S1 E5
Ortensia
Hortensia
Hortensia
Hortensia
Hortensia
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Le guerre civili continuano a bagnare Roma con il sangue: membri delle stesse famiglie combattono l’uno contro l’altro. Per sostenerne i costi, i triumviri emanano un decreto che obbliga millequattrocento matrone a pagare una tassa sui propri beni. È inaccettabile. A farsi portavoce delle matrone, preoccupate di perdere la propria autorevolezza e il proprio stile di vita, è Ortensia. Coraggiosa e abile oratrice, sarà proprio lei a sfidare pubblicamente i triumviri per proteggere i valori in cui crede.
Autrice: Chiara Valeri.
Voci: Luca Brollo (Valerio Massimo), Alvise Merelli (Quintiliano), Letizia Nuscis (Ortensia), Alessandro Rucco (Appiano), Chiara Valeri (narratrice).
Montaggio e produzione: Elena Missaggia, Valentina Rossi.
Sigla. Benvenuta o benvenuto, questo è Matronae, il podcast che restitusce la voce alle donne dell’antica Roma. In questo episodio parleremo di Ortensia, che ha affrontato pubblicamente i triumviri per difendere i diritti delle donne romane.
[rumori di sottofondo: scontri]
Narratore. Roma, inizi del 42 a.C.
Lo stato da circa un anno è governato dagli eredi politici di Giulio Cesare. I triumviri - Marco Antonio, Emilio Lepido e il giovane Ottaviano - combattono contro i filorepubblicani, gli assassini di Giulio Cesare.
Alla fine del 43 a.C. avevano emanato le liste di proscrizione, che legittimavano l’uccisione di chiunque fosse menzionato come nemico e la confisca del suo patrimonio. I triumviri avevano bisogno di denaro per la guerra contro i cesaricidi in Oriente; per questo agli inizi del 42 a.C. emanano un provvedimento straordinario che obbliga millequattrocento matrone a quantificare i propri beni e pagare una tassa proporzionale ad essi.
L’esazione risponde anche all’obiettivo di indebolire le famiglie degli avversari politici, dei cesaricidi che di quelle donne erano padri, mariti e fratelli.
Nel tentativo di far ritirare il provvedimento, le millequattrocento matrone decidono inizialmente di percorrere la via della mediazione familiare, più consona alla dimensione femminile, sollecitando l’intervento delle donne vicine ai triumviri: Ottavia - sorella di Ottaviano - e Giulia - madre di Antonio - le ascoltano, ma Fulvia - la moglie di Antonio - si rifiuta di riceverle. Donne che si relazionavano con donne e non, in modo inappropriato, con uomini che non sono loro familiari. É proprio il rifiuto di Fulvia a spingere le matrone a presentarsi nel foro per parlare direttamente con i triumviri. La loro portavoce è Ortensia, figlia del defunto celebre oratore Quinto Ortensio Ortalo. Per giustificare la sua presenza presso il tribunale dei triumviri nel foro, inizia la sua oratio ribadendo che la via legittima e tradizionale è stata preclusa alle donne e, come scrive Valerio Massimo, che
Valerio Massimo. «Nessun uomo aveva osato patrocinarle.» (Valerio Massimo, Fact. et dict. mem., VIII, 3,3)
Narratore. Lo storico Appiano di Alessandria riporta in forma diretta il discorso tenuto da Ortensia. La qualità dell’orazione, sebbene pronunciata da una donna, fu elogiata tanto da venir conservata nel tempo. Centocinquant’anni dopo gli avvenimenti del 42 a.C. il retore latino Quintiliano ricorda che il discorso di Ortensia era ancora letto ai suoi giorni:
Quintiliano. «[...] l'orazione tenuta da Ortensia, figlia di Quinto, davanti ai Triumviri si legge ancora, e non solo per omaggio al sesso.» (Quintiliano, Instiutio Oratoria, I, 1,6)
[rumori di sottofondo: persone che parlano]
Appiano. «Non sopportando l'affronto [le matrone] si portarono nel foro, presso la tribuna dei magistrati, mentre popolo e littori si aprivano al loro passaggio. Ortensia, prescelta per questa incombenza, disse: » (Appiano, Bell. Civ., IV, 32, 136 – 139)
