La scrittura per la libertà

Con questo articolo Carlo De Tommasi ha vinto il primo premio del concorso letterario XXX con premiazione a Pescara, a cui ha partecipato insieme alla classe, lo scorso anno scolastico. I più vivi complimenti a Carlo da parte della prof.ssa Sara Brigo e di tutta la redazione!!!

Scritto da Carlo De Tommasi

Mi chiamavano “lo strano”, “il diverso”; mi additavano per strada, mi sfioravano passando accanto a me, ma non mi toccavano; d’altro canto, chi avrebbe voluto toccare uno storpio? Chi avrebbe volute parlare ad uno sfregiato? Chi si sarebbe fermato volentieri a chiacchierare con un ragazzo così strano? Nessuno. Tutto era cominciato quel giorno, quello della mia nascita, quel febbraio duemilanove che credo i miei genitori non dimenticheranno mai, e che credo nemmeno i medici e gli infermieri che hanno assistito mia madre, dimenticheranno. Quando sono nato, mia madre non mi ha potuto nemmeno toccare; quando sono uscito da suo grembo, non ero come tutti gli altri bambini, non era il solito momento felice, e le lacrime della nuova mamma non erano sicuramente di gioia. Certo, non era stato un evento completamente inaspettato: qualche piccola malformazione, se la aspettavano, ma nessuno avrebbe mai pensato che si sarebbero spinte fino a questo punto. Alla scuola materna, non mi sono mai preoccupato delle occhiate di bambini e genitori nelle prime volte che mi vedevano, delle parole che si scambiavano girando la testa dall’altra parte. Ricordo che la prima volta che mi sono preoccupato veramente di come appaio agli altri, è stato quando avevo sette anni, quando un bambino, con la crudeltà che solo i bambini sanno avere, il primo giorno di quinta elementare, decise di darmi un soprannome, un soprannome che mi ha accompagnato per tanto tempo, che mi ha fatto soffrire per tanti anni: “inferno”. Lo sgradevole appellativo era stato scelto a causa del mio aspetto, sì, ma anche della mia predisposizione per le materie letterarie. Questo soprannome mi ha perseguitato per anni e mi perseguita tutt’ora. Tuttavia, è facile dimenticarsi di questo particolare marginale, quando si pensa a quello che mi è successo, a quello che gli altri mi hanno fatto subire: esclusioni, occhiatacce e parole, parolette, parolacce... Quelle sì che fanno male, quelle sì che feriscono, quelle sì che tagliano: sono più profonde di una scottatura, più forti di un pugno o di un calcio. Ma che belle, che sanno anche essere le parole, se dette a fin di bene! E che liberatorie, che potenti. Ti cambiano la vita, le parole! 

