S1 E1
Introduzione
Introducción
Introduction
Introducción
Introduction
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Per le donne romane tacere non è solo un dovere, ma una vera e propria virtù. Mentre gli uomini venerano il dio della voce, le donne sono tenute al culto della dea Tacita Muta, privata della lingua da Giove perché troppo chiacchierona. Non possono intervenire in pubblico, non possono occuparsi di politica, non possono esprimere le proprie opinioni. Sono davvero poche le matrone che prendono coraggio e rompono le regole. Eppure, una domanda sorge spontanea: oggi, duemila anni dopo i fatti che racconteremo, è davvero cambiata la situazione?
Autrice: Chiara Valeri.
Voci: Sara Borrello (Eva Cantarella), Luca Brollo (Sofocle), Elena Missaggia (sigla), Letizia Nuscis (Sara Pomeroy), Alessandro Rucco (Plauto), Chiara Valeri (narratrice).
Montaggio e produzione: Elena Missaggia, Valentina Rossi.
Sigla. Benvenuta o benveuto, questo è Matronae. Il podcast che restitutisce la voce alle donne dell’antica Roma.
Narratore. Nel mondo antico l’ars dicendi, ovvero l’arte della parola, era una prerogativa esclusivamente maschile, e, in particolare, l’uso della parola in pubblico era proibito alle donne. Le radici di questo divieto risalgono al mondo greco. Sofocle, uno dei tre celebri tragediografi del V sec. a.C., scriveva:
Sofocle. «γύναι, γυναιξί κόσμον ἡ σιγή φέρει» (Sof., Aj., 293). “Donne, il silenzio è ornamento per le donne!”
Narratore. Tre secoli dopo, a Roma, il commediografo latino Plauto, in una delle sue opere, scrive un verso che sembra quasi un calco dell’espressione usata da Sofocle:
Plauto. «Tacita bonast mulier semper quam loquens» (Plaut., Rud., 1114). “È sempre meglio una donna silenziosa che chiacchierona”.
Narratore. Per le donne, infatti, tacere non era solo una virtù ma, soprattutto, un dovere. Proprio per questo motivo le donne romane dovevano far testo all’esperienza di Tacita Muta, una ninfa che, a causa del suo troppo parlare, viene privata della lingua dal dio Giove divenendo la divinità per eccellenza del Silenzio, oggetto di culto esclusivamente femminile, mentre gli uomini celebravano proprio la divinità della voce, Aio Locuzio. Tuttavia, le fonti antiche testimoniano una realtà spesso distante da questa: sono note storie di donne che usarono la propria voce per intervenire in questioni familiari e politiche, appropriandosi anche di quelle forme di comunicazione e di quegli spazi da cui erano tradizionalmente escluse.
Ciò si verifica in un periodo, quello delle guerre civili, di profonda e duratura crisi, un periodo in cui i mores, le antiche tradizioni su cui si basava l’intera società romana, vengono sovvertiti a causa dell’emergenza. Gli uomini sono lontani, in fuga, uccisi negli scontri di piazza, a capo degli eserciti, disertano le consuete attività istituzionali e in politica agiscono le donne. Non ricoprono magistrature né partecipano alle assemblee, ma fanno politica in sedi private, nelle proprie abitazioni in occasione di incontri e cene politiche, ma anche in luoghi pubblici, come le strade di Roma e il foro. A questo scopo si avvalgono di strumenti comunicativi propri delle donne, come i pianti, la gestualità, la comunicazione visiva, come la scelta di un abbigliamento specifico, ma ricorrono anche agli strumenti comunicativi della politica, fino ad ora esclusivamente maschile. Sono pochissime le attestazioni di discorsi femminili nel mondo romano e, per di più, quelli che abbiamo sono riportati da fonti maschili, che spesso condannavano l’intraprendenza delle donne. Un’analisi attenta delle fonti antiche consente di comprendere modalità e obiettivi di tali iniziative, anche nella consapevolezza degli stereotipi che distorcono i ritratti femminili.
