NOME DELLA CITTA’: dall’antica lingua del popolo fondatore, “abisso innalzato”
La città di Kerotoia si sviluppa in altezza su diversi piani alti alcuni chilometri, raggiungibili solo attraverso tre ascensori. Questi ascensori sono nascosti in tre tronchi di quercia millenaria, le cui cime sono verdi chiome, prosperose e fiorenti. La piazza principale della città risiede a piano terra, dove molti affollati trovano riposo. Fu qui che io mi riposai quando arrivai in questa città dopo il mio lungo viaggio per cercarla.
A primo impatto, notai possenti colonne in marmo scuro che si slanciavano nel cielo senza fine. Incuriosito, mi recai verso il capo villaggio: un indigeno dalla barba colorata che portava al guinzaglio un furetto striato. Gli chiesi delle informazioni riguardanti la città e l'indigeno me la paragonò al furetto che portava con sé: le strisce del furetto corrispondevano agli strati da cui era composta la città; quando il furetto si poneva in posizione eretta, solo tre parti del suo corpo toccavano per terra e corrispondevano ai tre ascensori della città; la coda del furetto, inoltre, rappresentava il fiume che scorre sotto la città, mentre il suo ventre rappresentava la piazza, il centro della vita.
Il vecchio mi raccontò anche un particolare affascinante: la città nacque dentro un cratere di un vulcano. I tre ascensori, che erano disposti ai lati della città come se fossero i vertici di un triangolo equilatero, portavano in fondo al cratere eterogeneo. Il cratere aveva tre fondi diversi e ogni tronco portava ad uno di essi: il cratere aveva un fondo ghiacciato, un fondo magmatico e un fondo vegetativo. Tra questi scorreva il fiume Atete, che divideva le tre aree in un modo estremamente magico, come se fosse un areogramma in tre sezioni uguali. Nei piani superiori della città erano presenti, in ordine crescente, le abitazioni, gli apparati legislativi e il tempio. Le abitazioni erano fatte di paglia e fango; gli apparati legislativi erano strutture piramidali fatti in mattoni di diversi colori, come se fossero piccole tessere di un mosaico; il tempio di Kerotoia risiedeva in cima alla città ed era fatto totalmente in legno, coperto dalle tre chiome delle querce millenarie. Le foglie delle querce filtravano il sole dorato rendendo il tempio un luogo fiabesco, paradisiaco, onirico.
Ma Kerotoia può essere vista solo al suo interno, perché da fuori scompare. Ringraziai l’indigeno e fui affascinato da un ruscello d’acqua che mi scorreva davanti. Iniziai a seguire il suo corso e giunsi a una delle querce millenarie. La quercia era scavata al suo interno ed era senza fondo. Mi affacciai per guardare meglio, ma persi l’equilibrio e caddi al suo interno come Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll.
Giunsi nel fondo ghiacciato e proseguii la strada; trovai un passaggio sotterraneo, una enorme caverna illuminata da un gran numero di fuochi fatui arancioni. I fuochi mi guidarono in una città sottomarina chiamata CENERIDE, che mi insegnò a creare un contatto silenzioso con le persone. Vicino Ceneride sorgeva la città di AELLA, città burrascosa e rumorosa. Aella sembrava essere l’opposto di Ceneride, ma l’accostamento di queste due città così diverse aiutava ad apprezzare di più i loro pregi. Ma Aella, con i suoi venti burrascosi, si prese possesso di me e mi scaraventò verso la superficie. Il vento fu forte e svenni per quel viaggio dolente, ma rinvenni su una spiaggia. Era notte, c’era un focolare e c’erano vecchi e bambini che ballavano intorno al fuoco.
C’erano coppie di ragazzi che guardavano le stelle e attraverso loro capii che ero finito nella città dell’amore, PHILOTES. Questa città mi regalò il senso di amore che a Pearl si era trasformato in odio e disgusto. Da lì a poco, sarei arrivato a KLEPSIDREA.