S1 E6
Giulia
Julia
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Il silenzio è una virtù indispensabile per le donne romane… ma non per tutte. Ci sono donne intrepide e fiere, donne che sfidano le regole. Tra queste c’è Giulia, che è disposta a fare qualsiasi cosa per proteggere ciò che di più caro possiede: la propria famiglia. Giulia esce nelle strade, parla in pubblico, si intromette nella politica. Interviene in quei contesti tradizionalmente maschili, e lo fa con coraggio, senza temere le conseguenze.
Autrici: Elena Missaggia, Alice Scaparra.
Voci: Sara Borrello (Giulia), Alvise Merelli (Appiano), Elena Missaggia (narratrice), Evaristo Missaggia (Plutarco), Alessandro Rucco (Antonio).
Montaggio e produzione: Elena Missaggia, Valentina Rossi.
Sigla. Benvenuta o benvenuto, questo è Matronae, il podcast che restitusce la voce alle donne dell’antica Roma. In questo episodio parleremo di Giulia, che esce nelle strade per difendere le cause politche della propria famiglia.
Narratore. Le donne hanno avuto, da sempre, un modello da seguire.
In epoca romana, questo modello era dettato dal mos maiorum: un insieme di virtù, valori e comportamenti che delineavano il profilo della donna perfetta. Tale paradigma, nato in età arcaica, relegava la vita femminile esclusivamente all’interno della dimensione domestica e privata. La matrona ideale non prendeva parte alla vita pubblica, ma doveva occuparsi della domus e della famiglia, senza avere aspirazioni al di là delle mura domestiche. Queste restrizioni, alla condizione femminile, iniziano a venire meno nella tarda repubblica, quando con le guerre civili, gli antichi valori entrano in crisi. Le donne hanno ora l’opportunità di un maggiore attivismo politico. Tuttavia questo è strumento per tutelare diritti e posizione sociale e non una reale emancipazione femminile.
Tra gli esempi delle matrone romane più ligie e convenzionali, troviamo Giulia. Descritta dallo scrittore greco Plutarco come
Plutarco. «Non inferiore a nessuna donna del tempo in nobiltà e temperanza.» (Plutarco, Antonius, II,I)
Narratore. E definita dall’oratore romano Cicerone, avversario del figlio Antonio, femina lectissima.
Eppure Giulia, da quel modello tanto virtuoso quanto rigido, si è allontanata più volte. Ella parla in pubblico, parla di questioni politiche senza temere le conseguenze.
Ma cosa la spinge a compiere tali azioni? E con quale autorità si permette di parlare di politica? Entrambe le questioni sembrano risolversi all’interno della dimensione familiare: Giulia parla per la famiglia, grazie alla famiglia.
Giulia, nata da una famiglia patrizia, si sposa due volte. La prima con Marco Antonio, dalla cui unione nasce Antonio, poi noto come cesariano e triumviro. La seconda con Lentulo. Anche questo è un matrimonio sfortunato. Lentulo coinvolto nella congiura di Catilina viene ucciso senza processo nel 63 a.C. Per paura di una ripercussione politica da parte dei compagni di Lentulo, il Senato trattiene il corpo del congiurato per impedirne i riti funebri. Giulia si trova in bilico: da una parte non può interferire con le decisioni politiche, dall’altra deve adempiere ai suoi doveri di matrona, deve occuparsi del funerale. La matrona allora fa l’unica cosa che le è concessa. Così come è riportato da Plutarco, la vedova si reca da Terenzia, moglie di Cicerone, chiedendole di intercedere presso il marito affinchè le venga restituito il corpo. Giulia segue il percorso pensato dalla tradizione: non si rivolge direttamente a Cicerone, uomo ed esterno alle relazioni famigliari, ma si affida a un’altra donna. Tuttavia, la richiesta, seppur in linea con i doveri di Giulia poteva avere conseguenze politiche e l’intervento femminile in questioni di stato non è ammesso.
Ma questa intromissione politica da parte di Giulia non sarà l’ultima.