Se solo le avessero usate nel modo giusto, per esempio per scrivere un racconto, per esprimere i loro pensieri, per comunicare il loro potenziale e la bellezza che voglio credere avessero dentro.. A farlo, io, ormai, sono un esperto. Lo faccio da anni, da quel famoso primo giorno di quita elementare. Da allora scrivo di tutto: datemi un foglio, una penna, una matita, qualsiasi cosa che lasci un segno, ed avrete in cambio la mia anima. Davanti alla scrittura si è liberi, senza etichette o pregiudizi: la mente non percepisce altro che stimoli. Solo con la scrittura, io riesco a volare, riesco ad essere me stesso, riesco ad esprimermi. Attraverso la scrittura riesco a sentirmi bene con me stesso, riesco non solo ad essere incluso nel mondo, ma ad esserne addirittura il protagonista. Così, io, quello che tutti guardano con disgusto, con una faccia sconvolta o avvilita, per un attimo viene fissato con una faccia sorpresa, interessata, ammaliata. Ogni volta che venivo preso in giro, io scrivevo. Ogni volta che sono triste, io scrivo. Ho anche pagine e pagine di quaderni, raggrinzite perché bagnate dalle mie lacrime. Quando sono felice scrivo, quando sto bene scrivo, quando mi va, scrivo. Ho scoperto la magia della scrittura in un giorno alquanto buio, quello in cui mia nonna ha abbandonato da questo pianeta per rimanere ad abitare nei nostri animi. Ero in prima media: il dolore era incontenibile, tanto che parlando non sarei riuscito a descriverlo, così presi la strana decisione di scrivere tutto su un piccolo taccuino giallo: scrivevo parole a fiotti, non riuscivo a fermarmi, sembrava quasi che le mie lacrime, cadendo e impregnando il foglio, si traducessero in verbi, in sostantivi, in aggettivi ed in articoli. Attraverso quei segni sulla pagina, persino loro, le lacrime, pareva si spiegassero, che si esprimessero. Lì per lì, quello che scrissi mi sembrò insignificante, confuso, illogico; mi sembrava non valere nulla o, almeno, non mi sembrava valere l’attenzione di nessuno e di ciò rimasi convinto finché, quel taccuino, non finì nelle mani della mia professoressa di italiano dell’epoca. Attraverso le mie parole lei era riuscita a percepire emozioni vere, emozioni di cui mi disse che non si sarebbe dimenticata presto. Credo tuttavia, che le sue parole non fossero così campate per aria, dato che quel taccuino passò per le mani di diversi miei amici e perfino insegnanti suoi colleghi: ebbene, quasi tutti quelli che lo avevano letto, avevano avuto una reazione simile a quella della mia professoressa. Quando me lo comunicavano, per me era sempre una sorpresa ma, poco a poco, quei giudizi sinceri mi diedero una grandissima autostima, e mi fecero comprendere che quella era l’unica via attraverso la quale riuscivo a farmi apprezzare dagli altri ma, soprattutto, da me stesso. Fu così che cominciai a scrivere: scrivere per dimenticare tutto, scrivere per rifugiarmi in un mondo in cui io ero come tutti gli altri ragazzi della mia età e potevo essere tranquillo, non avere la terribile sensazione che qualcuno mi stesse fissando quando uscivo di casa. 