Ortensia. «Come si addiceva a donne del nostro rango che avevano bisogno di voi, ci siamo rivolte alle vostre donne; ma avendo ricevuto da Fulvia un affronto che non avremmo pensato, da lei costrette ci presentiamo nel foro. Voi ci avete già tolto genitori e figli, mariti e fratelli che incolpate di avervi fatto dei torti; se ora ci togliete anche il patrimonio, ci porterete ad una condizione indegna della nostra nascita, del nostro modo di vivere, del sesso femminile. Se voi dite di essere stati trattati male da noi come dai nostri uomini, proscrivete anche noi, come loro.» (Appiano, Bell. Civ., IV, 32, 136 – 139)
Narratore. Il provvedimento dei triumviri nei confronti delle matrone viene presentato come un atto punitivo: l’idea che domina la prima parte del discorso non è tanto la denuncia di una tassazione ingiusta, quanto quella di una sopraffazione ingiustificata, motivata dall’odio politico nato tra gli uomini. Ortensia sostiene che le matrone non si erano rese responsabili di quelle azioni che avevano fatto proscrivere i loro uomini.
Scagionandole Ortensia dimostra come non meritino un provvedimento che le avrebbe private della loro stessa dignitas (ovvero della loro autorevolezza). Essa derivava dalla nascita nobile e si concretizzava in uno stile di vita per il quale era necessario disporre di ampie disponibilità finanziarie. Ortensia inoltre mette l’accento su un dato: il ruolo delle donne nella comunità è diverso da quello degli uomini. Non è presente nessuna rivendicazione egualitaria o di emancipazione. Anzi, il tema della diversità dei ruoli è qui sfruttato per pretendere anche una diversità di trattamento: le donne sono escluse dalla politica, dunque non devono contribuire economicamente.
Ortensia prosegue il suo discorso con una serie di domande retoriche:
[rumori di sottofondo: persone che parlano]
Ortensia. «Ma se noi donne non abbiamo dichiarato nessuno di voi nemico pubblico, né vi abbiamo distrutto la casa, o corrotto l'esercito, o arruolato un altro esercito, o vi abbiamo impedito di conseguire una carica pubblica o un onore qualunque. Perché dobbiamo condividere le punizioni se non abbiamo collaborato a farvi dei torti? Perché dobbiamo pagare noi, che non siamo partecipi di cariche pubbliche, di onori, di comandi militari, insomma di vita politica, che voi vi contendete con risultati così infelici? Perché, come dite voi, c'è la guerra? E quando non ci sono state guerre? E quando le donne hanno pagato tributi?» (Appiano, Bell. Civ., IV, 32, 139 – 33, 140)
Narratore. Con queste domande, da un lato, sottolinea positivamente la mancanza di partecipazione politica delle donne, che, secondo Ortensia, è motivo sufficiente per non pagare le tasse e dall’altro, evidenzia negativamente il comportamento degli uomini che hanno imposto loro il tributo.
[rumori di sottofondo: persone che parlano]
Ortensia. «Presso tutte le genti la loro condizione [di donne] le esenta [dal pagamento delle tasse], [...] le nostre madri, contro la loro condizione, pagarono una sola volta: quando rischiavate di perdere ogni potere e l'intera città era sotto la pressione dei Cartaginesi. [...]. Che paura ora avete per il potere e per la patria? Venga pure la guerra dei Celti o dei Parti, e non saremo da meno delle nostre madri per la salvezza della città. Ma per le guerre civili mai noi si contribuisca, né si cooperi ad eccitarvi l'uno contro l'altro!» (Appiano, Bell. Civ., IV, 33, 141 – 143)
Narratore. Ortensia afferma che “presso tutte le genti” l’esenzione fiscale è insita nella condizione naturale della donna. Usa inoltre uno strumento retorico ricorrente: sostenere l’assunto rievocando esempi del passato. La tecnica è efficace in una società in cui la tradizione rappresenta il codice di riferimento per la condotta pubblica e privata. Ortensia infatti cita casi analoghi in cui le matrone romane donarono alla patria i propri gioielli. Per guerre esterne le matrone dunque possono contribuire, ma non per le guerre civili, in cui cittadini combattono contro cittadini.