Nel 44 a.C. Cesare viene assassinato. La situazione è critica e Antonio, il figlio di Giulia, si trova coinvolto in prima linea. Fedelissimo di Cesare, Antonio rimane profondamente deluso all’apertura del testamento del defunto. Cesare non gli ha affidato né il ruolo di erede, né il controllo della Gallia Cisalpina. Antonio, preso dal disappunto, decide che è tempo di passare alle armi. Tuttavia, questo suo tentativo militare viene presto fermato dagli eserciti del Senato e di Ottaviano, il legittimo erede di Cesare. Antonio viene dichiarato nemico pubblico, perderà quindi la sua condizione di cittadino romano e con questa, patrimonio e posizione politica.
Ecco che Giulia entra nuovamente in scena. è lo storico Appiano a descrivere la notte prima della decisione del Senato.
[rumori di sottofondo: pianti, lamenti]
Appiano. «La madre, la moglie, il figlio ancora bambino di Antonio e gli altri familiari e amici per tutta la notte corsero alle case dei potenti formulando preghiere al loro indirizzo, e la mattina seguente li avvicinavano mentre si recavano in Senato, gettandosi ai loro piedi con lamenti e gemiti e gridando dinanzi alle loro porte con le vesti del lutto. Alcuni senatori furono commossi da quelle voci, da quello spettacolo e da quel mutamento che si era verificato improvvisamente.» (Appiano, De bellis civilibus, III, CCXI-CCXII)
Narratore. La famiglia implora affinchè la decisione venga revocata. Ancora una volta, gli sforzi della povera Giulia risultano vani.
L’intervento di Giulia si discosta da quello che prevede la tradizione. La matrona esce dal mondo privato e si reca nelle strade, in pubblico - e ancor peggio, lo fa per difendere una causa politica. Nonostante ciò, però, i suoi interessi sono tutt’altro che politici, ma solo e soltanto personali. La sua famiglia è in pericolo.
Alla fine Antonio si salva. Nel 43 a.C. Ottaviano prende il potere con un colpo di stato e revoca la condizione di nemico pubblico di Antonio per stringere un’alleanza con i leader cesariani.
Il triumvirato prende forma.
Ottaviano, Antonio e Lepido si impegnano a vendicare la morte di Cesare attraverso le liste di proscrizione. Queste indicano i nomi di quei politici che i triumviri avrebbero voluto vedere uccisi, in cambio di un cospicuo premio.
Tra i proscritti risulta anche lo zio di Antonio, Lucio Giulio Cesare, il fratello di Giulia. Aveva votato a favore della dichiarazione ad hostis publicus di Antonio e ora, il nipote lo vuole morto.
Lucio, braccato dai sicari, decide di rifugiarsi dalla sorella. Giulia si trova quindi in una situazione molto pericolosa, perchè la stessa condanna è riservata per i proscritti e per coloro che li aiutano.
Ma la matrona non ha esitazioni: accoglie il fratello in casa e lo nasconde all’interno della propria camera. Quando i sicari tentano di forzare l’ingresso, Plutarco racconta che la donna si frappone fisicamente tra loro e la porta, e allargando le braccia senza alcun timore, grida:
Giulia. «Non ucciderete Lucio Cesare, se prima non avrete ucciso me, la genitrice del vostro comandante.» (Plutarco, Antonius, XX, II.)
Narratore. Le parole di Giulia salvano, almeno in un primo momento, il fratello. Come riporta Appiano:
Appiano. «A lungo i centurioni rispettarono anche lei, perchè madre del triumviro.» (Appiano, De bellis civilibus, IV, CLVI-CLVII)
Narratore. Ma lo stallo non può durare troppo e i soldati sono pronti a usare le maniere forti.
