NOME DELLA CITTA’: nome composto, dal greco, “orologio ad acqua”
L'ultima immagine che ho prima di perdere i sensi è di una spiaggia con resti di falò e due ragazzi che guardavano le stelle cullati da suoni di orchestre in lontananza. Sono certo si tratti dell'ultimo ricordo di Philotes dove i pensieri e il tempo sono fermi in attimi di eterno. Probabilmente questa condizione mi ha spaventato e avrò cominciato a correre via di li senza sapere dove andare.
Aprii gli occhi, svegliato da una leggera brezza frizzante, e mi ritrovai steso a terra avvolto da un velo di sabbia. Cercai di alzarmi ma avevo le gambe intorpidite quindi mi ridistesi a terra cercando di ricordare come fossi arrivato li.
Mi bastava anche un piccolissimo ricordo. Ad un tratto mi resi conto che tenevo appunti su ogni posto, bello o brutto che fosse, sul mio libretto rilegato in pelle e allora cominciai a cercarlo. Non ci misi molto a trovarlo e con l’aiuto della luce di una candela cominciai a rileggere quello che avevo scritto.
“Arrivai a NYX, città dalle mille forme, la sera, c’era vento e non era presente nulla, né alberi, né prati, né case e neanche persone... Nyx non era una vera città, era la città dei sogni… Nyx è viva di notte.”
Subito cominciai a ricordare cosa vidi e cosa successe ma decisi lo stesso di continuare a leggere. “Si può visitare RENATA e averne un ricordo sempre diverso…… E’ una città in continuo cambiamento e molto mutevole”
A primo impatto mi sembrò strano quello che avevo scritto poiché non ricordavo nulla di ciò e quindi incuriosito continuai ancora più confuso la mia lettura. Girai pagina e trovai solo una parola, un nome più precisamente “PHERSA” e lì ricordai che c’era stata una tempesta di sabbia e che mi ritrovai magicamente in un attimo nella città di CLIO. Ma adesso ero lì, nel deserto, senza la minima idea di come ci fossi arrivato così mi alzai, recuperate le forze, e cominciai a guardarmi intorno. Notai subito nel buio della notte una torre che tagliava a metà la fresca brezza estiva come una lama ben affilata.
Continuai a camminare fino a quando non raggiunsi l’ingresso della città dove tutto sembrava immobile, come se la città esistesse da sempre e non avesse mai subito cambiamenti dalla sua fondazione. Cominciai a guardare in giro per la città incuriosito e le uniche cose che trovai furono negozi di orologiai con vetrine colme di orologi di ogni genere: da polso, da mensola, a cucù ma anche orologi a pendolo delle più diverse forme e colori. Rimasi ore ad osservare tutti quegli orologi, affascinato dalla miriade di colori e forme che mai avrei immaginato, fino a quando non venni interrotto da un rumore assordante proveniente dal centro della città. Incuriosito da cosa fosse quel suono spaventoso ma allo stesso tempo magnifico mi inoltrai nella fitta rete di strade e vicoli e raggiunsi un’enorme piazza al cui centro si innalzava una torre altissima che sosteneva il quadrante dell’orologio più grande che avessi mai visto. Cercai di ricordare se avessi mai sentito parlare o anche solo accennare di questo orologio ma non ricordai nulla del genere. La mia mente fu subito risvegliata da un altro rintocco, poi un altro e un altro ancora fino a quando quell’immenso orologio non rintoccò dieci volte. Subito sentii un brusio di voci provenienti da dietro di me e allora mi voltai di scatto e notai subito che la piazza si era popolata di persone di ogni genere: mendicanti, uomini, donne, venditori ambulanti, tutti accomunati dall’orologio che avevano al polso.
Incuriosito mi avvicinai ad un signore anziano seduto su un muretto lì vicino e chiesi perché nonostante tutti i tipi diversi di orologi presenti nei negozi tutti gli abitanti della città avessero lo stesso orologio. Egli mi rispose con un tono di voce quasi impercettibile nel gran baccano della piazza che non si era mai posto quella domanda poiché da quando era nato aveva sempre visto tutti con quell’orologio al polso. Stavo per allontanarmi da lui quando mi afferrò il braccio e aggiunse che quello era il segno distintivo della città di Clepsidrea e che quando le lancette dell’orologio avessero finito i loro giri tutto sarebbe sparito insieme ad esso come se non fosse mai esistito e tutto sarebbe tornato sabbia come era prima.
Mi congedai da lui che mi salutò raccomandandosi di godere di ogni momento perché il tempo è prezioso e la vita da un momento all’altro può ritornare sabbia e mi avvisò delle continue tempeste di sabbia. Mi allontanai pensieroso da quell’uomo e camminando per le vie notai che non c’erano bambini che giocavano a palla o famiglie con i neonati ma tutti era uomini e donne anziani.
Uscii dalla città confuso ma allo stesso tempo incuriosito da quella città così mi girai per darle un ultimo sguardo ma i miei occhi videro solo sabbia.