[rumori di sottofondo: persone che parlano]
Ortensia. «Non abbiamo contribuito al tempo di Cesare e di Pompeo, e non ci costrinsero a pagare né Mario, né Cinna, né Silla, che fu tiranno della patria; voi, poi, dite che intendete rimettere in sesto lo stato!» (Appiano, Bell. Civ., IV, 33, 144)
Narratore. Ortensia infine non si lascia sfuggire la possibilità di criticare, con tono sarcastico, la politica del suo tempo e rimprovera ai triumviri che nemmeno un tiranno come Silla aveva imposto alcun onere fiscale alle donne.
Come ricorda Appiano di Alessandria:
[rumori di sottofondo: persone che parlano]
Appiano. «A queste parole di Ortensia i tre si irritarono perché, mentre gli uomini non si muovevano, le donne prendevano coraggio, venivano in assemblea, chiedevano conto ai magistrati delle loro azioni, e mentre gli uomini andavano alla guerra esse neppure pagavano il tributo; allora ordinarono ai servi pubblici di allontanarle dalla tribuna, ma si levò un boato dalla gente che stava lì attorno; i messi sospesero la loro azione e i magistrati dissero che rimandavano la discussione al giorno seguente. Il giorno dopo stabilirono che soltanto quattrocento donne, e non millequattrocento, presentassero una stima del loro patrimonio [...].» (Appiano, Bell. Civ. IV, 34, 145 – 146)
Narratore. In seguito all’intervento di Ortensia il provvedimento viene ritirato e sostituito da una tassazione che coinvolgeva solo quattrocento matrone.
È interessante notare come Ortensia durante tutto il suo discorso utilizzi la prima persona plurale, il “noi”, e mai la prima persona singolare. Questo perchè, almeno dal III sec. a.C., le donne del mondo romano costituirono l’ordo matronarum, “la classe sociale delle matrone”, come viene definito da Valerio Massimo. Infatti le donne solo se agiscono collettivamente riescono a far sentire la propria voce su questioni di carattere politico.
Citando Eva Cantarella, possiamo utilizzare l’espressione No taxation without representation (“Nessuna tassazione senza rappresentanza”) per sintetizzare l'argomentazione principale portata da Ortensia a supporto della sua richiesta. C’è però una differenza non trascurabile tra quanto chiedevano i coloni inglesi che abitavano in America nel XVIII secolo e le donne romane. Le matrone infatti non chiedevano diritto di rappresentanza, ma solo di non pagare le tasse. E ben mille donne ottennero ciò che volevano.
Inoltre nonostante Ortensia in questa occasione abbia parlato in pubblico il suo comportamento e il suo discorso non devono essere interpretati come una rivendicazione dei diritti delle donne o come un tentativo di emancipazione femminile. Anzi è proprio il contrario: le matrone chiedevano il rispetto delle differenze esistenti tra donne e uomini. Chiedevano di poter continuare a mantenere quei privilegi di rango che appartenevano loro e che ne garantivano il ruolo nella società. L’azione di Ortensia era infatti dettata dal fatto che la riduzione drastica delle disponibilità economiche delle matrone avrebbe comportato la radicale messa in discussione del loro status symbol. Private dei loro abiti, dei loro gioielli e del loro denaro non avrebbero potuto comunicare all’esterno il livello sociale ed economico della loro famiglia, e, dopotutto, era tutto ciò che potevano avere.
Titoli di coda. Podcast prodotto dall'Università Ca' Foscari di Venezia, GIEFFRA e VeDPH.