Giulia sa che per ottenere la salvezza di Lucio deve parlare con il figlio. Si reca così nel foro, dove Antonio sta svolgendo le proprie funzioni di magistrato, e gli si rivolge direttamente:
[rumori di sottofondo: brusio del foro]
Giulia. «Mi autoaccuso, o comandante, di aver accolto Lucio e di tenerlo ancora in casa, e lo terrò fino a quando non ci avrai uccisi tutti e due, visto che nel bando sono fissate uguali pene per chi accoglie i proscritti.» (Appiano, De bellis civilibus, IV, CLVI-CLVII)
Narratore. Antonio è tenuto all’obbienza della propria madre, in nome della pietas. Proprio per questo la matrona sceglie un confronto pubblico e non privato.
Antonio. «Sei una buona sorella, ma non una saggia madre. Non ora dovevi salvare Lucio, ma tenerlo a freno prima, quando con il voto dichiarava tuo figlio nemico dello Stato. Tuttavia, Lucio sarà reintegrate.» (Appian, De bellis civilibus, IV, CLVI-CLVII)
Narratore. Inizialmente Giulia agisce all’interno del proprio mondo domestico nel rispetto della condotta femminile. Ma quando comprende che questo non è sufficiente a salvare il fratello esce dalla propria casa e pronuncia un discorso di contenuto politico, in pubblico.
Come riportato da Appiano, Giulia si rivolge ad Antonio chiamandolo con il termine greco αὐτοκράτωρ, comandante. Questo appellativo dimostra come la matrona non voglia parlare con suo figlio, ma con la figura politica e pubblica, che egli stesso rappresenta.
Giulia è pienamente consapevole del peso politico del proprio gesto: la propria autoaccusa e il riferimento all’editto di proscrizione dimostrano che è pronta ad accettare anche una condanna a morte. Ancora una volta, però, il contenuto del suo discorso è personale: è lì per salvare il fratello, interferisce nella politica per proteggere la propria famiglia.
Giulia è mossa dalla consapevolezza del proprio potere. L’autorevolezza di una donna è il riflesso di quella degli uomini che la circondano. La matrona sa, che il potere che le deriva dal figlio, le permette determinate libertà che altrimenti verrebbero velocemente represse. In età tardo repubblicana, le matrone imparano a sfruttare queste opportunità per i propri fini, nel caso di Giulia per motivazioni familiari. Quando la propria famiglia è in pericolo, Giulia è pronta a rivendicare e sottolineare tutto il suo potere, perché, come dice ai soldati, lei è “la madre del loro comandante.”
Titoli di coda. Podcast prodotto dall'Università Ca' Foscari di Venezia, GIEFFRA e VeDPH.
El silencio es una virtud indispensable para las mujeres romanas... pero no para todas. Hay mujeres intrépidas y orgullosas, mujeres que desafían las reglas. Entre ellas está Julia, dispuesta a todo para proteger lo que más valora: su familia. Julia sale a la calle, habla en público, se entromete en política. Interviene en esos contextos tradicionalmente masculinos, y lo hace con valentía, sin miedo a las consecuencias.
Autoras: Elena Missaggia.
Traductoras al español: Emanuela Pizzulo, Elena Villa.
Voces: Aurora Moretto, Ilaria Pegoraro, Emanuela Anna Pizzulo, Giulia Rasente, Aurora Simeoni, Elena Villa.
Editora y productora: Elena Missaggia.
Cortina musical. Bienvenida o bienvenido, esto es Matronae, el podcast que devuelve la voz a las mujeres de la antigua Roma. En este episodio vamos a hablar de Julia, que sale a la calle para defender las causas políticas de su familia.