Come afferma Eva Cantarella:
Eva Cantarella. «La storia delle donne romane merita particolare attenzione. A differenza della storia delle donne greche e delle altre donne antiche non è un passato remoto. È il nostro passato prossimo. E forse, in qualche misura, è anche una parte del nostro presente.» (Cantarella E., Passato prossimo, Donne romane da Tacita a Sulpicia, Milano, Feltrinelli Editore, 2001, p. 146)
Narratore. E come dice Sarah Pomeroy:
Sarah Pomeroy. «È estremamente importante notare la persistenza con cui alcuni atteggiamenti verso le donne e il ruolo di queste nella società occidentale si sono protratte attraverso i secoli.» (Pomeroy S.B., Dee, prostitute, mogli, schiave. Donne di Atene e Roma. Milano, Bompiani, 1997, p. 17)
Narratore. Se infatti, ci scandalizziamo di fronte all’assenza di fonti antiche scritte da donne, con limitatissime eccezioni, e critichiamo il fatto che queste non potessero parlare in pubblico o agire in politica, dobbiamo innanzitutto chiederci se oggi, più di 2000 anni dopo gli eventi che racconteremo, le cose sono davvero cambiate.
Secondo AgCom, l'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, in Italia gli esponenti politici che a dicembre 2022 hanno parlato ai telegiornali - tenendo un discorso politico - sono per il 66% uomini e solo per il 34% donne; se poi si esclude la premier Meloni, la prevalenza maschile nella posizione di retore raggiunge l’81%.
Questo è uno dei tanti motivi per cui è necessario studiare la storia delle donne del mondo antico.
Come ha detto Sarah Pomeroy:
Sarah Pomeroy. «Il passato illumina problemi contemporanei nei rapporti tra donne e uomini”.» (Pomeroy S.B., Dee, prostitute, mogli, schiave. Donne di Atene e Roma. Milano, Bompiani, 1997, p. 17)
Narratore. E sta a noi conoscerlo per poter migliorare il nostro presente, nella speranza di un futuro in cui le donne non siano più tacitae.
Titoli di coda. Podcast prodotto dall'Università Ca' Foscari di Venezia, GIEFFRA e VeDPH.
Para las mujeres romanas, guardar silencio no es sólo un deber, sino también una virtud. Mientras que los hombres adoran al dios de la voz, las mujeres están obligadas a venerar a la diosa Tacita Muta, a la cual el dios Júpiter le cortó la lengua por ser demasiado habladora. No pueden hablar en público, no pueden hacer política, no pueden expresar sus opiniones. Muy pocas matronas se arman de valor y rompen las reglas. Y, sin embargo, surge una pregunta: hoy, dos mil años después de los acontecimientos que relatamos, ¿cuántas analogías podemos encontrar?
Autora: Chiara Valeri.
Traductoras al español: Emanuela Pizzulo, Elena Villa.
Voces: Priscilla Pentecoste, Emanueala Anna Pizzulo, Giulia Rasente, Elena Villa.
Editora y productora: Elena Missaggia.
Introducción (edición española)
Cortina musical. Bienvenida o bienvenido, esto es Matronae, el pódcast que les devuelve la voz a las mujeres de la antigua Roma.
Narrador. En el mundo antiguo l’ars dicendi, es decir, el arte de la palabra, era un privilegio masculino y, en particular, el uso de la palabra en público les estaba prohibido a las mujeres. Los origines de esta prohibición se remontan al mundo griego, pues Sófocles, uno de los tres tragediógrafos más famosos del siglo V a.C, había escrito:
Sofocle. «Mujeres, el silencio es un adorno para las mujeres.» (Sof., Aj., 293)
Narrador. Tres siglos después, en Roma, el comediógrafo latino Plauto escribió en sus obras un verso que recordaba a las palabras de Sófocles:
Plauto. «Tacita bonast mulier semper quam loquens.»(Plaut., Rud., 1114), en español “Una mujer que calla es siempre mejor que una que habla”.
Narrador. Entonces, para las mujeres permanecer en silencio no solo era una virtud, sino, sobre todo, un deber.
Y por esta razón, las mujeres tenían que inspirarse en Tácita Muta, una ninfa a la que por hablar demasiado el Dios Júpiter le cortó la lengua privándola del habla. Así se convirtió en la diosa por excelencia del Silencio, un objeto de culto exclusivamente femenino, dado que los hombres veneraban a la divinidad de la voz, Ayo Locucio. Sin embargo, las fuentes antiguas presentan una realidad muy diferente de esta: se conocen historias de mujeres que utilizaron su propria voz para intervenir en cuestiones familiares y políticas, apropiándose también, de esta manera, de las formas de comunicación y de los espacios de los que tradicionalmente habían sido excluidas.