Las guerras civiles siguen bañando Roma de sangre y miembros de las mismas familias luchan entre sí. Para sufragar los gastos, los triunviros promulgan una medida que obliga a mil cuatrocientas matronas a pagar un impuesto sobre sus posesiones, lo cual es inaceptable. Hortensia actúa como portavoz de las matronas, que temen perder su autoridad y su estilo de vida. Oradora valiente y hábil, es ella quien desafiará públicamente a los triunviros para proteger los valores en los que cree.
Autora: Chiara Valeri.
Traductoras al español: Ginevra Calza, Ilaria Pegoraro, María Ramos Romero.
Voces: Ginevra Calza, Ilaria Pegoraro, María Ramos Romero, Giulia Rasente.
Editora y productora: Elena Missaggia.
Cortina musical. Bienvenida y bienvenido, esto es Matronae. El podcast que devuelve la voz a las mujeres de la antigua Roma. En este episodio vamos a hablar de Hortensia, que enfrentó públicamente a los triunviros para defender los derechos de las mujeres romanas.
[ruido de fondo: enfrentamientos]
Narrador. Roma, principios del año 42 a.C.
El Estado lleva aproximadamente un año siendo gobernado por los herederos políticos de Julio César. Los triunviros - Marco Antonio, Emilio Lépido y el joven Octaviano - luchan contra los republicanos, los asesinos de Julio César.
A finales del 43 a.C. habían publicado las listas de proscripciones, que legitimaban el asesinato de quien fuera identificado como enemigo y la confiscación de su patrimonio. Los triunviros necesitaban dinero para la guerra contra los asesinos de César en Oriente, por lo que a principios del 42 a.C. promulgan una medida extraordinaria que obliga a mil cuatrocientas matronas a cuantificar sus posesiones y pagar un impuesto proporcional a las mismas.
Esta medida tiene también el objetivo de debilitar a las familias de los adversarios políticos, la de los cesaricidas que eran los padres, maridos y hermanos de aquellas mujeres.
Para intentar que la medida fuera derogada, las mil cuatrocientas matronas deciden inicialmente seguir la vía de la mediación familiar, más acorde con la dimensión femenina, solicitando la intervención de las mujeres más cercanas a los triunviros. Son mujeres que se relacionaban con mujeres y no de manera inapropiada con hombres que no son miembros de su familia. Octavia - hermana de Octaviano - y Julia - madre de Antonio - las escuchan, pero Fulvia - esposa de Antonio - se niega a recibirlas. Es precisamente el rechazo de Fulvia lo que impulsa a las matronas a acudir al foro para hablar directamente con los triunviros. Su portavoz es Hortensia, hija del famoso orador Quinto Hortensio Hórtalo. Para justificar su presencia en el tribunal de los triunviros en el foro, comienza su discurso reiterando que la vía legítima y tradicional les estaba prohibida a las mujeres y, como escribe Valerio Máximo, que
Valerio Máximo. «Ningún hombre se había atrevido a favorecer su causa.» (Valerio Máximo, Hechos y dichos memorables, VIII, 3,3)
Narrador. El historiador Apiano de Alejandría relata de forma directa el discurso pronunciado por Hortensia. La calidad de su oratoria, aunque procedente de una mujer, fue lo suficientemente elogiada como para que el discurso se conservara en el tiempo. Ciento cincuenta años después de los acontecimientos del 42 a.C., el retórico latino Quintiliano recuerda que el discurso de Hortensia aún se leía en su época:
Quintiliano. «[...] el discurso de Hortensia, hija de Quinto, ante los triunviros es aún leído, y no sólo por deferencia a su sexo.» (Quintiliano, Instituciones Oratorias, I, 1,6)
Apiano. «Ultrajadas por la ofensa [las matronas] fueron hasta el foro, a la tribuna de los magistrados, mientras el pueblo y los lictores les abrían paso. Hortensia, elegida como representante, dijo:» (Apiano, Guerras Civiles, IV, 32, 136 - 139)
[ruido de fondo: gente hablando]
Hortensia. «Como corresponde a las mujeres de nuestro rango, al vernos necesitadas de vuestra ayuda, nos hemos dirigido a vuestras mujeres; pero al no haber sido recibidas por Fulvia, en contra de lo esperado, nos hemos visto en la obligación de presentarnos en el foro ante ustedes. Ya nos habéis arrebatado a [nuestros] padres e hijos, maridos y hermanos, a los que condenáis por haber obrado injustamente; si ahora nos despojáis también de nuestro patrimonio, nos llevaréis a una condición inapropiada para nuestro linaje, indigna de nuestro estilo de vida, y de nuestro sexo. Si afirmáis que nosotras hemos obrado tan injustamente como nuestros hombres, entonces proscribidnos como habéis hecho con ellos.» (Apiano, Guerras Civiles, IV, 32, 136 - 139)
Narrador. La medida de los triunviros contra las matronas se presenta como un acto punitivo: la idea que domina la primera parte del discurso no es tanto la denuncia de un impuesto injusto, sino la de una afrenta injustificada, motivada por el odio político entre los hombres. Hortensia argumenta que las matronas no eran responsables de las acciones que habían provocado la proscripción de sus hombres.