Narrador. Desde siempre las mujeres han tenido un modelo a seguir. En la época romana, este modelo estaba dictado por el mos maiorum, es decir, un conjunto de virtudes, valores y comportamientos que delineaban el perfil de la mujer perfecta. Este paradigma, nacido en la época arcaica, relegaba la vida femenina exclusivamente a la dimensión doméstica y privada. La matrona ideal no participaba en la vida pública, sino que debía ocuparse de la domus y de la familia, sin tener aspiraciones más allá de las paredes domésticas. Estas restricciones a la condición femenina comienzan a desaparecer en la República tardía, cuando con las guerras civiles los antiguos valores entran en crisis. Las mujeres tienen ahora la oportunidad de un mayor activismo político. Sin embargo, es una medida para proteger los derechos y la posición social y no una verdadera emancipación de las mujeres. Entre los ejemplos de las matronas romanas más obedientes y convencionales encontramos a Julia. Descrita por el escritor griego Plutarco de la siguiente manera:
Plutarco. «No era inferior a ninguna mujer de su tiempo en nobleza y templanza.» (Plutarco, Antonius, II,I)
Narrador. Y definida por el orador romano Cicerón, adversario de su hijo Antonio, como femina lectissima, o sea, mujer muy culta. Sin embargo, Julia se aleja varias veces de ese modelo tan virtuoso como rígido. Habla en público y discute de cuestiones políticas sin temer las consecuencias. Pero ¿qué la impulsa a realizar tales acciones? ¿Y con qué autoridad se permite hablar de política? Ambas cuestiones parecen resolverse dentro del ámbito familiar: Julia habla por la familia, gracias a la familia.
Julia, nacida de una familia patricia, se casa dos veces. La primera con Marco Antonio, de cuya unión nace Antonio, que después será conocido como cesariano y triunviro. La segunda vez, con Léntulo. Este también es un matrimonio desafortunado, ya que Léntulo, implicado en la conspiración de Catilina, es asesinado sin juicio previo en el año 63 a. C. Por temor a una repercusión política por parte de los aliados de Léntulo, el Senado retiene el cuerpo del conspirador para impedir sus ritos funerarios. Julia se encuentra entre la espada y la pared: por un lado, no puede interferir en las decisiones políticas, por otro lado, debe cumplir con sus deberes como matrona, debe ocuparse del funeral. Entonces hace lo único que le está permitido. Tal como relata Plutarco, la viuda acude a Terencia, esposa de Cicerón, pidiéndole que interceda ante su marido para que le devuelvan el cuerpo. Julia sigue el recorrido de la tradición: no se dirige directamente a Cicerón, un hombre externo a su familia, sino que confía en otra mujer. Sin embargo, la petición, aunque estaba en línea con los deberes de Julia, podría tener consecuencias políticas y la intervención femenina en asuntos de Estado no estaba permitida.
Pero esta no será la última intromisión política por parte de Julia. En el 44 a.C. César es asesinado. La situación es crítica y Antonio, el hijo de Julia, se encuentra involucrado en primera línea. Habiendo sido siempre fiel a César, Antonio queda profundamente decepcionado cuando se abre el testamento del difunto, pues éste ni lo nombra heredero ni le concede el control de la Galia Cisalpina, la parte del imperio correspondiente al norte de Italia. Antonio, lleno de frustración, decide empuñar las armas. Sin embargo, esta acción militar se ve obstaculizada por los ejércitos del Senado y de Octaviano, el legítimo heredero de César. Antonio es declarado enemigo público, por lo que perderá su condición de ciudadano romano y con ello, su patrimonio y posición política. Y es entonces cuando Julia entra de nuevo en escena. Es el historiador Apiano quien describe la noche antes de la decisión del Senado.
[ruidos de fondo: llantos, lamentos]
Apiano. «La madre, la esposa, el hijo todavía niño de Antonio y los demás familiares y amigos corrieron durante toda la noche a las casas de los más poderosos formulando peticiones, y a la mañana siguiente se les acercaban mientras se dirigían al Senado, arrojándose a sus pies con lamentos y gemidos y gritando ante sus puertas con las vestiduras del duelo. Algunos senadores quedaron conmovidos por aquellas voces, por aquel espectáculo y por aquel cambio que se había producido de repente.» (Apiano, De belli civilibus, III, CCXI-CCXII)
Narrador. La familia ruega que se revoque la decisión. Una vez más, los esfuerzos de la pobre Julia resultan vanos. La intervención de Julia se aparta de lo que prevé la tradición. La matrona deja el mundo privado y sale a la calle, en público - y peor aún, lo hace para defender una causa política. Sin embargo, a pesar de esto, sus intereses no son para nada políticos, sino sólo personales. Su familia está en peligro.