Todo esto se constata durante una larga época de profunda crisis debida a las guerras civiles, durante la cual las antiguas tradiciones y los fundamentos de la sociedad romana son subvertidos por la situación de emergencia. Los hombres están lejos, huyen o mueren en las batallas y, como consecuencia, abandonan las actividades institucionales habituales y las mujeres empiezan a aparecer en la vida política. No ocupan magistraturas ni participan a las juntas, sino que hacen política en privado, en sus proprias residencias, celebrando encuentros y cenas, pero también en lugares públicos, como en las calles de Roma y en el foro. Por esta razón, emplean instrumentos comunicativos proprios de las mujeres, como los llantos, la gestualidad, la comunicación visual, la elección de una vestimenta especifica, pero recurren también a los instrumentos comunicativos propios de la política, hasta ahora exclusivamente masculinos.
Existen muy pocos testimonios de discursos femeninos en el mundo romano y todos los que se conocen han sido reportados por hombres que, muy a menudo, condenaban el espíritu emprendedor de las mujeres. Un análisis preciso de las fuentes antiguas permite comprender las modalidades y los objetivos de estas iniciativas y ser conscientes de los estereotipos que distorsionan los retratos femeninos.
Como dice Eva Cantarella:
Eva Cantarella. «La historia de las mujeres romanas merece particular atención. A diferencia de la historia de las mujeres griegas y de otras mujeres del mundo antiguo no es un pasado lejano. Es nuestro pasado más reciente. Y quizá, en cierta medida, es nuestro presente.» (Cantarella E., Passato prossimo, Donne romane da Tacita a Sulpicia, Milano, Feltrinelli Editore, 2001, p. 146)
Narrador. Y como dice Sarah Pomeroy:
Sarah Pomeroy. «Es muy importante darse cuenta de la persistencia con la que algunas actitudes hacia las mujeres y el papel de estas en la sociedad occidental se han perpetuado a lo largo de los siglos.» (Pomeroy S.B., Dee, prostitute, mogli, schiave. Donne di Atene e Roma. Milano, Bompiani, 1997, p. 17)
Narrador. Si nos escandalizamos frente a la falta de fuentes antiguas escritas por mujeres, con muy pocas excepciones, y criticamos el hecho de que estas mujeres no podían hablar en público o actuar en la política, hay que preguntarse si hoy, más que 2000 años después de los acontecimientos narrados, las cosas han cambiado realmente.
Según AgCom, Autoridad para la Garantía en la Comunicación, en Italia entre las personas que han hablado en televisión pronunciando un discurso político en diciembre 2022 hay un 66% de hombres y solo 34% de mujeres; si además se excluye a la primera ministra Meloni, la prevalencia masculina en la posición de orador alcanza el 81%. Esta es una de las muchas razones por las cuales es necesario estudiar la historia de las mujeres del mundo antiguo.
Como ya dijo Sarah Pomeroy:
Sarah Pomeroy. «El pasado ilumina los problemas contemporáneos en las relaciones entre mujeres y hombres.» (Pomeroy S.B., Dee, prostitute, mogli, schiave. Donne di Atene e Roma. Milano, Bompiani, 1997, p. 17)
Narrador. Y es nuestro deber conocerlo para poder mejorar nuestro presente con la esperanza de un futuro en el que las mujeres no sean nunca más tacitae.
Créditos finales. Podcast producido por la Universidad Ca' Foscari de Venecia, GIEFFRA y VeDPH, en el marco del proyecto SPIN 2023: Women's Oratory in the Roman world: the gender Dimension in ancient Speeches.
Theme song. Welcome, this is Matronae. The podcast that restores the voice to the women of ancient Rome.
Narrator. In the ancient world the ars dicendi - the art of speech - was an exclusively male prerogative and the use of speech in public was strongly forbidden for women. The roots of this ban go back to the Greek world. Sophocles, one of the three famous V B.C. tragedians, wrote:
Sophocles. «γύναι, γυναιξί κόσμον ἡ σιγή φέρει» (Sof., Aj., 293). “Women, silence is ornament for women!”