Al exculparlas, Hortensia demuestra que no merecen una medida que las privara de su propia dignitas, es decir, de su dignidad. Esta derivaba de su linaje noble y se hacía presente en un estilo de vida para el cual era necesario disponer de una gran capacidad financiera. Hortensia pone también el acento sobre un aspecto: el papel de la mujer en la comunidad es diferente del de los hombres. No hay ninguna reivindicación de igualdad o emancipación. Por el contrario, el tema de la diversidad de roles se aprovecha aquí para exigir también diversidad de trato: las mujeres están excluidas de la política, por lo que no tienen que contribuir económicamente. Hortensia continúa su discurso con una serie de preguntas retóricas:
[ruido de fondo: gente hablando]
Hortensia. «Pues bien, si ninguna de nosotras mujeres, os hemos declarado enemigos públicos ni hemos destruido vuestras casas, ni sobornado a vuestro ejército, ni os hemos traicionado, ni os hemos impedido obtener cargos públicos u honores. ¿Por qué debemos ser castigadas nosotras que no hemos colaborado en tales agravios? ¿Por qué debemos pagar nosotras, que no ostentamos cargos públicos, ni honores, ni mandos militares, es decir, no pertenecemos a la vida política por la que lucháis con tan infelices resultados? ¿Porque, como expresáis, estamos en guerra? ¿Acaso no han acontecido guerras anteriormente? ¿Dónde está escrito que las mujeres hayan tenido que pagar tributo?» (Apiano, Guerras Civiles, IV, 32, 139 - 33, 140)
Narrador. Con estas preguntas, por un lado, subraya positivamente la falta de participación política de las mujeres, que, según Hortensia, es razón suficiente para no pagar impuestos, y, por otro, destaca negativamente el comportamiento de los hombres que les imponían el tributo.
[ruido de fondo: gente hablando]
Hortensia. «De entre todas las gentes su condición [femenina] las exime [del pago de impuestos], [...] nuestras madres, en contra de dicha condición, pagaron una sola vez: cuando la ciudad fue asediada por los cartagineses y todo vuestro poder se vio comprometido. [...]. ¿Qué temor sentís ahora por el imperio o por la patria? Que venga la guerra contra los galos o los partos, y no seremos inferiores a nuestras madres en contribuir a la salvación de la ciudad. Pero por las guerras civiles, ¡nunca contribuiremos, ni cooperaremos para poneros unos contra otros!» (Apiano, Guerras Civiles, IV, 33, 141 - 143)
Narrador. Hortensia afirma que "entre todos los pueblos" la exención fiscal es inherente a la condición natural de la mujer. También utiliza un recurso retórico recurrente: apoya sus afirmaciones evocando ejemplos del pasado. Es una estrategia eficaz en una sociedad en la que la tradición es el código de referencia para la conducta pública y privada. De hecho, Hortensia cita casos similares en los que las matronas romanas habían donado sus joyas a la patria. Así pues, las matronas pueden contribuir a las guerras externas, pero no a las guerras civiles, en las que ciudadanos luchan contra ciudadanos.
[ruido de fondo: gente hablando].