Al final, Antonio se salva. En el 43 a.C. Octaviano toma el poder con un golpe de estado y revoca la condición de enemigo público de Antonio para forjar una alianza con los líderes cesarianos. Así empieza el triunvirato. Octaviano, Antonio y Lépido se esfuerzan por vengar la muerte de César a través de las listas de proscripciones. Estas contienen los nombres de aquellos políticos a los que los triunviros querían ver muertos a cambio de una cuantiosa recompensa.
Entre los proscritos figura también el tío de Antonio, Lucio Julio César, el hermano de Julia. Había votado a favor de declarar a Antonio enemigo público y ahora su sobrino lo quiere muerto. Lucio, perseguido por los sicarios, decide refugiarse en casa de su hermana. Por lo tanto, Julia se encuentra en una situación muy peligrosa, ya que la misma condena se prevé tanto para los proscritos como para quienes los ayudan. Pero la matrona no duda: acoge a su hermano en casa y lo esconde dentro de su propia habitación. Cuando los sicarios intentan forzar la entrada, Plutarco cuenta que la mujer se interpone físicamente entre estos y la puerta, y extendiendo los brazos sin ningún temor, grita:
Julia. «No mataréis a Lucio César, si antes no me habéis matado a mí, la madre de vuestro comandante.» (Plutarco, Antonius, XX, II.)
Narrador. Las palabras de Julia salvan, al menos al principio, a su hermano. Como relata Apiano:
Appiano. «Durante mucho tiempo los centuriones la respetaron también a ella, porque era la madre del triunviro.» (Appiano, De belli civilibus, IV, CLVI-CLVII)
Narrador. Pero esta tregua no dura mucho y los soldados están dispuestos a usar la fuerza.
Julia sabe que para salvar a Lucio debe hablar con su hijo. Acude así al foro, donde Antonio está desempeñando sus funciones de magistrado, y lo interpela directamente:
[ruidos de fondo: murmullos del foro]
Julia. «Me autoacuso, oh comandante, de haber acogido a Lucio y de esconderlo todavía en casa, y lo seguiré escondiendo hasta que nos hayas matado a los dos, ya que la ley fija penas iguales para los que acogen a los proscritos.» (Appiano, De belli civilibus, IV, CLVI-CLVII)
Narrador. Antonio le debe obediencia su madre, por el valor de la fidelidad. Precisamente por esta razón, la matrona elige una confrontación pública y no privada.
Antonio. «Eres una buena hermana, pero no una madre prudente. No tenías que proteger a Lucio ahora, sino frenarlo antes, cuando con el voto declaraba a tu hijo enemigo del Estado. Sin embargo, Lucio será perdonado.» (Apiano, De belli civilibus, IV, CLVI-CLVII)
Narrador. Inicialmente Julia actúa dentro de su propio mundo doméstico respetando la conducta femenina. Pero cuando comprende que esto no es suficiente para salvar a su hermano, sale de su casa y pronuncia un discurso de contenido político en público.
Según el relato de Apiano, Julia se dirige a Antonio con el término griego αώτοκράτωρ, comandante. Este apelativo demuestra que la matrona no quiere hablar con su hijo, sino con la figura política y pública, que él mismo representa.
Julia es plenamente consciente del peso político de su gesto: su autoacusación y la referencia al edicto de proscripción demuestran que está dispuesta a aceptar incluso una condena a muerte. Una vez más, sin embargo, el contenido de su discurso es personal: está allí para salvar a su hermano, interfiere en la política para proteger a su propia familia.
Julia actúa consciente de su propio poder. La autoridad de una mujer es el reflejo de la de los hombres que la rodean. La matrona sabe que el poder que le deriva de su hijo, le otorga ciertas libertades que de otro modo le habrían sido rápidamente reprimidas. En la época de la república tardía, las matronas aprenden a aprovechar estas oportunidades para sus propios fines, en el caso de Julia por motivos familiares. Cuando su familia está en peligro, Julia está lista para reclamar y enfatizar todo su poder, porque, como les dice a los soldados, ella es "la madre de su comandante".