Narrator. Three centuries later, in Rome, the Latin playwright Plautus, in one of his plays, wrote a line that seems almost a cast of the expression used by Sophocles:
Plautus. «Tacita bonast mulier semper quam loquens.» (Plaut., Rud., 1114). “It is always better a silent woman than a talkative one.”
Narrator. For women, in fact, keeping silent was not only a virtue but, above all, a duty. Precisely for this reason, Roman women had to turn to the experience of Tacita Muta, a nymph who, because of her excessive talking, is deprived of her tongue by the god Jupiter (Ovid., Fast., 583 – 616). Hence, becoming the goddess par excellence of Silence, an object of exclusively female worship, while men precisely celebrated the god of the voice, Aio Locutius. However, ancient sources testify to a reality often far removed from this: there are stories of women who used their voices to intervene in family and political matters, even appropriating those forms of communication and spaces from which they were traditionally excluded.
This takes place in a period, that of the civil wars, of deep and enduring crisis, a time when the mores, the ancient traditions on which the entire Roman society was based, are subverted because of the political emergency. Men are far away, on the run, killed in street fights, leading armies, deserting the usual institutional activities, and in politics women act. They do not hold magistracies or participate in assemblies, but they do politics in private venues, in their own homes, at political meetings and dinners, but also in public places, such as the streets of Rome and the forum. To this purpose they employ women's own communicative tools, such as crying, gestures, and visual communication, as specific clothing, but they also resort to the communicative tools of politics, which until now have been exclusively reserved to male. There are very few records of female speech in the Roman world, and what is more, those we have are reported from male sources, which often condemned women's resourcefulness.
A careful analysis of ancient sources allows us to understand the modalities and goals of such initiatives, even with an awareness of the stereotypes that distort portrayals of women.
As Eva Cantarella states:
Eva Cantarella. «The history of Roman women deserves special attention. Unlike the history of Greek and other ancient women, it is not a distant past. It is our near past. And perhaps, to some extent, it is also a part of our present. » (Cantarella E., Passato prossimo, Donne romane da Tacita a Sulpicia, Milano, Feltrinelli Editore, 2001, p. 146)
Narrator. And as Sarah Pomeroy says:
Sarah Pomeroy. «It is extremely important to note the persistence with which certain attitudes toward women and their role in Western society have persisted through the centuries. » (Pomeroy S.B., Dee, prostitute, mogli, schiave. Donne di Atene e Roma. Milano, Bompiani, 1997, p. 17)
Narrator. Indeed, if we are shocked at the absence of ancient sources written by women, with very limited exceptions, and criticize the fact that they could not speak in public or act in politics, we must first ask ourselves whether today, more than 2,000 years after the events we will recount, things have really changed. According to AgCom, the Communications Guarantee Authority, in Italy the politicians who spoke in the news - giving a political speech - as of December 2022 are 66% men and only 34% women; if we then exclude Prime Minister Meloni, the male prevalence in the position of rhetor reaches 81 percent.
This is one of the many reasons why it is necessary to study the history of women in the ancient world.
As Sarah Pomeroy said:
Sarah Pomeroy. «The past illuminates contemporary problems in the relations between women and men. » (Pomeroy S.B., Dee, prostitute, mogli, schiave. Donne di Atene e Roma. Milano, Bompiani, 1997, p. 17)
Narrator. And it is up to us to know it, so that we can improve our present, in the hope of a future in which women are no longer tacitae.
End credits. Podcast produced by Ca’ Foscari University of Venice, GIEFFRA, and VeDPH.
Bibliografia di riferimento
Appiano, La Storia Romana. Libri XIII-XVII, Le Guerre Civili di Appiano, vv. 145. > Gabba E., Magnino D. (a cura di), La Storia Romana. Libri XIII-XVII, Le Guerre Civili di Appiano, Torino, UTET, 2001.
Ovidio, Fasti, II, vv. 583-616.
Plauto, Rudens, vv. 1114.
Sofocle, Aiace, vv. 293.
Cantarella E., Passato prossimo, Donne romane da Tacita a Sulpicia, Milano, Feltrinelli Editore 2001.
Pomeroy Sarah B., Dee, prostitute, mogli, schiave. Donne in Atene e a Roma, Milano, Bompiani, 1997.
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