Hortensia. «[Nosotras] no contribuimos en tiempos de César y Pompeyo, y ni Mario, ni Cina nos obligaron a ello. Ni siquiera Sila, que fue el tirano de la patria; y ¡vosotros afirmáis que pretendéis hacer resurgir la República!» (Apiano, Guerras Civiles, IV, 33, 144)
Narrador. Por último, Hortensia no pierde la ocasión de criticar, en tono sarcástico, la política de su tiempo y reprocha a los triunviros que ni siquiera un tirano como Sila hubiera impuesto alguna carga fiscal a las mujeres.
Como recuerda Apiano de Alejandría:
Apiano. «Ante las palabras de Hortensia los triunviros se irritaron pues, mientras que los hombres permanecían impasibles, las mujeres se armaban de valor, acudían en asamblea, pedían cuenta de sus actos a los magistrados y, mientras que los hombres partían a la guerra, ellas ni siquiera se dignaban a contribuir económicamente; ordenaron a los lictores que las expulsaran de la tribuna, pero al levantarse un clamor de la multitud, tuvieron que suspender su labor y los triunviros anunciaron que pospondrían la discusión hasta el día siguiente. Día en el que decretaron que sólo cuatrocientas mujeres, y no mil cuatrocientas como se dijo en un principio, debían presentar una tasación de su riqueza [...].» (Apiano, Guerras Civiles, IV, 34, 145 - 146)
Narrador. Tras la intervención de Hortensia, la medida fue retirada y sustituida por un impuesto que afectaba solamente a cuatrocientas matronas.
Debe resaltarse que Hortensia utiliza en todo su discurso la primera persona del plural, "nosotras" y nunca la primera del singular. Esto se debe a que, al menos desde el siglo III a.C., las mujeres del mundo romano constituían el ordo matronarum, es decir, "la clase social de las matronas", según la definición de Valerio Máximo. De hecho, las mujeres sólo conseguían hacerse oír en cuestiones políticas si actuaban colectivamente.
Citando a Eva Cantarella, podemos utilizar la expresión No hay tributación sin representación para resumir el principal argumento que utiliza Hortensia en apoyo de su solicitud. Hay, sin embargo, una diferencia significativa entre lo que exigían los colonos ingleses que vivían en América en el siglo XVIII y las mujeres romanas. En realidad, las matronas no pedían el derecho a la representación, sino sólo a no pagar impuestos. Y unas mil mujeres obtuvieron lo que querían.
Además, aunque Hortensia había hablado en público en esta ocasión, su comportamiento y su discurso no deben interpretarse como una reivindicación de los derechos de la mujer o como un intento de emancipación femenina. Todo lo contrario: las matronas exigían que se respetaran las diferencias entre mujeres y hombres. Exigían poder mantener aquellos privilegios de rango que les pertenecían por derecho y que garantizaban su rol en la sociedad.
Es más, la acción de Hortensia estaba guiada por el hecho de que la drástica reducción de los medios económicos de las matronas habría significado poner en duda su estatus social. Privadas de su ropa, sus joyas y su dinero, no habrían podido comunicar al exterior el nivel socio-económico de su familia, que, al fin y al cabo, era lo único que tenían.
Créditos finales. Podcast producido por la Universidad Ca' Foscari de Venecia, GIEFFRA y VeDPH, en el marco del proyecto SPIN 2023: Women's Oratory in the Roman world: the gender Dimension in ancient Speeches.
Theme song. Theme song. Welcome, this is Matronae. The podcast that restores the voice to the women of ancient Rome. In this episode we will discuss Hortensia, who publicly confronted the triumvirs to defend the rights of all Roman women.
[background noise: clashes]
Narrator. Rome, early 42 B.C.
The state for about a year has been ruled by the political heirs of Julius Caesar. The triumvirs-Mark Antony, Aemilius Lepidus, and the young Octavian-are fighting against the pro-republicans, the murderers of Julius Caesar.
By the end of 43 B.C. they had enacted the proscription lists, which legitimized the killing of anyone mentioned as an enemy and the confiscation of his property. The triumvirs needed money for the war against the Caesaricides in the East; so in early 42 B.C. they issued an extraordinary measure requiring one thousand four hundred matrons to quantify their property and pay a tax proportional to it.
