelle e placida nella quieta distesa del mare, sembrava appositamente predisposta dagli dèi a denunciare il misfatto. La nave non s’era ancora scostata di molto dal lido; stavano con Agrippina due dei suoi intimi, Crepereio Gallo e Acerronia: l’uno in piedi, non lontano dal timone, l’altra appoggiata ai piedi di Agrippina distesa sul letto e intenta a parlare del pentimento del figlio e del favore felicemente riconquistato.» (Tac. Ann. XIV, 5)
Narratore. Una volta in viaggio, giunti in alto mare, il soffitto della cabina della nave, appesantita da una gran quantità di piombo, crollò abbattendosi su Agrippina e Acerronia, la sua ancella: queste, tuttavia, riuscirono a salvarsi poiché protette dalle spalliere del letto che erano abbastanza robuste da reggere l’impatto. Acerronia a quel punto, probabilmente scossa dall’accaduto, commise la terribile ingenuità di gridare di essere la madre dell’imperatore: subito venne uccisa dai servi fedeli a Nerone e incaricati di eliminarne la madre. Agrippina, rimasta in silenzio, riuscì a sfuggire alle armi dei sostenitori di Nerone. Caduta in mare, nuotando, riuscì a raggiungere una barca di pescatori e da loro venne portata alla sua villa dove si fece medicare le ferite.
Nerone aspettava la notizia dell’avvenuta esecuzione del delitto; gli fu invece riferito che Agrippina era scampata al tentato omicidio e che aveva riportato solo qualche ferita superficiale ma non aveva dubbi sul mandante dell’attentato.
Una volta appreso ciò, per paura che la madre potesse denunciare l’accaduto, Nerone decise di ucciderla senza più alcun indugio. Narra Svetonio:
Svetonio. «Passò il resto della notte vegliando in grande agitazione, in attesa degli eventi. Poi, venuto a sapere che, contro ogni attesa, lei si era salvata a nuoto, rimase senza sapere come comportarsi. Ma quando il liberto di Agrippina, Lucio Agermo, arrivò pieno di gioia ad annunciargli che la madre si era salvata, gettatogli ai piedi, di nascosto, un pugnale, ordinò di arrestarlo e di incatenarlo come se fosse venuto a fargli un attentato, e di uccidere sua madre, in modo che apparisse che si era data la morte quando la sua macchinazione era stata scoperta.» (Suet. Nero, 34)
Narratore. Nerone incaricò Aniceto, già ideatore della precedente congiura, di introdursi insieme a una scorta armata nella villa di Bauli dove Agrippina era riuscita a rifugiarsi. Sfondata la porta, Aniceto e la sua scorta fecero irruzione nella stanza della madre dell’imperatore.
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Tacito. «Aniceto circonda la villa con un gruppo di soldati e, sfondata la porta, trascina via quelli tra gli schiavi che si facevano incontro, fino a giungere alla porta della camera; alla quale stavano vicine poche persone, spaventati gli altri dalla paura di coloro che irrompevano.»
Narratore. La camera è illuminata debolmente da un solo lume. L’angoscia di Agrippina aumenta di minuto in minuto. Si sofferma sugli sguardi di coloro che sono stati incaricati di ucciderla, mentre anche l’ultima ancella abbandona la stanza.
Tacito prosegue nel racconto:
Tacito. «Nella camera era presente un debole lume e una sola delle ancelle, mentre Agrippina era sempre più ansiosa perché nessuno (veniva) dal figlio e neppure Agermo: diverso sarebbe stato l'aspetto di una cosa lieta; ora solitudine e urla improvvise e indizi del male estremo. Quando se ne andò di lì l'ancella, dopo aver detto "Anche tu mi abbandoni" guarda Aniceto accompagnato dal trierarco Erculeio e dal centurione di marina Obarito; e, se era venuto per farle visita, riferisse che si era ripresa, se invece per compiere un delitto, lei non credeva nulla riguardo al figlio; non era stata comandata l'uccisione della madre.» (Tac. Ann. XIV 8)
Narratore. Agrippina, dunque, nel tentativo estremo di salvarsi, finse di non aver compreso che il mandante del precedente attentato e dell'invio dei sicari era proprio il figlio Nerone. Cosciente del fatto che il principe aveva ormai dato l'ordine di uccidere la propria madre mise in atto un estremo tentativo di riconciliazione con il figlio. Ma sempre secondo il racconto di Tacito, ogni sforzo si rivelò inutile:
Tacito. «I sicari circondano il letto e per primo il trierarco colpì con un bastone la sua testa. Al centurione che già impugnava l'arma per l'uccisione, protendendo il grembo "Colpisci il ventre" esclamò e fu finita con molte pugnalate.» (Tac. Ann. XIV 8)
[intermezzo musicale]
Narratore. La morte di Agrippina costituì il punto di svolta del principato di Nerone, fungendo da spartiacque tra un primo periodo in cui il governo del principe fu moderato e una seconda parte in cui Nerone intensificò i tratti autocratici del suo regno. Nerone non fu ufficialmente accusato di aver ucciso la propria madre, ma tale delitto costituì uno dei motivi utilizzati dalla tradizione antica per costruirne un ritratto a tinte fosche. L'ambizione della stessa Agrippina aveva garantito attraverso scelte spregiudicate la successione al proprio figlio, ma proprio le logiche dell'esercizio del potere determinarono la fine di una donna che aveva osato superare i limiti imposti dal ruolo tradizionalmente attribuito alle donne nella Roma antica per ritagliarsi uno spazio di azione politica.
Titoli di coda. Podcast prodotto dall'Università Ca' Foscari di Venezia, GIEFFRA e VeDPH, all’interno del progetto PRIN 2022 “Etiamego. Violence against women in ancient Rome: historical perspectives and symbolic construction”. Con il contributo del Convitto Nazionale Marco Foscarini di Venezia.
Bibliografia di riferimento
Dione 61,14.
Svetonio Nerone 6, 34.
Svetonio, De vita Caesarum.
Tacito Annali XIV, 3-14.
Barrett, A.A. (2001) Agrippina. Sex, Power, and Politics in the Early Empire. Yale 1996. pp. 95-195, 238-240, 244-246.
Cenerini, F. (2009) Dive e donne. Imola. pp. 66-73.
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