Il foglio bianco è un luogo libero, un luogo dove la gente non giudica, un luogo felice; nello scrivere, tutti sono diversi gli uni dagli altri, tutti hanno la loro unicità e nessuno ha paura di mostrarle. Qui sul foglio, la scrittura è ben accetta, anzi è usanza comune quella di scriverci su; qui ogni uno può sognare e può sentirsi libero di raccontare le sue fantasie su carta, senza dover subire giudizi da parte di nessuno. Ho iniziato a rifugiarmi in questo mondo sempre più spesso, praticamente ogni volta che volevo fuggire da quello che vediamo tutti i giorni, e specialmente quando venivo preso in giro dai miei compagni, quando una lezione era esageratamente noiosa, quando litigavo con i miei genitori, e la lista potrebbe andare avanti a non finire. Il mio mondo, fatto solo di parole e immaginazione, cresceva con me: ogni volta che scrivevo una pagina in più, nascevano cose nuove, scoprivo cose assurde oppure compivo avventure emozionanti. Ma si trattava di un viaggio che facevo pur sempre da solo, così che a volte mi sentivo più solo che nella realtà, così un giorno decisi di aggiungere, sotto forma di personaggi, anche i miei genitori, e in seguito i miei pochissimi amici, poi tutti i miei compagni di classe e parenti, i miei insegnanti, la mia nonna; insomma, sono arrivato a inserire nelle mie scritture anche persone che incontravo per strada, ma naturalmente ci sono entrate presto anche celebrità, come cantanti, scrittori e figure storiche che ho sempre ammirato, ma con le quali non ho mai avuto l’onore di scambiare neanche una parola.. All’oggi è certo che le persone che abitano il mio mondo, sono decisamente molte di più di quelle che ho incontrato nella mia vita, che spasso! Per non parlare dei luoghi e dei posti che si trovano qui, tra le mie scritture pazze: -la biblioteca scolastica, perché non aggiungerla?- Mi sono detto -D’altro canto, senza di quella, la mia passione per la lettura non sarebbe mai nata e, con essa, nemmeno quella per la scrittura. E la biblioteca cittadina? Quella conteneva ancora più libri, ancora più storie interessanti, ancora più ispirazioni, ancora più viaggi in posti magici, lontani dal mondo reale. Ma non volli rinunciare neanche ai gradini sui quail mi sedevo a scrivere alle scuole medie, dietro il cortile, dove i miei compagni non potevano vedermi: meritano sicuramente di essere aggiunti! E così camera mia, che era stato il mio primo vero rifugio ed ha un posto speciale nel mio cuore-. Qui, tra i miei appunti, anche le cose inanimate possono prendere vita, se io lo voglio, ad esempio: il mio taccuino giallo è il mio migliore amico, quella piccola pila che mi ha illuminato per abbondantissimo tempo durante quelle interminabili nottate in cui non riuscivo a dormire, quella penna a sfera -oramai esaurita- che è stata sopra la mia scrivania con me ed è stata la scriba dei miei viaggi.. Ma in ogni fantasia che si rispetti, albergano anche esseri completamente generati dalla mia mente sognatrice, o che ho incontrato nella lettura di alcuni racconti e romanzi che mi avevano particolarmente intrigato, e sì, soprattutto quelli che senza alcun motivo erano stati etichettati, come me, con l’appellativo di “mostri”, di “diversi”, di “sbagliati” avevano diritto di cittadinanza. Il mio mondo, fatto solo di parole e immaginazione, cresceva con me: ogni volta che scrivevo una pagina in più, nascevano cose nuove, scoprivo cose assurde oppure compivo avventure emozionanti. Ma si trattava di un viaggio che facevo pur sempre da solo, così che a volte mi sentivo più solo che nella realtà, così un giorno decisi di aggiungere, sotto forma di personaggi, anche i miei genitori, e in seguito i miei pochissimi amici, poi tutti i miei compagni di classe e parenti, i miei insegnanti, la mia nonna; insomma, sono arrivato a inserire nelle mie scritture anche persone che incontravo per strada, ma naturalmente ci sono entrate presto anche celebrità, come cantanti, scrittori e figure storiche che ho sempre ammirato, ma con le quali non ho mai avuto l’onore di scambiare neanche una parola.. All’oggi è certo che le persone che abitano il mio mondo, sono decisamente molte di più di quelle che ho incontrato nella mia vita, che spasso! 

Aggiungere, aggiungere, aggiungere: il mio mondo oramai non è più sotto il mio controllo, procede quasi nell’espandersi ogni giorno di più, anche senza che io me ne accorga, ed è una cosa meravigliosa, una cosa straordinaria ed alle volte stupefacente. Un giorno la bellezza di questo mondo, nato tra le pagine di taccuini, quaderni, diari, stracci di carta e pagine e pagine di Word, è diventato troppo importante per rimanere solo una realtà parallela, una cosa secondaria, lontana, che in qualche modo veniva sovrastata e coperta dal mondo reale, così decisi di restare per sempre in quella realtà, di restare per sempre e solo nel mio quotidiano. Con l’aiuto dei miei genitori ebbi il coraggio di far conoscere le mie storie al pubblico e qualche anno dopo riuscimmo, appoggiandoci ad una casa editrice, a pubblicare il mio primo libro. Ho continuato a scrivere per tutta la vita: sono oramai passati molti anni dalla pubblicazione di quel primo libro.. Ne ho pubblicati davvero tanti, diventando uno scrittore con un certo seguito, conosciuto e letto ogni giorno da migliaia di bambini e ragazzi. Spero solo di essere per loro una fonte d’ispirazione, dato che sono sicuro che, tra i miei lettori, ci sarà qualcuno che non riesce ad esprimersi nel modo in cui tutti si aspettano. Che la scrittura possa portare libertà anche a voi! Così come è stata la chiave di volta della mia vita, aprendo i lucchetti delle catene, fatte di pregiudizi altrui e di insicurezze personali, che mi avevano imprigionato per lungo tempo, per troppe volte.