The taxation also responds to the goal of weakening the families of political opponents, the caesaricides who were the fathers, husbands, and brothers of those women.
In an attempt to have the measure withdrawn, the one thousand four hundred matrons initially decided to take the route of family mediation, more appropriate to the female dimension, by soliciting the intervention of women close to the triumvirs: Octavia - Octavian's sister - and Julia - Antony's mother - listened to them, but Fulvia - Antony's wife - refused to receive them. Women who related to women and not, inappropriately, to men who are not their family members. It is Fulvia's refusal that leads the matrons to come to the forum to speak directly with the triumvirs. Their spokeswoman is Hortensia, daughter of the late celebrated orator Quintus Hortensius Hortalus. To justify her presence at the triumvirs' tribunal in the forum, she begins her oratio by reiterating that the legitimate and traditional way was precluded to women and, as Valerius Maximus writes, that
Valerius Maximus. «No man had dared to sponsor them.» (Valerius Maximus, Fact. et dict. mem., VIII, 3,3)
Narrator. The historian Appian of Alexandria reports in direct form the speech given by Hortense. The quality of the oration, although delivered by a woman, was praised enough to be preserved over time. One hundred and fifty years after the events of 42 B.C., the Latin rhetorician Quintilian records that Hortense's speech was still read in his day:
Quintilian. «[...] the oration held by Hortensia, daughter of Quintus, before the Triumvirs is still read, and not only as a tribute to sex.» (Quintilian, Instiutio Oratoria, I, 1,6)
[Background noises: people talking]
Appian. «Not tolerating the affront [the matrons] took themselves into the forum, by the tribune of the magistrates, while the people and lictors opened to their passage. Hortense, chosen for this task, said:» (Appian, Bell. Civ. IV, 32, 136 - 139)
Hortensia. «As befitting women of our rank who needed you, we turned to your women; but having received from Fulvia an affront we would not have thought, by her compelled we present ourselves in the forum. You have already taken from us parents and children, husbands and brothers whom you blame for wrongs done to you; if now you also take away our wealth, you will bring us to a condition unworthy of our birth, of our way of life, of the female sex. If you say you have been treated as badly by us as by our men, proscribe us, too, as well as them.» (Appian, Bell. Civ. IV, 32, 136 - 139)
Narrator. The triumvirs' measure against the matrons is presented as a punitive act: the idea that dominates the first part of the speech is not so much the denunciation of unjust taxation as that of unjustified overpowering, motivated by the political hatred that arose among the men. Hortensia argues that the matrons had not been responsible for those actions that had caused their men to be proscribed.
By exonerating them Hortensia shows how they did not deserve a measure that would have deprived them of their own dignitas (i.e., authority). It derived from noble birth and was embodied in a lifestyle for which ample financial resources were necessary. Hortensia also emphasizes one fact: the role of women in the community is different from that of men. No egalitarian or emancipatory claim is present. On the contrary, the theme of role diversity is exploited here to demand diversity of treatment as well: women are excluded from politics, so they do not have to contribute economically.
Hortensia continues her speech with a series of rhetorical questions:
[Background noises: people talking]
Hortensia. «But if we women have not declared any of you a public enemy, nor destroyed your house, or bribed your army, or enlisted another army, or prevented you from attaining public office or any honor. Why must we share the punishments if we have not cooperated in wronging you? Why should we, who are not partakers of public offices, honors, military commands, in short, political life, which you contend for with such unhappy results? Why, as you say, is there war? What about when there were no wars? And when have women paid tribute?» (Appian, Bell. Civ. IV, 32, 139 - 33, 140)
Narrator. With these questions, on the one hand, she positively highlights women's lack of political participation, which, according to Hortense, is reason enough not to pay taxes, and on the other hand, she negatively highlights the behaviour of the men who imposed the tribute on them.