Créditos finales. Podcast producido por la Universidad Ca' Foscari de Venecia, GIEFFRA y VeDPH, en el marco del proyecto SPIN 2023: Women's Oratory in the Roman world: the gender Dimension in ancient Speeches.
Theme song. Welcome, this is Matronae. The podcast that restores the voice to the women of ancient Rome. In this episode we will talk about Julia, who goes out into the streets to defend her family's political causes.
Narrator. Women have always had a model to follow. In Roman times, this model was dictated by the mos maiorum: a set of virtues, values, and behaviours that outlined the profile of the perfect woman. This paradigm, born in the archaic age, limited female life exclusively within the domestic and private dimensions. The typical matron did not participate in public life but had to manage the domus and the family, having no aspirations beyond the household walls. These restrictions, on the status of women, begin to fall away in the late republic, when with the civil wars, the old values go into crisis. Women now have the opportunity for greater political activism. However, this is a tool to protect rights and social position, not female emancipation. Among the examples of the more ligious and conventional Roman matrons, we find Julia. Described by Plutarch as:
Plutarch. «Not inferior to any woman of the time in nobility and temperance.» (Plutarch, Antonius, II,I.)
Narrator. And referred to by Cicero, political opponent of his son Antony, as femina lectissima. (Cicerone, L. Catilinae orationes, IV, XIII.)
And yet Julia, from that model as virtuous as it is rigid, has departed several times. She speaks in public, she talks about political issues without fear of consequences. So, what drives her to take such actions? And with what authority does she speak about politics? Both matters are settled within the family dimension: Julia speaks for the family, because of the family.
Julia was born into a patrician family and married twice. The first with Mark Antony, from whose union born Antony, later Caesarian and triumvir. The second with Lentulus. This is also an unfortunate marriage. Lentulus involved in the Catiline conspiracy is killed without trial in 63 BC.
Fearing a political repercussion from Lentulus' comrades, the Senate withholds the conspirator's body to prevent his funeral ceremonies. Julia finds herself in a poor position: on the one hand, she cannot interfere with political decisions; on the other hand, she must fulfil her duties as matron, she must attend to the funeral. The matron then does the only thing she is allowed to do. As it is reported by Plutarch, the widow goes to Terence, wife of Cicero, asking her to intercede with her husband so that the body may be returned to her. Julia follows the path thought by the tradition: she does not directly address Cicero, a man and external to family relations, but relies on another woman. However, the request, while in line with Julia's duties could have political consequences, and female intervention in matters of state is not permitted.
But this political interference by Julia would not be the last. In 44 BC. Caesar is assassinated.
The situation is critical, and Antony, Julia's son, finds himself involved on the front lines. Loyal to Caesar, Antony is deeply disappointed when the deceased's will is opened. Caesar has entrusted him with neither the role of heir nor control of Cisalpine Gaul. Antony, filled with disappointment, decides it is time to take military action. However, this attempt of his is soon stopped by the armies of the Senate and Octavian, Caesar's rightful heir. Antony is declared a public enemy, he will then lose his status as a Roman citizen and with that, his wealth and political position.
Here Julia enters the scene again. It is the historian Appian who describes the night before the Senate decision.
[Background noises: people begging, moans]
Appian. «Antony's mother, wife, his young son and other family members and friends all night long ran to the houses of the powerful, uttering prayers to their address, and the next morning they approached them on their way to the Senate, throwing themselves at their feet with groans and moans and shouting before their doors in their robes of mourning. Some senators were moved by those voices, by that spectacle, and by the change that had suddenly occurred.» (Appian, De bellis civilibus, III, CCXI-CCXII)
Narrator. The family begs for the decision to be reversed. Once again, poor Julia's efforts prove in vain.
Julia's intervention deviates from what tradition dictates. The matron steps out of the private realm and goes into the streets, in public - and even worse, she does so to defend a political cause. In spite of this, however, her interests are anything but political, but only personal. Her family is in danger.