[Background noises: people talking]
Hortensia. «Among all people their condition [as women] exempts them [from paying taxes], [...] our mothers, against their condition, paid only once: when you were in danger of losing all power and the whole city was under pressure from the Carthaginians. [...]. What fear now do you have for power and for the homeland? Let the war of the Celts or Parthians come, and we will not be less than our mothers for the salvation of the city. But for civil wars never let us contribute, nor cooperate in exciting one against the other!» (Appian, Bell. Civ. IV, 33, 141 - 143)
Narrator. Hortense asserts that "among all peoples" tax exemption is inherent in the natural condition of women. She also uses a recurring rhetorical tool: supporting the assumption by evoking examples from the past. The technique is effective in a society where tradition is the code of reference for public and private conduct. Indeed, Hortensia cites similar instances in which Roman matrons donated their jewellery to the homeland. For external wars, therefore, matrons can contribute, but not for civil wars, in which citizens fight against citizens.
[Background noises: people talking]
Hortensia. «We did not contribute in the time of Caesar and Pompey, and they did not force us to pay either Marius, or Cinna, or Sulla, who was a tyrant of the fatherland; you, then, say that you intend to put the state back on its feet!» (Appian, Bell. Civ. IV, 33, 144)
Narrator. Finally, Hortense does not miss the opportunity to criticize, in a sarcastic tone, the politics of her time and reproaches the triumvirs that not even a tyrant like Sulla had imposed any tax burden on women.
As Appian of Alexandria records:
[Background noises: people talking]
Appian. «At these words of Hortensia the three became irritated because, while the men did not move, the women took courage, came to the assembly, asked the magistrates for an account of their actions, and while the men went to war they did not even pay tribute; then they ordered the public servants to remove them from the tribune, but a roar arose from the people standing around there; the messengers suspended their action and the magistrates said that they were postponing the discussion until the following day. The next day they ruled that only four hundred women, and not one thousand four hundred, should present an estimate of their wealth [...].» (Appian, Bell. Civ. IV, 34, 145 - 146)
Narrator. Following Hortense's intervention, the measure was withdrawn and replaced by a taxation involving only four hundred matrons.
Interestingly, Hortensia throughout her speech uses the first-person plural, "we," and never the first-person singular. This is because, at least by the third century B.C., women in the Roman world constituted the ordo matronarum, "the social class of matrons," as it is defined by Valerius Maximus. Indeed, women only if they acted collectively were able to make their voices heard on political issues.
Quoting Eva Cantarella, we can use the expression "No taxation without representation" to summarize the main argument brought by Hortensia in support of her demand. There is, however, a not insignificant difference between what the English settlers living in America in the 18th century demanded and the Roman women. The matrons in fact did not ask for the right of representation, but only not to pay taxes. And as many as a thousand women got what they wanted.
Moreover, although Hortense spoke in public on this occasion her behaviour and speech should not be interpreted as a vindication of women's rights or an attempt at women's emancipation. In fact, it is quite the opposite: the matrons were demanding respect for the differences that existed between women and men. They were asking to be allowed to continue to maintain those privileges of rank that belonged to them and guaranteed their role in society. Hortensia's action was in fact dictated by the fact that the drastic reduction in the matrons' economic dispositions would entail the radical questioning of their status symbol. Deprived of their clothes, jewellery, and money, they would not be able to communicate their family's social and economic status to the outside world, and, after all, that was all they could have.
End credits. Podcast produced by Ca’ Foscari University of Venice, GIEFFRA, and VeDPH.
Bibliografia di riferimento
Traduzioni
Faranda R. (a cura di), Detti e Fatti Memorabili di Valerio Massimo, Milano, TEA, 1988.
Faranda R., Pecchiura P. (a cura di), L’Istituzione Oratoria di Marco Fabio Quintiliano. Volume primo, Torino, UTET, 1979.
Gabba E., Magnino D. (a cura di), La Storia Romana. Libri XIII-XVII, Le Guerre Civili di Appiano, Torino, UTET, 2001.
Riferimenti bibliografici
Cantarella E., Passato prossimo, Donne romane da Tacita a Sulpicia, Milano, Feltrinelli Editore 2001.
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