Antony is eventually saved. In 43 BC. Octavian took power in a coup d'état and revoked Antony's public enemy status to forge an alliance with Caesarian leaders. The triumvirate takes shape. Octavian, Antony, and Lepidus pledge to avenge Caesar's death through the proscription lists. These indicate the names of those politicians whom the triumvirs would have liked to see killed, in exchange for a substantial reward.
Antony's uncle, Lucius Julius Caesar, brother of Julia, is also among the proscribed. He had voted in favour of declaring Antony ad hostis publicus and now, his nephew wants him dead.
Lucius, hunted by assassins, decides to take refuge at his sister's. Julia is in a very dangerous situation because those who help the proscribed come to find themselves in the same condition as them.
But the matron has no doubts: she welcomes her brother into the house and hides him inside her own room. When the assassins attempt to force entry, Plutarch tells that the woman physically stands between them and the door, and spreading her arms without any fear, shouts:
Julia. «You will not kill Lucius Caesar unless you first kill me, the mother of your commander.» (Plutarch, Antonius, XX, II.)
Narrator. Julia's words save, at least at first, her brother. As Appian reports:
Appian. «For a long time, the centurions respected her, because she was the mother of the triumvir.» (Appian, De bellis civilibus, IV, CLVI-CLVII)
Narrator. But the standoff cannot last too long, and the soldiers are ready to use force. Julia knows that to secure Lucius' safety she must speak to her son. So she goes to the forum, where Antony is carrying out his duties as a magistrate, and addresses him directly:
[Background noises: crowd, forum]
Julia. «I accuse myself, O commander, of taking in Lucius and keeping him still, and I will keep him until you have killed us both since equal punishments are appointed in the ban for those who take in proscribed people.» (Appian, De bellis civilibus, IV, CLVI-CLVII)
Narrator. Antony is bound to the obedience of his own mother, in the name of pietas. This is precisely why the matron chooses a public rather than a private confrontation.
Antony. «You are a good sister, but not a wise mother. You should not have saved Lucius now but held him back earlier when he declared your son an enemy of the state by his vote. However, Lucius will be reinstated.» (Appian, De bellis civilibus, IV, CLVI-CLVII)
Narrator. At first, Julia acts within her own domestic world respecting female conduct. But when she realizes that this is not enough to save her brother, she leaves her home and makes a speech with political content, in public.
As reported by Appian, Julia refers to Antony as αὐτοκράτωρ, commander. This title shows how the matron does not want to speak to her son, but to the public and political figure, whom he himself represents. Julia is fully aware of the political weight of her gesture: her own self-accusation and reference to the proscription edict show that she is ready to accept even a death sentence. Once again, however, the essence of her speech is personal: she is there to save her brother, and she interferes in politics to protect her own family.
Julia is moved by the awareness of her own power. A woman's authority is a reflection of that of the men around her. The matron knows that the power she derives from her son, allows her certain freedoms that would otherwise be quickly suppressed. In the late republican age, matrons learn to exploit these opportunities for their own ends, in Julia's case for family motives. When her own family is in danger, Julia is ready to claim and emphasize all her power because, as she tells the soldiers, she is "the mother of their commander."
End credits. Podcast produced by Ca’ Foscari University of Venice, GIEFFRA, and VeDPH.
Bibliografia di riferimento
G. Cresci Marrone, Marco Antonio, Roma 2020, pp. 16-38 e 78-123
S. Guerra Lopez, Mediaciones femeninas en las Vidas Paralelas de Plutarco durante el segundo triunvirato, in M. Jufresa, F. Mestre, P. Gómez, P. Gilabert (Eds.) Plutarc a la seva època: paideia i societat, Barcelona, Publicaciones de la Universidad, 2005, pp. 607- 616.
F.S. Lejeune, Les interventions des femmes de l’entourage des imperatores dans la sphère publique de la mort de César aux accords de Misène”, in R. Baudry, S. Destephen (éds.), La société romaine et ses élites, Paris, Editions Picard Paris, 2012, pp. 99-107.
F. Rohr Vio, Femina lectissima. Giulia, madre di Marco Antonio, tra descrizione e rappresentazione, “Romanitas”, 11, 2018, pp. 43-63
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